I distretti industriali, intesi come
aggregati territoriali di aziende specializzate e integrate tra
loro in filiere produttive, rivestono un ruolo fondamentale nel
panorama dell'economia italiana. Il sistema dei distretti produttivi
costituisce il contesto ambientale grazie al quale le piccole
e medie imprese del "Sistema Italia", che sono uno dei
punti di forza del Paese, sono diventate agguerrite, competitive
e innovative. La fitta rete dei distretti industriali italiani
rappresenta, senza dubbio, il motore dello sviluppo territoriale
del Paese. I dati più recenti indicano una realtà
estremamente significativa: oltre 100 distretti industriali con
circa 120.000 miliardi di fatturato e 600.000 addetti. I distretti
industriali hanno talora capacità anticicliche e di bilanciamento
degli effetti di congiunture negative. Così, anche negli
anni del recente rallentamento dell'economia nazionale, essi sono
stati in grado di conservare il proprio dinamismo economico. Per
valutare compiutamente la rilevanza del sistema dei distretti,
occorre considerare anche l'aspetto dell'occupazione: le piccole
e medie imprese innovative possono garantire nuove opportunità
di lavoro; i distretti industriali, infatti, mantengono e creano
occupazione mentre la grande industria perde addetti. Tra le
caratteristiche più significative del localismo, rispetto
ad altre aree produttive, vi sono la forza di penetrazione dei
mercati esteri e la grande capacità reattiva di fronte
ai mutamenti del ciclo. I distretti industriali italiani hanno,
coerentemente a tali peculiarità, anticipato tendenze e
dinamiche esportative, dopo la svalutazione del Settembre 1992,
che si sarebbero successivamente estese all'intero territorio
nazionale. L'andamento dell'export dei distretti produttivi italiani,
che in media può essere quantificato intorno al 45% del
fatturato, è, come noto, particolarmente evidente in tutto
il Nord del Paese, che ha sviluppato un sistema esportativo fortemente
orientato verso l'Unione Europea, mentre tale vocazione è
meno intensa nel Centro, pur se con significative eccezioni (Arezzo,
Massa Carrara, Prato).
Il Sud registra una modesta vocazione esportativa, pur potendo
vantare alcune "isole produttive", per lo più
operanti nei beni tradizionali, rivolte dinamicamente verso i
mercati internazionali. Alcuni distretti produttivi del Sud (ad
esempio, Avellino, Bari, Lecce, Campobasso, Matera) registrano,
infatti, interessanti segnali di crescita su mercati chiave dell'export
italiano come il Nord America e l'Estremo Oriente.
Negli ultimi anni, il sistema dei distretti industriali italiani
si è dovuto confrontare con nuove congiunture causate dall'aumento
del costo del lavoro e dall'ingresso sui mercati internazionali
dei Paesi emergenti. Questo nuovo quadro di riferimento ha determinato
il necessario riposizionamento dovuto all'affievolimento dei tradizionali
vantaggi competitivi, solo in parte compensato dalla svalutazione.
La flessibilità tipica dei cluster italiani e la
loro reattività alle mutazioni del mercato hanno attivato
processi di recupero di competitività. Alcuni distretti
- come, ad esempio, il tessile-laniero di Prato e Biella, il calzaturiero
di Vigevano e delle Puglie, il mobilio nella Brianza, la ceramica
di Sassuolo e la coltelleria di Lumezzane - hanno apportato efficaci
automazioni nell'organizzazione dei propri processi produttivi.
Ciò ha permesso di contrastare la concorrenza di Paesi
a basso costo di manodopera e, allo stesso tempo, di costituire
nuove forme di economie di scala, con sistemi di imprese tra loro
connesse da rapporti cooperativi. Alla concorrenza proveniente
dai Paesi emergenti si è cercato anche di rispondere attraverso
interventi sui cosiddetti non price factors, riqualificando
i prodotti in termini di creatività, varietà, rapidità
di adeguamento al fattore-moda.
La collocazione nei segmenti più elevati dei mercati di
sbocco permette, grazie anche alla tradizionale flessibilità
dei distretti, di adattarsi a esigenze meno qualificate, confrontandosi
senza difficoltà con le economie emergenti.
Il modello dei distretti italiani può quindi, almeno per
ora, considerarsi vincente alla luce della propria abilità
innovativa, divenuta, in seguito alla crescente globalizzazione
dei mercati, una componente ineliminabile dell'attività
produttiva.
Una maggiore integrazione all'interno dei cluster, attraverso
legami più stretti tra imprese leader nella produzione
e piccoli fornitori, può certamente contribuire al rafforzamento
della posizione dei distretti italiani sui mercati internazionali.
COLLEGARE MARKETING E SAPERE PRODUTTIVO
La maggiore collaborazione all'interno dei distretti, in grado
di sostituire le economie di scala dei grandi gruppi, potrà
realizzarsi proficuamente in vari momenti dell'attività
economica: nella ricerca e nello sviluppo, nell'informazione sugli
sbocchi commerciali, nella formazione degli addetti, nei servizi
di spedizione, nell'ottenimento di credito, nella certificazione
di qualità dei prodotti. Sono necessari investimenti adeguati,
avvalendosi anche dei piani di sostegno comunitari, per effettuare
scelte qualificate nel campo della progettazione, della ricerca
applicata, della tecnologia produttiva, dello sviluppo di reti
commerciali globalizzate.
Il sistema produttivo locale strutturato a distretto dovrà,
in futuro, evolversi attraverso una costante creazione di nuova
imprenditorialità e il mantenimento della spinta endogena
alla differenziazione e alla diversificazione produttiva. I cluster
italiani dovranno conservare quelli che sono i loro tradizionali
punti di forza: l'integrazione, economicamente efficiente, del
know how produttivo e l'agilità e prontezza della
risposta alle esigenze di mercato.
La politica industriale nei confronti dei distretti dovrà
essere formulata coerentemente alle peculiarità delle realtà
italiane: il riferimento non è l'impresa ma la comunità
e le diverse specifiche aggregazioni (a livello locale e nazionale).
L'attività di sostegno istituzionale - da coordinare a
livello comunitario, nazionale e locale - dovrà essere
diretta alla realizzazione delle strutture idonee al collegamento
e l'interazione del sapere produttivo e di marketing.
Nei sistemi di piccola e media impresa, risulta vitale un'azione
di diffusione capillare delle possibilità offerte dalle
nuove tecnologie al fine di dare ulteriore impulso alla dotazione
di processi e prodotti innovativi. Altro elemento di supporto
al sistema dei distretti italiani dovrà essere diretto
a fornire maggiore informazione sulle tendenze dei mercati esteri.
Per garantire al sistema dei distretti produttivi italiani un'adeguata
dotazione di risorse produttive, sarà necessario, inoltre,
sostenerlo con un più agevole e ampio ricorso al credito,
sensibilizzando il sistema finanziario che, attualmente, dedica
alla piccola impresa un supporto che dovrebbe essere intensificato.
I distretti devono coalizzarsi e cercare nuove forme di collaborazione
tra di essi e con i centri decisionali della politica industriale
territoriale (Regioni, Comuni).
UN SOGGETTO CON MOLTE VOCI
A sottolineare la necessità di una più stretta
collaborazione e, allo stesso tempo, di una più incisiva
presenza nelle istituzioni del Paese, è stato costituito,
alla fine del 1994, il Club dei distretti industriali, rappresentativo
di oltre 25mila imprese con circa 170 mila addetti. Si tratta
in sostanza di una rete che collega i distretti industriali al
fine di favorire gli scambi di informazioni ed esperienze e formare
una massa d'urto sufficiente a promuovere l'immagine e la realtà
distrettuali. I sistemi locali organizzati per distretti industriali
hanno alle spalle un contesto sociale e di risorse umane la cui
organizzazione e promozione è essenziale allo stesso sviluppo
industriale ed economico del Paese. In tale ottica, si è
posta la questione relativa alle politiche territoriali di sostegno
all'attività imprenditoriale dirette all'incentivazione
dei sistemi produttivi locali.
La Legge n. 317 del 5 ottobre 1991 per la promozione dell'innovazione
nelle piccole imprese ha conferito ai distretti industriali rilievo
pratico e politico, individuandoli come un nuovo soggetto rappresentativo
delle esigenze delle imprese.
Essi vengono designati come aree-sistema caratterizzate da elevata
concentrazione di piccole imprese con accentata specializzazione
produttiva (esempio Prato, Brianza, Biella, ecc.)
Ogni distretto, specializzato in un particolare settore produttivo
(es. seta, sedie, occhiali, calzature, strumenti musicali, ecc.)
si caratterizza per le particolari strategie di promozione, sia
all'interno che all'estero. I distretti non sono, a oggi, identificabili
come entità giuridiche vere e proprie trattandosi di aggregazioni
di imprese che, in molti casi, le Regioni si sono assunte il compito
di individuare e designare come destinatarie di contributi regionali
e comunitari. Portavoce delle esigenze dei vari distretti, mancando
ancora una loro autonomia istituzionale, diventano così
le organizzazioni locali più rappresentative: Camere di
Commercio, Associazioni imprenditoriali, Unioni industriali, Consorzi,
che agiscono per la loro promozione e internazionalizzazione.
Riguardo quest'ultimo punto, l'attività in favore dell'internazionalizzazione
dei distretti industriali realizzata dall'Istituto nazionale per
il Commercio Estero ha avuto, per le motivazioni appena esposte,
come interlocutori non i distretti stessi, ma altre entità
locali a carattere istituzionale e associativo. Questa collaborazione
fra ICE ed enti locali, diretta alla promozione dei distretti
industriali, costituisce una relativa novità nel panorama
dell'attività dell'Istituto che ha sempre dialogato con
le singole imprese.
Negli anni scorsi, l'ICE ha stipulato con gli esecutivi regionali
specifiche convenzioni relative a pacchetti di servizi diretti
alla promozione all'estero del "Sistema Italia", inteso
come insieme organico di realtà produttive locali a elevata
valenza industriale.
"PACCHETTI ICE" PER L'INTERNAZIONALIZZAZIONE
Questa forma di collaborazione con l'attività promozionale
svolta dalle Regioni è stata recentemente confermata e
ampliata attraverso appositi "Accordi di programma",
ai sensi della Legge n. 241/90, destinati alla realizzazione di
"pacchetti integrati" di sostegno all'internazionalizzazione
delle aziende locali ad alta specializzazione produttiva. Il sostegno
ICE all'internazionalizzazione dei distretti industriali regionali
viene effettuato attraverso tipologie di azione: prospezioni analitiche
dei mercati internazionali, assistenza nei contatti con gli operatori
esteri, presenza istituzionale agli eventi fieristici di maggiore
rilevanza per i settori merceologici interessanti. L'ICE si avvale
anche di metodologie finalizzate alle esigenze di piccoli gruppi
di imprenditori provenienti dai singoli distretti: tramite missioni,
incontri e simposi vengono illustrate agli operatori stranieri
le caratteristiche produttive e le peculiarità legate al
patrimonio tecnologico del bacino industriale.
Vengono anche curati dall'ICE, presso varie realtà produttive
locali, seminari con esperti, seguiti da incontri mirati, per
settore/Paese. Si tratta di azioni innovative che hanno come
riferimento "il territorio", inteso nella sua accezione
più ampia, comprendente le aziende, i loro raggruppamenti,
gli enti pubblici.
L'attività di supporto sui mercati esteri realizzata dall'ICE
si completa con strumenti "indiretti" di promozione
quali la formazione e la cooperazione industriale. La leva della
formazione è cruciale in un'economia globalizzata nella
quale la qualificazione degli addetti e la competenza delle reti
di vendita possono rappresentare fattori competitivi vincenti.
La formazione ICE si sviluppa su due linee guida: la qualificazione
del personale addetto ai mercati esteri (export manager) delle
imprese italiane e l'addestramento di tecnici stranieri alle macchine
e apparecchiature Made in Italy.
I corsi di formazione ICE sono stati spesso dedicati a filiere
specifiche (esempio tessili-abbigliamento, marmo, calzature, ceramica,
ecc.), vista la spiccata localizzazione di alcuni settori produttivi
italiani dove, nelle logica del distretto industriale, è
frequente la presenza di aziende produttrici di beni di consumo
affiancate da imprese fabbricanti il macchinario necessario per
tali linee merceologiche.
Occorre, infine, ricordare i servizi ICE in materia di collaborazione
industriale che permettono ai distretti industriali italiani di
valutare la fattibilità di iniziative di delocalizzazione
di alcune fasi della produzione o di costituzione di società
miste per la commercializzazione dei propri prodotti.