vai al sito della Camera di Commercio di Milano

Impresa & Stato n°35

DAL LOCALE AL GLOBALE

Il modello dei distretti è ancora vincente, ma deve affrontare molte sfide.
Più qualità, innovazione, integrazione, internazionalizzazione.

di
FABRIZIO ONIDA

I distretti industriali, intesi come aggregati territoriali di aziende specializzate e integrate tra loro in filiere produttive, rivestono un ruolo fondamentale nel panorama dell'economia italiana. Il sistema dei distretti produttivi costituisce il contesto ambientale grazie al quale le piccole e medie imprese del "Sistema Italia", che sono uno dei punti di forza del Paese, sono diventate agguerrite, competitive e innovative. La fitta rete dei distretti industriali italiani rappresenta, senza dubbio, il motore dello sviluppo territoriale del Paese. I dati più recenti indicano una realtà estremamente significativa: oltre 100 distretti industriali con circa 120.000 miliardi di fatturato e 600.000 addetti. I distretti industriali hanno talora capacità anticicliche e di bilanciamento degli effetti di congiunture negative. Così, anche negli anni del recente rallentamento dell'economia nazionale, essi sono stati in grado di conservare il proprio dinamismo economico. Per valutare compiutamente la rilevanza del sistema dei distretti, occorre considerare anche l'aspetto dell'occupazione: le piccole e medie imprese innovative possono garantire nuove opportunità di lavoro; i distretti industriali, infatti, mantengono e creano occupazione mentre la grande industria perde addetti. Tra le caratteristiche più significative del localismo, rispetto ad altre aree produttive, vi sono la forza di penetrazione dei mercati esteri e la grande capacità reattiva di fronte ai mutamenti del ciclo. I distretti industriali italiani hanno, coerentemente a tali peculiarità, anticipato tendenze e dinamiche esportative, dopo la svalutazione del Settembre 1992, che si sarebbero successivamente estese all'intero territorio nazionale. L'andamento dell'export dei distretti produttivi italiani, che in media può essere quantificato intorno al 45% del fatturato, è, come noto, particolarmente evidente in tutto il Nord del Paese, che ha sviluppato un sistema esportativo fortemente orientato verso l'Unione Europea, mentre tale vocazione è meno intensa nel Centro, pur se con significative eccezioni (Arezzo, Massa Carrara, Prato).
Il Sud registra una modesta vocazione esportativa, pur potendo vantare alcune "isole produttive", per lo più operanti nei beni tradizionali, rivolte dinamicamente verso i mercati internazionali. Alcuni distretti produttivi del Sud (ad esempio, Avellino, Bari, Lecce, Campobasso, Matera) registrano, infatti, interessanti segnali di crescita su mercati chiave dell'export italiano come il Nord America e l'Estremo Oriente.
Negli ultimi anni, il sistema dei distretti industriali italiani si è dovuto confrontare con nuove congiunture causate dall'aumento del costo del lavoro e dall'ingresso sui mercati internazionali dei Paesi emergenti. Questo nuovo quadro di riferimento ha determinato il necessario riposizionamento dovuto all'affievolimento dei tradizionali vantaggi competitivi, solo in parte compensato dalla svalutazione.
La flessibilità tipica dei cluster italiani e la loro reattività alle mutazioni del mercato hanno attivato processi di recupero di competitività. Alcuni distretti - come, ad esempio, il tessile-laniero di Prato e Biella, il calzaturiero di Vigevano e delle Puglie, il mobilio nella Brianza, la ceramica di Sassuolo e la coltelleria di Lumezzane - hanno apportato efficaci automazioni nell'organizzazione dei propri processi produttivi. Ciò ha permesso di contrastare la concorrenza di Paesi a basso costo di manodopera e, allo stesso tempo, di costituire nuove forme di economie di scala, con sistemi di imprese tra loro connesse da rapporti cooperativi. Alla concorrenza proveniente dai Paesi emergenti si è cercato anche di rispondere attraverso interventi sui cosiddetti non price factors, riqualificando i prodotti in termini di creatività, varietà, rapidità di adeguamento al fattore-moda.
La collocazione nei segmenti più elevati dei mercati di sbocco permette, grazie anche alla tradizionale flessibilità dei distretti, di adattarsi a esigenze meno qualificate, confrontandosi senza difficoltà con le economie emergenti.
Il modello dei distretti italiani può quindi, almeno per ora, considerarsi vincente alla luce della propria abilità innovativa, divenuta, in seguito alla crescente globalizzazione dei mercati, una componente ineliminabile dell'attività produttiva.
Una maggiore integrazione all'interno dei cluster, attraverso legami più stretti tra imprese leader nella produzione e piccoli fornitori, può certamente contribuire al rafforzamento della posizione dei distretti italiani sui mercati internazionali.

COLLEGARE MARKETING E SAPERE PRODUTTIVO
La maggiore collaborazione all'interno dei distretti, in grado di sostituire le economie di scala dei grandi gruppi, potrà realizzarsi proficuamente in vari momenti dell'attività economica: nella ricerca e nello sviluppo, nell'informazione sugli sbocchi commerciali, nella formazione degli addetti, nei servizi di spedizione, nell'ottenimento di credito, nella certificazione di qualità dei prodotti. Sono necessari investimenti adeguati, avvalendosi anche dei piani di sostegno comunitari, per effettuare scelte qualificate nel campo della progettazione, della ricerca applicata, della tecnologia produttiva, dello sviluppo di reti commerciali globalizzate.
Il sistema produttivo locale strutturato a distretto dovrà, in futuro, evolversi attraverso una costante creazione di nuova imprenditorialità e il mantenimento della spinta endogena alla differenziazione e alla diversificazione produttiva. I cluster italiani dovranno conservare quelli che sono i loro tradizionali punti di forza: l'integrazione, economicamente efficiente, del know how produttivo e l'agilità e prontezza della risposta alle esigenze di mercato.
La politica industriale nei confronti dei distretti dovrà essere formulata coerentemente alle peculiarità delle realtà italiane: il riferimento non è l'impresa ma la comunità e le diverse specifiche aggregazioni (a livello locale e nazionale). L'attività di sostegno istituzionale - da coordinare a livello comunitario, nazionale e locale - dovrà essere diretta alla realizzazione delle strutture idonee al collegamento e l'interazione del sapere produttivo e di marketing.
Nei sistemi di piccola e media impresa, risulta vitale un'azione di diffusione capillare delle possibilità offerte dalle nuove tecnologie al fine di dare ulteriore impulso alla dotazione di processi e prodotti innovativi. Altro elemento di supporto al sistema dei distretti italiani dovrà essere diretto a fornire maggiore informazione sulle tendenze dei mercati esteri.
Per garantire al sistema dei distretti produttivi italiani un'adeguata dotazione di risorse produttive, sarà necessario, inoltre, sostenerlo con un più agevole e ampio ricorso al credito, sensibilizzando il sistema finanziario che, attualmente, dedica alla piccola impresa un supporto che dovrebbe essere intensificato.
I distretti devono coalizzarsi e cercare nuove forme di collaborazione tra di essi e con i centri decisionali della politica industriale territoriale (Regioni, Comuni).

UN SOGGETTO CON MOLTE VOCI
A sottolineare la necessità di una più stretta collaborazione e, allo stesso tempo, di una più incisiva presenza nelle istituzioni del Paese, è stato costituito, alla fine del 1994, il Club dei distretti industriali, rappresentativo di oltre 25mila imprese con circa 170 mila addetti. Si tratta in sostanza di una rete che collega i distretti industriali al fine di favorire gli scambi di informazioni ed esperienze e formare una massa d'urto sufficiente a promuovere l'immagine e la realtà distrettuali. I sistemi locali organizzati per distretti industriali hanno alle spalle un contesto sociale e di risorse umane la cui organizzazione e promozione è essenziale allo stesso sviluppo industriale ed economico del Paese. In tale ottica, si è posta la questione relativa alle politiche territoriali di sostegno all'attività imprenditoriale dirette all'incentivazione dei sistemi produttivi locali.
La Legge n. 317 del 5 ottobre 1991 per la promozione dell'innovazione nelle piccole imprese ha conferito ai distretti industriali rilievo pratico e politico, individuandoli come un nuovo soggetto rappresentativo delle esigenze delle imprese.
Essi vengono designati come aree-sistema caratterizzate da elevata concentrazione di piccole imprese con accentata specializzazione produttiva (esempio Prato, Brianza, Biella, ecc.)
Ogni distretto, specializzato in un particolare settore produttivo (es. seta, sedie, occhiali, calzature, strumenti musicali, ecc.) si caratterizza per le particolari strategie di promozione, sia all'interno che all'estero. I distretti non sono, a oggi, identificabili come entità giuridiche vere e proprie trattandosi di aggregazioni di imprese che, in molti casi, le Regioni si sono assunte il compito di individuare e designare come destinatarie di contributi regionali e comunitari. Portavoce delle esigenze dei vari distretti, mancando ancora una loro autonomia istituzionale, diventano così le organizzazioni locali più rappresentative: Camere di Commercio, Associazioni imprenditoriali, Unioni industriali, Consorzi, che agiscono per la loro promozione e internazionalizzazione.
Riguardo quest'ultimo punto, l'attività in favore dell'internazionalizzazione dei distretti industriali realizzata dall'Istituto nazionale per il Commercio Estero ha avuto, per le motivazioni appena esposte, come interlocutori non i distretti stessi, ma altre entità locali a carattere istituzionale e associativo. Questa collaborazione fra ICE ed enti locali, diretta alla promozione dei distretti industriali, costituisce una relativa novità nel panorama dell'attività dell'Istituto che ha sempre dialogato con le singole imprese.
Negli anni scorsi, l'ICE ha stipulato con gli esecutivi regionali specifiche convenzioni relative a pacchetti di servizi diretti alla promozione all'estero del "Sistema Italia", inteso come insieme organico di realtà produttive locali a elevata valenza industriale.

"PACCHETTI ICE" PER L'INTERNAZIONALIZZAZIONE
Questa forma di collaborazione con l'attività promozionale svolta dalle Regioni è stata recentemente confermata e ampliata attraverso appositi "Accordi di programma", ai sensi della Legge n. 241/90, destinati alla realizzazione di "pacchetti integrati" di sostegno all'internazionalizzazione delle aziende locali ad alta specializzazione produttiva. Il sostegno ICE all'internazionalizzazione dei distretti industriali regionali viene effettuato attraverso tipologie di azione: prospezioni analitiche dei mercati internazionali, assistenza nei contatti con gli operatori esteri, presenza istituzionale agli eventi fieristici di maggiore rilevanza per i settori merceologici interessanti. L'ICE si avvale anche di metodologie finalizzate alle esigenze di piccoli gruppi di imprenditori provenienti dai singoli distretti: tramite missioni, incontri e simposi vengono illustrate agli operatori stranieri le caratteristiche produttive e le peculiarità legate al patrimonio tecnologico del bacino industriale.
Vengono anche curati dall'ICE, presso varie realtà produttive locali, seminari con esperti, seguiti da incontri mirati, per settore/Paese. Si tratta di azioni innovative che hanno come riferimento "il territorio", inteso nella sua accezione più ampia, comprendente le aziende, i loro raggruppamenti, gli enti pubblici.
L'attività di supporto sui mercati esteri realizzata dall'ICE si completa con strumenti "indiretti" di promozione quali la formazione e la cooperazione industriale. La leva della formazione è cruciale in un'economia globalizzata nella quale la qualificazione degli addetti e la competenza delle reti di vendita possono rappresentare fattori competitivi vincenti.
La formazione ICE si sviluppa su due linee guida: la qualificazione del personale addetto ai mercati esteri (export manager) delle imprese italiane e l'addestramento di tecnici stranieri alle macchine e apparecchiature Made in Italy.
I corsi di formazione ICE sono stati spesso dedicati a filiere specifiche (esempio tessili-abbigliamento, marmo, calzature, ceramica, ecc.), vista la spiccata localizzazione di alcuni settori produttivi italiani dove, nelle logica del distretto industriale, è frequente la presenza di aziende produttrici di beni di consumo affiancate da imprese fabbricanti il macchinario necessario per tali linee merceologiche.
Occorre, infine, ricordare i servizi ICE in materia di collaborazione industriale che permettono ai distretti industriali italiani di valutare la fattibilità di iniziative di delocalizzazione di alcune fasi della produzione o di costituzione di società miste per la commercializzazione dei propri prodotti.