vai al sito della Camera di Commercio di Milano

Impresa & Stato n°35

MITO E REALTA'
DELLE AUTORITA' INDIPENDENTI

di
CLAUDIO FRANCHINI

Le Autonomie funzionali italiane lo sono veramente?
Manca la configurazione strutturale che garantisce la vera indipendenza.
La soluzione può essere uno "statuto".

Negli ultimi anni, delle Autorità indipendenti si è discusso molto in Italia, creando un vero e proprio mito, quasi ad accreditare l'idea che l'adozione di questo modello comporti automaticamente la soluzione di qualsiasi problema. Nella realtà, però, non sempre gli interventi si sono rivelati puntuali, tanto che, talvolta, questa figura è stata chiamata in causa a sproposito: lo dimostra la circostanza che, di recente, addirittura si è giunti a proporre l'istituzione di una Autorità indipendente per la scelta dei dirigenti generali nelle Pubbliche amministrazioni (e, prima ancora, la si era prospettata - quasi ossessivamente - con riferimento ai settori della danza e del teatro).
In effetti, in materia le idee non sono ancora del tutto chiare, anche perché al concetto di Autorità indipendente si sono ricondotte figure diverse e disomogenee sotto il profilo strutturale - quali i difensori civici regionali, l'Istituto per la vigilanza delle assicurazioni private-Isvap, la Commissione nazionale per le società e la borsa-Consob, il Garante per la radiodiffusione e l'editoria, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali, la Commissione di vigilanza sui fondi di pensione e ora le authorities di regolazione dei servizi di pubblica utilità - che certamente non hanno consentito l'individuazione di un ordine definitorio preciso. In teoria, questo tipo di autorità dovrebbe caratterizzarsi per la funzione di limitazione dei fattori di natura politica, burocratica ed economica che possono venire a incidere su interessi collettivi particolarmente sensibili.
La necessità dello svolgimento di tale funzione deriva da un fenomeno peculiare, quello della dissociazione tra la allocazione formale del potere e il suo effettivo esercizio che si verifica a causa di ingerenze esterne. Sempre più di frequente, infatti, nella vita politico-amministrativa, le decisioni, più che derivare liberamente dall'autore formale, sono espressione di una serie di elementi che si producono a vari livelli e condizionano di fatto, talvolta in misura decisiva, la scelta finale: d'altra parte, l'esperienza quotidiana dimostra quanto siano numerosi i soggetti - dai partiti ai sindacati, dai gruppi di pressione alla burocrazia, dalla grande impresa alle istituzioni finanziarie - che influiscono sulle determinazioni delle Autorità pubbliche.

INDIPENDENZA DA ORGANIZZARE
Il problema fondamentale, dunque, diventa quello di assicurare una effettiva indipendenza nell'azione di tali soggetti: obiettivo, questo, che può essere realizzato solo attraverso il riconoscimento di specifiche caratteristiche organizzative e funzionali, idonee a permettere alle autorità in questione di agire in una posizione di terzietà e di neutralità rispetto a tutti quegli interessi esterni che potenzialmente ne condizionano le scelte, in una prospettiva di garanzia del regolare funzionamento e dello sviluppo equilibrato dei settori ai quali sono preposte.
È certo che il ruolo assegnato alle Autorità indipendenti può essere svolto in modo soddisfacente soltanto in presenza di una adeguata configurazione strutturale: se l'assetto organizzativo si modella sugli interessi che deve curare e sulle finalità che deve raggiungere, le scelte in materia di organizzazione risultano strumentali a quelle sostanziali: tuttavia, esse non si limitano soltanto a preparare o a creare le condizioni di esercizio di una funzione, ma ne diventano parte essenziale. Questa considerazione appare appropriata soprattutto per il settore pubblico: è in quest'ultimo che si evidenzia una pluralità di scopi, di strutture e di attività di tipo tendenzialmente unitario, al contrario di quanto si verifica in altri campi.
Le strutture organizzative, proprio perché sono modellate sugli interessi che si devono tutelare, ne condizionano la realizzazione, in quanto assumono una posizione attiva nel processo di soddisfazione dei fini pubblici, sino a giungere a coordinare, disciplinare e indirizzare le determinazioni concrete. L'istituzione di un ufficio e la sua qualificazione giuridica, l'adozione di un specifico regime organizzatorio, l'individuazione di un determinato tipo di organo e la definizione della sua sfera di competenza e così via sono tutte circostanze che, in misura diversa, influiscono sull'esercizio di una funzione.

SE E' L'ORGANO CHE CREA LA FUNZIONE
In una simile prospettiva, le scelte organizzative che occorre operare per garantire l'indipendenza di determinate autorità appaiono obbligate. Così, ai fini dell'effettivo riconoscimento di tale posizione e, specificamente, della definizione della struttura giuridica più idonea al miglior esercizio della funzione, diviene necessario che la legge attribuisca a questo tipo di autorità autonomia organizzatoria, di organico, finanziaria, contabile e di bilancio e preveda talune garanzie per i titolari degli uffici: solo in questo modo si può garantire loro la possibilità concreta di agire senza subire influenze interne o esterne, ispirandosi esclusivamente alle norme di legge.
È evidente, peraltro, che questi vari elementi che caratterizzano il modello necessitano di una valutazione unitaria ai fini della verifica della esistenza del carattere dell'indipendenza. Essi, infatti, risultano efficaci o, comunque, anche solo sufficienti, nella misura in cui consentono all'autorità di agire in assenza di condizionamenti: pertanto, essi devono coesistere, perché si integrano vicendevolmente. Di fatto, tuttavia, in Italia, tutto ciò non sempre si è verificato. Nel periodo degli anni Settanta e Ottanta, sono state adottate soluzioni non complete: nelle ipotesi dei difensori civici, dell'Isvap, della Consob e dello stesso Garante dell'editoria, l'attribuzione della potestà di determinazione sotto il profilo funzionale, organico, procedimentale, contabile e finanziario è stata limitata, sicché, nei confronti di tali autorità, non è stato possibile riconoscere il carattere dell'indipendenza in modo pieno, ma soltanto parziale e tendenziale. Purtroppo, la situazione non è mutata negli ultimi tempi: probabilmente, solo nel caso dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato si è verificata una migliore realizzazione del modello della Autorità indipendente, perché, oltre a una individuazione di funzioni assolutamente neutrali, vi è stata una definizione di meccanismi idonei ad assicurare una quasi totale indipendenza dal potere politico ed economico (si pensi, ad esempio, al riconoscimento di poteri ispettivi, istruttori, cautelari, sanzionatori e così via che vengono usualmente attribuiti a organi che fanno parte dell'ordine giudiziario, alla previsione di una tipologia di procedimenti di tipo paragiurisdizionale, alla definizione di regole che attengono all'autonomia organizzativa e contabile o, ancora, alla disciplina relativa alla designazione dei vertici e alle condizioni di esercizio del mandato).

UNO STATUTO PER L'INDIPENDENZA
Da ultimo, nella legge sulle autorità di regolamentazione dei servizi di pubblica utilità si prospetta un modello organizzativo che appare meno rigoroso, poiché si ritiene che, nel caso di specie, la neutralità delle scelte da operare deve essere garantita con riferimento soprattutto ad aspetti tecnici ed economici, più che di tipo governativo o politico in senso stretto.
Allo stato attuale, quindi, rimane il dubbio che, nel nostro ordinamento, il modello dell'autorità non riconducibile in via esclusiva a nessuno dei poteri tradizionali dello Stato che si afferma come strumento di limitazione di quei fattori di natura politica, burocratica ed economica che possono venire a incidere su interessi collettivi particolarmente sensibili si sia pienamente realizzato.
Ne deriva che, per l'effettivo riconoscimento del modello, sono necessari nuovi e diversi interventi rispetto al passato, di tipo complessivo e volti a prevedere adeguate soluzioni organizzative: il che significa - come si è sottolineato in altra occasione (Proposta di norme sulle Autorità indipendenti, in Giornale di diritto amministrativo, 1996, n. 5, 487 ss.) - che illegislatore deve affrontare il problema in termini generali, delineando una sorta di "statuto" in materia e, allo stesso tempo, assicurando a tali autorità una specifica posizione a livello costituzionale.
L'approvazione di specifiche disposizioni che si prospettano come princìpi generali in materia consentirebbe di assicurare una effettiva indipendenza alle autorità in questione. L'attribuzione di determinati poteri, dell'autonomia di gestione e di quella organizzatoria, di organico, finanziaria e contabile, da un lato, e la previsione di talune garanzie per i titolari degli uffici, dall'altro, sono strumentali ai fini del concreto riconoscimento di una posizione di terzietà e di neutralità, poiché contribuiscono a disegnare la struttura giuridica idonea al miglior esercizio della funzione. Ne consegue che tali elementi devono essere disciplinati unitariamente, per superare l'attuale fase di difformità normativa e consentire alle autorità di agire ispirandosi esclusivamente alle norme di legge, con esclusione di qualsiasi condizionamento interno o esterno. È ben vero, peraltro, che la Legge n. 481/1995, sulle Autorità di regolazione sui servizi di pubblica utilità, sembra aver dato inizio a un nuovo orientamento legislativo, in relazione alla parte che ha previsto una serie di norme che valgono per tutte le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità. Tuttavia, ciò non appare ancora sufficiente: c'è da augurarsi, comunque, che questo provvedimento rappresenti almeno l'inizio di un rinnovato impegno del legislatore.

POTERI: DIVIDERE PER SOPRAVVIVERE
La questione appare estrememente rilevante soprattutto per quelle autorità che svolgono funzioni di disciplina e di protezione di interessi collettivi in settori socialmente rilevanti, garantiti a livello costituzionale, come la Consob, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato, la Commissione di garanzia per l'attuazione della legge sull'esercizio del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali e la Commissione di vigilanza sui fondi di pensione: cioè per le autorità di "primo livello" che, diversamente da quelle che esercitano poteri in precedenza svolti da Pubbliche amministrazioni, si trovano ad agire a tutela di princìpi garantiti dalla Costituzione (tutela del risparmio, del diritto a una corretta informazione della collettività, di quello di impresa e di quello allo sciopero).
Una soluzione di questo tipo consentirebbe, oltretutto, di arginare quel preoccupante fenomeno, che si registra da qualche tempo, di reazione alla istituzione di Autorità indipendenti. Ci si riferisce specificamente ad alcuni recenti orientamenti della Corte dei conti, del giudice ammministrativo e del Ministero del tesoro: la prima ha preteso di operare una assimilazione tra le autorità indipendenti e gli uffici amministrativi, in violazione dei princìpi di autonomia e di neutralità; il secondo ha cercato di applicare alle Autorità indipendenti gli stessi canoni e gli stessi criteri di controllo giurisdizionale che utilizza per le amministrazioni statali; il terzo ha provato a far valere anche per le Autorità indipendenti alcune regole generali sull'attività amministrativa (ad esempio, in materia di assunzioni, di organici, di determinazione dei carichi di lavoro, di applicazione della legge sul procedimento amministrativo e così via).
In un sistema, quale è quello italiano, caratterizzato dalla frammentazione e dalla diffusione dei poteri a livello sia economico-sociale, sia politico-istituzionale (ora accentuatesi soprattutto a seguito dei recenti mutamenti del sistema elettorale in senso maggioritario), infatti, l'introduzione delle Autorità indipendenti rimane una esigenza insopprimibile in quanto - come ha osservato recentemente Sabino Cassese (Poteri indipendenti, Stati, relazioni ultrastatali, in Foro italiano, 1996, V, 7 ss., e Le Autorità indipendenti: origini storiche e problemi odierni, in I garanti delle regole, a cura di S. Cassese e C. Franchini, Bologna, Il Mulino, 1996, 217 ss.) - l'organizzazione divisa dei poteri (che ha ancor più accentuato la crisi dell'unità dello Stato, perché si sono verificate sia una dualizzazione del potere normativo e, seppur in misura minore e parziale, giudiziario, sia una sottrazione del potere di decisione del Governo) rappresenta una correzione della concentrazione prodotta dalla democrazia e, dunque - è importante aggiungere - diventa un elemento fondamentale per la sua stessa sopravvivenza.