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Impresa & Stato N°32 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

TRA CONSENSO ED EFFICIENZA: IDENTITA' E RUOLO DEL SINDACATO IN UNA USSL LOMBARDA

di Anna Lisa Tota


IL TEMA DELLE RELAZIONI SINDACALI nel pubblico impiego è stato al centro di una serie di studi promossi dalla Sezione Relazioni Industriali dell’Ires Lombardia: risale infatti al 1987 lo studio condotto da Guidotti, Regalia e Semenza.(1) Alcuni anni più tardi, nel 1992, si avvia una rilevazione, realizzata con questionario, su un campione di 273 enti pubblici appartenenti a diversi comparti (Ronchi 1993). A questa indagine strettamente quantitativa seguono successivamente altre ricerche, basate invece sul metodo del case study, fra cui si segnala quella relativa alla contrattazione decentrata nel Comune di Milano (Carpo 1994).
Il presente studio riguarda l’unità socio-sanitaria locale 42 di Pavia ed è basato:

LE RELAZIONI SINDACALI NEL PUBBLICO IMPIEGO

Già nella ricerca del 1987 Regalia notava come non potesse considerarsi certamente casuale il fatto che fossero così pochi gli studi sulle relazioni sindacali nel pubblico impiego; oltre al fatto che tradizionalmente gli studiosi di relazioni industriali hanno trascurato il terziario sia pubblico che privato privilegiando il settore dell’industria, nel caso specifico del pubblico impiego poi intervengono anche altre considerazioni. Infatti:

"Ci si ritrova qui inevitabilmente a fare i conti con una realta' che di primo acchito appare impenetrabile, che mal si presta a essere ridotta sulla base di schemi e categorie analitiche utilizzate altrove, (...), e su cui talvolta esiste una qualche sorta di omerta'" (Regalia 1987, p. 3).

Anche Romagnoli (1989, p. 257) lamenta la scarsità di studi su questo tema:

"Per lungo tempo le relazioni sindacali nel settore del pubblico impiego sono state oggetto di scarsa attenzione da parte degli specialisti di industrial relations".

Questa scarsa attenzione degli studiosi può essere spiegata, secondo l’autore, anche dal tipo di paradigma dominante negli studi di relazioni industriali:

"Esso prevede infatti che gli attori delle negoziazioni siano pienamente responsabili, in un duplice senso: in grado di disporre autonomamente di risorse da giocare nella trattativa e legittimati a gestire gli esiti degli accordi raggiunti" (Romagnoli 1989, p. 257).

Nel caso del pubblico impiego tali caratteristiche non si danno frequentemente, come avremo modo di sottolineare anche in seguito a proposito del quadro interpretativo proposto da Regalia (1990). Ciò costituirebbe uno dei motivi che hanno indotto negli anni passati gli studiosi di industrial relations a non dedicare la dovuta attenzione a questo particolare ambito di studi.
Attualmente questa tendenza sembra essersi invertita. Infatti, sebbene con prospettive molto diverse, le ricerche e i contributi teorici su questo tema sono omai numerosi: oltre a quelli già citati, occorre menzionare i contributi di Bordogna (1987; 1989), lo studio di Romagnoli (1989), il contributo di Treu (1988) e quelli di Regalia (1981; 1990).

Alcune specificità

Esaminiamo ora alcune delle specificità più rilevanti che sembrano rendere inadeguate per l’analisi del pubblico impiego le categorie analitiche consolidate invece negli studi di industrial relations.
Una prima considerazione generale pertiene al fatto che il pubblico impiego ha costituito tradizionalmente l’area del mondo del lavoro meno soggetta ai princìpi regolativi del mercato, ciò non senza profonde implicazioni sulle dinamiche comportamentali che sono intervenute fra le parti: in questa prospettiva infatti il conflitto ha costituito, almeno in linea di principio, una variabile sempre latente, alla quale la parziale assenza di criteri regolativi fondati sul mercato ha permesso un margine d’azione dilatato. (3)
Bordogna (1989) osserva inoltre che il pubblico impiego è un’area contraddistinta da alti tassi di sindacalizzazione (e quindi elevata rappresentatività sindacale), ma al contempo da una bassa capacità di rappresentanza. Seguendo il quadro interpretativo proposto da Regalia (1990), possiamo ricondurre tale specificità a un insieme di fattori:

Il comparto Sanità

All’interno del pubblico impiego la Sanità si configura come un comparto assai specifico sia per la sua elevata caratterizzazione tecnico-specialistica sia per la sua elevata rilevanza sociale (4) sia, infine, per l’ingente quantità di risorse che mobilita ogni anno.
Ricordiamo che al momento della rilevazione la Sanità lombarda è stata al centro di alcune vicende politiche e giudiziarie (5) che hanno contribuito a creare un clima di disagio, nel quale le relazioni fra le parti erano necessariamente e a prescindere dalle specifiche volontà degli attori connotate da una forte incertezza.

CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELL’AZIENDA USSL 42 DI PAVIA

L’unità socio-sanitaria locale 42 di Pavia (ex USSL 77) è di grandi dimensioni: comprende 62 comuni (178.000 abitanti circa). Essa insiste su un territorio che si configura in modo assai specifico: è caratterizzato infatti da pochi comuni con più di 5000 abitanti (come Belgioioso e Casorate Primo) e da numerosi comuni, invece, con meno di 3000 abitanti.
In base alla Legge 833/1978 sono confluiti nella USSL, costituitasi nel 1981, tutti i servizi presenti sul territorio. Ma proprio la specificità di questa articolazione territoriale - non accentrata in poli già configurati - ha favorito durante questo passaggio l’insorgere di tensioni a livello locale, soprattutto in relazione ai criteri di riorganizzazione e di gestione dei servizi.
Il funzionamento della USSL sul territorio è regolato dalla Legge regionale 39/1980, che prevede sei tipi di servizi dotati di autonomia tecnico-funzionale: (7)

1) igiene pubblica, ambientale e tutela della salute nei luoghi di lavoro;
2) assistenza sanitaria di base;
3) assistenza sanitaria specialistica ospedaliera ed extra ospedaliera;
4) medicina veterinaria;
5) assistenza sociale;
6) servizio amministrativo.

Inoltre la USSL 42 di Pavia comprende anche il Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione (PMIP): si tratta di un servizio erogato soltanto da alcuni enti e che pertanto, a differenza degli altri sei, opera su tutto il territorio provinciale.
Dal 1 gennaio 1995, in seguito alla nomina dei direttori generali, le USSL lombarde si sono costituite in Azienda (conformemente con quanto previsto dal Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, a sua volta largamente modificato con il Decreto legislativo "correttivo" n. 517 del 1993) e l’Ente pavese si è denominato "42". Ciò a seguito della rinumerazione di tutte le USSL della regione che sono state riaccorpate sul territorio. (8)
Attualmente l’Ente è articolato in sette distretti: cinque sono periferici e due sono urbani. (9) A questo proposito tuttavia occorre sottolineare che l’Ente ha ereditato nel 1981 una distribuzione sul territorio che va molto al di là delle normali esigenze dei distretti: attualmente la USSL è sparpagliata in una quindicina circa di sedi, anche molto distanti fra loro e ciò, come vedremo, ha comportato non pochi disagi sia per i lavoratori sia per le organizzazioni sindacali, oltre a costi gestionali ovviamente più elevati.
Un’altra peculiarità distintiva consiste nel fatto che l’Ente non gestisce le strutture sanitarie ubicate nella città, dove è situato soltanto il presidio poliambulatoriale. (10) L’attività ospedaliera della USSL è limitata al presidio ospedaliero "Carlo Mira" di Casorate Primo, che dispone attualmente di 95 posti letto.
Dal 1990 al 1994 i dati evidenziano per il presidio ospedaliero di Casorate Primo una flessione occupazionale (11 unità in meno), una netta riduzione sia del numero dei posti letto (da 163 a 95) sia dei ricoveri: nel 1994 sono 904 in meno del 1990 (Tabella 4). In realtà, dalla Tabella 5 emerge come dal 1990 al 1992 il numero dei ricoveri sia aumentato di oltre un terzo, mentre soltanto dopo il 1992 tale tendenza si sia nettamente invertita.
L’entità complessiva del ridimensionamento attuale appare più evidente se consideriamo che, secondo quanto affermato dai dirigenti intervistati, in origine l’ospedale disponeva di circa 250 posti letto.
In seguito, a causa dell’emergenza infermieristica del Nord Italia, di cui questo ospedale avrebbe risentito in modo particolare data l’assenza di una Scuola per Infermieri Professionali interna, i posti letto sono progressivamente diminuiti. Così i reparti di Medicina e Chirurgia sono stati fortemente ridotti e quello di Pediatria, invece, è stato fra i primi a essere chiuso. Attualmente questo ospedale è classificato dalla Regione come presidio ospedaliero "in trasformazione":11 la Giunta regionale dovrà pronunciarsi sulla sua riconfigurazione funzionale.

Il quadro occupazionale

L’Ente ha complessivamente 865 dipendenti distribuiti su nove livelli: 539 dipendenti sono di genere femminile e 326 di genere maschile. Le qualifiche più basse (III, IV, V) raccolgono il 26% dei dipendenti e al successivo VI livello sono inquadrati ben il 43 per cento. La composizione della pianta organica rivela inoltre come nelle qualifiche più alte (IX, X, XI) si concentrino ben il 36% di uomini a fronte del 16% di donne. (12) Nell’Ente ospedaliero di Casorate Primo sono occupati 189 dipendenti, mentre nei servizi territoriali ne sono occupati 644 (Tabelle 6, 7, 8).
Come si nota nella Tabella 9, rispetto alla pianta organica del 1993 si verifica un parziale decremento che ammonta a 5 unità occupate in meno. I dati mostrano inoltre un sostanziale ridimensionamento nel trend occupazionale durante gli ultimi cinque anni, a fronte tuttavia di un carico di lavoro più elevato. Da questo punto di vista, il comparto Sanità presenterebbe in generale un’anomalia rispetto ad altri settori: come sottolineano i soggetti intervistati, in questo caso l’innovazione tecnologica e l’automazione crescente comportano non una diminuzione ma piuttosto un aumento progressivo dei carichi di lavoro. In seguito all’introduzione di nuove tecnologie, infatti, sono mutate anche le esigenze della popolazione che, da una parte, tendono a differenziarsi sempre più dal punto di vista qualitativo e, dall’altra, sono in progressiva crescita quantitativa.

GLI ATTORI DELLE RELAZIONI SINDACALI

La direzione dell’Ente

Il direttore generale si è insediato il 1° gennaio 1995 e di fatto è con tale nomina che la USSL ha assunto lo statuto giuridico di Azienda previsto dalla Legge n. 517/1993(ex 502/1992). Tuttavia, per via della già citata contestazione al TAR, tale insediamento non ha potuto porre rimedio da subito alla situazione di incertezza gestionale che nella USSL 42 si protrae dal maggio ’91. (13)
Ciò ha costituito, almeno nel breve periodo, un ulteriore fattore di disagio sia per l’alta dirigenza, alla quale si chiedono grandi progetti di riorganizzazione dell’Ente senza tuttavia garantire continuità di lavoro, sia per la rappresentanza sindacale che vede mutare continuamente la controparte.
Nel caso specifico l’avvicendamento ai vertici della USSL 42 ha inizio nel maggio 1991, quando il precedente comitato di gestione viene sostituito da un amministratore straordinario. Ma nell’estate 1992 ha inizio un nuovo commissariamento che durerà sino al dicembre di quell’anno. La gestione successiva invece dura per circa un anno e mezzo (dal gennaio ’93 al settembre ’94). Vi è poi un ulteriore mutamento ai vertici dell’Ente: il nuovo commissario rimarrà in carica tre mesi sino alla fine del dicembre ’94. Dal 1 gennaio 1995 si insediano in tutte le USSL lombarde i nuovi direttori generali, ma la nomina è contestata appunto con il ricorso al TAR.
Sebbene la discontinuità delle nomine non coincida necessariamente con la discontinuità delle persone, (14) tuttavia è evidente che un tale avvicendamento non può non aver condizionato la vita e la struttura dell’intera organizzazione.
L’Ente è gestito, oltre che dal direttore generale, da tre coordinatori: amministrativo, sanitario e sociale. (15) La struttura gerarchica della USSL si articola su quattro livelli: 1) l’alta dirigenza, costituita dal direttore generale e dai tre coordinatori (amministrativo, sanitario, sociale); 2) i dirigenti dei sei Servizi, a cui si affiancano il coordinatore del PMIP e i due direttori (amministrativo e sanitario) del presidio ospedaliero di Casorate Primo; 3) all’interno di ciascun Servizio vi sono poi diverse Unità Operative, ciascuna con un suo responsabile; 4) infine, all’interno delle Unità Operative vi sono i Coordinatori dei Gruppi .
Le relazioni con la rappresentanza sindacale sono tenute, oltre che dai componenti dell’alta dirigenza che siedono al tavolo delle trattative, dal Servizio Personale il cui responsabile durante il ’94 è stato poi nominato Commissario regionale (da settembre a dicembre), fino all’insediamento del nuovo direttore generale. Gli incontri tra alta dirigenza e il sindacato sono abbastanza frequenti: nel 1994 sono stati oltre 15, quindi più di una volta al mese.

Il sindacato

Il 17 settembre 1994 vi sono state le votazioni relative alla RSU che si è costituita nel novembre dello stesso anno. Prima di tale data la rappresentanza sindacale era organizzata nei Comitati degli Iscritti. Il sindacato giudica molto positivamente l’elevata partecipazione al voto per la RSU (fra le più elevate del comparto a livello provinciale), ciò indica infatti che la costituzione della rappresentanza unitaria è stata recepita favorevolmente dai lavoratori. (16)
La RSU attualmente è composta da 19 membri (7 donne e 12 uomini), di cui 12 eletti dai lavoratori e 7 nominati direttamente dalle organizzazioni sindacali (Tabella 10).
Al fine di garantire la presenza nella RSU anche di membri appartenenti al presidio ospedaliero di Casorate Primo, per le elezioni si sono costituiti due collegi distinti:
- il Collegio n. 1 relativo a Pavia e ai distretti;
- il Collegio n. 2 per Casorate Primo. (17)
La Tabella 11 riporta i dati relativi ai voti ottenuti dalle tre organizzazioni sindacali divisi per i due Collegi.
La prima riunione della RSU si è tenuta in novembre con la nomina degli organi dirigenti:
- la Commissione trattante permanente composta da tre membri; (18)
- il coordinatore, che appartiene alla CISL.
Al tavolo delle trattative siedono i tre componenti della Commissione trattante che, proprio al fine di consolidare l’immagine unitaria della rappresentanza, non costituiscono un esecutivo, ma sono vincolati alla RSU nel suo complesso. Su temi specifici il regolamento interno, tutt’ora in via di definizione, prevede poi che si nominino commissioni di lavoro, al fine di snellire il carico di lavoro demandato alla RSU. Sia prima con i Comitati degli Iscritti, sia ora con la RSU la presenza di sindacalisti esterni alle trattative con l’amministrazione è molto rara, né comunque è considerata necessaria dai soggetti intervistati. La rappresentanza sindacale a livello locale gestisce infatti in modo autonomo l’attività contrattuale.
La RSU prevede riunioni fra i suoi componenti circa due volte al mese, ma i contatti informali fra i tre membri della Commissione trattante permanente sono quotidiani. (19)
L’accordo della RSU non è stato invece sottoscritto, come si diceva, dal sindacato dei medici: l’ANAO che conta 36 iscritti ha scelto di chiedere il tavolo di trattativa separato. I sindacati autonomi hanno nell’Ente una presenza modesta (Tabelle 12 e 13); a eccezione appunto dell’ANAO, vi sono ben altre 14 organizzazioni il cui numero di iscritti varia da 1 (per l’ACOI e il SOI) a 11 (per il SIVENP). Non sono presenti invece Comitati di base, né il sindacato Lega Lombarda.
Per quanto concerne la presenza dei sindacati confederali, la CISL ha il maggior numero di iscritti (165), seguita dalla CGIL (141) e dalla UIL (68). Come evidenzia la Tabella 14, la CGIL concentra i suoi iscritti soprattutto fra gli infermieri professionali e generici (49%), la CISL fra il personale tecnico- amministrativo (44%), mentre la UIL si distribuisce fra le varie categorie professionali. Il tasso di sindacalizzazione confederale è complessivamente del 44,8%: esso risulta particolarmente elevato se confrontato con quello lombardo. (20)
Se consideriamo gli ultimi cinque anni, il tasso di sindacalizzazione confederale all’interno dell’Ente è stato in crescita fino al 1992, mentre nei due anni successivi si è registrato un decremento di circa 2 punti percentuali (Tabella 15). Un dato significativo è rappresentato dalla forte crescita del tasso (oltre 10 punti percentuali) tra il 1990 e il 1991.
Confrontiamo il dato relativo al 1991 con quello di Ronchi (1993) sulla Sanità lombarda riportato in una tabella precedente (Tabella 3), emerge una differenza molto netta: mentre nella USSL pavese in quell’anno il tasso di sindacalizzazione confederale è del 46,6%, quello medio in Lombardia è del 38,3% con una differenza di ben 8,3 punti percentuali.
I dati della Tabella 15 evidenziano anche come dal 1990 al 1994 il numero di iscritti alla CGIL sia diminuito, quello degli iscritti alla CISL sia leggermente aumentato, mentre quello degli iscritti alla UIL sia quasi raddoppiato. Su una possibile interpretazione di tali trend torneremo nelle conclusioni.

LE RELAZIONI TRA ENTE E RAPPRESENTANZA SINDACALE

Il modello delle relazioni fra le parti ha conosciuto dagli anni Ottanta agli anni Novanta significative trasformazioni legate sia al contesto nazionale sia a quello locale.
A livello nazionale gli anni Ottanta sono caratterizzati da ampi mutamenti dei conflitti di lavoro: da una parte, aumentano gli scioperi nel settore dei servizi, soprattutto pubblici, al punto che si parla di una "terziarizzazione del conflitto"; dall’altra, si manifesta nel settore pubblico una tendenza alla frammentazione della rappresentanza del lavoro, dovuta in parte, ma non solo, a una "radicalizzazione dei comportamenti rivendicativi" dei tradizionali sindacati autonomi (Bordogna 1995).
Tali tendenze generali trovano riscontro anche a livello locale: nella USSL pavese il periodo di massima conflittualità si colloca proprio a cavallo tra la prima e la seconda metà degli anni Ottanta e, per quanto concerne la tendenza alla frammentazione, essa è documentata dalla presenza ancora oggi nell’Ente di un numero molto elevato di organizzazioni sindacali. (22)
Concentrando l’attenzione sulle vicende locali, possiamo fare riferimento a tre fasi successive:

a) La costituzione dell’Ente. Risale al 1981 quando, in base alla Legge 833/1978, confluiscono nella USSL tutti i servizi sanitari presenti sul territorio. (23) Questa eredità comporta da una parte la redistribuzione delle funzioni sul territorio, dall’altra l’allocazione del personale alle diverse sedi.
Questo periodo, che dura sino alla seconda metà degli anni Ottanta, è caratterizzato da fortissime tensioni sindacali: soprattutto la questione della mobilità del personale, che deve essere trasferito a sedi anche molto distanti, provoca numerosi disagi fra i lavoratori.
Le opinioni dei diversi soggetti intervistati concordano nel sottolineare come in questa prima fase la rappresentanza sindacale fosse estremamente politicizzata. In particolare, il coordinatore amministrativo lamenta l’attitudine ideologica più che pragmatica dimostrata allora dal sindacato nell’affrontare le questioni e sottolinea come l’eccessiva politicizzazione comportasse sul piano programmatico un’eccessiva frammentazione delle proposte avanzate e costituisse sul piano pratico un fattore di ostacolo all’interno dei processi decisionali.
È assai verosimile che, in questa fase iniziale, le tensioni derivanti dalle difficoltà incontrate nell’armonizzare le diverse unità si aggiungessero a quelle connesse alle diverse prospettive ideologiche. È anche probabile che, in questa situazione di generale riassetto, il richiamo all’ideologia fosse talora funzionale alla copertura di interessi specifici già consolidati.

b) La fase di consolidamento. Inizia all’incirca nel 1988, anno in cui l’organizzazione degli organici e delle funzioni pare assestarsi. Tuttavia la provvisorietà e l’incertezza persistono, in quanto l’Ente continua a lavorare "in carenza di pianta organica", cioè senza poter disporre di sufficiente personale. Ciò, come sottolineano alcuni dei soggetti intervistati, ha costituito nel tempo una fonte continua di tensione tra lavoratori e amministrazione.

c) L’avvicendamento alla direzione dell’Ente. Il maggio 1991 inaugura un periodo di elevato avvicendamento ai vertici dell’Azienda: ciò influisce sia sulle modalità di gestione dell’Ente sia sulla logica delle relazioni sindacali.
Da una parte infatti la Direzione vede impoverire la propria capacità progettuale, in quanto sconta l’incertezza dovuta all’instabilità dei propri vertici (anche se tali effetti sono in parte attenuati dal fatto che una certa continuità è comunque garantita dall’avvicendarsi nelle diverse cariche delle stesse persone); dall’altra il mutamento delle modalità di gestione dell’Ente è recepito dal sindacato e si ripercuote sulla logica delle relazioni fra le parti.
È proprio in questo periodo infatti che prende piede, soprattutto grazie ad alcune componenti del sindacato, un orientamento programmatico particolarmente attento alle esigenze di innovazione dell’Ente. Sono proprio quelle stesse componenti che oggi si dichiarano da un lato molto responsabilizzate nei confronti dell’Azienda, e contemporaneamente manifestano la loro aperta contrapposizione con i vertici aziendali che accusano di carenza progettuale. Nell’analisi successiva delle vertenze siglate a livello locale osserveremo anche in che misura il particolare assetto dei vertici aziendali, dal 1991 in poi, abbia influito sulla logica delle relazioni sindacali.

La contrattazione decentrata locale

Il presente lavoro ha raccolto la documentazione inerente agli accordi firmati dal 1992 al 1994 a livello di Ente: in tale periodo sono stati firmati complessivamente tre accordi.
In questa sede ne considereremo dettagliatamente due che risultano particolarmente rilevanti ai fini della nostra analisi: (24)
1) l’accordo sulla contrattazione decentrata locale, che traduce a livello aziendale le indicazioni del contratto nazionale (DPR 384/90);
2) l’accordo sulla copertura assicurativa degli automezzi firmato il 30.12.1994.

1. L’accordo sulla contrattazione decentrata locale (di cui al DPR 384/90). Si tratta dell’accordo più importante negoziato nel periodo considerato: esso concerne i modi di regolare temi di grande rilevanza per i lavoratori, come la mobilità, la liquidazione degli incentivi legati al plus orario e la riorganizzazione complessiva dell’orario di lavoro. La contrattazione tra le organizzazioni sindacali aziendali e l’amministrazione è avviata nell’ottobre 1991 e si conclude nel febbraio 1992: la vertenza si protrae per alcuni mesi, durante i quali sono indette numerose assemblee fra i lavoratori. L’accordo, che diventa operativo nel marzo 1992, è sottoscritto dal CISL, CGIL, UIL, CGIL Medici, UIL Medici, ANAAO, SICUS e CIDIESSE. Come accennato in precedenza, le questioni affrontate vanno dalle procedure di mobilità ordinaria nell’ambito dell’Ente (artt. 11-81 DPR 384/90) (25) alla determinazione dei contingenti di personale necessaria a garantire il funzionamento dei servizi essenziali in occasione del diritto di sciopero (art. 4 DPR 384/90), dalla copertura assicurativa degli automezzi dei dipendenti utilizzati durante l’orario di lavoro (artt. 19-88 DPR 384/90) (26) all’applicazione di tutto l’articolato contrattuale inerente l’aggiornamento professionale (artt. 26-83 DPR 270/87). (27)
Una fra le questioni affrontate concerne la liquidazione dell’incentivo produttività e la corrispondente effettuazione del plus orario: a questo proposito il problema cruciale era, per il sindacato, garantire una maggiore chiarezza ed equità nella distribuzione e nella effettiva liquidazione degli incentivi legati al plus orario. L’accordo in effetti garantisce procedure di liquidazione più rapide e chiaramente definite, ma per quanto concerne i criteri di allocazione le rappresentanze sindacali confederali hanno dovuto contemperare i criteri ispiratori delle loro strategie con le esigenze particolaristiche espresse dai sindacati autonomi. (28)
Se consideriamo in particolare gli aspetti più innovativi dell’accordo, essi concernono:

Occorre sottolineare che il sindacato confederale non ha espresso su questa questione una posizione unitaria: mentre alcuni componenti hanno teso a privilegiare la tutela degli interessi dei lavoratori, altri hanno espresso invece un orientamento più articolato volto a preservare anche le esigenze di efficienza aziendale.
La ricostruzione complessiva di questa vertenza da una parte offre una prima verifica positiva dell’ipotesi che definisce la logica delle relazioni fra le parti essenzialmente come micro-concertazione (Regini 1991); (30) dall’altra soprattutto alcune parti della vertenza, come quella relativa alla ottimizzazione dei servizi erogati, offrono una prima verifica del fatto che il sindacato si vede come soggetto che promuove razionalizzazione.

2. L’accordo sulla copertura assicurativa degli automezzi. È l’ultimo accordo firmato dal commissario regionale (30.12.1994), prima dell’insediamento del direttore generale, ed è il primo siglato dalla RSU. Si riferisce agli articoli 19-88 del DPR 384/90 in relazione alla copertura assicurativa, già oggetto di contrattazione nell’accordo decentrato del febbraio 1992. Esso introduce tuttavia un’importante modifica in vista di una razionalizzazione della spesa: prevede infatti l’assunzione diretta da parte dell’Ente della copertura assicurativa degli automezzi usati dai dipendenti per ragioni di servizio. (31) Le polizze assicurative sottoscritte negli anni precedenti costavano all’Ente circa 200 milioni all’anno. Ciò a fronte della copertura di un rischio effettivo che oscillava tra i 40 e i 60 milioni. Quest’accordo, che permette all’Ente un risparmio strutturale di 150 milioni all’anno, inciderà sia sui tempi di accertamento e liquidazione dei danni, sicuramente abbreviati, sia sulle eventuali franchigie assicurative che risultano abolite. Questa vertenza, peraltro conclusasi in tempi veramente molto rapidi, è significativa in quanto da una parte ribadisce il clima sostanzialmente consensuale in cui sono gestite le relazioni fra le parti, dall’altra documenta anche una non sopita capacità progettuale da parte della Direzione.

La conflittualità

Un focus centrale della nostra analisi è costituito dalle modalità di ricorso al conflitto utilizzate dalla rappresentanza sindacale. L’analisi della natura delle relazioni conflittuali figura fra gli elementi centrali in questo studio, in quanto ne conforta in modo essenziale il quadro interpretativo. A questo proposito è opportuno ribadire che la natura di tali relazioni riflette un clima acceso, ma sostanzialmente volto a raggiungere intese, senza alcuna forma di radicalizzazione del conflitto.
Una lunga rassegna stampa documenta come da parte sindacale la forma più frequentemente scelta per esprimere un’aperta contrapposizione rispetto ai vertici aziendali sia l’intensa attività di informazione dell’utenza attraverso i quotidiani locali. Del dibattito tra le organizzazioni sindacali e l’amministrazione vengono fatti partecipi sia i lavoratori tramite le assemblee sia gli utenti che vengono sollecitati a prendere posizione.
Ma quali sono le questioni aperte denunciate dalla RSU? Come sottolinea Ronchi (1993) infatti, nella Sanità il nodo cruciale è costituito proprio dalle cosiddette "vertenze non concluse". Nel caso specifico quelle indicate dai membri della RSU concernono:
1) la definizione dei posti letto del Servizio Psichiatria, situato all’interno del Policlinico San Matteo;
2) i progetti di ristrutturazione del presidio ospedaliero "Carlo Mira" di Casorate Primo;
3) la riorganizzazione del lavoro in previsione del trasferimento nella nuova sede unica della USSL.

1) La Psichiatria è un’unità operativa del Servizio 3. Sebbene gestita dalla Ussl, è ubicata in parte nei locali del Policlinico San Matteo ed è quindi legata all’università. Il problema oggetto di vertenza concerne il rapporto tra numero di ricoverati e numero di operatori. Secondo gli standard regionali i 26 operatori dell’unità possono erogare il servizio per 16 posti letto più due di emergenza. Attualmente invece i ricoveri oscillano tra i 22 e i 28. Trattandosi di un servizio la cui erogazione richiede un carico di lavoro molto elevato, gli operatori denunciano da tempo una situazione insostenibile. La vertenza è particolarmente delicata in quanto il servizio da una parte deve rispondere alle esigenze effettive dell’utenza, dall’altra a quelle della gestione universitaria. È proprio quest’ultimo elemento a rendere tale vertenza difficilmente risolvibile: infatti, la Direzione, pur essendo la controparte ufficiale, non è quella effettiva. Il numero dei degenti ricoverati nell’Unità operativa in questione è gestito dai cattedratici del Policlinico, nei cui locali, come si è detto, il servizio è ospitato e non dipende dunque dalle scelte aziendali. A complicare la situazione vi sono anche le esigenze espresse dall’utenza territoriale, superiori ai posti effettivamente disponibili. (32)

2) Il presidio ospedaliero "Carlo Mira" di Casorate Primo è di piccole dimensioni: vi lavorano 189 dipendenti, dispone di 95 posti letto per un totale di 2959 ricoveri. Il presidio, è un punto di riferimento importante sia per l’area pavese sia per la zona a sud di Milano. Nel 1990 sorse una vivace polemica anche sui quotidiani locali al fine di garantirne la sopravvivenza; successivamente è stato classificato fra gli ospedali "in trasformazione". La Regione deve ancora pronunciarsi sul piano di ristrutturazione di tutta la rete ospedaliera lombarda. Intanto i disegni di cambiamento per il Mira sono molteplici: concernono ad esempio una possibile riconversione che privilegi la degenza riabilitativa. La RSU si prefigge da una parte di garantire l’occupazione e, dall’altra, di interpretare le esigenze dell’utenza territoriale.

3) Il 1 luglio 1995 la USSL si trasferirà in una sede unica, obiettivo realizzato da una delle precedenti amministrazioni. Attualmente infatti la dispersione degli uffici dislocati in varie sedi comporta alti costi gestionali, una sotto-utilizzazione del personale e una difficile gestione organizzativa. La RSU a questo proposito sottolinea la carenza di pianificazione da parte della dirigenza in vista del trasferimento. Da parte sua invece, la Direzione amministrativa lamenta il vuoto legislativo a livello regionale in vista della riorganizzazione della USSL in Azienda, che prevede tra l’altro il riaccorpamento dei sei Servizi in Settori. Si noti a questo proposito che sul piano legislativo la Direzione individua una carenza costante a livello regionale e non certo limitata al caso sopracitato. Ne consegue per i vertici aziendali la necessità di riadattare le leggi nazionali in base alle esigenze locali senza la mediazione e le indicazioni della Regione, venendosi a creare così una situazione di continua incertezza. (33)

I caratteri e la logica delle relazioni

I dati raccolti evidenziano una fitta rete di rapporti fra le parti sia di natura formale sia informale. In particolare, per quanto concerne il livello formale, gli incontri tra il sindacato e la controparte sono frequenti e regolari, circa una volta al mese. Tuttavia, sebbene la questione sia più volte stata avanzata dalle organizzazioni sindacali, non si svolgono secondo una cadenza prestabilita: nel 95% dei casi gli incontri sono richiesti dal sindacato e sempre concessi dalla Direzione, anche se talvolta con qualche ritardo. (34) Al tavolo delle trattative siedono i componenti della Commissione trattante permanente, coaudiuvati talora da altri membri della RSU competenti su specifiche questioni, e per la controparte il Direttore generale con i Coordinatori. I rapporti informali di consultazione reciproca invece si tengono con i dirigenti dei Servizi e sono quasi quotidiani.
Vi è poi una fitta rete di contatti anche fra le varie componenti del sindacato:
- fra i membri della Commissione trattante permanente;
- tra loro e la RSU nel suo complesso (si riuniscono una-due volte al mese);
- tra la RSU e i lavoratori.
Un breve cenno meritano inoltre le relazioni dirette tra amministrazione e lavoratori che, nel caso specifico, sono molto sporadiche e sono interpretate da parte sindacale come rispondenti più a logiche clientelari e localistiche che a dinamiche alternative di democratizzazione interna. (35) Nel caso specifico, le limitate dimensioni del fenomeno da una parte, e l’insufficienza dei dati rilevati dall’altra, non permettono di giungere a una valutazione definitiva.
Ma qual è la logica delle relazioni fra le parti? Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, il sistema di relazioni sindacali consolidatosi risponde contemporaneamente a una logica dialettica e di costruzione del consenso. L’analisi delle vertenze e delle vicende contrattuali conferma una lettura di tali relazioni nei termini di un modello micro-concertativo. Una serie di elementi fanno propendere per tale lettura:
- in primo luogo, la forza contrattuale del sindacato che rimanda a una presenza salda e radicata nell’Ente. I dati riferiti al 1991 confermano che tale presenza è di molto superiore a quella media in Lombardia;
- in secondo luogo il fatto che, nonostante godesse di tale forza, il sindacato abbia privilegiato, dalla fine degli anni Ottanta in poi, il ricorso a forme non radicalizzate di conflitto: non sono stati indetti scioperi a livello locale in un settore, tra l’altro, dove lo sciopero ha un alto "potere vulnerante" (Accornero 1985; Bordogna 1995); né si è ricorso ad altre forme di lotta che potessero danneggiare l’utenza (come, ad esempio, il rispetto rigoroso del mansionario). Il sindacato ha costantemente privilegiato il ricorso a forme di dialogo con la Direzione, talvolta anche utilizzando i toni aspri della denuncia (36) attraverso la stampa locale e la mobilitazione dei cittadini presenti sul territorio;
- infine, l’atteggiamento di sostanziale apertura espresso dall’amministrazione ha indubbiamente favorito una gestione consensuale dei rapporti di lavoro. Il coordinatore amministrativo intervistato dà un giudizio tutto sommato positivo della rappresentanza sindacale e allude a una situazione di partecipazione del sindacato alla gestione dei rapporti di lavoro e alle decisioni nella vita dell’Ente.

A questo proposito occorre però sottolineare che, come documenta l’analisi delle vertenze, non sempre a una apertura formale da parte della Direzione ne è corrisposta una sostanziale: in alcuni casi vediamo che, nonostante la disponibilità mostrata in sede negoziale, gli accordi poi sono rimasti sulla carta. È significativo, come si è detto, il fatto che alcune parti dell’accordo decentrato locale, siglato nel febbraio 1992, non siano ancora divenute operative al momento della rilevazione, cioè tra novembre 1994 e febbraio 1995.
Infine, prima di concludere, occorre soffermarsi sul modo in cui le parti interpretano il loro ruolo. Dalla nostra analisi emerge che il punto di vista sindacale riflette solo parzialmente quello dell’amministrazione: se da un lato le testimonianze raccolte da ambo le parti confermano la plausibilità di un modello di micro-concertazione (Regini 1991) per l’analisi delle relazioni industriali, dall’altro soprattutto alcune fonti sindacali tendono ad accentuare il ruolo propositivo svolto dal sindacato e, per il periodo dal 1991 a oggi, denunciano l’incapacità progettuale dell’amministrazione. Tali componenti si percepiscono cioè come promotrici dei processi di innovazione interna.
Come vedremo nel testo delle conclusioni, è molto probabile che tale interpretazione sia legata, almeno in parte, agli alti costi in termini di consenso con la base, di cui alcune componenti del sindacato hanno dovuto comunque farsi carico per svolgere all’interno dell’Ente quella funzione di innovazione che hanno effettivamente svolto.

CONCLUSIONI

Da questo studio emerge un quadro complesso e talora con qualche contraddizione. Tenendo presente che la nostra rilevazione è stata effettuata in un momento di transizione nella vita dell’Ente, (37) possiamo affermare che esso ha documentato:

L’analisi delle vertenze documenta come in questo quadro le organizzazioni sindacali abbiano cercato di assumere un ruolo propulsivo, talvolta recepito solo formalmente dall’azienda, ma che ha comunque inciso sui processi di innovazione interni. L’assunzione di tale ruolo non ha tuttavia rappresentato una scelta indolore per il sindacato, ma è stata piuttosto il frutto di una intensa e continua attività di mediazione fra le varie componenti sindacali, divise appunto tra l’anima trade-unionista e quella progressista. Occorre precisare che tale divisione coincide solo parzialmente con l’appartenenza politica, proprio per questo è più opportuno parlare di "culture contrapposte" e non semplicemente di "ideologie": le due anime sono talora presenti all’interno della stessa organizzazione sindacale, anche se poi l’una finisce necessariamente per prevalere sull’altra.
Se tale quadro interpretativo è plausibile, esso spiega contemporaneamente sia la logica delle relazioni sia il modo in cui gli attori sindacali interpretano il loro ruolo. Infatti da una parte si è detto che la logica delle relazioni è spiegata da un modello di micro-concertazione, dall’altra, si è sottolineato come alcune componenti del sindacato abbiano rivendicato per sé l’esclusività dei progetti di innovazione interna, accusando la Direzione di latitanza sul piano progettuale. Ma se si ipotizza che i costi in termini di consenso con la base pagati dal sindacato per svolgere la funzione innovativa che ha effettivamente svolto, non siano stati distribuiti in modo uniforme fra le varie organizzazioni sindacali, ma abbiano pesato di più (per esempio in termini di numero di iscritti) su quelle organizzazioni in cui l’anima "progressista" ha prevalso, allora si chiarisce anche il perché queste componenti, che hanno pagato i costi più elevati subendo anche un parziale declino di consenso fra i lavoratori, interpretino il loro ruolo innovativo in modo così esclusivo. Tra l’altro, ciò chiarirebbe ulteriormente anche i motivi per cui le organizzazioni sindacali di ispirazione prevalentemente trade-unionista tendano ad attenuare le differenze con le altre componenti della rappresentanza privilegiando un’immmagine unitaria, un po’ monolitica del sindacato, mentre al contrario le componenti in cui ha prevalso l’anima progressista tendano a marcare le differenze sottolineando l’esistenza su alcuni temi di una contrapposizione netta.
Seguendo lo schema interpretativo qui proposto, si tratta di un caso di free-riding parziale, in cui i costi relativi a una determinata scelta di politica sindacale sono stati pagati prevalentemente da alcune componenti del sindacato che hanno visto pertanto declinare il consenso fra i loro rappresentanti e in cui i benefici invece (cioè i meriti politici inerenti al promuovere scelte efficienti e innovative) sono rivendicati dal sindacato nel suo complesso.
Se torniamo ora al quadro interpretativo delineato da Regalia (1990) a proposito delle specificità del pubblico impiego, si chiarisce come il dilemma tra massimizzazione della capacità di rappresentanza e massimizzazione dell’efficienza aziendale sia stato risolto, nel caso della USSL pavese, attraverso la spaccatura della rappresentanza nelle due anime menzionate.
Poiché i due poli del dilemma sono incarnati da attori sindacali diversi e, in definitiva, da organizzazioni sindacali contrapposte e in competizione fra loro, l’equilibrio complessivo fra le parti viene sì raggiunto e il dilemma, da un punto di vista generale, pare risolto, ma si tratta di un punto di equilibrio sub- ottimale in senso paretiano e instabile in senso politico, perché la distribuzione dei costi fra le organizzazioni sindacali non coincide con quella dei benefici connessi alle scelte di politica sindacale effettuate.
Si noti tra l’altro che la sub-ottimalità è dovuta al fatto che, non facendosi carico ciascuna componente sindacale di tutti i costi (in termini di potenziale perdita di consenso con la propria base) connessi alle comuni scelte politiche, i costi da pagare alla fine risultano complessivamente molto più elevati, in quanto le diverse organizzazioni sindacali competono fra di loro in un mercato, in cui il bene che si scambia è proprio il consenso dei lavoratori.

Tab. 1 - Andamento della sindacalizzazione confederale nei primi anni Ottanta all'ospedale San Carlo di Milano (valori %)
1980 19811982 1983 1984
% Sindacalizzati 29,6- 23,422,3 16,4
Fonte: Guidotti, Regalia, Semenza (1987)

Tab. 2 - Tassi di sindacalizzazione confederale relativi alla USSL ex 57 di Melegnano (valori %)
1984 1985
% Sindacalizzati44,1 34,7
Fonte: Guidotti, Regalia, Semenza (1987)

Tab. 3 - Tassi di sindacalizzazione nella Sanita' lombarda (1991) (valori medi)
sanita' pubblico impiego
Cgil11 26,8
Cisl 21,422,2
Uil6,1 7,4
Totale 38,3 54,2
Autonomi 11,2 6,6
Fonte: Ronchi (1993)

Tab. 4 - Presidio ospedaliero di Casorate Primo: numero dei dipendenti, dei posti letto e dei ricoveri
(valori assoluti)
1990 1994
Numero dei dipendenti 200 189
Numero dei posti letto 16395
Numero dei ricoveri 3.8632.959
Fonte: Ufficio statistico della USSL 42 di Pavia

Tab. 5 - Numero totale dei ricoveri all'ospedale di Casorate Primo dal 1990 al 1994 (valori assoluti)
numero dei ricoveri numero indice
1990 3.863 100
1991 4.515 116,9
1992 5.188 134,3
1993 3.248 84,1
19942.959 66,2
Fonte: Ufficio del Personale della USSL 42 di Pavia

Tab. 6 - Composizione dell'occupazione per livello e per genere (1995) (valori assoluti)
maschi femminetotale
III 26 66 92
IV 3972 111
V 8 1422
VI 118 257 375
VII15 37 52
VIII 2 4 6
IX 45 5095
X 5538 93
XI 18 1 19
TOTALE 326 539 865
Fonte: Ufficio del Personale della USSL 42 di Pavia

Tab. 7 - Struttura dell'occupazione per qualifica professionale (1994) (valori assoluti)
numero
Ente ospedaliero
Medici professionali35
Infermieri professionali 53
Infermieri generici19
Personale tecnico-sanitario14
Operatori tecnici24
Ausiliari 36
Amministrativi 6
Altre 2
Totale 189
Personale non di ruolo 22
Servizi territoriali
Medici105
Altro personale laureato 50
Infermieri professionali 115
Infermieri generici 1
Personale funzioni riabilitative 24
Assistenti sociali 18
Personale tecnico 50
Amministrativi 172
Altre109
Totale 644
Personale non di ruolo 8
Fonte:Ufficio del Personale della USSL 42 di Pavia

Tab. 8 - Struttura occupazionale articolata per servizi (1994) (valori assoluti)
PERSONALE: totale dipendente convenzionatolibero professionista
1. Igiene pubblica ambientale 138 138 - -
2. Assistenza sanitaria di base 269 90 179 guardisti 46
fiscali 18
3. Assistenza sanitaria specialistica
ospedaliera ed extraospedaliera
392 35339 -
4. Medicina veterinaria 29 29- -
5. Assistenza sociale36 36- -
6. Servizio amministrativo 187 187 - -
Totale 833 21870
Fonte: Ufficio del Personale della USSL 42 di Pavia

Tab. 9 - Andamento dell'occupazione dal 1990 al 1994
(valori assoluti)
numero dipendenti numero indice
1990966 100,0
1991 84788,0
1992 843 87,0
1993 838 86,7
1994833 86,0
Fonte: Ufficio del Personale della USSL 42 di Pavia

Tab. 10 - Composizione della rappresentanza (RSU) per genere e livello (valori assoluti
Donne 7
Uomini 12
Livello
I-IV 7
V-VI 8
VII e oltre 4
Totale 19
Fonte: Commissione trattante della RSU (Ussl 42 Pv)

Tab. 11 - Risultati delle prime elezioni per la RSU del 17 settembre 1994 (valori assoluti)
collegio n. 1
(Pavia e distretti)
collegio n. 2
(Casorate Primo)
Totale
Cgil 14148 189
Cisl184 63 247
Uil 775 82
Fonte: Commissione trattante della RSU (Ussl 42 Pv)

Tab. 12 - Presenza di organizzazioni sindacali nell'Ente (1994) (valori assoluti)
numero iscritti
Cgil141
Cisl 165
Uil 68
Sindacati autonomi 98
Comitati di base -
Lega Lombarda -
Altro -
Fonte: Ufficio Personale della USSL 42 di Pavia

Tab. 13 - Sindacati autonomi presenti nell'Ente (1994)
(valori assoluti)
numero iscritti
Anao 36
Sidirs 2
Sinafo2
Snabi 7
Anpo 4
Acoi1
Sivenp 11
Sicus 8
Aogoi 7
Snatoss 4
Usppi 4
Aupi 6
Snr3
Aipac 2
Soi 1
Fonte: Ufficio Personale della USSL 42 di Pavia

Tab. 14 - Personale iscritto ai sindacati confederali per qualifica professionale (1994) (valori assoluti e %)
CGILCISL UIL
Medici
Infermieri professionali
Infermieri generici
Personale tecnico-amministrativo
Operai
Ausiliari
Personale amministrativo
Totale iscritti
12
59
10
5
25
5
25
141
5
42
12
2
25
6
73
165
5
29
4
1
3
1
25
68
%%%
Tasso di sindacalizzazione
sul totale forza lavoro
Tasso medio di sindacalizzazione
nella Sanita' lombarda (1991) (21)
16,9

11,5
19,8

21,4
8,1

6,1

Tab. 15 - Andamento della sindacalizzazione confederale nella USSL 42 di Pavia (valori assoluti)
19901991 199219931994
Cgil
Cisl
Uil
Totale iscritti
151
161
40
352
166
188
41
395
163
177
57
397
146
167
63
376
141
165
68
374
Totale dipendenti 966 847 843 838833
%% %%%
Tasso di sindacalizzazione 36,446,6 47,0 45,0 44,8
Fonte: Ufficio Personale della USSL 42 di Pavia

NOTE

1) In questo studio l’azione sindacale nel pubblico impiego è studiata in riferimento a cinque realtà specifiche: quella di un grande ospedale (il San Carlo di Milano), quella di una unità socio-sanitaria locale (quella di Melegnano), quella del Comune di Como, quella di un Ente del Parastato (l’INPS di Brescia) e, infine, quella di un ufficio dello Stato (il Centro di Servizio del Ministero delle Finanze di Milano).
2) In tutto sono state realizzate interviste in profondità a sei soggetti (2 membri dell’esecutivo della CGIL Funzione Pubblica, 3 membri dell’esecutivo della RSU, appartenenti rispettivamente a CGIL, CISL e UIL, e 1 dirigente) di circa due ore ciascuna su una traccia di intervista semi-strutturata. Inoltre con due dei sei soggetti si sono realizzati più colloqui successivi al fine, da una parte, di analizzare l’ampio materiale documentario fornito e, dall’altra, di mettere in atto procedure di member validation.
3) Come avremo modo di sottolineare anche in seguito a proposito dei Decreti n. 502/1992 e n. 517/1993, che sanciscono appunto il passaggio delle USSL ad Azienda, da questo punto di vista il quadro attualmente è in via di ridefinizione: infatti l’aziendalizzazione rappresenta un vero e proprio passaggio istituzionale con una nuova distribuzione delle responsabilità all’interno degli enti anche in vista di una loro "ricollocazione sul mercato".
4) L’altissima rilevanza sociale di questo settore si deve al fatto che a esso spetta l’erogazione di un bene sociale primario come la salute, anche se - come osserva Illich (1977) - in realtà le istituzioni mediche, pur promettendo salute, si limitano a erogare cure mediche. L’analisi critica di Illich induce a riflettere sul nesso che lega la cura al raggiungimento dell’obiettivo cui è preposta, sottolineando da una parte l’impossibilità per la medicina di garantire l’erogazione effettiva e certa del bene "salute", dall’altra la parziale riluttanza delle istituzioni mediche ad ammettere tout court tale incertezza.
5) Il riferimento è, in particolare, al fatto che erano state oggetto di contestazione le nomine regionali dei direttori generali delle USSL lombarde insediatisi il 1° gennaio 1995.
6) Come vedremo meglio in seguito, è proprio in questo passaggio che la USSL 77 di Pavia, oggetto del presente studio, è stata ridenominata Azienda USSL 42.
7) Con l’assunzione da parte dell’Ente dello status giuridico di Azienda, dovrebbe anche mutare l’organizzazione interna dell’Ente: le bozze della legge regionale prevedono l’abolizione dei sei Servizi e l’istituzione dei "Settori" (Territorio, Ospedaliero, Tecnico-patrimoniale e Dipartimento di Prevenzione).
8) Nel caso specifico tuttavia non vi sono stati mutamenti di dimensione territoriale.
9) In ottemperanza alla normativa sull’azzonamento (Legge regionale n. 28), i cinque distretti periferici comprendono circa 20.000 abitanti ciascuno, mentre quelli urbani circa 40.000. Di fatto, poiché a Pavia la popolazione decresce sensibilmente (di circa 1000 abitanti all’anno), i due distretti urbani comprendono soltanto 78.000 abitanti al posto di 80.000.
10) Le strutture di ricovero ospedaliero a Pavia sono gestite da un istituto di ricerca scientifico di diritto pubblico (il Policlinico San Matteo) e da due IRS di diritto privato (la Clinica del Lavoro e l’Istituto Mondino).
11) Come vedremo a proposito della conflittualità, una delle questioni "calde" è costituita per la RSU proprio dai progetti di riconversione dell’ospedale.
12) Ricodificando gli altri sei livelli in due modalità ordinate (III-V; VI-VIII), emerge invece una maggiore uniformità per genere: rispettivamente 23% (uomini) versus 29% (donne) e 41% versus 55 per cento.
13) Come sottolinea uno dei componenti della RSU intervistati, appunto perché è materialmente con l’insediamento dei nuovi direttori generali che si è realizzato il passaggio ad Azienda, l’eventuale sospensione del TAR potrebbe portare a una situazione di incertezza giuridica oltre che gestionale: infatti la sospensione potrebbe riguardare anche lo statuto giuridico di Azienda. Si noti inoltre che attualmente le USSL sono Aziende solo a metà: in assenza delle leggi regionali (il termine entro cui dovevano essere approvate è scaduto invano nell’estate 1994), lo status giuridico dei dipendenti continua a essere definito dal DPR n. 761/1979. Quindi i dipendenti lavorano all’interno di un’Azienda di diritto privato con uno status pubblico.
14) Alcuni dirigenti infatti hanno operato all’interno dell’Ente ininterrottamente dal 1981 al 1995, sebbene con incarichi diversi.
15) Al momento della rilevazione questi ruoli erano occupati da facenti funzione per un periodo di tre mesi.
16) A tali elezioni non hanno partecipato i sindacati autonomi, presenti nell’Ente, che non hanno sottoscritto l’accordo per la RSU: fra questi, come vedremo, ad esempio l’ANAO che conta 36 iscritti.
17) Infatti sebbene la USSL sia fortemente dispersa sul territorio, ben al di là delle normali esigenze dei distretti, la sede di Casorate Primo può essere considerata l’unica vera sede separata, in quanto dista circa 20 km dal centro cittadino.
18) Si tratta dei tre precedenti coordinatori di sigla.
19) Ciò avviene nonostante la difficoltà di trasferimento da una sede all’altra. Come si è già sottolineato, infatti, l’Ente è sparpagliato in una quindicina circa di sedi, anche molto distanti fra loro. L’imminente trasferimento in una nuova sede (entro l’estate ’95) rappresenta una delle questioni dibattute tra RSU e amministrazione.
20) In realtà i dati di Ronchi (1993) ci permettono di confrontare il tasso di sindacalizzazione della USSL 42 con quello lombardo soltanto rispetto all’anno 1991.
21) Fonte: RONCHI (1993).
22) Si veda la Tabella 13.
23) Ad esempio, l’ex INAM, i consorzi sanitari di zona, le condotte mediche e veterinarie.
24) Come vedremo infatti anche in seguito, il terzo accordo siglato il 7 febbraio 1994 riaffronta per il 1993 e il 1994 il tema delle modalità di utilizzo del plus orario, già oggetto dell’accordo sulla contrattazione decentrata locale.
25) In particolare, l’obiettivo del sindacato su questo tema era quello di garantire la trasparenza delle procedure, ribadendo l’utilità della Commissione mobilità, obiettivo che viene conseguito.
26) Questa questione è rinegoziata con una soluzione molto innovativa anche nell’accordo del 1994 che considereremo successivamente.
27) Affrontando il tema dell’aggiornamento professionale, soprattutto la CGIL ha posto la questione della misurazione dei risultati effettivamente conseguiti durante la formazione. La denuncia scaturisce dalla constatazione che la partecipazione ai vari corsi professionali negli anni passati non pare aver prodotto aumenti effettivi della qualificazione dei lavoratori. Nella stesura definitiva dell’accordo tale questione rimane aperta.
28) Il 7 febbraio 1994 questo stesso tema prima menzionato è stato oggetto di un ulteriore accordo: i sindacati confederali e quelli autonomi (SICUS e CIDIESSE) hanno siglato infatti un nuovo accordo relativo alle modalità di utilizzo del plus orario e del lavoro straordinario nel 1993 e 1994. Esso ha riaffrontato la delicata questione della liquidazione degli incentivi di produttività, ma ha definito anche i criteri di ricorso al lavoro straordinario. Gli elementi più rilevanti rispetto all’accordo del 1992 consistono, da una parte, nel richiamo alla necessità di legare l’aumento predeterminato dell’orario dovuto mensilmente a un effettivo aumento della produttività; dall’altra, nel ribadire la tendenziale mutua esclusività tra plus orario e lavoro straordinario; il ricorso al primo dovrebbe cioè indurre un decremento del ricorso al secondo. Questo accordo sancisce anche l’impossibilità di ricorrere allo straordinario in presenza di un debito di plus orario.
29) In particolare su questo tema sono apparsi sulla stampa locale, sia durante le trattative sia ad accordo concluso per sollecitarne l’applicazione, numerosi articoli in cui la RSU denuncia esplicitamente l’immobilismo della Direzione costantemente da ricondurre all’elevata incertezza istituzionale.
30) Sebbene le questioni in gioco fossero ad altissimo impatto in termini di consenso con la base, le organizzazioni sindacali hanno privilegiato forme di contrapposizione che non comportassero una radicalizzazione del conflitto.
31) Un caso molto frequente data la distanza fra le varie sedi della USSL 42. Il presidio ospedaliero "Carlo Mira" di Casorate Primo dista circa 20 km.
32) Una parziale soluzione potrebbe essere rappresentata, secondo la Direzione, dal Centro Residenziale Terapeutico, un servizio oggi esclusivamente diurno che potrebbe essere trasformato in notturno almeno per un numero limitato di degenti, che potrebbero quindi esservi trasferiti.
33) Un esempio palese a questo riguardo concerne l’istituzione delle nuove Agenzie Regionali dell’Ambiente: in base alla Legge 61/1993 si è costituita l’ANPA (Agenzia Nazionale di Prevenzione Ambientale) ed entro 180 giorni (cioè entro il giugno 1994) le Regioni dovevano legiferare per istituire le Agenzie Regionali che avrebbero assorbito le funzioni dalle USSL. In assenza di tale legge, le USSL lombarde continuano a erogare un servizio che dovrebbero erogare le agenzie.
34) Con la costituzione della RSU fra gli intenti espressi dal sindacato vi è anche quello di intensificare proprio gli incontri formali.
35) Ciò parrebbe in contrasto con la tradizione, recentemente consolidatasi anche in Italia, di forme di partecipazione diretta nel settore privato sia dell’industria sia del terziario (Regalia 1993; Tota 1994).
36) L’analisi testuale della rassegna stampa documenta come, in alcuni casi, le polemiche siano state effettivamente molto accese.
37) Tale incertezza è dovuta, da una parte, alle profonde modificazioni introdotte a livello legislativo (con la costituzione in Azienda), dall’altra alla riorganizzazione delle relazioni sindacali in seguito all’istituzione della RSU. Dare una valutazione definitiva dell’impatto che esse hanno avuto eccede i limiti di questo lavoro, in quanto esse sono da considerarsi tutt’ora in fieri.

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