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Impresa & Stato n°39

 

ANTICIPATIVI O REATTIVI?

Come affrontano concretamente le imprese il problema ambientale?
Ecco le risposte di due casi tanto diversi quanto ugualmente significativi:
la Fiat Auto e la Menta di Como

interviste a cura di
 GIANNI SIBILLA
 
Intervista a Paolo Scolari Direttore Ambiente e politiche industriali Fiat Auto

La Fiat Auto è sicuramente uno dei casi più significativi del rapporto tra fattore ambientale e competitività nell'ambito delle grandi imprese. Il settore automobilistico è tra quelli più sottoposti alla pressione dell'opinione pubblica per quanto riguarda la questione ambientale. La Fiat ha però sviluppato una strategia ben precisa, che consiste non soltanto nella ricezione della normativa ambientale nel momento della sua entrata in vigore, ma nell'anticipazione  e nell'innovazione in materia. La Fiat ha creato una specifica Direzione Ambientale, a cui spetta il compito di dirigere e organizzare la politica ambientale dell'azienda. L'Ing. Paolo Scolari ne è il direttore.

I&S: Quando la Fiat Auto si è posta il problema ambientale?
Scolari: La tematica ambientale per il prodotto automobile, sia sul versante manifatturiero, sia su quello del prodotto, è viva da decenni. In particolare ha incominciato ad esser vissuta più intensamente quando sono state introdotte le prime normative ambientali internazionali, nate nei primi anni '70, soprattutto quelle riguardanti il problema dell'emissione  allo scarico. L'impegno della Fiat, e anche di altre aziende del settore, è iniziato in quell'epoca. Chiaramente allora la consapevolezza di tutte le implicazioni riguardanti la tematica ambientale non era cosi approfondita e criticamente vissuta come poi è risultato essere negli anni successivi. Verso la metà degli anni '80 la crescita di questa consapevolezza è andata accelerando anche con l'adozione di leggi e normative esterne sempre più severe. Tra l'altro la Fiat era presente già negli anni precedenti su mercati che dal punto di vista ambientale erano all'avanguardia rispetto a quello italiano, e questo ci aveva dato la possibilità di essere pronti e di anticipare quella che sarebbe stata l'evoluzione in Europa. Mi riferisco alla nostra presenza negli Stati Uniti e in particolare in California, dove le normative avevano cominciato ad assumere un carattere estremamente severo sul controllo dell'inquinamento.
Verso la fine degli anni '80, visto l'approfondimento del tema anche dal punto di vista sociale e culturale all'esterno, si decise di ampliare sempre di più lo sforzo in questa direzione. All'inizio degli anni '90 fu deciso di costituire, anche dal punto di vista organizzativo, una Direzione Ambiente, che ho l'onore di guidare, espressamente dedicata a questa tematica. Questo in modo da far convergere tutti gli sforzi dell'azienda, che in diverse funzioni aziendali, già venivano realizzati verso una Direzione unitaria e strategicamente scelta dall'azienda.

I&S: Da cosa deriva questo atteggiamento innovativo e anticipativo della Fiat ? Da esigenze di competitività del mercato che nel vostro settore ha esigenze specifiche?
Scolari: Certamente la competitività è uno dei fattori primari, come in tutte le aziende e in particolare per la nostra. Tuttavia direi che nei primi anni '90, ed anche prima, l'azienda ha capito come l'ambiente costituisse uno dei fattori socialmente importanti e crescenti nella consapevolezza del pubblico, non soltanto quello dei nostri clienti ma del pubblico in generale. Perciò si è ritenuto che l'azienda dovesse impegnarsi in questa direzione, non soltanto nello sviluppo del prodotto ma anche nello sviluppo del proprio atteggiamento nei confronti dell'ambiente. Questo ha condotto a mettere poi a punto una serie di strategie e di piani che conducessero proprio a un miglioramento del collegamento tra la realtà aziendale e la realtà sociale esterna, di cui il mercato è una delle espressioni.

I&S: Quindi l'ambiente è una variabile importante nelle definizione delle vostre strategie?
Scolari: Indubbiamente, perché a questa variabile sono poi collegati i piani di sviluppo dell'azienda, sia i piani di sviluppo delle fabbriche e dei processi produttivi, sia i piani di sviluppo dei prodotti, sia la propria comunicazione e la propria immagine, quindi il proprio modo di porsi tra impresa e società.

I&S: Dal punto di vista gestionale, quali sono state le linee d'intervento? In che direzioni si è mossa la Fiat?
Scolari: La costituzione della Direzione Ambiente ha permesso di mettere a punto una serie di meccanismi organizzativi all'interno dell'azienda. Oltre ad avere impegni precisi rispetto ad alcune attività operative, come la gestione ambientale delle fabbriche, in questa Direzione si impostano i piani di sviluppo dei prodotti sia sul versante ambientale che sul quello della sicurezza, in quanto consideriamo questo fattore come una parte integrante dell'ambiente. La Direzione Ambiente, oltre ai propri enti specializzati quali laboratori per la definizione dei materiali, uffici che studiano le strategie e la legislazione, uffici che si occupano dell'evoluzione dello scenario esterno e così via, si avvale di un comitato interfunzionale, il cosiddetto "Comitato Ambiente e Politiche industriali", a cui partecipano tutte le funzioni aziendali con rappresentanti di alto livello. Questo comitato ha il compito di mettere a punto tutti i piani che riguardano i progetti ambientali, sia per quanto riguarda i processi produttivi, sia per quanto riguarda i prodotti, e ha il compito poi di monitorare l'avanzamento di tutti questi progetti.

I&S: Può citare alcune tappe o esempi specifici d'intervento dell'azienda in campo ambientale?
Scolari: Di tappe significative ce ne sono diverse, coerenti con l'evoluzione tecnologica mondiale. La riduzione dell'emissione dei veicoli rappresenta uno dei cardini della nostra attività. La si è ottenuta introducendo alcune tecnologie particolarmente sofisticate, in parte sviluppate all'interno del gruppo Fiat, come le tecnologie di controllo elettronico dell'iniezione di benzina e nuovi sistemi di iniezione nel campo dei motori diesel, estremamente innovativi. Questi ultimi verranno realizzati in collaborazione con altre aziende esterne, tra cui la Mercedes, che si avvarrà di una serie di brevetti messi a punto da noi. Un altro filone estremamente importante su cui ci siamo mossi è quello delle riduzione dei consumi, che ha avuto uno sviluppo notevolissimo, soprattutto durante gli anni '80. La priorità data alla riduzione delle emissioni ha un po'  ridotto lo sforzo in questo campo, che è però ripreso in maniera intensa proprio in questi ultimi anni. Un altro dei progetti, di carattere veramente innovativo, è quello relativo di riciclaggio delle vetture. L'emergenza rifiuti nei paesi industrializzati è sotto gli occhi di tutti. Il riciclaggio, cioè il riutilizzo dei materiali di un prodotto giunto alla fine della sua vita, rappresenta la soluzione ottimale, almeno dal punto di vista teorico, per ridurre i consumi di energia ed evitare gli sprechi.  Stiamo seguendo questa linea d'azione con il progetto, ormai diventato un sistema industriale vero e proprio, noto come sistema F.A.Re., cioè Fiat  Auto Recycling. Ci si propone di estendere questo sistema, che ha già consentito di riciclare più di 200.000 vetture, realizzando in Italia un circuito sufficientemente esteso sul territorio per fare in modo che la capacità di riciclaggio arrivi a livelli ancora superiori.  Oggi il sistema si avvale di circa 200 punti di demolizione controllata, dove lo smontaggio della vettura avviene in condizioni ecologicamente corrette e dove si fa la selezione ed il pretrattamento dei materiali, che vengono poi inviati nei vari canali di riutilizzo e di riciclaggio.

I&S: Quali sono state le difficoltà incontrate nella vostra politica ambientale?
Scolari: Se si rimane nel campo dell'emissione e dei consumi, i problemi sono le difficoltà tecniche e  tecnologiche nel realizzare progetti ovviamente difficili, il tutto fatto nel rispetto dei costi industriali. Ovviamente un'azienda automobilistica come la Fiat deve preoccuparsi di mandare sul mercato un prodotto competitivo, dotato di tecnologie sofisticate ma a costi accessibili. Per questi motivi l'ottimizzazione del costo di queste soluzioni ha rappresentato una delle sfide che riteniamo di avere risolto, a che con l'aiuto dei nostri fornitori. Abbiamo avuto, rispetto ai concorrenti, la fortuna di disporre "in casa" di una grande azienda componentistica quale la Magneti Marelli, per cui molte di queste soluzioni sono state messe a punto con una collaborazione intensa.

I&S: Alla luce della vostra politica ambientale, come sono cambiati i rapporti all'interno della filiera produttiva? 
Scolari: Anche sul fronte della filiera produttiva sono intervenute tutte una serie di normative emanate dall'Unione Europea che si sono via via sovrapposte a quelle nazionali, con livelli di maggiore severità rispetto al passato. Questo ha sicuramente stimolato la crescita di una cultura nuova anche nelle fabbriche, per cui oggi la gestione dell'ambiente ha raggiunto un livello di sensibilità che evidentemente non ha confronti con quello di vent'anni fa. Questo sia per la gestione corrente, e quindi la gestione dei residui e dei materiali, sia su fronti più sofisticati, ad esempio quello della gestione dell'energia, tant'è che con il tempo abbiamo adottato con una politica energetica innovativa, se confrontata con quella dei nostri concorrenti, che ci a condotto ad autoprodurre gran parte dell'energia che noi utilizziamo. Più del cinquanta per cento dell'energia di cui abbiamo bisogno è autoprodotta con centrali da noi realizzate, in collaborazione con un'azienda del gruppo, la Fiat Avio, che produce le turbine. Tutto questo è stato fatto con una progettazione di sistema; quindi non sono state semplicemente applicate le centrali a stabilimenti esistenti così come esse erano, ma sono stati trasformati i cicli produttivi affinché venisse ottimizzato tutto l'output della centrale. Più in generale, uno dei nostri impegni è quello di trasferire le nostre metodologie e il nostro atteggiamento a tutto il mondo della fornitura, perché riteniamo che la possibilità di traino e di esempio possa favorire non soltanto noi ma anche le stesse aziende a stare presenti sui mercati di domani

I&S: Avete introdotto un sistema di controllo per garantire che l'impatto ambientale sia progressivamente ridotto, e se sì di che tipo?
Scolari: Da tempo avevamo elaborato un nostro sistema di gestione ambientale, già verso la fine degli anni '80. Era un sistema già piuttosto sofisticato che curava tutti i passi da rispettare. Negli anni siamo poi andati affinando questo sistema di modo tale che lo si rendesse il più omogeneo possibile al sistema EMAS, ovvero quello raccomandato dall'Unione Europea.  In questo ambito noi abbiamo partecipato alla messa a punto della normativa EMAS con la gestione di un nostro stabilimento, quello di Verrone. Tuttavia è stato poi portata avanti una normativa a cura degli organismi di standardizzazione mondiale, ovvero la ISO, in particolare la cosiddetta ISO 14.000. Questa è la direzione in cui attualmente ci stiamo muovendo, perché ragionando in termini di globalizzazione mondiale vogliamo che sia l'ISO 14.000 la nostra linea guida per la gestione ambientale.

I&S: Riassumendo, sotto quali aspetti la vostra politica ambientale si è rivelata vantaggiosa ? Aspetti d'immagine o di competitività?
Scolari: Io ritengo che le due cose vadano insieme. Quando migliora l'immagine di un'azienda, in particolare l'immagine ambientale, soprattutto in un momento in cui le giovani generazioni sono sempre più sensibili a questo aspetto, pensiamo che anche dal punto di vista competitivo e di accettazione dei nostri prodotti la nostra azienda si vada a collocare su  posizioni più vantaggiose.
Per quanto riguarda la competitività più strettamente intesa, questo nostro impegno ci consente di essere estremamente pronti nella fornitura dei prodotti ambientalmente evoluti anche in anticipo sulle normative.
C'è poi un aspetto di carattere generale, che pone l'azienda in un rapporto migliore con la collettività, con benefici di carattere generale, anche per quanto riguarda la soddisfazione di coloro che lavorano all'interno dell'azienda stessa. Riteniamo di avere adottato una politica di anticipazione non soltanto nei confronti delle leggi in senso stretto, ma anche dei desideri del cliente.

I&S: Quali sono le linee d'intervento futuro dell'azienda nell'ambito ambientale?
Scolari: In questo ambito le sfide si ripropongono ogni giorno, perché laddove vi è una attività umana, lì esiste un impatto ambientale. Il traguardo dell'impatto zero è preaticamente irraggiungibile, ma dobbiamo ogni giorno cercare di avvicinarci, con metodologie di lavoro, con gestione sempre più attenta e con tecnologie sempre più avanzate. Quando si parla di tecnologie, quelle dell'automobile in particolare, non si possono non ricordare quelli che saranno i prossimi impegni prossimi rispetto alla ulteriore riduzione dell'emissione dei motori. Siamo ormai alle soglie dell'anno 2000 e per data tutte le nostre gamme di prodotti dovranno essere conformi alle nuove norme europee, e già si preannuncia un nuovo passo nel 2005. 
Il cammino è irto di difficoltà e di impegni con traguardi in una certa misura già prefissati. Abbiamo peraltro appena firmato un protocollo d'intesa con il Ministero dell'Ambiente in cui ci impegniamo a rendere disponibili sul mercato vetture con emissione che già rispettano gli standard dell'anno 2000. Si richiede da parte del ministero la creazione delle condizioni per fare in modo che la diffusione di questi veicoli sia poi facilitata e incentivata. Metteremo inoltre sul mercato vetture a bassissimo consumo. Altri impegni riguardano la messa a punto di veicoli alternativi da diffondere nelle città italiane. Ci proponiamo inoltre di aumentare il livello di riciclaggio delle vetture, non soltanto come quantità delle automobili riciclate, ma anche come tasso di riciclaggio delle stesse, fino ad arrivare, attraverso passi progressivi, al 95% entro il 2010. 

Intervista a Giuseppe Menta Titolare della Menta S.p.A.
L'approccio dell'azienda di Giuseppe Menta alla questione ambientale è in qualche modo radicale. Attivo nel settore tessile nel distretto di Como da oltre vent'anni, gestisce un'impresa con oltre 130 dipendenti e un fatturato annuo che si aggira sui 35 miliardi. 
Oltre ai tradizionali processi di tessitura, la sua azienda è stata prima al mondo a sperimentare l'estrazione di colori "naturali" direttamente da materiali vegetali, con un metodo che unisse un sistema di lavoro "antico" ed ecologico alle tecnologie attuali. Una alternativa al dominio del "sintetico", con tutto l'impatto ambientale che esso comporta.
Quello della Menta è stato uno grande tentativo di innovazione nel settore, che si è scontrato con diversi problemi, non ultimo la totale novità del procedimento di lavorazione e quindi un grande (e costoso) sforzo di ricerca. Sforzi solo in parte riconosciuti dalle collaborazioni con i grandi nomi che la Menta ha nella lista dei propri cilenti.
I&S: Quando la vostra impresa si è posta il problema ambientale?
Menta: Dal 1986, giorno in cui, per una casuale rottura di uno scarico, ho visto dell'acqua sporca di una stamperia che finiva in un campo. Fu una presa di coscienza forte che mi fece pensare ancor più al "che fare" ?

I&S: Al di là di questo caso specifico che l'ha fatta riflettere, perché considera importante questo aspetto per il suo settore?
Menta: Dal punto di vista personale, ogni elemento è utile per riflettere. In realtà la questione si pone riguardo a tutte le fasi del prodotto tessile, fin dall'inizio, dai concimi per i campi di cotone o da per quelli dove  pascolano le pecore dalle quali  si avranno poi lana e fibre vegetali. Tali fibre e folati, successivamente, per poter essere tessuti devono essere incollati. Diversamente si romperebbero utilizzandoli sui telai attuali, i quali devono essere veloci per poter esser competitivi con il mercato. Lo si faceva già in passato, con colle naturali, oggi lo si fa con delle fibre acriliche. Una volta tessuti questi filati devono essere purgati, la cosiddetta "sbrodola", altrimenti non si potrebbero ne tingere né stampare. Quando si fa questo lavoro il residuo viene scaricato dalle stamperie. E vero che la legge ha imposto i depuratori, quindi qualcosa si è fatto, però questo rende bene l'idea dei problemi in gioco nel settore.

I&S: Queste considerazioni come si sono sviluppate concretamente nella sua azienda?
Menta: A parte i depuratori ai quali siamo collegati ed ai quali scarichiamo le nostre acque luride, mi sono posto un problema che è di carattere ecologico, non solo ambientale ma anche morale. é venuta fuori la curiosità di poter ripristinare un modo di lavoro meno consumistico che produce una contraddizione del nostro sistema di vita. Da una parte richiede una competitività, una produzione ed una richiesta di consumi sempre più alta, mentre dall'altro ne paghiamo tutti le conseguenze. Uno svilupo ed una crescita è tale se c'è armonia con la natura, non contrasto, perché solo in tal caso si può parlare  di sviluppo sostenibile per l'uomo.

I&S: Come è stato possibile conciliare questi due aspetti in una azienda?
Menta: Da soli non ci si riesce. Io mi sono posto il problema nella mia azienda, partendo dalla curiosità intellettuale per capire come si faceva un tempo questo lavoro, prima della comparsa dei coloranti sintetici e di tutta la tessitura moderna. In quale modo naturale si poteva lavorare ? Con l'ausilio dell'Ingiegnere gaipponese Ikeia ho investito capitali nell'intento di poter recuperare un sistema di lavoro più compatibile con questi aspetti. Non solo quello ambientale, ma anche quello culturale, cioè il fatto che ci si senta bene vestendo un pullover di lana tinto con colori naturali e vegetali. Dalle calze che indosso alle tovaglie su cui appoggio il pane o le lenzuola in cui si dorme, è molto diverso che quei tessuti siano tinti e stampati con colori naturali piuttosto che delle vernici. é un atteggiamento nuovo, non soltanto dal punto di vista aziendale, ma anche dal punto di vista dell'atteggiamento di vita del consumatore.

I&S: Lei quindi ritiene di avere in qualche modo anticipato i tempi sulla questione?
Menta: é una sensazione che ho tuttora, a dieci anni di distanza e non sono orgoglioso. La cartella di colori "Menta Veste Natura" è unica al mondo, e in essa ci sono una serie di colori naturali tinti su tessuti vegetali. Sto tuttora producendo poco, forse perché questa cosa doveva o dovrebbe essere comunicata di più e meglio, ma ci vorrebbero forze ingenti per farla arrivare al pubblico. In più non bisogna dimenticare che le grandi industrie chimiche mondiale non favoriscono certamente questa ricerca. 

I&S: Che altri tipi di difficoltà ha incontrato?
Menta: Dal punto di vista tecnico e della ricerca le difficoltà sono state altissime. Non esisteva pressoché nulla che parlasse della stampa di colori naturali, soprattutto con le tecnologie moderne. Il problema era rendere questi colori industriali, quindi ripetibili e con una certa solidità accettabile dal mercato. Questa messa a punto dei requisiti tecnici ci è costata 7-8 anni di lavoro e di ricerca molto dispendiosa.

I&S: Ha avuto qualche cenno di riscontro dalla Pubblica Amministrazione?
Menta: A suo tempo avevo scritto anche all'ENEA per informarli del mio lavoro, ma non ho riscontrato interesse. Ho fatto una richiesta al Ministero per l'Industria per la Legge 46, che mi è stata peraltro concessa, visto il lavoro di innovazione che abbiamo svolto. Però questa legge finanzia solo l'aspetto di ricerca pura, di laboratorio, ma ne sono stati esclusi tutti i macchinari, lo stabilimento costruiti per estrarre i colori. Bisogna tenere conto che io devo comprare in tutto il mondo i vegetali, cercare quelli che rendono di più come costanza e bellezza del colore: si tratta principalmente di erbe o foglie provenienti dai paesi tropicali che poi devo distillare per estrarne il colorante. Quando questa legge ci fu proposta da un'agenzia competente ci fu lasciato credere che si intendeva la ricerca nella sua totalità. Il finanziamento che ci venne dato furono molto esiguo rispetto ai soldi che spendemmo.

I&S: Per quanto riguarda invece i rapporti con le altre industrie, ad esempio i clienti, qual è stata la reazione alle sue proposte?
Menta: I clienti si sono interessati un po' tutti, dai nomi più prestigiosi in giù. Le aziende tessili in generale hanno apprezzato molto, forse perché mi conoscevano già prima. Erano tutti molto attenti e curiosi, però rimanevano a guardare. C'è stata solo un'azienda molto importante, la Ratti di Como, che si è cimentata in questa cosa con risultati onorevoli. Anche loro credo che alla fine abbiano raccolto poco.

I&S: Quali effetti hanno avuto queste innovazioni sulla sua strategia d'azienda?
Menta: Abbiamo dovuto rivolgerci a quei clienti che, in tutto il mondo, si sono rivelati più sensibili. Alcuni importanti ci hanno deluso perché hanno sfruttato la situazione e basta. Altri vanno avanti tuttora, soprattutto in Giappone, dove ci sono delle aziende che stanno diffondendo il nostro prodotto con il nostro marchio. Ci sono altre ditte che fanno tingere Jeans o magliette, però rimangono dei fatti isolati che provengono da volontà soggettive. Io comunque ho dovuto continuare a produrre nel modo "classico", quello sintetico, come fanno tutte le aziende del mondo. Non avrei certo potuto permettermi il contrario. Tutto ciò che ho fatto di ricerca è stato finanziato con gli utili da lì provenienti.

I&S: Sotto quali aspetti la vostra politica "ambientale" e la vostra idea si è rivelata vantaggiosa?
Menta: A livello d'immagine rimango comunque l'unico al mondo ad aver sviluppato un'idea del genere, considerando anche la qualità raggiunta. I vantaggi per la mia azienda ci sono stati, perché si tratta di un arricchimento, per così dire, di "goodwill" perché si sa quello che ho fatto e dunque c'è un completamento ed una risorsa, una ricchezza professionale che ci conosce non hanno potuto non apprezzare. Dal punto di vista del contributo ambientale ho comunque dato poco. Quello che ho fatto è notevole dal punto di vista teorico, ma dal punto di vista pratico è una goccia nel mare.

Un ringraziamento al Dott. Pipere e al Dott.Noci per la consulenza tecnica.
 
 

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