Impresa
& Stato n°46
LA PROPOSTA DI LEGGE QUADRO PER LA RIFORMA
DEGLI ORDINI
di
Antonino
Mirone
Valore delle professioni,
controllo dei livelli minimi di professionalità, adeguamento alle
normative comunitarie: i principi per orientare il cambiamento affrontando
gli inevitabili disagi della transizione.
Sono
giunti recentemente al termine i lavori della Commissione istituita presso
il Ministero di Grazia e Giustizia per la redazione di una bozza di articolato
di legge-delega in materia di professioni intellettuali. Dico bozza di
articolato, perché la proposta vera e propria sarà formulata
dal Ministro all’esito delle osservazioni inviate dagli ordini professionali
e dagli altri soggetti qualificati. In attesa della proposta definitiva,
pare opportuno svolgere alcune osservazioni.
Va innanzitutto rilevato
come i tempi rendono necessari cambiamenti profondi. Gli accordi internazionali
- già negoziati o in corso di negoziazione - pongono infatti al
nostro Paese un dilemma di fondo, il quale attende una risposta obbligata:
rimanere nel contesto «globalizzato» o votarsi ad un isolamento
distruttivo? Dunque, se i cambiamenti avverranno necessariamente e «fortemente»,
ciò è conseguenza non tanto di una decisione, quanto di una
necessità imprescindibile, non ricollegabile solo ai problemi delle
professioni liberali, ma conseguente ad un vasto ambito di interessi ben
più articolato e complesso.
In secondo luogo va osservato
come - globalizzazione o non globalizzazione - il nostro sistema professionale
si presenta come particolarmente obsoleto e bisognoso di profonde innovazioni.
PUNTI DI RIFERIMENTO
Posto di fronte a siffatta
situazione, il Gruppo di Lavoro ha cercato di andare all’essenziale, seguendo
alcuni punti di riferimento che meritano di essere qui ricordati.
Innanzitutto, la riaffermazione
del valore strumentale della «protezione» delle professioni
rispetto alla tutela di valori fondamentali per la collettività.
Il che - impregiudicato, in linea di principio, e non astrattamente predeterminabile
il numero delle professioni da «proteggere» - esclude in radice
che la selezione delle professioni e la tutela sopra indicata possano essere
rimesse alle mere leggi di mercato.
Secondariamente, il Gruppo
di Lavoro si è orientato verso un serio e permanente controllo dei
livelli minimi di professionalità, non più rimessi alla sola
selezione iniziale e, successivamente, a meri meccanismi cartacei (la cosiddetta
tenuta degli albi): i poteri che, in materia, vengono ad essere riconosciuti
agli ordini garantiscono una seria affidabilità dei professionisti,
così giustificando l’esistenza e la funzione di detti ordini. In
particolare, deve farsi cenno alle competenze attribuite agli ordini dalla
legge quadro in materia di formazione professionale, punto fondamentale,
se si vuole rendere competitivo, a livello europeo, il nostro sistema professionale.
Né si poteva - ed
è questo il terzo rilievo - omettere di tener conto delle osservazioni
formulate dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato,
soprattutto quando esse si fanno carico di adempimenti conseguenti alla
normativa comunitaria. In particolare va evidenziata l’equilibrata liberalizzazione
delle cosiddette tariffe professionali; equilibrata perché fa salvi
casi (eccezionali) di palese, rilevante interesse generale. Merita anche
di essere sottolineato il fatto che i livelli tariffari costituiranno sì
- in via ordinaria - indicazione non vincolante, ma siffatta loro configurazione
non farà venir meno la tutela del valore cui le vecchie «tariffe»
erano preordinate: la qualità minima delle prestazioni professionali.
Detta tutela sarà infatti affidata, in futuro, ai Consigli degli
Ordini, i quali sono chiamati a controllare la «deontologia, sotto
il profilo della qualità delle prestazioni professionali»
oltreché ad elaborare e pubblicizzare all’utenza «i contenuti
minimi delle singole prestazioni professionali, anche utilizzando e diffondendo
le norme tecniche sulla gestione per la qualità e promuovendo la
cultura della qualità».
Va poi tenuto presente il
forte impulso dato al controllo di deontologia sotto tre rilevanti punti
di vista: aumento della rilevanza di detto controllo; accresciuta indipendenza
e imparzialità degli organi giudicanti; potere pubblico di impulso
in caso di inerzia degli organi deputati al controllo stesso.
Né può qui
essere omesso un riferimento al problema delle società tra professionisti,
un problema che, nell’ambito della legge quadro, viene nuovamente affrontato
alla luce della tematica emersa in sede di emanazione del recente regolamento.
La proposta, allo stato, è dunque di dar vita ad una nuova normativa
- non condizionata dalla legge esistente e dunque al di là dei limiti
attualmente posti dal codice civile - tenendo ferma la tutela del lavoro
professionale a fronte del «rischio-capitale», con ciò
intendendosi la possibile, teorica prevalenza degli interessi e delle logiche
del mero apporto-capitale sul lavoro professionale.
Da ultimo sia consentita
una notazione conclusiva e globale. Come affermavo all’inizio, il cambiamento
è necessitato e non può che essere rilevante. Di fronte ad
ogni cambiamento ineludibile, la scelta è tra il subirlo e il contribuire
ad orientarlo. Gli ordini professionali non possono ignorare siffatta alternativa
(che è tale per il Paese, prima ancora che per loro) e debbono interrogarsi
sul ruolo in questo difficilissimo momento di transizione. Possono contare,
questo è certo, sulla massima attenzione e sensibilità del
Ministero di Grazia e Giustizia, che ha dimostrato ampiamente e con preveggenza
di voler concretamente operare per il riordino del settore. Ma siffatta
attenzione e sensibilità non serviranno se non innescheranno un
confronto corale, aperto al cambiamento, nel quale tutti i professionisti,
unitamente agli ordini che li rappresentano istituzionalmente, si facciano
carico di «inventare» il futuro del nostro ordinamento e affrontino,
con saggia determinazione, gli inevitabili disagi della transizione.
COSA
CAMBIA PER I PROFESSIONISTI
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