Solo dopo un decennio di analisi e discussioni e quando ormai
non solo in tutte le regioni italiane ma anche all'estero l'importanza
e il ruolo dei distretti per lo sviluppo economico e territoriale
venivano ampiamente riconosciuti, una legge sull'innovazione nella
piccola impresa (Legge n. 317 del 1991, articolo 36) ha introdotto,
per la prima volta, la realtà dei distretti tra gli ambiti
territoriali e settoriali dove poter svolgere interventi di politica
industriale.
Anche questa legge, pur delegando la competenza dei distretti
alle Regioni, non suggeriva però particolari indirizzi
di intervento né tanto meno metteva a disposizione le risorse
finanziarie necessarie per la realizzazione degli interventi.
Dopo altri cinque anni, in ogni caso, solo otto regioni risultano
aver recepito e organizzato normativamente la delega e un numero
ancor minore di regioni ha avviato dei concreti programmi operativi.
Per la verità occorre però tener presente che numerose
regioni, per autonoma iniziativa o a fronte di specifiche sollecitazioni
locali, avevano già provveduto a realizzare tutta una serie
di iniziative per la promozione e lo sviluppo dei sistemi economici
locali e quindi anche dei distretti. Tra queste anche la Lombardia
che, per dare una compiuta attuazione alla legge nazionale, ha
comunque deciso di formalizzare uno specifico progetto di intervento
per la valorizzazione dei distretti industriali, definendo criteri
e indirizzi per la promozione e il finanziamento di particolari
iniziative di qualificazione nonché, ove fosse il caso,
anche di riconversione delle attività manifatturiere tradizionalmente
presenti nel distretto.
In questa prospettiva la Regione Lombardia, con la Legge n. 7
del febbraio 1993 e successivi atti normativi di attuazione, stabiliva
i criteri per l'individuazione dei singoli distretti e gli indirizzi
per la formazione di veri e propri programmi di sviluppo dei distretti
stessi, stanziando una cospicua dotazione finanziaria (25 miliardi
di lire) per la loro realizzazione.
I criteri per l'elaborazione dei piani di sviluppo dei singoli
distretti puntavano soprattutto sull'obiettivo di creare le condizioni
per consentire un utilizzo ottimale delle risorse umane, tecniche
e produttive esistenti o potenzialmente reperibili all'interno
del distretto. In questa prospettiva, la finalità specifica
dei programmi, a seconda delle situazioni e condizioni locali,
poteva essere sia quella di sviluppare ulteriormente la struttura
economica e produttiva esistente, sia quella di qualificare e
di favorire processi di "riconversione interna" verso
altri comparti dello stesso settore, sia infine quella di riconvertire
verso altri settori le risorse attualmente impegnate nelle tradizionali
specializzazioni produttive.
Le strategie d'azione adottate per la predisposizione e la realizzazione
del complessivo piano di sviluppo nonché gli specifici
obiettivi individuati per i singoli interventi proposti nell'ambito
del piano avrebbero dovuto rivolgersi a creare le condizioni per
il consolidamento e lo sviluppo delle attività produttive
e dei servizi della produzione, per rimuovere gli ostacoli che
impediscono la piena valorizzazione delle risorse economiche e
produttive presenti nell'area ed eventualmente anche per sostenere
la reindustrializzazione di aree e la riconversione dei settori
colpiti da fenomeni di declino industriale. Particolarmente significativa,
in ogni caso, è stata la scelta del Consiglio Regionale
della Lombardia per quanto riguarda la gestione delle attività
di promozione e di sviluppo all'interno dei singoli distretti:
non è stato individuato, infatti, un unico soggetto/ente
che in ogni distretto disponesse per legge dell'esclusiva per
predisporre e realizzare il piano di sviluppo. È stata
invece raccomandata la costituzione di specifici "comitati
di distretto", composti da tutti gli operatori pubblici e
privati interessati allo sviluppo del sistema economico locale,
coordinati da un ente pubblico a ciò incaricato dallo stesso
comitato. Così, probabilmente per la prima volta nella
realizzazione di interventi di carattere promozionale e programmatico
soggetti a una specifica normativa, una pluralità di istituzioni
locali (Camere di Commercio, Province, Comuni, Consorzi intercomunali,
Comunità montane) hanno ricevuto nelle diverse realtà
territoriali l'incarico di Coordinatori del distretto: e ciò
non per un'astratta scelta fatta a tavolino dei comitati ma in
base alla tradizionale capacità di intervento e all'effettiva
volontà di svolgere un ruolo di protagonista per lo sviluppo
dell'economia locale che ognuno di questi enti ha saputo evidenziare
nelle differenti aree territoriali. Occorre riconoscere, in questa
occasione, il ruolo di primo piano svolto dalle Camere di Commercio:
in ben 11 distretti infatti il coordinamento è stato assegnato
a questi enti.
In ogni caso, la politica dei piani di distretto, per concludere
questa breve sintesi dell'impostazione avviata dalla Regione Lombardia,
ha rappresentato forse la prima occasione, da quando esistono
le Regioni, di prendere concretamente in considerazione con una
strumentazione operativa adeguata le problematiche dello sviluppo
di aree territoriali che, una volta tanto, non versano in una
situazione di crisi, ma che al contrario, in molti casi, rappresentano
dei sistemi produttivi trainanti per l'intera economia regionale.
Una politica di sviluppo, quindi, per situazioni e tradizioni
produttive che hanno già evidenziato specifici fattori
di competitività e di successo e che però, di fronte
ad ambiti concorrenziali sempre più vasti e ormai senza
confini territoriali, devono poter continuamente rinnovarsi, rigenerando
o qualificando e, se è il caso, anche riconvertendo e modificando
non solo le proprie produzioni ma soprattutto le risorse imprenditoriali,
professionali e tecnologiche che determinano la competitività
delle singole imprese e del complessivo sistema distrettuale.
Se questo è stato in sintesi l'orientamento programmatico
regionale, quali sono poi stati i concreti risultati sul campo?
Tra il Gennaio 1995 e il Settembre '96 sono stati presentati e
approvati dalla Regione 19 piani di sviluppo predisposti da altrettanti
comitati di distretto.
IMMAGINE E COMPETITIVITA'
Per 16 distretti sono stati approvati e finanziati anche i relativi
progetti di intervento: si tratta complessivamente di 60 progetti,
comportanti un investimento di ben 43 miliardi; il finanziamento
regionale, che non può superare il 40% della spesa di investimento,
è stato fino a oggi di 16 miliardi. La restante parte dell'investimento
è coperta dalle imprese o da consorzi interaziendali (42%)
e da enti pubblici locali (18%). Gli interventi, gran parte dei
quali è oggi in piena fase di realizzazione, sono estremamente
diversificati, anche se in buona misura riconducibili a due specifiche
tipologie: la prima indirizzata alla riqualificazione e sviluppo
dei fattori di competitività interni al distretto e alla
riduzione dei costi di produzione, la seconda rivolta invece al
consolidamento/miglioramento del ruolo e dell'immagine del distretto,
soprattutto sui mercati esteri. Nella prima tipologia sono stati
proposti ad esempio interventi di introduzione, lungo tutta la
filiera di specializzazione del distretto, dei metodi e delle
tecnologie del quick response e del just in time,
oppure iniziative di aggiornamento e qualificazione delle risorse
umane, professionali e imprenditoriali, interventi per la garanzia
e la certificazione della qualità, o ancora progetti per
la ricerca e sviluppo di nuove tecnologie per la riduzione dell'impatto
dei cicli produttivi sull'ambiente. Nella seconda categoria rientrano
invece un buon numero di interventi di carattere promozionale
nell'area del marketing di distretto, della valorizzazione delle
caratteristiche di qualità delle produzioni locali e dello
sviluppo dell'internazionalizzazione.
È forse ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive
sui risultati complessivamente raggiunti e sulla validità
dell'impostazione data dalla Regione per la predisposizione e
realizzazione dei piani di distretto: il primo triennio di operatività
scade infatti solo alla fine del 1997. Dall'esame dei piani presentati
e delle prime fasi attuative dei singoli progetti di intervento
è però possibile formulare qualche prima valutazione
e focalizzare sia alcuni elementi di successo che qualche aspetto
critico.
Tra gli elementi positivi occorre senza dubbio segnalare la forte
spinta allo sviluppo dei rapporti e della cooperazione tra operatori
pubblici e privati presenti nel distretto che questa esperienza
di programmazione ha contribuito a dare nei sistemi economici
locali dove è stata realizzata. Alle riunioni e più
in generale all'attività di analisi, proposta, progettazione
e gestione dei comitati di distretto hanno partecipato più
di 400 operatori in gran parte imprese o consorzi e associazioni
di imprese. Il buon livello raggiunto dalla cooperazione tra
pubblico e privato si ricava anche dalle aliquote del cofinanziamento
reperito per la copertura finanziaria dei progetti. Trattandosi
infatti di interventi di carattere promozionale o comunque posizionati
negli stadi precompetitivi del ciclo produttivo, e quindi difficilmente
in grado di incidere nel breve termine sulla singola realtà
aziendale, la disponibilità di significativi cofinanziamenti
provenienti dalle imprese o dalle loro associazioni è indice
di positivi rapporti di fiducia reciproca e di affidabilità
incrociata evidenziata tra soggetti pubblici e privati all'interno
dei comitati di distretto.
Non vi è dubbio, peraltro, che la stessa dimensione locale
comprensoriale si sia dimostrata come la più adatta per
il superamento delle tradizionali difficoltà di rapporto
tra mondo produttivo e sistema delle istituzioni pubbliche: solo
a livelli territoriali/istituzionali relativamente circoscritti
infatti è possibile coniugare con buone dosi di efficienza
ed efficacia responsabilità di progettazione, decisione
e gestione, isolando i tradizionali atteggiamenti e comportamenti
di tipo opportunistico e le stesse condotte di free rider
(tanto ci pensano gli altri!).
MA ANCHE MITI DA SFATARE
Ovviamente, infine, non vi è dubbio che un elemento importante
e decisivo nell'assemblare tutte le possibili complementarietà
di ruoli e risorse dei diversi operatori locali pubblici e privati,
singoli e associati è derivato proprio dalle condizioni
e prospettive di ulteriore sviluppo (e non semplicemente di rimedio
a situazioni di crisi) che i programmi di distretto hanno in genere
potuto rappresentare. Le prospettive di sviluppo, infatti, riguardano
tutti gli operatori e costituiscono un'importante motivazione
nel ricercare sinergie e rapporti di cooperazione, in quanto il
gioco, a differenza delle situazioni di crisi, può facilmente
svolgersi con esiti di somma maggiore di zero.
Tra gli aspetti negativi o comunque critici, invece, occorre evidenziare
una certa superficialità, se così si può
dire, nell'analisi degli specifici fattori in cui ogni singolo
distretto può basare le proprie prospettive di successo
e di crisi. La mancanza d'esperienza e di know how negli
strumenti di conoscenza e progettazione delle condizioni dello
sviluppo locale peraltro in molti casi giustificata dalla prolungata
assenza di occasioni e competenze di intervento in materia di
politica industriale e di sviluppo economico, hanno spesso portato
i comitati di distretto a privilegiare una acritica accettazione
di luoghi comuni sul ruolo traumaturgico di generici processi
di innovazione dei cicli produttivi, di qualificazione dei prodotti
e di ammodernamento della struttura produttiva rispetto a una
puntuale definizione di obiettivi di intervento specifici e appropriati
alla realtà del singolo distretto.
Una conseguenza, non certo positiva, di questo approccio si è
poi ovviamente riscontrata nella stessa individuazione e gestione
dei progetti di intervento: non per nulla il 15% dei progetti
inizialmente presentati, approvati e finanziati dalla Regione
sono stati poi abbandonati. È a livello di gestione dei
singoli interventi, infatti, che i risultati operativi mostrano
o meno la coerenza con gli obiettivi e le aspettative di sviluppo
indicati nei piani di distretto.
Anche questo riscontro, tuttavia, come si accennava sopra e almeno
nella gran parte degli ambiti locali coinvolti, evidenzia più
la conseguenza di una limitata accumulazione di know how
progettuale e gestionale a livello locale-distrettuale che la
presenza di irrimediabili limiti imputabili a incapacità
strutturali o all'assenza di volontà istituzionale.
Lo sviluppo stesso di questa esperienza oggi in pieno svolgimento,
così come l'incremento delle competenze che via via si
accumuleranno, potranno quindi costituire il miglior rimedio anche
per gli aspetti critici oggi presenti.
I DISTRETTI INDUSTRIALI DELLA LOMBARDIA | ||||||
Distretto | Attività produttiva di specializzazione |
Progr. Sviluppo approvato |
Progetti approvati | Investimento globale (milioni) |
Contributo regionale (milioni) | |
SI' | NO | |||||
Asse Sempione (Busto A.) | Tessile - Abbigliamento | |||||
Comasco | Tessile-Serico | |||||
Brianza comasca Milanese | Legno-Arredo | |||||
Lecchese-Brianza | Metalmeccanica e meccanica | |||||
Valbrembana | Meccanica | |||||
Valseriana | Tessile-Abbigliamento | |||||
Sebino Bergamasco | Gomma | |||||
Camuno Sebino | Metallurgia | |||||
Valtrompia -Valsabbia | Prodotti in metallo | |||||
Bassa bresciana | Tessile-Abbigliamento | |||||
Castelgoffredo | Calze-Abbigliamento | |||||
Canneto sull'Oglio | Legno-Accessori di arredamento | |||||
Trevigliese | Metalmeccanica | |||||
Casalasco Viadanese | Legno-Arredo | |||||
Belgioioso | Meccanica | |||||
Vigevanese | Calzature | |||||
Lomellina | Tessile Abbigliamento-Oreficeria | |||||
Palazzolo sull'Oglio | Tessile Abbigliamento | |||||
Oltrepò Mantovano | Tessile Abbigliamento | |||||
Basso mantovano | Carpenteria metallica e macchine agricole | |||||