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Impresa & Stato n°35

TERRITORIO: DA CONTENITORE
AD ACCUMULATORE

I cambiamenti del contesto competitivo hanno posto fine allo sviluppo "quantitativo" dei distretti.
Ora contano le capacità di apprendimento e di relazione.
E diviene critica la risorsa umana.

di GAETANO F. ESPOSITO

Vi è oggi un sufficiente consenso tra gli analisti dei sistemi locali di produzione sul fatto che il distretto inteso in termini marshalliani, con una divisione per fasi della produzione e le caratteristiche di auto-contenimento territoriale dei processi produttivi, sia oramai largamente superato dalla dinamica dei fenomeni competitivi. In altri termini l'affermarsi di una competizione dinamica ha modificato profondamente le caratteristiche strutturali dei distretti, in termini di rapporti tra imprese e ruolo del territorio. In particolare la necessità di affrontare un ambiente competitivo sempre più turbolento ha condotto il distretto a mutare la propria struttura interna, per effetto dei diversi comportamenti strategici delle imprese, che richiedono non semplicemente un approccio adattivo (basato sull'innovazione incrementale del prodotto e del processo), bensì veri e propri "salti" strategici e di apprendimento. Vi è oramai una convinzione diffusa infatti che questi sistemi territoriali hanno concluso la loro fase di sviluppo spontaneo e "quantitativo" verso la fine degli anni Ottanta e che adesso sono alla ricerca di nuovi assetti, conseguenti a una diversa fase del ciclo di vita del distretto. In questo stadio l'enfasi si trasferisce dai rapporti materiali di produzione, dalla ricostruzione cioè a livello territoriale di una matrice input-output, alla capacità di acquisizione e di sviluppo di un processo di apprendimento e di learning relazionale da parte delle imprese distrettuali: si tratta di un processo che, ancora una volta, può trovare nel territorio aspetti di sedimentazione e crescita. È evidente che queste modificazioni, che non appaiono tutte nello stesso modo e con la stessa forza nelle realtà distrettuali, portano uno spostamento sia dei contenuti delle politiche di regolazione, sia dei soggetti di queste politiche, sia infine degli ambiti (territoriali) al cui interno sviluppare le iniziative.
Il tutto si traduce in un rinnovato ruolo che è chiamato a svolgere il tradizionale fattore lavoro, ma più propriamente dovremmo parlare ora di risorse umane, che già nelle prime spiegazioni del "distretto" aveva assunto una valenza esplicativa molto importante. Tuttavia mentre nel passato si è enfatizzata la flessibilità del mercato del lavoro locale (rifacendosi essenzialmente a una concezione quantitativa di questo fattore) oggi emerge un nuovo ruolo di esso, inteso in senso più qualitativo, per il contributo che può fornire all'incremento della capacità di learning dell'impresa.

CONFINI CHE NON CONTENGONO PIU'
Secondo l'interpretazione tradizionale il distretto rappresentava un "contenitore territoriale" nel cui ambito si realizzava una forte concentrazione di fasi produttive, in grado di dare vita a forti economie esterne, che riducevano i costi di transazione delle imprese. La specializzazione per fasi produttive, all'interno di un sistema di cooperazione concorrenziale tra le imprese, rendeva quindi possibile scomporre i processi produttivi (e di conseguenza flessibilizzarli) e creava delle forti economie di agglomerazione, che anche secondo le recenti interpretazioni dello sviluppo regionale spiegano la crescita di determinate aree.
L'emersione di una concorrenza dinamica tra le imprese, il venire meno dell'elemento costo-prezzo come fattore competitivo determinante all'interno dei mercati di sostituzione, in cui sono largamente specializzate le imprese distrettuali, ha imposto la necessità di focalizzare sullo sviluppo dell'innovazione. Si è passati da un concetto di innovazione incorporata, nel prodotto e nel processo, a una accezione che supera il dato meramente tecnologico per investire l'intero iter aziendale, e anzi a enfatizzare sempre più le caratteristiche decisionali e organizzative del processo d'impresa.
Di conseguenza si rende necessario il deciso sviluppo e la sedimentazione all'interno dell'impresa di una capacità di learning, ossia di un incessante apprendimento, con la costruzione anche di adeguati circuiti decisionali e di veicolazione delle informazioni attraverso le quali l'apprendimento può "fluire" senza troppi ostacoli. È oramai infatti un dato acquisito che il motore fondamentale del processo innovativo è rappresentato dalla capacità di learning dell'impresa e dalla sua attitudine a metabolizzare le informazioni e gli stimoli espliciti (codificati) che provengono dall'esterno, con capacità innovative tacite e non codificabili che sono invece all'interno del sistema aziendale. La conseguenza di questa situazione è l'emersione, in molte realtà distrettuali, di imprese leader che consentono di accumulare una adeguata capacità strategica e che svolgono un ruolo di organizzazione della produzione nei confronti delle altre imprese distrettuali. Si consolida quindi un processo di gerarchizzazione, che non necessariamente si accompagna a una decisa riappropriazione da parte delle imprese leader di fasi di produzione, ma che comporta modalità di relazione con le tradizionali "imprese di fase" (e che ora sono chiamate a qualificare il proprio ruolo producendo componenti) differenti dal passato. L'ampliamento dei mercati di riferimento, e degli sbocchi produttivi, tende a rendere sempre meno forte il legame produttivo tra le imprese all'interno del distretto, che sono spinte a ricercare un più ampio sistema di convenienze a livello internazionale. E tale situazione si verifica non solo per le imprese leader committenti, ma riguarda anche le stesse imprese sub-fornitrici, che ampliano il loro raggio di azione anche al di là dei "clienti" distrettuali.
Il distretto quindi tenderebbe a perdere importanza come contenitore territoriale di fenomeni essenzialmente produttivi (la cui intensità dipende dall'entità delle relazioni di scambio e di sub-fornitura a livello locale), che del resto acquistano oggi anche una minore rilevanza per la crescita della capacità innovativa aziendale.
Pertanto, dal punto di vista del manufactoring, sembra che si sia oramai realizzata una apertura dei distretti (almeno di quelli più evoluti), sviluppando una globalizzazione che non è più semplicemente ristretta alle imprese che producono beni destinati al mercato finale, ma anche alle componenti.
Resta il dato che lo spessore delle relazioni di sub-fornitura di prossimità all'interno del distretto è comunque superiore a quello rilevabile nelle aree non distrettuali, appunto perché le sub-fornitrici distrettuali sono in grado di offrire prestazioni a elevato livello di affidabilità, dimostrando di aver accolto la richiesta di up-grading qualitativo delle loro produzioni che proviene dai committenti e che consente loro di acquisire una clientela anche su mercati extra-distrettuali.

DOVE LA CONOSCENZA SI ACCUMULA
Il percorso di evoluzione delle economie locali all'interno di un sistema di specializzazione flessibile delle produzioni, dimostra che un dato fondamentale delle attuali economie è rappresentato dalla crescita del livello di relazionalità tra imprese e tra queste, l'ambiente e le istituzioni.
La capacità di relazione è quindi un aspetto essenziale dell'attuale impostazione dei rapporti tra aziende e all'interno dei sistemi produttivi e istituzionali. Si tratta di un elemento che contraddistingue una fase competitiva e quindi vale per tutte le imprese e i sistemi, indipendentemente dalla loro composizione dimensionale. Connessa con questa modalità si trova una capacità di innovazione sempre più basata sull'acquisizione e lo sviluppo dell'apprendimento, sull'affermazione di imprese competitive del tipo learning intensive, che si basano su di un delicato equilibrio tra sapere personale e sapere collettivo.
La crescita del learning avviene attraverso lo sviluppo di relazioni tra soggetti locali e mediante la sedimentazione di fattori storici, sociali e produttivi, che sono maggiormente presenti in alcune realtà rispetto ad altre.
Alcuni hanno individuato nell'esistenza di una conoscenza contestualizzata in un ben identificato territorio uno degli aspetti essenziali del distretto, identificando gli "integratori versatili" capaci di agire come elementi di decodifica di questa conoscenza, negli uomini, e quindi in sintesi, nel fattore lavoro che si colloca in una ben identificata realtà locale.
Recentemente il territorio è stato definito come elemento di riferimento per l'accumulazione di fattori di relazione (in termini di competenze, relazioni di fiducia, ecc.) che trovano sul territorio stesso la possibilità di sedimentazione e di accumulazione, secondo tempi che non sono quelli "reali" dell'economia produttiva.
Il territorio rappresenterebbe un elemento di rallentamento per i fenomeni dell'economia di produzione, e renderebbe possibile l'accumulazione di risorse "lente", come appunto la capacità di sviluppo di learning, che si consolida attraverso le risorse umane, che sono quelle che assumono una rilevanza crescente per i processi di sviluppo di medio periodo. Allora il ruolo del territorio nel distretto è quello fondamentale di assicurare la riproduzione di queste risorse competitive, sulle quali si basa la crescita e l'innovazione in azienda.
Da questo punto di vista i distretti industriali rappresentano la scuola (e il laboratorio) per la formazione di risorse umane in grado di dare un deciso apporto in termini di capacità relazionali ai processi di learning aziendali, con ciò stimolando verso la costituzione di imprese learning intensive.
In tal modo, a fronte della globalizzazione dei mercati dei prodotti e dei semilavorati (tipica del circuito input-output dei materiali), si affianca una focalizzazione (all'interno dei distretti) del circuito input-output di learning.
Globale e locale contribuiscono di nuovo a spiegare le performances innovative dei distretti e a preservare la competitività dinamica dei sistemi territoriali di produzione.

UNA POLITICA PER LA FORMAZIONE
Da queste rapide considerazioni emerge la necessità di consolidare la capacità delle realtà distrettuali di produrre risorse umane qualificate, in grado di dare un contributo ai processi di learning di natura relazionale delle imprese.
Fino a oggi questa produzione è stata assicurata (in maniera spontanea) da un particolare milieu innovativo che si componeva di interrelazioni diverse e complesse tra i differenti attori dello sviluppo. Probabilmente però le modificazioni in atto nei processi di relazione produttiva tra le imprese, così come rendono obsoleti i tradizionali meccanismi di regolazione spontanea richiedendone altri di tipo amministrata (oppure autoregolata), possono anche rappresentare un limite per la riproduzione spontanea delle risorse professionali da cui abbiamo visto dipendere, in sintesi, il processo di innovazione aziendale. Da ciò la necessità di interventi che inaugurino una politica di crescita delle risorse umane centrata su di un approccio innovativo (di tipo relazionale appunto) alla formazione professionale; interventi che considerino cioè non solo gli aspetti professionalizzanti in senso stretto, pur molto importanti, ma anche quelli di relazione tra attori produttivi e istituzionali.
Deve trattarsi di un approccio in grado di coniugare aspetti di rete con le potenzialità del territorio (che genera competenze e sensibilità), un approccio che richiama il ruolo e la responsabilità, oltre che delle Regioni, anche di altri "soggetti di amministrazione", e in primo luogo delle Camere di Commercio.
Gli interventi relativi vanno quindi a inserirsi in (e traggono alimento da) un ambito territoriale molto specifico e possono essere governati nelle linee di impostazione dalle Regioni, ma risulterebbero di difficile gestione da parte delle stesse, secondo modalità di "lontananza" che non sembrano appropriate per il tipo di fattori che intendono stimolare. L'obiettivo di queste politiche è appunto di assicurare la riproducibilità di asset specifici, che sono radicati su di un territorio di cui mutuano la ricchezza e l'accumulato, e che per questo non possono che essere realizzate se non in base a un approccio di concertazione tra i vari soggetti del territorio (da cui sono sotto molti versi generati in maniera a volte irripetibile).
Tuttavia occorre porre anche una adeguata attenzione per far sì che questi fattori siano inseriti in un sistema globale, così come globale è oramai il mercato di riferimento delle imprese distrettuali (e molto spesso anche il loro processo decisionale), in coerenza con il "doppio binario" locale/globale, che è oramai una caratteristica precipua dei sistemi produttivi locali e dei distretti industriali.


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