Vi è oggi un sufficiente consenso tra gli analisti dei
sistemi locali di produzione sul fatto che il distretto inteso
in termini marshalliani, con una divisione per fasi della produzione
e le caratteristiche di auto-contenimento territoriale dei processi
produttivi, sia oramai largamente superato dalla dinamica dei
fenomeni competitivi. In altri termini l'affermarsi di una competizione
dinamica ha modificato profondamente le caratteristiche strutturali
dei distretti, in termini di rapporti tra imprese e ruolo del
territorio. In particolare la necessità di affrontare un
ambiente competitivo sempre più turbolento ha condotto
il distretto a mutare la propria struttura interna, per effetto
dei diversi comportamenti strategici delle imprese, che richiedono
non semplicemente un approccio adattivo (basato sull'innovazione
incrementale del prodotto e del processo), bensì veri e
propri "salti" strategici e di apprendimento. Vi è
oramai una convinzione diffusa infatti che questi sistemi territoriali
hanno concluso la loro fase di sviluppo spontaneo e "quantitativo"
verso la fine degli anni Ottanta e che adesso sono alla ricerca
di nuovi assetti, conseguenti a una diversa fase del ciclo di
vita del distretto. In questo stadio l'enfasi si trasferisce
dai rapporti materiali di produzione, dalla ricostruzione cioè
a livello territoriale di una matrice input-output, alla
capacità di acquisizione e di sviluppo di un processo di
apprendimento e di learning relazionale da parte delle
imprese distrettuali: si tratta di un processo che, ancora una
volta, può trovare nel territorio aspetti di sedimentazione
e crescita. È evidente che queste modificazioni, che non
appaiono tutte nello stesso modo e con la stessa forza nelle realtà
distrettuali, portano uno spostamento sia dei contenuti delle
politiche di regolazione, sia dei soggetti di queste politiche,
sia infine degli ambiti (territoriali) al cui interno sviluppare
le iniziative.
Il tutto si traduce in un rinnovato ruolo che è chiamato
a svolgere il tradizionale fattore lavoro, ma più propriamente
dovremmo parlare ora di risorse umane, che già nelle prime
spiegazioni del "distretto" aveva assunto una valenza
esplicativa molto importante. Tuttavia mentre nel passato si
è enfatizzata la flessibilità del mercato del lavoro
locale (rifacendosi essenzialmente a una concezione quantitativa
di questo fattore) oggi emerge un nuovo ruolo di esso, inteso
in senso più qualitativo, per il contributo che può
fornire all'incremento della capacità di learning
dell'impresa.
CONFINI CHE NON CONTENGONO PIU'
Secondo l'interpretazione tradizionale il distretto rappresentava
un "contenitore territoriale" nel cui ambito si realizzava
una forte concentrazione di fasi produttive, in grado di dare
vita a forti economie esterne, che riducevano i costi di transazione
delle imprese. La specializzazione per fasi produttive, all'interno
di un sistema di cooperazione concorrenziale tra le imprese, rendeva
quindi possibile scomporre i processi produttivi (e di conseguenza
flessibilizzarli) e creava delle forti economie di agglomerazione,
che anche secondo le recenti interpretazioni dello sviluppo regionale
spiegano la crescita di determinate aree.
L'emersione di una concorrenza dinamica tra le imprese, il venire
meno dell'elemento costo-prezzo come fattore competitivo determinante
all'interno dei mercati di sostituzione, in cui sono largamente
specializzate le imprese distrettuali, ha imposto la necessità
di focalizzare sullo sviluppo dell'innovazione. Si è passati
da un concetto di innovazione incorporata, nel prodotto e nel
processo, a una accezione che supera il dato meramente tecnologico
per investire l'intero iter aziendale, e anzi a enfatizzare sempre
più le caratteristiche decisionali e organizzative del
processo d'impresa.
Di conseguenza si rende necessario il deciso sviluppo e la sedimentazione
all'interno dell'impresa di una capacità di learning,
ossia di un incessante apprendimento, con la costruzione anche
di adeguati circuiti decisionali e di veicolazione delle informazioni
attraverso le quali l'apprendimento può "fluire"
senza troppi ostacoli. È oramai infatti un dato acquisito
che il motore fondamentale del processo innovativo è rappresentato
dalla capacità di learning dell'impresa e dalla
sua attitudine a metabolizzare le informazioni e gli stimoli espliciti
(codificati) che provengono dall'esterno, con capacità
innovative tacite e non codificabili che sono invece all'interno
del sistema aziendale. La conseguenza di questa situazione è
l'emersione, in molte realtà distrettuali, di imprese leader
che consentono di accumulare una adeguata capacità strategica
e che svolgono un ruolo di organizzazione della produzione nei
confronti delle altre imprese distrettuali. Si consolida quindi
un processo di gerarchizzazione, che non necessariamente si accompagna
a una decisa riappropriazione da parte delle imprese leader di
fasi di produzione, ma che comporta modalità di relazione
con le tradizionali "imprese di fase" (e che ora sono
chiamate a qualificare il proprio ruolo producendo componenti)
differenti dal passato. L'ampliamento dei mercati di riferimento,
e degli sbocchi produttivi, tende a rendere sempre meno forte
il legame produttivo tra le imprese all'interno del distretto,
che sono spinte a ricercare un più ampio sistema di convenienze
a livello internazionale. E tale situazione si verifica non solo
per le imprese leader committenti, ma riguarda anche le stesse
imprese sub-fornitrici, che ampliano il loro raggio di azione
anche al di là dei "clienti" distrettuali.
Il distretto quindi tenderebbe a perdere importanza come contenitore
territoriale di fenomeni essenzialmente produttivi (la cui intensità
dipende dall'entità delle relazioni di scambio e di sub-fornitura
a livello locale), che del resto acquistano oggi anche una minore
rilevanza per la crescita della capacità innovativa aziendale.
Pertanto, dal punto di vista del manufactoring, sembra
che si sia oramai realizzata una apertura dei distretti (almeno
di quelli più evoluti), sviluppando una globalizzazione
che non è più semplicemente ristretta alle imprese
che producono beni destinati al mercato finale, ma anche alle
componenti.
Resta il dato che lo spessore delle relazioni di sub-fornitura
di prossimità all'interno del distretto è comunque
superiore a quello rilevabile nelle aree non distrettuali, appunto
perché le sub-fornitrici distrettuali sono in grado di
offrire prestazioni a elevato livello di affidabilità,
dimostrando di aver accolto la richiesta di up-grading
qualitativo delle loro produzioni che proviene dai committenti
e che consente loro di acquisire una clientela anche su mercati
extra-distrettuali.
DOVE LA CONOSCENZA SI ACCUMULA
Il percorso di evoluzione delle economie locali all'interno di
un sistema di specializzazione flessibile delle produzioni, dimostra
che un dato fondamentale delle attuali economie è rappresentato
dalla crescita del livello di relazionalità tra imprese
e tra queste, l'ambiente e le istituzioni.
La capacità di relazione è quindi un aspetto essenziale
dell'attuale impostazione dei rapporti tra aziende e all'interno
dei sistemi produttivi e istituzionali. Si tratta di un elemento
che contraddistingue una fase competitiva e quindi vale per tutte
le imprese e i sistemi, indipendentemente dalla loro composizione
dimensionale. Connessa con questa modalità si trova una
capacità di innovazione sempre più basata sull'acquisizione
e lo sviluppo dell'apprendimento, sull'affermazione di imprese
competitive del tipo learning intensive, che si basano
su di un delicato equilibrio tra sapere personale e sapere collettivo.
La crescita del learning avviene attraverso lo sviluppo
di relazioni tra soggetti locali e mediante la sedimentazione
di fattori storici, sociali e produttivi, che sono maggiormente
presenti in alcune realtà rispetto ad altre.
Alcuni hanno individuato nell'esistenza di una conoscenza contestualizzata
in un ben identificato territorio uno degli aspetti essenziali
del distretto, identificando gli "integratori versatili"
capaci di agire come elementi di decodifica di questa conoscenza,
negli uomini, e quindi in sintesi, nel fattore lavoro che si colloca
in una ben identificata realtà locale.
Recentemente il territorio è stato definito come elemento
di riferimento per l'accumulazione di fattori di relazione (in
termini di competenze, relazioni di fiducia, ecc.) che trovano
sul territorio stesso la possibilità di sedimentazione
e di accumulazione, secondo tempi che non sono quelli "reali"
dell'economia produttiva.
Il territorio rappresenterebbe un elemento di rallentamento per
i fenomeni dell'economia di produzione, e renderebbe possibile
l'accumulazione di risorse "lente", come appunto la
capacità di sviluppo di learning, che si consolida
attraverso le risorse umane, che sono quelle che assumono una
rilevanza crescente per i processi di sviluppo di medio periodo.
Allora il ruolo del territorio nel distretto è quello
fondamentale di assicurare la riproduzione di queste risorse competitive,
sulle quali si basa la crescita e l'innovazione in azienda.
Da questo punto di vista i distretti industriali rappresentano
la scuola (e il laboratorio) per la formazione di risorse umane
in grado di dare un deciso apporto in termini di capacità
relazionali ai processi di learning aziendali, con ciò
stimolando verso la costituzione di imprese learning intensive.
In tal modo, a fronte della globalizzazione dei mercati dei prodotti
e dei semilavorati (tipica del circuito input-output dei
materiali), si affianca una focalizzazione (all'interno dei distretti)
del circuito input-output di learning.
Globale e locale contribuiscono di nuovo a spiegare le performances
innovative dei distretti e a preservare la competitività
dinamica dei sistemi territoriali di produzione.
UNA POLITICA PER LA FORMAZIONE
Da queste rapide considerazioni emerge la necessità di
consolidare la capacità delle realtà distrettuali
di produrre risorse umane qualificate, in grado di dare un contributo
ai processi di learning di natura relazionale delle imprese.
Fino a oggi questa produzione è stata assicurata (in maniera
spontanea) da un particolare milieu innovativo che si componeva
di interrelazioni diverse e complesse tra i differenti attori
dello sviluppo. Probabilmente però le modificazioni in
atto nei processi di relazione produttiva tra le imprese, così
come rendono obsoleti i tradizionali meccanismi di regolazione
spontanea richiedendone altri di tipo amministrata (oppure autoregolata),
possono anche rappresentare un limite per la riproduzione spontanea
delle risorse professionali da cui abbiamo visto dipendere, in
sintesi, il processo di innovazione aziendale. Da ciò
la necessità di interventi che inaugurino una politica
di crescita delle risorse umane centrata su di un approccio innovativo
(di tipo relazionale appunto) alla formazione professionale; interventi
che considerino cioè non solo gli aspetti professionalizzanti
in senso stretto, pur molto importanti, ma anche quelli di relazione
tra attori produttivi e istituzionali.
Deve trattarsi di un approccio in grado di coniugare aspetti di
rete con le potenzialità del territorio (che genera competenze
e sensibilità), un approccio che richiama il ruolo e la
responsabilità, oltre che delle Regioni, anche di altri
"soggetti di amministrazione", e in primo luogo delle
Camere di Commercio.
Gli interventi relativi vanno quindi a inserirsi in (e traggono
alimento da) un ambito territoriale molto specifico e possono
essere governati nelle linee di impostazione dalle Regioni, ma
risulterebbero di difficile gestione da parte delle stesse, secondo
modalità di "lontananza" che non sembrano appropriate
per il tipo di fattori che intendono stimolare. L'obiettivo di
queste politiche è appunto di assicurare la riproducibilità
di asset specifici, che sono radicati su di un territorio
di cui mutuano la ricchezza e l'accumulato, e che per questo non
possono che essere realizzate se non in base a un approccio di
concertazione tra i vari soggetti del territorio (da cui sono
sotto molti versi generati in maniera a volte irripetibile).
Tuttavia occorre porre anche una adeguata attenzione per far sì
che questi fattori siano inseriti in un sistema globale, così
come globale è oramai il mercato di riferimento delle imprese
distrettuali (e molto spesso anche il loro processo decisionale),
in coerenza con il "doppio binario" locale/globale,
che è oramai una caratteristica precipua dei sistemi produttivi
locali e dei distretti industriali.
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