vai al sito della Camera di Commercio di Milano

Impresa &Stato n°35

PMI milanesi
e internazionalizzazione produttiva

Le "piccole multinazionali" milanesi sono presenti
nei Paesi più sviluppati e nei settori high tech.
Ma il trend di crescita è in calo. Come rilanciarlo?
I nodi critici della strategia e dell'informazione.

di
Elisabetta Arcaini

Tra le diverse modalità tramite le quali l'impresa può espandere la propria attività al di fuori dei confini nazionali, l'internazionalizzazione produttiva tramite investimenti diretti esteri (Ide) è indubbiamente quella che meglio esprime l'orientamento di un'impresa o più in generale di un sistema industriale a impegnarsi in un processo di crescita multinazionale volto ad acquisire una presenza stabile nell'arena competitiva internazionale.
Ancora a metà degli anni Ottanta l'internazionalizzazione produttiva dell'industria italiana appariva decisamente modesta, sia in rapporto all'investimento diretto estero in Italia (il numero delle imprese industriali italiane partecipate dall'estero era due volte e mezza superiore a quello delle imprese estere industriali partecipate dall'Italia), sia nei confronti degli altri Paesi industrializzati, rispetto ai quali l'Italia evidenziava un grado di internazionalizzazione attiva - misurata dal rapporto tra addetti delle imprese industriali estere partecipate e l'occupazione industriale interna al Paese - significativamente inferiore. A partire da allora ha preso avvio una fase di inseguimento multinazionale che ha consentito all'industria italiana di raggiungere una proiezione multinazionale più consona al ruolo che il nostro Paese ha nel contesto economico mondiale. All'inizio dell'attuale decennio gli Ide in uscita hanno per la prima volta raggiunto una consistenza paragonabile a quella degli Ide in entrata. Negli anni più recenti, in presenza di elementi congiunturali decisamente sfavorevoli quali la svalutazione della lira e la recessione interna, la spinta propulsiva delle maggiori imprese, principali protagoniste negli anni Ottanta, si è progressivamente esaurita e la crescita multinazionale dell'industria italiana ha registrato un brusco rallentamento. L'involuzione degli anni più recenti non ha bloccato la tendenza manifestatasi con i primi anni Novanta nella direzione di un crescente coinvolgimento delle Pmi nel processo di internazionalizzazione. Nell'attuale contesto, la piena valorizzazione dei vantaggi competitivi richiede infatti sempre più spesso anche alle piccole e medie imprese l'implementazione di adeguate strategie di crescita multinazionale. La crescente importanza delle Pmi nel contesto dell'espansione multinazionale dell'industria italiana appare evidente se si considera che tra il 1986 e il 1993 la quota a esse addebitata sul totale delle nuove partecipazioni industriali assunte dalle imprese italiane all'estero è triplicata, crescendo dal 15% al 45% del totale, per poi stabilizzarsi nel biennio 1994-1995 attorno al 36%.
A inizio 1995, oltre i ¾ dei componenti del club delle multinazionali italiane sono imprese e/o gruppi di imprese con meno di 500 addetti. Ovviamente, tale categoria di investitori contribuisce in misura ben più modesta alla consistenza complessiva della presenza produttiva all'estero: la quota spettante alle "piccole multinazionali" sullo stock delle partecipazioni estere può essere oggi stimata poco oltre il 30% in termini di numero di imprese partecipate, attorno al 12% dei relativi addetti e solo al 5-6% del fatturato.

TAB.1 - INVESTIMENTO DIRETTO ESTERO
DELL'INDUSTRIA MILANESE NEL 1994-1995
MilanoLombardiaItalia
%
%
%
Imprese multinazionali al 1.1.199489
20,6
152
35,2
432
100
Imprese estere partecipate al 1.1.1994 222
23,4
383
40,4
947
100
Addetti delle imprese estere partecipate al 1.1.1994 47.066
20,8
97.111
42,9
226.123
100
Imprese divenute multinazionali nel biennio 1994-1995* 11
12,2
29
32,2
90
100
Nuove partecipazioni estere assunte nel biennio 1994-1995* 33
15,3
63
29,2
216
100
Addetti alle nuove partecipazioni estere assunte nel biennio 1994-1995* 4.737
13,7
8.720
25,2
34.547
100
*Dati provvisori
Fonte: Database Reprint, CNEL - R&P Politecnico di Milano


TAB.2 - CARATTERISTICHE STRUTTURALI
DELL'INVESTIMENTO DIRETTO ALL'ESTERO DELL'INDUSTRIA MILANESE
(% delle imprese partecipate in base alla localizzazione
e al settore di attività; confronto con Lombardia e Italia)
Milano
%
Lombardia
%
Italia
%
AREE GEOGRAFICHE
Europa occidentale
58,5
52,2
46,6
Europa orientale
8,6
16,8
18,3
Nord America
12,0
10,6
10,6
America Latina
9,4
7,5
9,6
Estremo oriente
6,4
4,6
5,3
Altre aree geografiche
4,7
8,4
10,4
MACRO SETTORI
Settori tradizionali
24,9
22,8
28
Settori scale-intensive
43,8
50,5
47,3
Settori specialistici
13,7
15,9
16,6
Settori science-based
17,6
10,8
8
* Dati provvisori
Fonte: Database Reprint, CNEL - R&P Politecnico di Milano

MILANO, PIU' INVESTIMENTI SCIENCE-BASED
In provincia di Milano sono state censite, al 1° gennaio 1994, 89 imprese multinazionali che partecipano a 222 imprese estere. Spostando l'attenzione dai valori assoluti al trend si rileva una inversione di tendenza nella crescita che si è verificata per tutto il decennio precedente per quanto attiene il numero di investitori, le imprese da questi partecipate e i loro addetti. Dal '90 l'investimento estero milanese ha subìto delle contrazioni rispetto al dinamismo verificatosi nel resto del Paese. Questo appare confermato anche dai dati provvisori riferiti al biennio 1994-1995 che mostrano un tasso di natalità inferiore sia per quanto attiene le imprese milanesi divenute multinazionali rispetto a quelle regionali e a quelle nazionali (rispettivamente il 12,3%, 19% e 20,8%) sia per quanto attiene alle nuove partecipazioni (rispettivamente 14,8%, 16,4% e 22,8%).
Se i dati sembrano confermare un rallentamento nei processi di multinazionalizzazione delle imprese milanesi, occorre ricordare che il calo del numero di iniziative e della loro consistenza a livello provinciale più che una battuta d'arresto può rappresentare un riposizionamento dell'economia provinciale. Mentre infatti nella seconda metà degli anni Ottanta l'economia milanese ha dimostrato anche nell'ambito degli Ide un dinamismo decisamente superiore al resto del Paese, in seguito è stato quest'ultimo, che lanciandosi nell'arena internazionale, ha fatto rilevare consistenti flussi di investimenti diretti esteri, recuperando il gap precedente.
Inoltre occorre considerare la "qualità" dell'investimento diretto estero dell'industria milanese, cioè le caratteristiche strutturali in base alla localizzazione delle imprese partecipate e al settore di attività delle stesse imprese.
Da un lato emerge che la destinazione geografica degli Ide milanesi rispetto a quelli regionali e nazionali è maggiormente concentrata nell'Europa occidentale, seguita dal Nord America e dall'Estremo oriente, dall'altro che è il settore science-based che vede Milano più impegnata nell'attività di investimento. Tutto ciò porta a rivalutare la composizione qualitativa degli investimenti milanesi che risultano più consistenti rispetto al dato nazionale nei Paesi ad alto tasso di sviluppo. Se quindi il quadro degli Ide lombardi rispecchia quello italiano per la debolezza della presenza nei settori ad alta tecnologia e per il cosiddetto gap di globalità (rarefazione degli investimenti verso Stati Uniti e Giappone), Milano denota una presenza relativa più consistente nei sistemi industriali più forti e competitivi.

MULTINAZIONALI, PICCOLE, DI NICCHIA
In questo gli Ide milanesi si distinguono da quelli italiani, presenti in modo significativo in Paesi in cui la funzione di produzione è polarizzata su tecnologie utilizzatrici di lavoro: il modesto profilo del comparto a elevata intensità tecnologica non sorprende, data la fragilità dell'industria italiana nei settori delle alte tecnologie. Nel quadro generale sopra descritto, l'industria milanese offre un contributo certamente non trascurabile. All'inizio del 1995, delle 373 "piccole multinazionali" italiane censite dal database Reprint, 63 avevano sede in provincia di Milano.
Il peso dell'industria milanese nel quadro dell'internazionalizzazione produttiva delle Pmi italiane appare dunque rilevante, essendo pari a oltre 1/6 del totale in relazione al numero di investitori e a oltre 1/5 in termini di imprese estere partecipate.
Ricorrendo alla tassonomia di Pavitt, largamente utilizzata negli studi di economia industriale, si rileva come tra le 110 imprese estere partecipate dalle piccole multinazionali milanesi ben 24 (il 21,8% del totale) operino in attività a elevata intensità tecnologica, 31 (28,2%) nei settori specialistici della meccanica strumentale e dell'elettromeccanica, 39 (35,5%) nei settori caratterizzati da elevate economie di scala e 16 solo (9,8%) nei settori tradizionali.
Tale distribuzione si discosta alquanto da quella complessiva degli Ide delle piccole multinazionali italiane, un'elevata percentuale dei quali si concentra nei settori tradizionali (soprattutto tessile, abbigliamento, cuoio, pelletteria, calzature, e prodotti in legno). In tale comparto le partecipazioni estere delle PMI italiane sono infatti ben 163, pari al 30,8% del totale, contro le sole 49 del comparto science-based (9,2%). Rispetto al dato nazionale, il peso di Milano in termini di imprese estere partecipate, pari mediamente al 20,8%, scende dunque al 9,8% nei settori tradizionali ma raggiunge un significativo 49% nei settori dell'alta tecnologia. Milano si caratterizza dunque per la presenza di alcune piccole multinazionali attive in nicchie dell'alta tecnologia, le cui limitate dimensioni riflettono probabilmente requisiti di efficienza produttiva e gestionale e rappresentano una risposta efficiente alle esigenze di differenziazione di prodotto espresse dal mercato e all'esistenza di economie di scala di prodotto specifico e di processi cumulativi di apprendimento specialistico.

EUROPA, MA L'EST NON ATTIRA
Anche dal punto di vista dell'orientamento geografico i sentieri di espansione multinazionale delle piccole multinazionali milanesi si differenziano in misura significativa da quelli delle altre Pmi italiane, che nel loro insieme hanno trovato grandi opportunità di sviluppo nei Paesi dell'ex blocco comunista: a distanza di pochi anni dall'apertura di tali mercati all'Ide, l'Europa orientale ospitava infatti a inizio 1995 oltre ¼ delle partecipazioni estere delle Pmi italiane. Le Pmi milanesi si caratterizzano per una presenza alquanto superiore alla media nelle aree maggiormente sviluppate, segnatamente l'Europa occidentale (50,9% del totale, contro 37,4%), il Nord America (14,5% contro 9,6%) e il sud-est asiatico (9,1% contro 7,2%). Viceversa il peso dell'Europa orientale si riduce per le piccole multinazionali milanesi all'11,8%, un valore inferiore alla metà di quello medio nazionale (27,4%). La Francia è il Paese che conta il maggior numero di imprese partecipate dalle piccole multinazionali milanesi (19), seguita da Stati Uniti (14), Spagna (13), Germania (6), Portogallo (5), Gran Bretagna e Polonia (4). Un ulteriore elemento di distinzione delle strategie di espansione multinazionale delle Pmi milanesi emerge dall'analisi della ripartizione delle piccole multinazionali per numero di imprese estere partecipate. Circa il 40% delle piccole multinazionali milanesi partecipa in almeno due imprese industriali estere, il 19% in almeno tre imprese e quasi l'8% in almeno quattro imprese, contro medie nazionali pari rispettivamente al 24,1%, all'8,6% e al 3,8%.
Opportuna attenzione merita infine la ripartizione delle imprese industriali estere partecipate dalle Pmi milanesi e italiane esistenti a inizio 1995 in funzione dell'anno in cui è stata assunta la partecipazione. Se da un lato tali dati pongono in luce il ruolo "pionieristico" attribuibile alle Pmi milanesi, il loro peso sul dato nazionale essendosi attestato attorno al 30% fino a metà dello scorso decennio, dall'altro evidenziano un significativo rallentamento della loro capacità espansiva negli anni più recenti, per lo meno in termini relativi: l'incidenza delle partecipazioni estere delle Pmi milanesi sul totale di quelle assunte dalle piccole multinazionali italiane scende infatti al 18,4% nel biennio 1991-1992 e al 13,7% nel biennio 1993-1994. Quali sono la natura specifica e le logiche di crescita multinazionale delle piccole multinazionali milanesi e più in generale del nostro Paese? La situazione che emerge è composita. Alle strategie di conquista duratura di quote di mercato nei Paesi industrializzati e/o in aree con significativi potenziali di crescita si affiancano non pochi fenomeni di delocalizzazione e di formazione di joint ventures finalizzate esclusivamente a supportare il partner locale nella fornitura di componenti e prodotti a più basso costo o a garantire proficui contratti di cessione di know-how o di fornitura di impianti chiavi in mano. Emergono peraltro alcune logiche settoriali sufficientemente delineate. Nei settori scale-intensive l'Ide delle piccole multinazionali italiane appare principalmente orientato alla conquista di quote di mercato e l'Europa (soprattutto occidentale, ma anche orientale) ne costituisce il target privilegiato. In un numero non trascurabile di casi, l'internazionalizzazione produttiva delle PMI italiane è stata "trainata" dall'espansione multinazionale delle grandi e medio-grandi imprese del nostro Paese, secondo una modalità ben descritta dal modello follow the customer.

TAB.3 - LE PARTECIPAZIONI ESTERE DELLE PICCOLE
MULTINAZIONALI MILANESI AL 1.1.1995, PER SETTORE
Imprese estere partecipateTotale partecipazioniPartecipazioni di controllo
N.
%
N.
%
Estrazione e trasformazione dei metalli
6
5,5
5
6,5
Chimica, farmaceutica e fibre
27
24,5
20
26,0
Meccanica strumentale
16
14,5
11
14,3
Elettromeccanica e prodotti elettrici
11
10,0
6
7,8
Elettronica, informatica e strumentazione
14
12,7
12
15,6
Alimentare e bevande
9
8,2
7
9,1
Tessile e abbigliamento
9
8,2
7
9,1
Prodotti in gomma e in plastica
13
11,8
7
9,1
Altre industrie manifatturiere
5
4,5
2
2,6
Totale Italia
110
100,0
77
100,0
Fonte: Database Reprint, CNEL - R&P Politecnico di Milano

STRATEGIA: FOLLOW THE CUSTOMER
Anche nei settori specialistici della meccanica strumentale l'Ide assume prevalente caratteristiche market seeking; in questo comparto, tuttavia, cresce la quota di partecipazioni localizzate nelle aree geografiche più lontane (Americhe, area del Pacifico), ove sovente vengono decentrate le fasi di montaggio/assemblaggio in relazione a esigenze di contenuto locale della produzione e/o sia di contenimento dei costi di trasporto. Peraltro, in alcuni casi la partecipazione all'estero è stata assunta dall'impresa italiana quale condizione necessaria per concludere contratti di fornitura di impianti chiavi in mano e di trasferimento di know-how; il respiro strategico di tali Ide è dunque assai limitato.
Le iniziative delle Pmi italiane del comparto tradizionale, per lo più concentrate negli anni più recenti, hanno avuto come direttrice geografica privilegiata l'Europa orientale. Due le situazioni più frequentemente ricorrenti. La prima riguarda gli investimenti labour seeking, che assumono particolare rilievo nei settori dell'abbigliamento, delle calzature e della pelletteria, nei quali la delocalizzazione di attività a elevata intensità di lavoro è favorita da salari reali attestati su standard notevolmente inferiori a quelli occidentali, a fronte di un discreto livello qualitativo delle risorse umane. La seconda è quella degli investimenti resource seeking, volti a favorire l'accesso privilegiato a materie prime e prodotti intermedi disponibili a basso costo nella regione, spesso in conseguenza a croniche eccedenze produttive (ad esempio nel settore del legno e nelle industrie della prima trasformazione dei metalli e dei minerali non metalliferi). In questi casi, la scelta tra Ide e relazioni di mercato o quasi-mercato (sub-fornitura e altri accordi contrattuali, che rimangono tuttora le modalità prevalenti per delocalizzare le attività labour-intensive o approvvigionarsi di materie prime e semilavorati) viene principalmente determinata dal trade-off tra la flessibilità nella gestione degli approvvigionamenti e le esigenze in termini di qualità del prodotto, tempi di consegna e sicurezza dell'accesso alle risorse. Più variegati infine i sentieri di internazionalizzazione delle piccole multinazionali italiane nei settori caratterizzati da elevate opportunità tecnologiche. Accanto a una serie di iniziative market seeking, sia nei Paesi avanzati che nei Paesi in via di sviluppo, un ingrediente importante nella decisione di investimento è talvolta rappresentato dall'accesso agli assets di un'impresa estera che dispone di tecnologie o prodotti complementari a quelli dell'investitore italiano. Meno significativa appare invece in tale comparto la componente di investimenti labour e resource seeking.
Non sorprende dunque che emerga una più elevata incidenza di investimenti market seeking, i quali - rispetto agli investimenti labour o resource seeking - comportano indubbiamente un più intenso utilizzo di risorse economiche e manageriali, richiedendo in aggiunta allo svolgimento dell'attività produttiva lo sviluppo di adeguate reti distributive e/o di supporto tecnico.
Un ruolo fondamentale è assunto anche in quest'ambito da Milano nel sostenere e definire il processo di integrazione e multinazionalizzazione del Paese.
Le "piccole multinazionali" milanesi censite dal database Reprint a inizio 1995 sono 63 e rappresentano oltre 1/6 del club delle "piccole multinazionali" italiane, mentre le 110 imprese estere da esse partecipate costituiscono il 20,8% del totale italiano, una quota superiore a quella complessivamente ottenuta dal Triveneto o da tutta l'Italia centrale e meridionale. Dal punto di vista qualitativo, inoltre, la presenza produttiva all'estero delle Pmi milanesi appare maggiormente qualificata, in virtù sia della diversa articolazione settoriale, che vede una non trascurabile presenza di imprese attive nei settori specialistici e dell'alta tecnologia, sia di una proiezione notevolmente più accentuata verso le aree maggiormente industrializzate rispetto alle altre piccole multinazionali italiane. Tuttavia, l'evoluzione degli anni più recenti evidenzia segnali di un relativo rallentamento nella capacità di espansione multinazionale delle Pmi milanesi. Il rapido deterioramento delle quote spettanti in ambito nazionale alle Pmi milanesi nei primi anni Novanta non può essere considerato solo l'inevitabile conseguenza del progressivo diffondersi tra le Pmi del nostro Paese di una "cultura multinazionale". Esso assume valenze ancor meno rassicuranti se posto in relazione al gap di internazionalizzazione che ancora separa l'Italia dagli altri grandi Paesi industrializzati. L'attuale evoluzione induce il timore di una crescita arroccata sullo sfruttamento dei residui vantaggi competitivi di più antica accumulazione, con un effetto sostitutivo post-svalutazione tra esportazioni e Ide, a fronte dell'allargarsi del ritardo nei confronti delle altre aree avanzate del continente nei settori più innovativi e di maggiore peso strategico nel lungo periodo. In tale ottica, la presenza industriale delle imprese milanesi in Nord America e nell'area del Pacifico - in termini assoluti indubbiamente ridotta, a prescindere dai confronti in ambito nazionale - appare sintomatica di una ridotta capacità di crescita nei mercati più avanzati e a maggiore potenzialità di crescita.
Appare dunque benvenuta ogni iniziativa (istituzionale e non) in grado di fornire alle PMI un concreto aiuto in riferimento alle attività di ricerca, raccolta ed elaborazione delle informazioni relative al funzionamento dei mercati e alle loro prospettive di crescita, alle condizioni insediative e alla disponibilità, al costo e alla qualità dei fattori produttivi, alle condizioni di partnership, alle norme giuridiche e istituzionali e agli incentivi disponibili.

TAB.4 - LE PARTECIPATE ESTERE DELLE "PICCOLE MULTINAZIONALI"
AL 1.1.1995, PER MACROSETTORI
Imprese estere partecipateMilano (A)Totale Italia (B)A/B
N.
%
N.
%
%
Settori science-based
24
21,8
49
9,2
49,0
Settori specialized suppliers
31
28,2
122
23,0
25,4
Settori scale-intensive
39
35,5
196
37,0
19,9
Settori tradizionali
16
14,5
163
30,8
9,8
Totale Italia
110
100,0
530
100,0
20,8
Fonte: Database Reprint, CNEL - R&P Politecnico di Milano


TAB.5 - LE PARTECIPATE ESTERE DELLE "PICCOLE MULTINAZIONALI"
AL 1.1.1995, PER AREA GEOGRAFICA
Imprese estere partecipateMilano (A)Totale Italia (B)A/B
N.
%
N.
%
%
Europa occidentale
56
50,9
198
37,4
28,3
Europa orientale
13
11,8
145
27,4
9,0
Nord America
16
14,5
51
9,6
31,4
America Latina
7
6,4
41
7,7
17,1
Sud-est asiatico
10
8,1
38
7,2
26,3
Altri Paesi
8
7,3
57
10,8
14,0
Totale Italia
110
100,0
530
100,0
20,8
Fonte: Database Reprint, CNEL - R&P Politecnico di Milano