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Impresa & Stato n°35

ISTITUZIONI LOCALI
E PROMOZIONE DEI DISTRETTI

I progetti per attuare la Legge 317 in Lombardia.
In 11 distretti le Camere di Commercio hanno il ruolo di coordinamento.

di
ANGELO LASSINI

Solo dopo un decennio di analisi e discussioni e quando ormai non solo in tutte le regioni italiane ma anche all'estero l'importanza e il ruolo dei distretti per lo sviluppo economico e territoriale venivano ampiamente riconosciuti, una legge sull'innovazione nella piccola impresa (Legge n. 317 del 1991, articolo 36) ha introdotto, per la prima volta, la realtà dei distretti tra gli ambiti territoriali e settoriali dove poter svolgere interventi di politica industriale.
Anche questa legge, pur delegando la competenza dei distretti alle Regioni, non suggeriva però particolari indirizzi di intervento né tanto meno metteva a disposizione le risorse finanziarie necessarie per la realizzazione degli interventi. Dopo altri cinque anni, in ogni caso, solo otto regioni risultano aver recepito e organizzato normativamente la delega e un numero ancor minore di regioni ha avviato dei concreti programmi operativi.
Per la verità occorre però tener presente che numerose regioni, per autonoma iniziativa o a fronte di specifiche sollecitazioni locali, avevano già provveduto a realizzare tutta una serie di iniziative per la promozione e lo sviluppo dei sistemi economici locali e quindi anche dei distretti. Tra queste anche la Lombardia che, per dare una compiuta attuazione alla legge nazionale, ha comunque deciso di formalizzare uno specifico progetto di intervento per la valorizzazione dei distretti industriali, definendo criteri e indirizzi per la promozione e il finanziamento di particolari iniziative di qualificazione nonché, ove fosse il caso, anche di riconversione delle attività manifatturiere tradizionalmente presenti nel distretto.
In questa prospettiva la Regione Lombardia, con la Legge n. 7 del febbraio 1993 e successivi atti normativi di attuazione, stabiliva i criteri per l'individuazione dei singoli distretti e gli indirizzi per la formazione di veri e propri programmi di sviluppo dei distretti stessi, stanziando una cospicua dotazione finanziaria (25 miliardi di lire) per la loro realizzazione.
I criteri per l'elaborazione dei piani di sviluppo dei singoli distretti puntavano soprattutto sull'obiettivo di creare le condizioni per consentire un utilizzo ottimale delle risorse umane, tecniche e produttive esistenti o potenzialmente reperibili all'interno del distretto. In questa prospettiva, la finalità specifica dei programmi, a seconda delle situazioni e condizioni locali, poteva essere sia quella di sviluppare ulteriormente la struttura economica e produttiva esistente, sia quella di qualificare e di favorire processi di "riconversione interna" verso altri comparti dello stesso settore, sia infine quella di riconvertire verso altri settori le risorse attualmente impegnate nelle tradizionali specializzazioni produttive.
Le strategie d'azione adottate per la predisposizione e la realizzazione del complessivo piano di sviluppo nonché gli specifici obiettivi individuati per i singoli interventi proposti nell'ambito del piano avrebbero dovuto rivolgersi a creare le condizioni per il consolidamento e lo sviluppo delle attività produttive e dei servizi della produzione, per rimuovere gli ostacoli che impediscono la piena valorizzazione delle risorse economiche e produttive presenti nell'area ed eventualmente anche per sostenere la reindustrializzazione di aree e la riconversione dei settori colpiti da fenomeni di declino industriale. Particolarmente significativa, in ogni caso, è stata la scelta del Consiglio Regionale della Lombardia per quanto riguarda la gestione delle attività di promozione e di sviluppo all'interno dei singoli distretti: non è stato individuato, infatti, un unico soggetto/ente che in ogni distretto disponesse per legge dell'esclusiva per predisporre e realizzare il piano di sviluppo. È stata invece raccomandata la costituzione di specifici "comitati di distretto", composti da tutti gli operatori pubblici e privati interessati allo sviluppo del sistema economico locale, coordinati da un ente pubblico a ciò incaricato dallo stesso comitato. Così, probabilmente per la prima volta nella realizzazione di interventi di carattere promozionale e programmatico soggetti a una specifica normativa, una pluralità di istituzioni locali (Camere di Commercio, Province, Comuni, Consorzi intercomunali, Comunità montane) hanno ricevuto nelle diverse realtà territoriali l'incarico di Coordinatori del distretto: e ciò non per un'astratta scelta fatta a tavolino dei comitati ma in base alla tradizionale capacità di intervento e all'effettiva volontà di svolgere un ruolo di protagonista per lo sviluppo dell'economia locale che ognuno di questi enti ha saputo evidenziare nelle differenti aree territoriali. Occorre riconoscere, in questa occasione, il ruolo di primo piano svolto dalle Camere di Commercio: in ben 11 distretti infatti il coordinamento è stato assegnato a questi enti.
In ogni caso, la politica dei piani di distretto, per concludere questa breve sintesi dell'impostazione avviata dalla Regione Lombardia, ha rappresentato forse la prima occasione, da quando esistono le Regioni, di prendere concretamente in considerazione con una strumentazione operativa adeguata le problematiche dello sviluppo di aree territoriali che, una volta tanto, non versano in una situazione di crisi, ma che al contrario, in molti casi, rappresentano dei sistemi produttivi trainanti per l'intera economia regionale. Una politica di sviluppo, quindi, per situazioni e tradizioni produttive che hanno già evidenziato specifici fattori di competitività e di successo e che però, di fronte ad ambiti concorrenziali sempre più vasti e ormai senza confini territoriali, devono poter continuamente rinnovarsi, rigenerando o qualificando e, se è il caso, anche riconvertendo e modificando non solo le proprie produzioni ma soprattutto le risorse imprenditoriali, professionali e tecnologiche che determinano la competitività delle singole imprese e del complessivo sistema distrettuale. Se questo è stato in sintesi l'orientamento programmatico regionale, quali sono poi stati i concreti risultati sul campo? Tra il Gennaio 1995 e il Settembre '96 sono stati presentati e approvati dalla Regione 19 piani di sviluppo predisposti da altrettanti comitati di distretto.

IMMAGINE E COMPETITIVITA'
Per 16 distretti sono stati approvati e finanziati anche i relativi progetti di intervento: si tratta complessivamente di 60 progetti, comportanti un investimento di ben 43 miliardi; il finanziamento regionale, che non può superare il 40% della spesa di investimento, è stato fino a oggi di 16 miliardi. La restante parte dell'investimento è coperta dalle imprese o da consorzi interaziendali (42%) e da enti pubblici locali (18%). Gli interventi, gran parte dei quali è oggi in piena fase di realizzazione, sono estremamente diversificati, anche se in buona misura riconducibili a due specifiche tipologie: la prima indirizzata alla riqualificazione e sviluppo dei fattori di competitività interni al distretto e alla riduzione dei costi di produzione, la seconda rivolta invece al consolidamento/miglioramento del ruolo e dell'immagine del distretto, soprattutto sui mercati esteri. Nella prima tipologia sono stati proposti ad esempio interventi di introduzione, lungo tutta la filiera di specializzazione del distretto, dei metodi e delle tecnologie del quick response e del just in time, oppure iniziative di aggiornamento e qualificazione delle risorse umane, professionali e imprenditoriali, interventi per la garanzia e la certificazione della qualità, o ancora progetti per la ricerca e sviluppo di nuove tecnologie per la riduzione dell'impatto dei cicli produttivi sull'ambiente. Nella seconda categoria rientrano invece un buon numero di interventi di carattere promozionale nell'area del marketing di distretto, della valorizzazione delle caratteristiche di qualità delle produzioni locali e dello sviluppo dell'internazionalizzazione.
È forse ancora troppo presto per trarre conclusioni definitive sui risultati complessivamente raggiunti e sulla validità dell'impostazione data dalla Regione per la predisposizione e realizzazione dei piani di distretto: il primo triennio di operatività scade infatti solo alla fine del 1997. Dall'esame dei piani presentati e delle prime fasi attuative dei singoli progetti di intervento è però possibile formulare qualche prima valutazione e focalizzare sia alcuni elementi di successo che qualche aspetto critico.
Tra gli elementi positivi occorre senza dubbio segnalare la forte spinta allo sviluppo dei rapporti e della cooperazione tra operatori pubblici e privati presenti nel distretto che questa esperienza di programmazione ha contribuito a dare nei sistemi economici locali dove è stata realizzata. Alle riunioni e più in generale all'attività di analisi, proposta, progettazione e gestione dei comitati di distretto hanno partecipato più di 400 operatori in gran parte imprese o consorzi e associazioni di imprese. Il buon livello raggiunto dalla cooperazione tra pubblico e privato si ricava anche dalle aliquote del cofinanziamento reperito per la copertura finanziaria dei progetti. Trattandosi infatti di interventi di carattere promozionale o comunque posizionati negli stadi precompetitivi del ciclo produttivo, e quindi difficilmente in grado di incidere nel breve termine sulla singola realtà aziendale, la disponibilità di significativi cofinanziamenti provenienti dalle imprese o dalle loro associazioni è indice di positivi rapporti di fiducia reciproca e di affidabilità incrociata evidenziata tra soggetti pubblici e privati all'interno dei comitati di distretto.
Non vi è dubbio, peraltro, che la stessa dimensione locale comprensoriale si sia dimostrata come la più adatta per il superamento delle tradizionali difficoltà di rapporto tra mondo produttivo e sistema delle istituzioni pubbliche: solo a livelli territoriali/istituzionali relativamente circoscritti infatti è possibile coniugare con buone dosi di efficienza ed efficacia responsabilità di progettazione, decisione e gestione, isolando i tradizionali atteggiamenti e comportamenti di tipo opportunistico e le stesse condotte di free rider (tanto ci pensano gli altri!).

MA ANCHE MITI DA SFATARE
Ovviamente, infine, non vi è dubbio che un elemento importante e decisivo nell'assemblare tutte le possibili complementarietà di ruoli e risorse dei diversi operatori locali pubblici e privati, singoli e associati è derivato proprio dalle condizioni e prospettive di ulteriore sviluppo (e non semplicemente di rimedio a situazioni di crisi) che i programmi di distretto hanno in genere potuto rappresentare. Le prospettive di sviluppo, infatti, riguardano tutti gli operatori e costituiscono un'importante motivazione nel ricercare sinergie e rapporti di cooperazione, in quanto il gioco, a differenza delle situazioni di crisi, può facilmente svolgersi con esiti di somma maggiore di zero.
Tra gli aspetti negativi o comunque critici, invece, occorre evidenziare una certa superficialità, se così si può dire, nell'analisi degli specifici fattori in cui ogni singolo distretto può basare le proprie prospettive di successo e di crisi. La mancanza d'esperienza e di know how negli strumenti di conoscenza e progettazione delle condizioni dello sviluppo locale peraltro in molti casi giustificata dalla prolungata assenza di occasioni e competenze di intervento in materia di politica industriale e di sviluppo economico, hanno spesso portato i comitati di distretto a privilegiare una acritica accettazione di luoghi comuni sul ruolo traumaturgico di generici processi di innovazione dei cicli produttivi, di qualificazione dei prodotti e di ammodernamento della struttura produttiva rispetto a una puntuale definizione di obiettivi di intervento specifici e appropriati alla realtà del singolo distretto.
Una conseguenza, non certo positiva, di questo approccio si è poi ovviamente riscontrata nella stessa individuazione e gestione dei progetti di intervento: non per nulla il 15% dei progetti inizialmente presentati, approvati e finanziati dalla Regione sono stati poi abbandonati. È a livello di gestione dei singoli interventi, infatti, che i risultati operativi mostrano o meno la coerenza con gli obiettivi e le aspettative di sviluppo indicati nei piani di distretto.
Anche questo riscontro, tuttavia, come si accennava sopra e almeno nella gran parte degli ambiti locali coinvolti, evidenzia più la conseguenza di una limitata accumulazione di know how progettuale e gestionale a livello locale-distrettuale che la presenza di irrimediabili limiti imputabili a incapacità strutturali o all'assenza di volontà istituzionale.
Lo sviluppo stesso di questa esperienza oggi in pieno svolgimento, così come l'incremento delle competenze che via via si accumuleranno, potranno quindi costituire il miglior rimedio anche per gli aspetti critici oggi presenti.

I DISTRETTI INDUSTRIALI DELLA LOMBARDIA
Distretto Attività produttiva
di specializzazione
Progr. Sviluppo
approvato
Progetti approvati Investimento globale
(milioni)
Contributo regionale
(milioni)
SI'NO
Asse Sempione (Busto A.)Tessile - Abbigliamento
X
10
4.233
1.647
ComascoTessile-Serico
X
13
5.982
2.393
Brianza comasca MilaneseLegno-Arredo
X
4
8.210
2.640
Lecchese-BrianzaMetalmeccanica e meccanica
X
5
5.495
2.198
ValbrembanaMeccanica
X
ValserianaTessile-Abbigliamento
X
1
624
250
Sebino BergamascoGomma
X
2
1.903
761
Camuno SebinoMetallurgia
X
X
Valtrompia -ValsabbiaProdotti in metallo
X
8
5.349
2.127
Bassa brescianaTessile-Abbigliamento
X
CastelgoffredoCalze-Abbigliamento
X
2
1.094
437
Canneto sull'OglioLegno-Accessori di arredamento
X
2
1.579
632
TreviglieseMetalmeccanica
X
1
1.305
400
Casalasco ViadaneseLegno-Arredo
X
3
793
317
BelgioiosoMeccanica
X
1
790
316
VigevaneseCalzature
X
2
894
353
LomellinaTessile Abbigliamento-Oreficeria
X
2
2.812
1.125
Palazzolo sull'OglioTessile Abbigliamento
X
Oltrepò MantovanoTessile Abbigliamento
X
1
910
364
Basso mantovanoCarpenteria metallica e macchine agricole
X
3
947
379
60
42.920
16.339