L'autodisciplina è il fenomeno per il quale una pluralità
di soggetti, accomunati dall'esigenza di conformare il proprio
comportamento a regole di correttezza, decide di sottomettersi
a norme di comportamento comuni, nonché a norme strumentali
volte a far rispettare le prime mediante appositi meccanismi coercitivi.
Tuttavia, se alla base di ogni esperienza autodisciplinare vi
è un'assunzione di responsabilità settoriale basata
su regole di deontologia professionale, i risultati raggiunti
dall'esperienza autodisciplinare italiana nel campo della pubblicità
la rendono per molti versi qualcosa di unico per le implicazioni
giuridiche che il suo instaurarsi ha disvelato. Fra gli aspetti
particolarmente significativi del sistema autodisciplinare della
pubblicità, vi è certamente la figura dell'organo
giudicante: il Giurì.
Il Giurì della pubblicità è un giudice privato,
la cui istituzione deriva da un accordo fra tutti gli operatori
che esercitano la loro attività nel campo della pubblicità,
diretto a garantire l'osservanza e l'applicazione di un Codice
di autodisciplina che gli operatori medesimi si sono dati. All'origine
c'è proprio l'adozione da parte di tutte le componenti
del mondo pubblicitario, rappresentate nell'Istituto di Autodisciplina
Pubblicitaria (IAP), di un Codice di autodisciplina, composto
da 46 articoli.
Le finalità del Codice di autodisciplina sono chiaramente
definite nelle "Norme preliminari e generali". Esso
«ha lo scopo di assicurare che la pubblicità, nello
svolgimento del suo ruolo particolarmente utile nel processo economico,
venga realizzata come servizio per il pubblico, con speciale riguardo
alla sua influenza sul consumatore». Il Codice è
accettato e sottoscritto da tutte le associazioni ed enti che
costituiscono l'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria, vale
a dire dalle principali associazioni di utenti, professionisti
e mezzi pubblicitari (stampa, radiotelevisione, cinema, affissioni,
ecc.). Inoltre, in forza della clausola di accettazione, anche
la pubblicità dell'utente, dell'agenzia o del professionista
che non appartengono alle associazioni aderenti al sistema è
soggetta al Codice e deve rispettare le decisioni dei suoi organi.
Le norme del Codice di autodisciplina sono anche accolte come
"usi e consuetudini commerciali" da varie Camere di
Commercio (Milano, Torino, Vicenza, Bari, ecc.) e, pertanto, sono
da considerare tra le fonti del diritto. In sostanza, quindi,
pur nascendo come disciplina volontaria, la larga generalità
della pubblicità e dei pubblicitari italiani sono soggetti
a essa.
Molte delle norme raccolte in questo Codice sono comuni ad altri
settori normativi. Ad esempio, il divieto di concorrenza sleale
o di pubblicità denigratoria è presente nel Codice
Civile e ha, quindi, una tutela giuridica anche presso i giudici
ordinari. Le stesse norme, e altre fra quelle ricordate, sono
affidate alla tutela ulteriore dell'Autorità Garante della
libera concorrenza. Altre, invece, come ad esempio il divieto
di messaggi pubblicitari volgari, sono oggetto specifico della
tutela del Giurì.
Questi distinti tipi di protezione giuridica non interferiscono
fra loro, per il semplice motivo che fanno capo a responsabilità
e involvono sanzioni del tutto diverse. Quella che fa valere il
Giurì è una responsabilità contrattuale,
conseguente al fatto che in tutti i contratti pubblicitari degli
associati all'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria è
inserita la clausola di accettazione delle norme del Codice di
autodisciplina e di sottoposizione dei contraenti al giudizio
del Giurì per il rispetto delle stesse norme. L'Autorità
Antitrust fa invece valere una responsabilità "amministrativa",
nel senso che i messaggi pubblicitari che dovessero essere riconosciuti
contrari ai princìpi che la medesima Autorità è
chiamata a tutelare, comportano in chi li ha prodotti una responsabilità
soggetta alle sanzioni irrogabili dell'Autorità stessa.
Infine, il giudice ordinario fa valere la responsabilità
civile, con la conseguente sanzione del risarcimento del danno.
GARANZIA DI INDIPENDENZA
La tutela apprestata dal Giurì è, comparativamente,
la più rapida, fra quelle sopra indicate, a essere attivata
e a giungere a una conclusione finale.
Il Giurì che, con le sue pronunce, costituisce il più
qualificato punto di riferimento nell'applicazione delle norme
e dei princìpi del Codice ai casi concreti, è formato
da membri di grande levatura culturale e professionale con specifiche
competenze nelle discipline più confacenti alla loro mansione.
A maggior garanzia di giudizi indipendenti nessuno dei membri
è direttamente o personalmente impegnato in attività
pubblicitarie. Il Presidente, sin dall'inizio dell'autodisciplina,
è un alto magistrato. Accanto al Giurì, ma in totale
separazione da esso, opera il "Comitato di controllo",
che è un organo dell'Istituto dell'Autodisciplina Pubblicitaria,
dotato di indipendenza, al quale spetta il potere di azione nel
caso in cui un messaggio pubblicitario sia ritenuto contrastante
con il Codice di autodisciplina sotto il profilo della tutela
dei consumatori. Nel caso in cui a essere ritenuta violata è,
invece, una norma del predetto Codice posta a tutela della concorrenza,
l'azione potrà essere esercitata solo da un soggetto portatore
di idoneo interesse a promuovere giudizio contro l'inserzionista,
l'agenzia pubblicitaria o il "mezzo". Il "Comitato
di controllo" è una specie di pubblico ministero previsto
a tutela degli interessi del consumatore. Esso si attiva sia d'ufficio,
sia su segnalazione o denuncia di qualsiasi persona. In quest'ultimo
caso, il Comitato opera come istituzione volta a filtrare la denuncia,
vagliandone il fumus al fine di promuovere l'azione.
Il Comitato ha anche un autonomo potere di sospensiva di una certa
pubblicità, potere che può esercitare d'ufficio
nei casi di ritenuta manifesta violazione del Codice di autodisciplina.
L'effetto sospensivo dura 10 giorni, entro i quali, se non è
contestato dalla parte resistente, si traduce in effetto definitivo
di inibizione della pubblicità colpita. Qualora il Comitato
ritenga non convincenti le ragioni dell'eventuale opposizione,
gli atti vengono trasmessi al Presidente del Giurì che
disporrà il provvedimento da assumere.
A differenza del procedimento che si svolge di fronte all'Autorità
Garante della concorrenza (dove è ammessa soltanto un'audizione
degli interessati), quello di fronte al Giurì ha tutti
i caratteri del procedimento giurisdizionale. I diritti della
difesa, così come si sono venuti conformando nella prassi
giudiziale del processo civile, sono effettivamente garantiti
alle parti in ogni momento del procedimento. La decisione del
Giurì, per la quale vige il principio di maggioranza (solo
in caso di parità dei voti prevale il voto del Presidente),
viene adottata subito dopo la fine della discussione fra le parti.
Il dispositivo della decisione viene letto direttamente in aula
in presenza delle parti. Da questo momento la decisione del Giurì
diventa efficace, nel senso che, nel caso di accoglimento, il
messaggio pubblicitario riconosciuto in contrasto con qualche
norma del Codice di autodisciplina d'ora in avanti non può
più essere trasmesso o pubblicato. La decisione viene poi
depositata presso l'Istituto di Autodisciplina Pubblicitaria,
con il corredo di una motivazione svolta, in fatto e in diritto,
dal relatore-redattore. Non è ammessa l'opinione concorrente
o dissenziente.
NORME E RUOLI, RISCHIO DI CONFUSIONE
Le istanze per avviare giudizi di fronte al Giurì sono
in crescente aumento, soprattutto negli ultimi mesi. Le ragioni
sottostanti a questa tendenza sono molteplici. Alcune di esse
toccano aspetti relativi all'evoluzione generale della società
di fronte all'estendersi di forme di pubblicità che, per
riuscire a produrre un qualche effetto di richiamo sui consumatori,
sempre più bombardati da messaggi crescentemente scioccanti,
fanno ricorso a immagini o a frasi non solo anticonformiste ma
anche pericolosamente in bilico sul crinale dell'illiceità
giuridica e morale. Altre cause sono più particolari e,
tra queste, gioca forse un ruolo il fatto statistico che negli
ultimi tempi sono notevolmente cresciute in percentuale le pronunce
di accoglimento decise dal Giurì. Il più frequente
motivo di condanna è dato dalla violazione del divieto
della pubblicità ingannevole. Un altro articolo sempre
più frequentemente usato nelle pronunce di "condanna"
è l'art. 9, il quale vieta messaggi volgari, indecenti
e tali da incitare alla violenza, non di rado applicato, insieme
all'art. 10, che tutela la dignità umana. Un altro articolo
spesso applicato è l'art. 11, che tutela i minori.
Per quasi un quarto di secolo il mondo della pubblicità
e della comunicazione si è fatto spontaneamente carico
di autodisciplinare il settore, ponendosi come obiettivo la tutela
del consumatore, della concorrenza leale e dello stesso strumento
pubblicitario. Utenti pubblicitari, professionisti e media hanno
perseguito questo scopo con impegno e senso di responsabilità,
realizzando un caso più unico che raro, nel panorama nazionale,
di autocontrollo di un settore. Ma proprio a questo punto si
è assistito a un proliferare di leggi, alcune delle quali
in attuazione di direttive comunitarie. Nel corso di questi ultimi
anni, quindi, una serie di autorità sono state investite
di competenza in materia pubblicitaria, anche nell'ambito di diversi
settori, quale quello delle società quotate in borsa, delle
banche, delle assicurazioni, ecc. (c'è chi ha contato una
dozzina di sedi giudicanti la pubblicità).
Con ciò è risultata evidente l'affermarsi di una
tendenza: quella di attribuire a ogni settore merceologico la
competenza a pronunciarsi in materia pubblicitaria. Per contro
è evidente che, essendo la comunicazione una disciplina
più complessa, evoluta e dinamica di quanto spesso non
si creda, logica vuole che il giudizio sui messaggi pubblicitari
debba essere affidato a organismi che siano depositari delle conoscenze
e della cultura specifiche di questa materia. Il rischio, paventato
da alcuni, di un diffuso potenziale contrasto tra i giudicati
delle svariate sedi giudicanti sembra per il momento essere stato
scongiurato. Tuttavia pare importante porre in evidenza come
una temuta rottura dell'attuale equilibrio potrebbe accentuare
la confusione di norme e ruoli, avviando una conflittualità
non certo positiva. Sembra utile cogliere i tratti distintivi
che esistono tra autodisciplina pubblicitaria e la disciplina
sulla pubblicità ingannevole posta in essere dall'Autorità
Garante.
OLTRE LA LEGALITA', LA CORRETTEZZA
Una sottolineatura iniziale del carattere autonomo dell'ordinamento
autodisciplinare, consiste nel non farsi direttamente carico dell'applicazione
delle leggi. La pubblicità, prescrive l'art. 1 del Codice
dell'autodisciplina, deve essere "onesta, veritiera e corretta",
mentre non dice "legale", come si riscontra in Codici
autodisciplinari di altri Paesi. Questa scelta risale alle origini
e se, da un lato, può essere interpretata come volontà
di non ingerenza nella gestione statale della giustizia, dall'altro,
può essere interpretata come orientamento verso una visione
pessimistica della amministrazione pubblica della giustizia, quantomeno
in ordine ai tempi di svolgimento. Ancor oggi è aperta
la disputa su quante siano le leggi vigenti nel nostro Paese.
Evidentemente al momento del varo del Codice di autodisciplina
pubblicitaria si ritenne opportuno non impegnarsi nell'applicazione
di normative quantitativamente sovrabbondanti, non coordinate
tra loro, spesso di ardua interpretazione e non di rado superate
o carenti.
Il Codice di autodisciplina, con i suoi 48 articoli, affronta
e disciplina una materia più ampia e più specifica
di quella del Decreto legislativo 25/1/1992 n.74, in materia di
pubblicità ingannevole, il quale, all'art. 2, limita l'oggetto
della norma alla sola "pubblicità ingannevole",
vale a dire quella che «possa pregiudicare il comportamento
economico (delle persone fisiche o giuridiche) ovvero che per
questo motivo leda o possa ledere un concorrente».
Sensibilmente più largo è il panorama abbracciato
dal Codice. Già i 16 articoli iniziali, richiamano e richiedono
il rispetto di valori, quali quelli di una pubblicità "onesta,
veritiera ecorretta" (art. 1), che vanno oltre l'inganno
del consumatore per fare spazio ai diritti del cittadino: dal
rispetto della "dignità della persona umana in tutte
le sue forme ed espressioni", a quello delle "convinzioni
morali, civili e religiose"; all'obbligo di evitare "lo
sfruttamento della superstizione, credulità e paura"
e a quello di non ricorrere alla "violenza, alla volgarità,
all'indecenza". Inoltre, a difesa dello strumento della pubblicità
e della sua funzione economica e sociale, prescrive che "essa
debba evitare tutto ciò che possa screditarla", costruendo
un'ulteriore categoria che comporta un allargamento ulteriore
dei vincoli.
In secondo luogo, mentre il decreto in parola sottrae alla competenza
dell'Autorità Antitrust la fattispecie della "concorrenza
sleale" riservandola al giudice ordinario, questa stessa
spetta invece al Giurì della pubblicità per i seguenti
aspetti: imitazione, anche se realizzata da non concorrenti (a
differenza della nostra legislazione); confusione e suo sfruttamento;
denigrazione; comparazione, ammessa quando effettuata senza riferimento
a singoli concorrenti; variabilità di giudizio a seconda
del prodotto e del mezzo.
Le varie fattispecie di pubblicità ingannevole vengono
individuate anche nello specifico campo dei "sistemi di vendita":
a credito, a distanza, forniture non richieste, vendite straordinarie,
promozionali e simili (ciascuna esaminata in un particolare articolo).
Lo stesso avviene per particolari "settori merceologici":
prodotti cosmetici, per l'igiene personale, prodotti dietetici,
trattamenti fisici ed estetici, prodotti medicinali e trattamenti
curativi; e, ancora: corsi di istruzione e metodi di studio, viaggi
organizzati, giochi, giocattoli. Infine, con l'edizione 1995 del
Codice, anche al settore emergente della pubblicità sociale,
andando quindi oltre i limiti della pubblicità commerciale
e raggiungendo i settori non profit.
UN PATRIMONIO DI 30 ANNI DI ESPERIENZA
Ulteriori istituti particolari del sistema di autodisciplina sono
anche:
- il potere d'iniziativa del Comitato di controllo, che sfiora
ormai il 90% delle iniziative autodisciplinari, promosse nell'esclusivo
interesse del cittadino-consumatore contro la pubblicità
ritenuta contraria al Codice;
- il parere preventivo, espresso dal Comitato di controllo a chi
ne faccia spontanea richiesta, su pubblicità non ancora
diffusa. Questa è un'attività sensibilmente sviluppatasi
a partire dal 1993, da quando il Ministero della Sanità,
applicando una direttiva comunitaria, ha riconosciuto nell'Istituto
dell'Autodisciplina Pubblicitaria e negli organi espressi dal
suo Codice l'istituzione che poteva affiancare il Ministero nel
controllo preventivo della pubblicità per i medicinali
da banco;
- l'attività di tutela delle creazioni pubblicitarie, non
proteggibili per via legislativa (è questo un altro carattere
del tutto peculiare dell'autodisciplina italiana): tutela che
viene attuata, attraverso il deposito preventivo presso l'Istituto,
in tre diverse ipotesi (progetti presentati in gare, nuovi avvisi
e nuove campagne, campagne già svolte all'estero).
Sembrerebbe pertanto lecito poter concludere questo esame con
considerazioni che possono così riassumersi:
a) Il sistema autodisciplinare, con le norme contenute nel Codice
di autodisciplina pubblicitaria, continuamente aggiornate, offre
una copertura più ampia rispetto alle formulazioni legislative,
tanto che è estesa anche a settori non considerati dalle
altre discipline.
b) Gli istituti specifici, le procedure, la rapidità e
le modalità di intervento sono tali da assicurare quella
tempestività nella definizione dei casi che è indispensabile
nel campo della comunicazione, compresa quella pubblicitaria,
al fine di evitare guasti poi difficilmente rimediabili.
c) La qualità e la quantità di fattispecie esaminate
e di giudizi espressi in 30 anni costituiscono una fonte insostituibile
di cultura specialistica e un prezioso patrimonio di riferimento
tanto per gli operatori dell'autodisciplina quanto per chiunque
altro intenda sviluppare un impegno sociale per una pubblicità
all'altezza del proprio ruolo.
Il Giurì ha tentato di dare la più completa attuazione
al Codice di autodisciplina pubblicitaria. Si può ritenere
che ciò lo abbia fatto con un grande consenso e un grande
rispetto. Il consenso è dimostrato dal fatto che tutte
le imprese pubblicitarie, a eccezione di una ripetutamente condannata,
accettino il giudizio del Giurì e a esso ricorrano sempre
più spesso. Il rispetto è legato al fatto che il
Giurì ha elaborato linee giurisprudenziali spesso anticipatrici
di tendenze, come quella sulla pubblicità comparativa,
sulle quali si sono poi mosse autorevoli istituzioni (nel caso
di specie la Comunità Europea, nell'elaborazione di una
direttiva), o quella sull'uso di "testimonial" particolari,
come il cosiddetto "pubblico-consigliere" (cioè
un esperto super partes che gode della fiducia del pubblico a
ragione della sua indipendenza di giudizio) o il "giornalista-testimonial"
rappresentato nella sua abituale veste professionale (pron. Giurì
n. 46/96), oggetti di analoga regolamentazione restrittiva in
seno al disegno di legge di riforma delle telecomunicazioni.