Negli ultimi anni, delle Autorità indipendenti si è
discusso molto in Italia, creando un vero e proprio mito, quasi
ad accreditare l'idea che l'adozione di questo modello comporti
automaticamente la soluzione di qualsiasi problema. Nella realtà,
però, non sempre gli interventi si sono rivelati puntuali,
tanto che, talvolta, questa figura è stata chiamata in
causa a sproposito: lo dimostra la circostanza che, di recente,
addirittura si è giunti a proporre l'istituzione di una
Autorità indipendente per la scelta dei dirigenti generali
nelle Pubbliche amministrazioni (e, prima ancora, la si era prospettata
- quasi ossessivamente - con riferimento ai settori della danza
e del teatro).
In effetti, in materia le idee non sono ancora del tutto chiare,
anche perché al concetto di Autorità indipendente
si sono ricondotte figure diverse e disomogenee sotto il profilo
strutturale - quali i difensori civici regionali, l'Istituto per
la vigilanza delle assicurazioni private-Isvap, la Commissione
nazionale per le società e la borsa-Consob, il Garante
per la radiodiffusione e l'editoria, l'Autorità garante
della concorrenza e del mercato, la Commissione di garanzia per
l'attuazione della legge sull'esercizio del diritto di sciopero
nei servizi pubblici essenziali, la Commissione di vigilanza sui
fondi di pensione e ora le authorities di regolazione dei
servizi di pubblica utilità - che certamente non hanno
consentito l'individuazione di un ordine definitorio preciso.
In teoria, questo tipo di autorità dovrebbe caratterizzarsi
per la funzione di limitazione dei fattori di natura politica,
burocratica ed economica che possono venire a incidere su interessi
collettivi particolarmente sensibili.
La necessità dello svolgimento di tale funzione deriva
da un fenomeno peculiare, quello della dissociazione tra la allocazione
formale del potere e il suo effettivo esercizio che si verifica
a causa di ingerenze esterne. Sempre più di frequente,
infatti, nella vita politico-amministrativa, le decisioni, più
che derivare liberamente dall'autore formale, sono espressione
di una serie di elementi che si producono a vari livelli e condizionano
di fatto, talvolta in misura decisiva, la scelta finale: d'altra
parte, l'esperienza quotidiana dimostra quanto siano numerosi
i soggetti - dai partiti ai sindacati, dai gruppi di pressione
alla burocrazia, dalla grande impresa alle istituzioni finanziarie
- che influiscono sulle determinazioni delle Autorità pubbliche.
INDIPENDENZA DA ORGANIZZARE
Il problema fondamentale, dunque, diventa quello di assicurare
una effettiva indipendenza nell'azione di tali soggetti: obiettivo,
questo, che può essere realizzato solo attraverso il riconoscimento
di specifiche caratteristiche organizzative e funzionali, idonee
a permettere alle autorità in questione di agire in una
posizione di terzietà e di neutralità rispetto a
tutti quegli interessi esterni che potenzialmente ne condizionano
le scelte, in una prospettiva di garanzia del regolare funzionamento
e dello sviluppo equilibrato dei settori ai quali sono preposte.
È certo che il ruolo assegnato alle Autorità indipendenti
può essere svolto in modo soddisfacente soltanto in presenza
di una adeguata configurazione strutturale: se l'assetto organizzativo
si modella sugli interessi che deve curare e sulle finalità
che deve raggiungere, le scelte in materia di organizzazione risultano
strumentali a quelle sostanziali: tuttavia, esse non si limitano
soltanto a preparare o a creare le condizioni di esercizio di
una funzione, ma ne diventano parte essenziale. Questa considerazione
appare appropriata soprattutto per il settore pubblico: è
in quest'ultimo che si evidenzia una pluralità di scopi,
di strutture e di attività di tipo tendenzialmente unitario,
al contrario di quanto si verifica in altri campi.
Le strutture organizzative, proprio perché sono modellate
sugli interessi che si devono tutelare, ne condizionano la realizzazione,
in quanto assumono una posizione attiva nel processo di soddisfazione
dei fini pubblici, sino a giungere a coordinare, disciplinare
e indirizzare le determinazioni concrete. L'istituzione di un
ufficio e la sua qualificazione giuridica, l'adozione di un specifico
regime organizzatorio, l'individuazione di un determinato tipo
di organo e la definizione della sua sfera di competenza e così
via sono tutte circostanze che, in misura diversa, influiscono
sull'esercizio di una funzione.
SE E' L'ORGANO CHE CREA LA FUNZIONE
In una simile prospettiva, le scelte organizzative che occorre
operare per garantire l'indipendenza di determinate autorità
appaiono obbligate. Così, ai fini dell'effettivo riconoscimento
di tale posizione e, specificamente, della definizione della struttura
giuridica più idonea al miglior esercizio della funzione,
diviene necessario che la legge attribuisca a questo tipo di autorità
autonomia organizzatoria, di organico, finanziaria, contabile
e di bilancio e preveda talune garanzie per i titolari degli uffici:
solo in questo modo si può garantire loro la possibilità
concreta di agire senza subire influenze interne o esterne, ispirandosi
esclusivamente alle norme di legge.
È evidente, peraltro, che questi vari elementi che caratterizzano
il modello necessitano di una valutazione unitaria ai fini della
verifica della esistenza del carattere dell'indipendenza. Essi,
infatti, risultano efficaci o, comunque, anche solo sufficienti,
nella misura in cui consentono all'autorità di agire in
assenza di condizionamenti: pertanto, essi devono coesistere,
perché si integrano vicendevolmente. Di fatto, tuttavia,
in Italia, tutto ciò non sempre si è verificato.
Nel periodo degli anni Settanta e Ottanta, sono state adottate
soluzioni non complete: nelle ipotesi dei difensori civici, dell'Isvap,
della Consob e dello stesso Garante dell'editoria, l'attribuzione
della potestà di determinazione sotto il profilo funzionale,
organico, procedimentale, contabile e finanziario è stata
limitata, sicché, nei confronti di tali autorità,
non è stato possibile riconoscere il carattere dell'indipendenza
in modo pieno, ma soltanto parziale e tendenziale. Purtroppo,
la situazione non è mutata negli ultimi tempi: probabilmente,
solo nel caso dell'Autorità garante della concorrenza e
del mercato si è verificata una migliore realizzazione
del modello della Autorità indipendente, perché,
oltre a una individuazione di funzioni assolutamente neutrali,
vi è stata una definizione di meccanismi idonei ad assicurare
una quasi totale indipendenza dal potere politico ed economico
(si pensi, ad esempio, al riconoscimento di poteri ispettivi,
istruttori, cautelari, sanzionatori e così via che vengono
usualmente attribuiti a organi che fanno parte dell'ordine giudiziario,
alla previsione di una tipologia di procedimenti di tipo paragiurisdizionale,
alla definizione di regole che attengono all'autonomia organizzativa
e contabile o, ancora, alla disciplina relativa alla designazione
dei vertici e alle condizioni di esercizio del mandato).
UNO STATUTO PER L'INDIPENDENZA
Da ultimo, nella legge sulle autorità di regolamentazione
dei servizi di pubblica utilità si prospetta un modello
organizzativo che appare meno rigoroso, poiché si ritiene
che, nel caso di specie, la neutralità delle scelte da
operare deve essere garantita con riferimento soprattutto ad aspetti
tecnici ed economici, più che di tipo governativo o politico
in senso stretto.
Allo stato attuale, quindi, rimane il dubbio che, nel nostro ordinamento,
il modello dell'autorità non riconducibile in via esclusiva
a nessuno dei poteri tradizionali dello Stato che si afferma come
strumento di limitazione di quei fattori di natura politica, burocratica
ed economica che possono venire a incidere su interessi collettivi
particolarmente sensibili si sia pienamente realizzato.
Ne deriva che, per l'effettivo riconoscimento del modello, sono
necessari nuovi e diversi interventi rispetto al passato, di tipo
complessivo e volti a prevedere adeguate soluzioni organizzative:
il che significa - come si è sottolineato in altra occasione
(Proposta di norme sulle Autorità indipendenti, in Giornale
di diritto amministrativo, 1996, n. 5, 487 ss.) - che illegislatore
deve affrontare il problema in termini generali, delineando una
sorta di "statuto" in materia e, allo stesso tempo,
assicurando a tali autorità una specifica posizione a livello
costituzionale.
L'approvazione di specifiche disposizioni che si prospettano come
princìpi generali in materia consentirebbe di assicurare
una effettiva indipendenza alle autorità in questione.
L'attribuzione di determinati poteri, dell'autonomia di gestione
e di quella organizzatoria, di organico, finanziaria e contabile,
da un lato, e la previsione di talune garanzie per i titolari
degli uffici, dall'altro, sono strumentali ai fini del concreto
riconoscimento di una posizione di terzietà e di neutralità,
poiché contribuiscono a disegnare la struttura giuridica
idonea al miglior esercizio della funzione. Ne consegue che tali
elementi devono essere disciplinati unitariamente, per superare
l'attuale fase di difformità normativa e consentire alle
autorità di agire ispirandosi esclusivamente alle norme
di legge, con esclusione di qualsiasi condizionamento interno
o esterno. È ben vero, peraltro, che la Legge n. 481/1995,
sulle Autorità di regolazione sui servizi di pubblica utilità,
sembra aver dato inizio a un nuovo orientamento legislativo, in
relazione alla parte che ha previsto una serie di norme che valgono
per tutte le Autorità di regolazione dei servizi di pubblica
utilità. Tuttavia, ciò non appare ancora sufficiente:
c'è da augurarsi, comunque, che questo provvedimento rappresenti
almeno l'inizio di un rinnovato impegno del legislatore.
POTERI: DIVIDERE PER SOPRAVVIVERE
La questione appare estrememente rilevante soprattutto per quelle
autorità che svolgono funzioni di disciplina e di protezione
di interessi collettivi in settori socialmente rilevanti, garantiti
a livello costituzionale, come la Consob, l'Autorità garante
della concorrenza e del mercato, la Commissione di garanzia per
l'attuazione della legge sull'esercizio del diritto di sciopero
nei servizi pubblici essenziali e la Commissione di vigilanza
sui fondi di pensione: cioè per le autorità di "primo
livello" che, diversamente da quelle che esercitano poteri
in precedenza svolti da Pubbliche amministrazioni, si trovano
ad agire a tutela di princìpi garantiti dalla Costituzione
(tutela del risparmio, del diritto a una corretta informazione
della collettività, di quello di impresa e di quello allo
sciopero).
Una soluzione di questo tipo consentirebbe, oltretutto, di arginare
quel preoccupante fenomeno, che si registra da qualche tempo,
di reazione alla istituzione di Autorità indipendenti.
Ci si riferisce specificamente ad alcuni recenti orientamenti
della Corte dei conti, del giudice ammministrativo e del Ministero
del tesoro: la prima ha preteso di operare una assimilazione tra
le autorità indipendenti e gli uffici amministrativi, in
violazione dei princìpi di autonomia e di neutralità;
il secondo ha cercato di applicare alle Autorità indipendenti
gli stessi canoni e gli stessi criteri di controllo giurisdizionale
che utilizza per le amministrazioni statali; il terzo ha provato
a far valere anche per le Autorità indipendenti alcune
regole generali sull'attività amministrativa (ad esempio,
in materia di assunzioni, di organici, di determinazione dei carichi
di lavoro, di applicazione della legge sul procedimento amministrativo
e così via).
In un sistema, quale è quello italiano, caratterizzato
dalla frammentazione e dalla diffusione dei poteri a livello sia
economico-sociale, sia politico-istituzionale (ora accentuatesi
soprattutto a seguito dei recenti mutamenti del sistema elettorale
in senso maggioritario), infatti, l'introduzione delle Autorità
indipendenti rimane una esigenza insopprimibile in quanto - come
ha osservato recentemente Sabino Cassese (Poteri indipendenti,
Stati, relazioni ultrastatali, in Foro italiano, 1996,
V, 7 ss., e Le Autorità indipendenti: origini storiche
e problemi odierni, in I garanti delle regole, a cura
di S. Cassese e C. Franchini, Bologna, Il Mulino, 1996, 217 ss.)
- l'organizzazione divisa dei poteri (che ha ancor più
accentuato la crisi dell'unità dello Stato, perché
si sono verificate sia una dualizzazione del potere normativo
e, seppur in misura minore e parziale, giudiziario, sia una sottrazione
del potere di decisione del Governo) rappresenta una correzione
della concentrazione prodotta dalla democrazia e, dunque - è
importante aggiungere - diventa un elemento fondamentale per la
sua stessa sopravvivenza.