di Anna Lisa Tota
LE RELAZIONI SINDACALI NEL PUBBLICO IMPIEGO
Già nella ricerca del 1987 Regalia notava come non potesse considerarsi certamente casuale il fatto che fossero così pochi gli studi sulle relazioni sindacali nel pubblico impiego; oltre al fatto che tradizionalmente gli studiosi di relazioni industriali hanno trascurato il terziario sia pubblico che privato privilegiando il settore dell’industria, nel caso specifico del pubblico impiego poi intervengono anche altre considerazioni. Infatti:
"Ci si ritrova qui inevitabilmente a fare i conti con una realta' che di primo acchito appare impenetrabile, che mal si presta a essere ridotta sulla base di schemi e categorie analitiche utilizzate altrove, (...), e su cui talvolta esiste una qualche sorta di omerta'" (Regalia 1987, p. 3).
Anche Romagnoli (1989, p. 257) lamenta la scarsità di studi su questo tema:
"Per lungo tempo le relazioni sindacali nel settore del pubblico impiego sono state oggetto di scarsa attenzione da parte degli specialisti di industrial relations".
Questa scarsa attenzione degli studiosi può essere spiegata, secondo l’autore, anche dal tipo di paradigma dominante negli studi di relazioni industriali:
"Esso prevede infatti che gli attori delle negoziazioni siano pienamente responsabili, in un duplice senso: in grado di disporre autonomamente di risorse da giocare nella trattativa e legittimati a gestire gli esiti degli accordi raggiunti" (Romagnoli 1989, p. 257).
Nel caso del pubblico impiego tali caratteristiche non si danno frequentemente, come avremo modo di
sottolineare anche in seguito a proposito del quadro interpretativo proposto da Regalia (1990). Ciò
costituirebbe uno dei motivi che hanno indotto negli anni passati gli studiosi di industrial relations a
non dedicare la dovuta attenzione a questo particolare ambito di studi.
Attualmente questa tendenza sembra essersi invertita. Infatti, sebbene con prospettive molto diverse, le
ricerche e i contributi teorici su questo tema sono omai numerosi: oltre a quelli già citati, occorre
menzionare i contributi di Bordogna (1987; 1989), lo studio di Romagnoli (1989), il contributo di Treu
(1988) e quelli di Regalia (1981; 1990).
Alcune specificità
Esaminiamo ora alcune delle specificità più rilevanti che sembrano rendere inadeguate per l’analisi del
pubblico impiego le categorie analitiche consolidate invece negli studi di industrial relations.
Una prima considerazione generale pertiene al fatto che il pubblico impiego ha costituito
tradizionalmente l’area del mondo del lavoro meno soggetta ai princìpi regolativi del mercato, ciò non
senza profonde implicazioni sulle dinamiche comportamentali che sono intervenute fra le parti: in
questa prospettiva infatti il conflitto ha costituito, almeno in linea di principio, una variabile sempre
latente, alla quale la parziale assenza di criteri regolativi fondati sul mercato ha permesso un margine
d’azione dilatato. (3)
Bordogna (1989) osserva inoltre che il pubblico impiego è un’area contraddistinta da alti tassi di
sindacalizzazione (e quindi elevata rappresentatività sindacale), ma al contempo da una bassa capacità
di rappresentanza. Seguendo il quadro interpretativo proposto da Regalia (1990), possiamo ricondurre
tale specificità a un insieme di fattori:
"Si ripropone il persistente dilemma fra aspirazione alla rappresentanza di interessi generali del lavoro, in una prospettiva di lungo periodo, sulla base di princìpi universalistici di equità, e le pressanti richieste, e la convenienza, nel breve periodo, per una tutela particolaristica a difesa di interessi sezionali di specifici gruppi o fasce di lavoratori" (Regalia 1990, p. 82)
dall’altra è altrettanto vero che, in questo caso, il dilemma è acuito proprio dalla
"persistenza (...) di prassi di amministrazione del personale tradizionalmente più sensibili a sollecitazioni di clientela" (id).
Ciò rafforza il processo di frantumazione degli interessi dei lavoratori e rende più difficile la loro aggregazione. In questo senso il dilemma che il sindacato si trova ad affrontare consiste o nel puntare all’innovazione e all’efficienza, in funzione supplente rispetto alla dirigenza pubblica, rischiando tuttavia di perdere una parte anche consistente del consenso con la propria base, oppure nell’innescare una logica rivendicativa assumendo una posizione anche più "irresponsabile" della propria controparte, mantenendo tuttavia intatta la propria capacità di canalizzare il dissenso. A complicare ulteriormente il quadro, vi è nel pubblico impiego una forte concorrenza fra i sindacati che rende ancora più penalizzanti le scelte strategiche responsabili.
"Nell’area del terziario pubblico l’incertezza e i limiti propositivi dei responsabili tende a riverberarsi anche sulle possibilità di comportarsi responsabilmente, e coerentemente, dei sindacati e dei vari gruppi occupazionali: infatti, in una situazione non sottoposta ai vincoli del mercato, e in cui si riduca l’estensione e l’efficacia dell’imposizione unilaterale, aumenteranno le convenienze al free-riding, che diverrà accessibile senza rischio non solo ai singoli e ai piccoli gruppi, ma anche a quelli grandi" (Regalia 1990, p. 95, v. anche Bordogna 1989).
ma piuttosto è il consenso sociale e talora anche elettorale.
All’interno del pubblico impiego la Sanità si configura come un comparto assai specifico sia per la sua
elevata caratterizzazione tecnico-specialistica sia per la sua elevata rilevanza sociale (4) sia, infine, per
l’ingente quantità di risorse che mobilita ogni anno.
Ricordiamo che al momento della rilevazione la Sanità lombarda è stata al centro di alcune vicende
politiche e giudiziarie (5) che hanno contribuito a creare un clima di disagio, nel quale le relazioni fra le
parti erano necessariamente e a prescindere dalle specifiche volontà degli attori connotate da una forte
incertezza.
CARATTERISTICHE STRUTTURALI DELL’AZIENDA USSL 42 DI PAVIA
L’unità socio-sanitaria locale 42 di Pavia (ex USSL 77) è di grandi dimensioni: comprende 62 comuni
(178.000 abitanti circa). Essa insiste su un territorio che si configura in modo assai specifico: è
caratterizzato infatti da pochi comuni con più di 5000 abitanti (come Belgioioso e Casorate Primo) e da
numerosi comuni, invece, con meno di 3000 abitanti.
In base alla Legge 833/1978 sono confluiti nella USSL, costituitasi nel 1981, tutti i servizi presenti sul
territorio. Ma proprio la specificità di questa articolazione territoriale - non accentrata in poli già
configurati - ha favorito durante questo passaggio l’insorgere di tensioni a livello locale, soprattutto in
relazione ai criteri di riorganizzazione e di gestione dei servizi.
Il funzionamento della USSL sul territorio è regolato dalla Legge regionale 39/1980, che prevede sei tipi
di servizi dotati di autonomia tecnico-funzionale: (7)
1) igiene pubblica, ambientale e tutela della salute nei luoghi di lavoro;
2) assistenza sanitaria di base;
3) assistenza sanitaria specialistica ospedaliera ed extra ospedaliera;
4) medicina veterinaria;
5) assistenza sociale;
6) servizio amministrativo.
Inoltre la USSL 42 di Pavia comprende anche il Presidio Multizonale di Igiene e Prevenzione (PMIP): si
tratta di un servizio erogato soltanto da alcuni enti e che pertanto, a differenza degli altri sei, opera su
tutto il territorio provinciale.
Dal 1 gennaio 1995, in seguito alla nomina dei direttori generali, le USSL lombarde si sono costituite in
Azienda (conformemente con quanto previsto dal Decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, a sua
volta largamente modificato con il Decreto legislativo "correttivo" n. 517 del 1993) e l’Ente pavese si è
denominato "42". Ciò a seguito della rinumerazione di tutte le USSL della regione che sono state
riaccorpate sul territorio. (8)
Attualmente l’Ente è articolato in sette distretti: cinque sono periferici e due sono urbani. (9) A questo
proposito tuttavia occorre sottolineare che l’Ente ha ereditato nel 1981 una distribuzione sul territorio
che va molto al di là delle normali esigenze dei distretti: attualmente la USSL è sparpagliata in una
quindicina circa di sedi, anche molto distanti fra loro e ciò, come vedremo, ha comportato non pochi
disagi sia per i lavoratori sia per le organizzazioni sindacali, oltre a costi gestionali ovviamente più
elevati.
Un’altra peculiarità distintiva consiste nel fatto che l’Ente non gestisce le strutture sanitarie ubicate
nella città, dove è situato soltanto il presidio poliambulatoriale. (10) L’attività ospedaliera della USSL è
limitata al presidio ospedaliero "Carlo Mira" di Casorate Primo, che dispone attualmente di 95 posti
letto.
Dal 1990 al 1994 i dati evidenziano per il presidio ospedaliero di Casorate Primo una flessione
occupazionale (11 unità in meno), una netta riduzione sia del numero dei posti letto (da 163 a 95) sia
dei ricoveri: nel 1994 sono 904 in meno del 1990 (Tabella 4). In realtà, dalla Tabella 5 emerge come
dal 1990 al 1992 il numero dei ricoveri sia aumentato di oltre un terzo, mentre soltanto dopo il 1992
tale tendenza si sia nettamente invertita.
L’entità complessiva del ridimensionamento attuale appare più evidente se consideriamo che, secondo
quanto affermato dai dirigenti intervistati, in origine l’ospedale disponeva di circa 250 posti letto.
In seguito, a causa dell’emergenza infermieristica del Nord Italia, di cui questo ospedale avrebbe
risentito in modo particolare data l’assenza di una Scuola per Infermieri Professionali interna, i posti
letto sono progressivamente diminuiti. Così i reparti di Medicina e Chirurgia sono stati fortemente
ridotti e quello di Pediatria, invece, è stato fra i primi a essere chiuso. Attualmente questo ospedale è
classificato dalla Regione come presidio ospedaliero "in trasformazione":11 la Giunta regionale dovrà
pronunciarsi sulla sua riconfigurazione funzionale.
Il quadro occupazionale
L’Ente ha complessivamente 865 dipendenti distribuiti su nove livelli: 539 dipendenti sono di genere
femminile e 326 di genere maschile. Le qualifiche più basse (III, IV, V) raccolgono il 26% dei
dipendenti e al successivo VI livello sono inquadrati ben il 43 per cento. La composizione della pianta
organica rivela inoltre come nelle qualifiche più alte (IX, X, XI) si concentrino ben il 36% di uomini a
fronte del 16% di donne. (12) Nell’Ente ospedaliero di Casorate Primo sono occupati 189 dipendenti,
mentre nei servizi territoriali ne sono occupati 644 (Tabelle 6, 7, 8).
Come si nota nella Tabella 9, rispetto alla pianta organica del 1993 si verifica un parziale decremento
che ammonta a 5 unità occupate in meno. I dati mostrano inoltre un sostanziale ridimensionamento nel
trend occupazionale durante gli ultimi cinque anni, a fronte tuttavia di un carico di lavoro più elevato.
Da questo punto di vista, il comparto Sanità presenterebbe in generale un’anomalia rispetto ad altri
settori: come sottolineano i soggetti intervistati, in questo caso l’innovazione tecnologica e
l’automazione crescente comportano non una diminuzione ma piuttosto un aumento progressivo dei
carichi di lavoro. In seguito all’introduzione di nuove tecnologie, infatti, sono mutate anche le esigenze
della popolazione che, da una parte, tendono a differenziarsi sempre più dal punto di vista qualitativo e,
dall’altra, sono in progressiva crescita quantitativa.
GLI ATTORI DELLE RELAZIONI SINDACALI
La direzione dell’Ente
Il direttore generale si è insediato il 1° gennaio 1995 e di fatto è con tale nomina che la USSL ha assunto
lo statuto giuridico di Azienda previsto dalla Legge n. 517/1993(ex 502/1992). Tuttavia, per via della
già citata contestazione al TAR, tale insediamento non ha potuto porre rimedio da subito alla situazione
di incertezza gestionale che nella USSL 42 si protrae dal maggio ’91. (13)
Ciò ha costituito, almeno nel
breve periodo, un ulteriore fattore di disagio sia per l’alta dirigenza, alla quale si chiedono grandi
progetti di riorganizzazione dell’Ente senza tuttavia garantire continuità di lavoro, sia per la
rappresentanza sindacale che vede mutare continuamente la controparte.
Nel caso specifico l’avvicendamento ai vertici della USSL 42 ha inizio nel maggio 1991, quando il
precedente comitato di gestione viene sostituito da un amministratore straordinario. Ma nell’estate 1992
ha inizio un nuovo commissariamento che durerà sino al dicembre di quell’anno. La gestione
successiva invece dura per circa un anno e mezzo (dal gennaio ’93 al settembre ’94). Vi è poi un
ulteriore mutamento ai vertici dell’Ente: il nuovo commissario rimarrà in carica tre mesi sino alla fine
del dicembre ’94. Dal 1 gennaio 1995 si insediano in tutte le USSL lombarde i nuovi direttori generali,
ma la nomina è contestata appunto con il ricorso al TAR.
Sebbene la discontinuità delle nomine non coincida necessariamente con la discontinuità delle
persone, (14) tuttavia è evidente che un tale avvicendamento non può non aver condizionato la vita e la
struttura dell’intera organizzazione.
L’Ente è gestito, oltre che dal direttore generale, da tre coordinatori: amministrativo, sanitario e
sociale. (15) La struttura gerarchica della USSL si articola su quattro livelli: 1) l’alta dirigenza, costituita
dal direttore generale e dai tre coordinatori (amministrativo, sanitario, sociale); 2) i dirigenti dei sei
Servizi, a cui si affiancano il coordinatore del PMIP e i due direttori (amministrativo e sanitario) del
presidio ospedaliero di Casorate Primo; 3) all’interno di ciascun Servizio vi sono poi diverse Unità
Operative, ciascuna con un suo responsabile; 4) infine, all’interno delle Unità Operative vi sono i
Coordinatori dei Gruppi .
Le relazioni con la rappresentanza sindacale sono tenute, oltre che dai componenti dell’alta dirigenza
che siedono al tavolo delle trattative, dal Servizio Personale il cui responsabile durante il ’94 è stato poi
nominato Commissario regionale (da settembre a dicembre), fino all’insediamento del nuovo direttore
generale. Gli incontri tra alta dirigenza e il sindacato sono abbastanza frequenti: nel 1994 sono stati
oltre 15, quindi più di una volta al mese.
Il sindacato
Il 17 settembre 1994 vi sono state le votazioni relative alla RSU che si è costituita nel novembre dello
stesso anno. Prima di tale data la rappresentanza sindacale era organizzata nei Comitati degli Iscritti. Il
sindacato giudica molto positivamente l’elevata partecipazione al voto per la RSU (fra le più elevate del
comparto a livello provinciale), ciò indica infatti che la costituzione della rappresentanza unitaria è
stata recepita favorevolmente dai lavoratori. (16)
La RSU attualmente è composta da 19 membri (7 donne e 12 uomini), di cui 12 eletti dai lavoratori e 7
nominati direttamente dalle organizzazioni sindacali (Tabella 10).
Al fine di garantire la presenza nella RSU anche di membri appartenenti al presidio ospedaliero di
Casorate Primo, per le elezioni si sono costituiti due collegi distinti:
- il Collegio n. 1 relativo a Pavia e ai distretti;
- il Collegio n. 2 per Casorate Primo. (17)
La Tabella 11 riporta i dati relativi ai voti ottenuti dalle tre organizzazioni sindacali divisi per i due
Collegi.
La prima riunione della RSU si è tenuta in novembre con la nomina degli organi dirigenti:
- la Commissione trattante permanente composta da tre membri; (18)
- il coordinatore, che appartiene alla CISL.
Al tavolo delle trattative siedono i tre componenti della Commissione trattante che, proprio al fine di
consolidare l’immagine unitaria della rappresentanza, non costituiscono un esecutivo, ma sono
vincolati alla RSU nel suo complesso. Su temi specifici il regolamento interno, tutt’ora in via di
definizione, prevede poi che si nominino commissioni di lavoro, al fine di snellire il carico di lavoro
demandato alla RSU. Sia prima con i Comitati degli Iscritti, sia ora con la RSU la presenza di
sindacalisti esterni alle trattative con l’amministrazione è molto rara, né comunque è considerata
necessaria dai soggetti intervistati. La rappresentanza sindacale a livello locale gestisce infatti in modo
autonomo l’attività contrattuale.
La RSU prevede riunioni fra i suoi componenti circa due volte al mese, ma i contatti informali fra i tre
membri della Commissione trattante permanente sono quotidiani. (19)
L’accordo della RSU non è stato invece sottoscritto, come si diceva, dal sindacato dei medici: l’ANAO
che conta 36 iscritti ha scelto di chiedere il tavolo di trattativa separato. I sindacati autonomi hanno
nell’Ente una presenza modesta (Tabelle 12 e 13); a eccezione appunto dell’ANAO, vi sono ben altre 14
organizzazioni il cui numero di iscritti varia da 1 (per l’ACOI e il SOI) a 11 (per il SIVENP). Non sono
presenti invece Comitati di base, né il sindacato Lega Lombarda.
Per quanto concerne la presenza dei sindacati confederali, la CISL ha il maggior numero di iscritti (165),
seguita dalla CGIL (141) e dalla UIL (68). Come evidenzia la Tabella 14, la CGIL concentra i suoi iscritti
soprattutto fra gli infermieri professionali e generici (49%), la CISL fra il personale tecnico-
amministrativo (44%), mentre la UIL si distribuisce fra le varie categorie professionali. Il tasso di
sindacalizzazione confederale è complessivamente del 44,8%: esso risulta particolarmente elevato se
confrontato con quello lombardo. (20)
Se consideriamo gli ultimi cinque anni, il tasso di sindacalizzazione confederale all’interno dell’Ente è
stato in crescita fino al 1992, mentre nei due anni successivi si è registrato un decremento di circa 2
punti percentuali (Tabella 15). Un dato significativo è rappresentato dalla forte crescita del tasso (oltre
10 punti percentuali) tra il 1990 e il 1991.
Confrontiamo il dato relativo al 1991 con quello di Ronchi (1993) sulla Sanità lombarda riportato in
una tabella precedente (Tabella 3), emerge una differenza molto netta: mentre nella USSL pavese in
quell’anno il tasso di sindacalizzazione confederale è del 46,6%, quello medio in Lombardia è del
38,3% con una differenza di ben 8,3 punti percentuali.
I dati della Tabella 15 evidenziano anche come dal 1990 al 1994 il numero di iscritti alla CGIL sia
diminuito, quello degli iscritti alla CISL sia leggermente aumentato, mentre quello degli iscritti alla UIL
sia quasi raddoppiato. Su una possibile interpretazione di tali trend torneremo nelle conclusioni.
LE RELAZIONI TRA ENTE E RAPPRESENTANZA SINDACALE
Il modello delle relazioni fra le parti ha conosciuto dagli anni Ottanta agli anni Novanta significative
trasformazioni legate sia al contesto nazionale sia a quello locale.
A livello nazionale gli anni Ottanta sono caratterizzati da ampi mutamenti dei conflitti di lavoro: da una
parte, aumentano gli scioperi nel settore dei servizi, soprattutto pubblici, al punto che si parla di una
"terziarizzazione del conflitto"; dall’altra, si manifesta nel settore pubblico una tendenza alla
frammentazione della rappresentanza del lavoro, dovuta in parte, ma non solo, a una "radicalizzazione
dei comportamenti rivendicativi" dei tradizionali sindacati autonomi (Bordogna 1995).
Tali tendenze generali trovano riscontro anche a livello locale: nella USSL pavese il periodo di massima
conflittualità si colloca proprio a cavallo tra la prima e la seconda metà degli anni Ottanta e, per quanto
concerne la tendenza alla frammentazione, essa è documentata dalla presenza ancora oggi nell’Ente di
un numero molto elevato di organizzazioni sindacali. (22)
Concentrando l’attenzione sulle vicende locali, possiamo fare riferimento a tre fasi successive:
a) La costituzione dell’Ente. Risale al 1981 quando, in base alla Legge 833/1978, confluiscono nella
USSL tutti i servizi sanitari presenti sul territorio. (23) Questa eredità comporta da una parte la
redistribuzione delle funzioni sul territorio, dall’altra l’allocazione del personale alle diverse sedi.
Questo periodo, che dura sino alla seconda metà degli anni Ottanta, è caratterizzato da fortissime
tensioni sindacali: soprattutto la questione della mobilità del personale, che deve essere trasferito a sedi
anche molto distanti, provoca numerosi disagi fra i lavoratori.
Le opinioni dei diversi soggetti intervistati concordano nel sottolineare come in questa prima fase la
rappresentanza sindacale fosse estremamente politicizzata. In particolare, il coordinatore
amministrativo lamenta l’attitudine ideologica più che pragmatica dimostrata allora dal sindacato
nell’affrontare le questioni e sottolinea come l’eccessiva politicizzazione comportasse sul piano
programmatico un’eccessiva frammentazione delle proposte avanzate e costituisse sul piano pratico un
fattore di ostacolo all’interno dei processi decisionali.
È assai verosimile che, in questa fase iniziale, le tensioni derivanti dalle difficoltà incontrate
nell’armonizzare le diverse unità si aggiungessero a quelle connesse alle diverse prospettive
ideologiche. È anche probabile che, in questa situazione di generale riassetto, il richiamo all’ideologia
fosse talora funzionale alla copertura di interessi specifici già consolidati.
b) La fase di consolidamento. Inizia all’incirca nel 1988, anno in cui l’organizzazione degli organici e delle funzioni pare assestarsi. Tuttavia la provvisorietà e l’incertezza persistono, in quanto l’Ente continua a lavorare "in carenza di pianta organica", cioè senza poter disporre di sufficiente personale. Ciò, come sottolineano alcuni dei soggetti intervistati, ha costituito nel tempo una fonte continua di tensione tra lavoratori e amministrazione.
c) L’avvicendamento alla direzione dell’Ente. Il maggio 1991 inaugura un periodo di elevato
avvicendamento ai vertici dell’Azienda: ciò influisce sia sulle modalità di gestione dell’Ente sia sulla
logica delle relazioni sindacali.
Da una parte infatti la Direzione vede impoverire la propria capacità progettuale, in quanto sconta
l’incertezza dovuta all’instabilità dei propri vertici (anche se tali effetti sono in parte attenuati dal fatto
che una certa continuità è comunque garantita dall’avvicendarsi nelle diverse cariche delle stesse
persone); dall’altra il mutamento delle modalità di gestione dell’Ente è recepito dal sindacato e si
ripercuote sulla logica delle relazioni fra le parti.
È proprio in questo periodo infatti che prende piede, soprattutto grazie ad alcune componenti del
sindacato, un orientamento programmatico particolarmente attento alle esigenze di innovazione
dell’Ente. Sono proprio quelle stesse componenti che oggi si dichiarano da un lato molto
responsabilizzate nei confronti dell’Azienda, e contemporaneamente manifestano la loro aperta
contrapposizione con i vertici aziendali che accusano di carenza progettuale. Nell’analisi successiva
delle vertenze siglate a livello locale osserveremo anche in che misura il particolare assetto dei vertici
aziendali, dal 1991 in poi, abbia influito sulla logica delle relazioni sindacali.
La contrattazione decentrata locale
Il presente lavoro ha raccolto la documentazione inerente agli accordi firmati dal 1992 al 1994 a livello
di Ente: in tale periodo sono stati firmati complessivamente tre accordi.
In questa sede ne considereremo dettagliatamente due che risultano particolarmente rilevanti ai fini
della nostra analisi: (24)
1) l’accordo sulla contrattazione decentrata locale, che traduce a livello aziendale le indicazioni del
contratto nazionale (DPR 384/90);
2) l’accordo sulla copertura assicurativa degli automezzi firmato il 30.12.1994.
1. L’accordo sulla contrattazione decentrata locale (di cui al DPR 384/90). Si tratta dell’accordo più
importante negoziato nel periodo considerato: esso concerne i modi di regolare temi di grande rilevanza
per i lavoratori, come la mobilità, la liquidazione degli incentivi legati al plus orario e la
riorganizzazione complessiva dell’orario di lavoro. La contrattazione tra le organizzazioni sindacali
aziendali e l’amministrazione è avviata nell’ottobre 1991 e si conclude nel febbraio 1992: la vertenza si
protrae per alcuni mesi, durante i quali sono indette numerose assemblee fra i lavoratori. L’accordo, che
diventa operativo nel marzo 1992, è sottoscritto dal CISL, CGIL, UIL, CGIL Medici, UIL Medici, ANAAO,
SICUS e CIDIESSE. Come accennato in precedenza, le questioni affrontate vanno dalle procedure di
mobilità ordinaria nell’ambito dell’Ente (artt. 11-81 DPR 384/90) (25) alla determinazione dei contingenti
di personale necessaria a garantire il funzionamento dei servizi essenziali in occasione del diritto di
sciopero (art. 4 DPR 384/90), dalla copertura assicurativa degli automezzi dei dipendenti utilizzati
durante l’orario di lavoro (artt. 19-88 DPR 384/90) (26) all’applicazione di tutto l’articolato contrattuale
inerente l’aggiornamento professionale (artt. 26-83 DPR 270/87). (27)
Una fra le questioni affrontate concerne la liquidazione dell’incentivo produttività e la corrispondente
effettuazione del plus orario: a questo proposito il problema cruciale era, per il sindacato, garantire una
maggiore chiarezza ed equità nella distribuzione e nella effettiva liquidazione degli incentivi legati al
plus orario. L’accordo in effetti garantisce procedure di liquidazione più rapide e chiaramente definite,
ma per quanto concerne i criteri di allocazione le rappresentanze sindacali confederali hanno dovuto
contemperare i criteri ispiratori delle loro strategie con le esigenze particolaristiche espresse dai
sindacati autonomi. (28)
Se consideriamo in particolare gli aspetti più innovativi dell’accordo, essi concernono:
Occorre sottolineare che il sindacato confederale non ha espresso su questa questione una posizione
unitaria: mentre alcuni componenti hanno teso a privilegiare la tutela degli interessi dei lavoratori, altri
hanno espresso invece un orientamento più articolato volto a preservare anche le esigenze di efficienza
aziendale.
La ricostruzione complessiva di questa vertenza da una parte offre una prima verifica positiva
dell’ipotesi che definisce la logica delle relazioni fra le parti essenzialmente come micro-concertazione
(Regini 1991); (30) dall’altra soprattutto alcune parti della vertenza, come quella relativa alla
ottimizzazione dei servizi erogati, offrono una prima verifica del fatto che il sindacato si vede come
soggetto che promuove razionalizzazione.
2. L’accordo sulla copertura assicurativa degli automezzi. È l’ultimo accordo firmato dal commissario regionale (30.12.1994), prima dell’insediamento del direttore generale, ed è il primo siglato dalla RSU. Si riferisce agli articoli 19-88 del DPR 384/90 in relazione alla copertura assicurativa, già oggetto di contrattazione nell’accordo decentrato del febbraio 1992. Esso introduce tuttavia un’importante modifica in vista di una razionalizzazione della spesa: prevede infatti l’assunzione diretta da parte dell’Ente della copertura assicurativa degli automezzi usati dai dipendenti per ragioni di servizio. (31) Le polizze assicurative sottoscritte negli anni precedenti costavano all’Ente circa 200 milioni all’anno. Ciò a fronte della copertura di un rischio effettivo che oscillava tra i 40 e i 60 milioni. Quest’accordo, che permette all’Ente un risparmio strutturale di 150 milioni all’anno, inciderà sia sui tempi di accertamento e liquidazione dei danni, sicuramente abbreviati, sia sulle eventuali franchigie assicurative che risultano abolite. Questa vertenza, peraltro conclusasi in tempi veramente molto rapidi, è significativa in quanto da una parte ribadisce il clima sostanzialmente consensuale in cui sono gestite le relazioni fra le parti, dall’altra documenta anche una non sopita capacità progettuale da parte della Direzione.
La conflittualità
Un focus centrale della nostra analisi è costituito dalle modalità di ricorso al conflitto utilizzate dalla
rappresentanza sindacale. L’analisi della natura delle relazioni conflittuali figura fra gli elementi
centrali in questo studio, in quanto ne conforta in modo essenziale il quadro interpretativo. A questo
proposito è opportuno ribadire che la natura di tali relazioni riflette un clima acceso, ma
sostanzialmente volto a raggiungere intese, senza alcuna forma di radicalizzazione del conflitto.
Una lunga rassegna stampa documenta come da parte sindacale la forma più frequentemente scelta per
esprimere un’aperta contrapposizione rispetto ai vertici aziendali sia l’intensa attività di informazione
dell’utenza attraverso i quotidiani locali. Del dibattito tra le organizzazioni sindacali e
l’amministrazione vengono fatti partecipi sia i lavoratori tramite le assemblee sia gli utenti che vengono
sollecitati a prendere posizione.
Ma quali sono le questioni aperte denunciate dalla RSU? Come sottolinea Ronchi (1993) infatti, nella
Sanità il nodo cruciale è costituito proprio dalle cosiddette "vertenze non concluse". Nel caso specifico
quelle indicate dai membri della RSU concernono:
1) la definizione dei posti letto del Servizio Psichiatria, situato all’interno del Policlinico San Matteo;
2) i progetti di ristrutturazione del presidio ospedaliero "Carlo Mira" di Casorate Primo;
3) la riorganizzazione del lavoro in previsione del trasferimento nella nuova sede unica della USSL.
1) La Psichiatria è un’unità operativa del Servizio 3. Sebbene gestita dalla Ussl, è ubicata in parte nei locali del Policlinico San Matteo ed è quindi legata all’università. Il problema oggetto di vertenza concerne il rapporto tra numero di ricoverati e numero di operatori. Secondo gli standard regionali i 26 operatori dell’unità possono erogare il servizio per 16 posti letto più due di emergenza. Attualmente invece i ricoveri oscillano tra i 22 e i 28. Trattandosi di un servizio la cui erogazione richiede un carico di lavoro molto elevato, gli operatori denunciano da tempo una situazione insostenibile. La vertenza è particolarmente delicata in quanto il servizio da una parte deve rispondere alle esigenze effettive dell’utenza, dall’altra a quelle della gestione universitaria. È proprio quest’ultimo elemento a rendere tale vertenza difficilmente risolvibile: infatti, la Direzione, pur essendo la controparte ufficiale, non è quella effettiva. Il numero dei degenti ricoverati nell’Unità operativa in questione è gestito dai cattedratici del Policlinico, nei cui locali, come si è detto, il servizio è ospitato e non dipende dunque dalle scelte aziendali. A complicare la situazione vi sono anche le esigenze espresse dall’utenza territoriale, superiori ai posti effettivamente disponibili. (32)
2) Il presidio ospedaliero "Carlo Mira" di Casorate Primo è di piccole dimensioni: vi lavorano 189 dipendenti, dispone di 95 posti letto per un totale di 2959 ricoveri. Il presidio, è un punto di riferimento importante sia per l’area pavese sia per la zona a sud di Milano. Nel 1990 sorse una vivace polemica anche sui quotidiani locali al fine di garantirne la sopravvivenza; successivamente è stato classificato fra gli ospedali "in trasformazione". La Regione deve ancora pronunciarsi sul piano di ristrutturazione di tutta la rete ospedaliera lombarda. Intanto i disegni di cambiamento per il Mira sono molteplici: concernono ad esempio una possibile riconversione che privilegi la degenza riabilitativa. La RSU si prefigge da una parte di garantire l’occupazione e, dall’altra, di interpretare le esigenze dell’utenza territoriale.
3) Il 1 luglio 1995 la USSL si trasferirà in una sede unica, obiettivo realizzato da una delle precedenti amministrazioni. Attualmente infatti la dispersione degli uffici dislocati in varie sedi comporta alti costi gestionali, una sotto-utilizzazione del personale e una difficile gestione organizzativa. La RSU a questo proposito sottolinea la carenza di pianificazione da parte della dirigenza in vista del trasferimento. Da parte sua invece, la Direzione amministrativa lamenta il vuoto legislativo a livello regionale in vista della riorganizzazione della USSL in Azienda, che prevede tra l’altro il riaccorpamento dei sei Servizi in Settori. Si noti a questo proposito che sul piano legislativo la Direzione individua una carenza costante a livello regionale e non certo limitata al caso sopracitato. Ne consegue per i vertici aziendali la necessità di riadattare le leggi nazionali in base alle esigenze locali senza la mediazione e le indicazioni della Regione, venendosi a creare così una situazione di continua incertezza. (33)
I caratteri e la logica delle relazioni
I dati raccolti evidenziano una fitta rete di rapporti fra le parti sia di natura formale sia informale. In
particolare, per quanto concerne il livello formale, gli incontri tra il sindacato e la controparte sono
frequenti e regolari, circa una volta al mese. Tuttavia, sebbene la questione sia più volte stata avanzata
dalle organizzazioni sindacali, non si svolgono secondo una cadenza prestabilita: nel 95% dei casi gli
incontri sono richiesti dal sindacato e sempre concessi dalla Direzione, anche se talvolta con qualche
ritardo. (34) Al tavolo delle trattative siedono i componenti della Commissione trattante permanente,
coaudiuvati talora da altri membri della RSU competenti su specifiche questioni, e per la controparte il
Direttore generale con i Coordinatori. I rapporti informali di consultazione reciproca invece si tengono
con i dirigenti dei Servizi e sono quasi quotidiani.
Vi è poi una fitta rete di contatti anche fra le varie componenti del sindacato:
- fra i membri della Commissione trattante permanente;
- tra loro e la RSU nel suo complesso (si riuniscono una-due volte al mese);
- tra la RSU e i lavoratori.
Un breve cenno meritano inoltre le relazioni dirette tra amministrazione e lavoratori che, nel caso
specifico, sono molto sporadiche e sono interpretate da parte sindacale come rispondenti più a logiche
clientelari e localistiche che a dinamiche alternative di democratizzazione interna. (35) Nel caso specifico,
le limitate dimensioni del fenomeno da una parte, e l’insufficienza dei dati rilevati dall’altra, non
permettono di giungere a una valutazione definitiva.
Ma qual è la logica delle relazioni fra le parti? Alla luce delle considerazioni fin qui svolte, il sistema di
relazioni sindacali consolidatosi risponde contemporaneamente a una logica dialettica e di costruzione
del consenso. L’analisi delle vertenze e delle vicende contrattuali conferma una lettura di tali relazioni
nei termini di un modello micro-concertativo. Una serie di elementi fanno propendere per tale lettura:
- in primo luogo, la forza contrattuale del sindacato che rimanda a una presenza salda e radicata
nell’Ente. I dati riferiti al 1991 confermano che tale presenza è di molto superiore a quella media in
Lombardia;
- in secondo luogo il fatto che, nonostante godesse di tale forza, il sindacato abbia privilegiato, dalla
fine degli anni Ottanta in poi, il ricorso a forme non radicalizzate di conflitto: non sono stati indetti
scioperi a livello locale in un settore, tra l’altro, dove lo sciopero ha un alto "potere vulnerante"
(Accornero 1985; Bordogna 1995); né si è ricorso ad altre forme di lotta che potessero danneggiare
l’utenza (come, ad esempio, il rispetto rigoroso del mansionario). Il sindacato ha costantemente
privilegiato il ricorso a forme di dialogo con la Direzione, talvolta anche utilizzando i toni aspri della
denuncia (36) attraverso la stampa locale e la mobilitazione dei cittadini presenti sul territorio;
- infine, l’atteggiamento di sostanziale apertura espresso dall’amministrazione ha indubbiamente
favorito una gestione consensuale dei rapporti di lavoro. Il coordinatore amministrativo intervistato dà
un giudizio tutto sommato positivo della rappresentanza sindacale e allude a una situazione di
partecipazione del sindacato alla gestione dei rapporti di lavoro e alle decisioni nella vita dell’Ente.
A questo proposito occorre però sottolineare che, come documenta l’analisi delle vertenze, non sempre
a una apertura formale da parte della Direzione ne è corrisposta una sostanziale: in alcuni casi vediamo
che, nonostante la disponibilità mostrata in sede negoziale, gli accordi poi sono rimasti sulla carta. È
significativo, come si è detto, il fatto che alcune parti dell’accordo decentrato locale, siglato nel
febbraio 1992, non siano ancora divenute operative al momento della rilevazione, cioè tra novembre
1994 e febbraio 1995.
Infine, prima di concludere, occorre soffermarsi sul modo in cui le parti interpretano il loro ruolo. Dalla
nostra analisi emerge che il punto di vista sindacale riflette solo parzialmente quello
dell’amministrazione: se da un lato le testimonianze raccolte da ambo le parti confermano la
plausibilità di un modello di micro-concertazione (Regini 1991) per l’analisi delle relazioni industriali,
dall’altro soprattutto alcune fonti sindacali tendono ad accentuare il ruolo propositivo svolto dal
sindacato e, per il periodo dal 1991 a oggi, denunciano l’incapacità progettuale dell’amministrazione.
Tali componenti si percepiscono cioè come promotrici dei processi di innovazione interna.
Come vedremo nel testo delle conclusioni, è molto probabile che tale interpretazione sia legata, almeno
in parte, agli alti costi in termini di consenso con la base, di cui alcune componenti del sindacato hanno
dovuto comunque farsi carico per svolgere all’interno dell’Ente quella funzione di innovazione che
hanno effettivamente svolto.
CONCLUSIONI
Da questo studio emerge un quadro complesso e talora con qualche contraddizione. Tenendo presente che la nostra rilevazione è stata effettuata in un momento di transizione nella vita dell’Ente, (37) possiamo affermare che esso ha documentato:
L’analisi delle vertenze documenta come in questo quadro le organizzazioni sindacali abbiano cercato di
assumere un ruolo propulsivo, talvolta recepito solo formalmente dall’azienda, ma che ha comunque
inciso sui processi di innovazione interni. L’assunzione di tale ruolo non ha tuttavia rappresentato una
scelta indolore per il sindacato, ma è stata piuttosto il frutto di una intensa e continua attività di
mediazione fra le varie componenti sindacali, divise appunto tra l’anima trade-unionista e quella
progressista. Occorre precisare che tale divisione coincide solo parzialmente con l’appartenenza politica,
proprio per questo è più opportuno parlare di "culture contrapposte" e non semplicemente di
"ideologie": le due anime sono talora presenti all’interno della stessa organizzazione sindacale, anche se
poi l’una finisce necessariamente per prevalere sull’altra.
Se tale quadro interpretativo è plausibile, esso spiega contemporaneamente sia la logica delle relazioni
sia il modo in cui gli attori sindacali interpretano il loro ruolo. Infatti da una parte si è detto che la logica
delle relazioni è spiegata da un modello di micro-concertazione, dall’altra, si è sottolineato come alcune
componenti del sindacato abbiano rivendicato per sé l’esclusività dei progetti di innovazione interna,
accusando la Direzione di latitanza sul piano progettuale. Ma se si ipotizza che i costi in termini di
consenso con la base pagati dal sindacato per svolgere la funzione innovativa che ha effettivamente
svolto, non siano stati distribuiti in modo uniforme fra le varie organizzazioni sindacali, ma abbiano
pesato di più (per esempio in termini di numero di iscritti) su quelle organizzazioni in cui l’anima
"progressista" ha prevalso, allora si chiarisce anche il perché queste componenti, che hanno pagato i
costi più elevati subendo anche un parziale declino di consenso fra i lavoratori, interpretino il loro ruolo
innovativo in modo così esclusivo. Tra l’altro, ciò chiarirebbe ulteriormente anche i motivi per cui le
organizzazioni sindacali di ispirazione prevalentemente trade-unionista tendano ad attenuare le
differenze con le altre componenti della rappresentanza privilegiando un’immmagine unitaria, un po’
monolitica del sindacato, mentre al contrario le componenti in cui ha prevalso l’anima progressista
tendano a marcare le differenze sottolineando l’esistenza su alcuni temi di una contrapposizione netta.
Seguendo lo schema interpretativo qui proposto, si tratta di un caso di free-riding parziale, in cui i costi
relativi a una determinata scelta di politica sindacale sono stati pagati prevalentemente da alcune
componenti del sindacato che hanno visto pertanto declinare il consenso fra i loro rappresentanti e in cui
i benefici invece (cioè i meriti politici inerenti al promuovere scelte efficienti e innovative) sono
rivendicati dal sindacato nel suo complesso.
Se torniamo ora al quadro interpretativo delineato da Regalia (1990) a proposito delle specificità del
pubblico impiego, si chiarisce come il dilemma tra massimizzazione della capacità di rappresentanza e
massimizzazione dell’efficienza aziendale sia stato risolto, nel caso della USSL pavese, attraverso la
spaccatura della rappresentanza nelle due anime menzionate.
Poiché i due poli del dilemma sono incarnati da attori sindacali diversi e, in definitiva, da organizzazioni
sindacali contrapposte e in competizione fra loro, l’equilibrio complessivo fra le parti viene sì raggiunto
e il dilemma, da un punto di vista generale, pare risolto, ma si tratta di un punto di equilibrio sub-
ottimale in senso paretiano e instabile in senso politico, perché la distribuzione dei costi fra le
organizzazioni sindacali non coincide con quella dei benefici connessi alle scelte di politica sindacale
effettuate.
Si noti tra l’altro che la sub-ottimalità è dovuta al fatto che, non facendosi carico ciascuna componente
sindacale di tutti i costi (in termini di potenziale perdita di consenso con la propria base) connessi alle
comuni scelte politiche, i costi da pagare alla fine risultano complessivamente molto più elevati, in
quanto le diverse organizzazioni sindacali competono fra di loro in un mercato, in cui il bene che si
scambia è proprio il consenso dei lavoratori.
1980 | 1981 | 1982 | 1983 | 1984 | |
---|---|---|---|---|---|
% Sindacalizzati | 29,6 | - | 23,4 | 22,3 | 16,4 |
Fonte: Guidotti, Regalia, Semenza (1987) |
1984 | 1985 | |
---|---|---|
% Sindacalizzati | 44,1 | 34,7 |
Fonte: Guidotti, Regalia, Semenza (1987) |
sanita' | pubblico impiego | |
---|---|---|
Cgil | 11 | 26,8 |
Cisl | 21,4 | 22,2 |
Uil | 6,1 | 7,4 |
Totale | 38,3 | 54,2 |
Autonomi | 11,2 | 6,6 |
Fonte: Ronchi (1993) |
1990 | 1994 | |
---|---|---|
Numero dei dipendenti | 200 | 189 |
Numero dei posti letto | 163 | 95 |
Numero dei ricoveri | 3.863 | 2.959 |
Fonte: Ufficio statistico della USSL 42 di Pavia |
numero dei ricoveri | numero indice | |
---|---|---|
1990 | 3.863 | 100 |
1991 | 4.515 | 116,9 |
1992 | 5.188 | 134,3 |
1993 | 3.248 | 84,1 |
1994 | 2.959 | 66,2 |
Fonte: Ufficio del Personale della USSL 42 di Pavia |
maschi | femmine | totale | |
---|---|---|---|
III | 26 | 66 | 92 |
IV | 39 | 72 | 111 |
V | 8 | 14 | 22 |
VI | 118 | 257 | 375 |
VII | 15 | 37 | 52 |
VIII | 2 | 4 | 6 |
IX | 45 | 50 | 95 |
X | 55 | 38 | 93 |
XI | 18 | 1 | 19 |
TOTALE | 326 | 539 | 865 |
Fonte: Ufficio del Personale della USSL 42 di Pavia |
numero | |
---|---|
Ente ospedaliero | |
Medici professionali | 35 |
Infermieri professionali | 53 |
Infermieri generici | 19 |
Personale tecnico-sanitario | 14 |
Operatori tecnici | 24 |
Ausiliari | 36 |
Amministrativi | 6 |
Altre | 2 |
Totale | 189 |
Personale non di ruolo | 22 |
Servizi territoriali | |
Medici | 105 |
Altro personale laureato | 50 |
Infermieri professionali | 115 |
Infermieri generici | 1 |
Personale funzioni riabilitative | 24 |
Assistenti sociali | 18 |
Personale tecnico | 50 |
Amministrativi | 172 |
Altre | 109 |
Totale | 644 |
Personale non di ruolo | 8 |
Fonte:Ufficio del Personale della USSL 42 di Pavia |
PERSONALE: | totale | dipendente | convenzionato | libero professionista |
---|---|---|---|---|
1. Igiene pubblica ambientale | 138 | 138 | - | - |
2. Assistenza sanitaria di base | 269 | 90 | 179 | guardisti 46 fiscali 18 |
3. Assistenza sanitaria specialistica ospedaliera ed extraospedaliera | 392 | 353 | 39 | - |
4. Medicina veterinaria | 29 | 29 | - | - |
5. Assistenza sociale | 36 | 36 | - | - |
6. Servizio amministrativo | 187 | 187 | - | - |
Totale | 833 | 218 | 70 |
Fonte: Ufficio del Personale della USSL 42 di Pavia |
numero dipendenti | numero indice | |
---|---|---|
1990 | 966 | 100,0 |
1991 | 847 | 88,0 |
1992 | 843 | 87,0 |
1993 | 838 | 86,7 |
1994 | 833 | 86,0 |
Fonte: Ufficio del Personale della USSL 42 di Pavia |
Donne | 7 |
Uomini | 12 |
Livello | |
I-IV | 7 |
V-VI | 8 |
VII e oltre | 4 |
Totale | 19 |
Fonte: Commissione trattante della RSU (Ussl 42 Pv) |
collegio n. 1 (Pavia e distretti) | collegio n. 2 (Casorate Primo) | Totale | |
---|---|---|---|
Cgil | 141 | 48 | 189 |
Cisl | 184 | 63 | 247 |
Uil | 77 | 5 | 82 |
Fonte: Commissione trattante della RSU (Ussl 42 Pv) |
numero iscritti | |
---|---|
Cgil | 141 |
Cisl | 165 |
Uil | 68 |
Sindacati autonomi | 98 |
Comitati di base | - |
Lega Lombarda | - |
Altro | - |
Fonte: Ufficio Personale della USSL 42 di Pavia |
numero iscritti | |
---|---|
Anao | 36 |
Sidirs | 2 |
Sinafo | 2 |
Snabi | 7 |
Anpo | 4 |
Acoi | 1 |
Sivenp | 11 |
Sicus | 8 |
Aogoi | 7 |
Snatoss | 4 |
Usppi | 4 |
Aupi | 6 |
Snr | 3 |
Aipac | 2 |
Soi | 1 |
Fonte: Ufficio Personale della USSL 42 di Pavia |
CGIL | CISL | UIL | |
---|---|---|---|
Medici Infermieri professionali Infermieri generici Personale tecnico-amministrativo Operai Ausiliari Personale amministrativo Totale iscritti | 12 59 10 5 25 5 25 141 | 5 42 12 2 25 6 73 165 | 5 29 4 1 3 1 25 68 |
% | % | % | |
Tasso di sindacalizzazione sul totale forza lavoro Tasso medio di sindacalizzazione nella Sanita' lombarda (1991) (21) | 16,9 11,5 | 19,8 21,4 | 8,1 6,1 |
1990 | 1991 | 1992 | 1993 | 1994 | |
---|---|---|---|---|---|
Cgil Cisl Uil Totale iscritti | 151 161 40 352 | 166 188 41 395 | 163 177 57 397 | 146 167 63 376 | 141 165 68 374 |
Totale dipendenti | 966 | 847 | 843 | 838 | 833 |
% | % | % | % | % | |
Tasso di sindacalizzazione | 36,4 | 46,6 | 47,0 | 45,0 | 44,8 |
Fonte: Ufficio Personale della USSL 42 di Pavia |
NOTE
1) In questo studio l’azione sindacale nel pubblico impiego è studiata in riferimento a cinque realtà
specifiche: quella di un grande ospedale (il San Carlo di Milano), quella di una unità socio-sanitaria
locale (quella di Melegnano), quella del Comune di Como, quella di un Ente del Parastato (l’INPS di
Brescia) e, infine, quella di un ufficio dello Stato (il Centro di Servizio del Ministero delle Finanze di
Milano).
2) In tutto sono state realizzate interviste in profondità a sei soggetti (2 membri dell’esecutivo della
CGIL Funzione Pubblica, 3 membri dell’esecutivo della RSU, appartenenti rispettivamente a CGIL,
CISL e UIL, e 1 dirigente) di circa due ore ciascuna su una traccia di intervista semi-strutturata. Inoltre
con due dei sei soggetti si sono realizzati più colloqui successivi al fine, da una parte, di analizzare
l’ampio materiale documentario fornito e, dall’altra, di mettere in atto procedure di member
validation.
3) Come avremo modo di sottolineare anche in seguito a proposito dei Decreti n. 502/1992 e n.
517/1993, che sanciscono appunto il passaggio delle USSL ad Azienda, da questo punto di vista il
quadro attualmente è in via di ridefinizione: infatti l’aziendalizzazione rappresenta un vero e proprio
passaggio istituzionale con una nuova distribuzione delle responsabilità all’interno degli enti anche in
vista di una loro "ricollocazione sul mercato".
4) L’altissima rilevanza sociale di questo settore si deve al fatto che a esso spetta l’erogazione di un
bene sociale primario come la salute, anche se - come osserva Illich (1977) - in realtà le istituzioni
mediche, pur promettendo salute, si limitano a erogare cure mediche. L’analisi critica di Illich induce
a riflettere sul nesso che lega la cura al raggiungimento dell’obiettivo cui è preposta, sottolineando da
una parte l’impossibilità per la medicina di garantire l’erogazione effettiva e certa del bene "salute",
dall’altra la parziale riluttanza delle istituzioni mediche ad ammettere tout court tale incertezza.
5) Il riferimento è, in particolare, al fatto che erano state oggetto di contestazione le nomine regionali
dei direttori generali delle USSL lombarde insediatisi il 1° gennaio 1995.
6) Come vedremo meglio in seguito, è proprio in questo passaggio che la USSL 77 di Pavia, oggetto del
presente studio, è stata ridenominata Azienda USSL 42.
7) Con l’assunzione da parte dell’Ente dello status giuridico di Azienda, dovrebbe anche mutare
l’organizzazione interna dell’Ente: le bozze della legge regionale prevedono l’abolizione dei sei
Servizi e l’istituzione dei "Settori" (Territorio, Ospedaliero, Tecnico-patrimoniale e Dipartimento di
Prevenzione).
8) Nel caso specifico tuttavia non vi sono stati mutamenti di dimensione territoriale.
9) In ottemperanza alla normativa sull’azzonamento (Legge regionale n. 28), i cinque distretti periferici
comprendono circa 20.000 abitanti ciascuno, mentre quelli urbani circa 40.000. Di fatto, poiché a
Pavia la popolazione decresce sensibilmente (di circa 1000 abitanti all’anno), i due distretti urbani
comprendono soltanto 78.000 abitanti al posto di 80.000.
10) Le strutture di ricovero ospedaliero a Pavia sono gestite da un istituto di ricerca scientifico di diritto
pubblico (il Policlinico San Matteo) e da due IRS di diritto privato (la Clinica del Lavoro e l’Istituto
Mondino).
11) Come vedremo a proposito della conflittualità, una delle questioni "calde" è costituita per la RSU
proprio dai progetti di riconversione dell’ospedale.
12) Ricodificando gli altri sei livelli in due modalità ordinate (III-V; VI-VIII), emerge invece una
maggiore uniformità per genere: rispettivamente 23% (uomini) versus 29% (donne) e 41% versus 55 per
cento.
13) Come sottolinea uno dei componenti della RSU intervistati, appunto perché è materialmente con
l’insediamento dei nuovi direttori generali che si è realizzato il passaggio ad Azienda, l’eventuale
sospensione del TAR potrebbe portare a una situazione di incertezza giuridica oltre che gestionale:
infatti la sospensione potrebbe riguardare anche lo statuto giuridico di Azienda. Si noti inoltre che
attualmente le USSL sono Aziende solo a metà: in assenza delle leggi regionali (il termine entro cui
dovevano essere approvate è scaduto invano nell’estate 1994), lo status giuridico dei dipendenti
continua a essere definito dal DPR n. 761/1979. Quindi i dipendenti lavorano all’interno di un’Azienda
di diritto privato con uno status pubblico.
14) Alcuni dirigenti infatti hanno operato all’interno dell’Ente ininterrottamente dal 1981 al 1995,
sebbene con incarichi diversi.
15) Al momento della rilevazione questi ruoli erano occupati da facenti funzione per un periodo di tre
mesi.
16) A tali elezioni non hanno partecipato i sindacati autonomi, presenti nell’Ente, che non hanno
sottoscritto l’accordo per la RSU: fra questi, come vedremo, ad esempio l’ANAO che conta 36 iscritti.
17) Infatti sebbene la USSL sia fortemente dispersa sul territorio, ben al di là delle normali esigenze dei
distretti, la sede di Casorate Primo può essere considerata l’unica vera sede separata, in quanto dista
circa 20 km dal centro cittadino.
18) Si tratta dei tre precedenti coordinatori di sigla.
19) Ciò avviene nonostante la difficoltà di trasferimento da una sede all’altra. Come si è già sottolineato,
infatti, l’Ente è sparpagliato in una quindicina circa di sedi, anche molto distanti fra loro. L’imminente
trasferimento in una nuova sede (entro l’estate ’95) rappresenta una delle questioni dibattute tra RSU e
amministrazione.
20) In realtà i dati di Ronchi (1993) ci permettono di confrontare il tasso di sindacalizzazione della USSL
42 con quello lombardo soltanto rispetto all’anno 1991.
21) Fonte: RONCHI (1993).
22) Si veda la Tabella 13.
23) Ad esempio, l’ex INAM, i consorzi sanitari di zona, le condotte mediche e veterinarie.
24) Come vedremo infatti anche in seguito, il terzo accordo siglato il 7 febbraio 1994 riaffronta per il
1993 e il 1994 il tema delle modalità di utilizzo del plus orario, già oggetto dell’accordo sulla
contrattazione decentrata locale.
25) In particolare, l’obiettivo del sindacato su questo tema era quello di garantire la trasparenza delle
procedure, ribadendo l’utilità della Commissione mobilità, obiettivo che viene conseguito.
26) Questa questione è rinegoziata con una soluzione molto innovativa anche nell’accordo del 1994 che
considereremo successivamente.
27) Affrontando il tema dell’aggiornamento professionale, soprattutto la CGIL ha posto la questione della
misurazione dei risultati effettivamente conseguiti durante la formazione. La denuncia scaturisce dalla
constatazione che la partecipazione ai vari corsi professionali negli anni passati non pare aver prodotto
aumenti effettivi della qualificazione dei lavoratori. Nella stesura definitiva dell’accordo tale
questione rimane aperta.
28) Il 7 febbraio 1994 questo stesso tema prima menzionato è stato oggetto di un ulteriore accordo: i
sindacati confederali e quelli autonomi (SICUS e CIDIESSE) hanno siglato infatti un nuovo accordo
relativo alle modalità di utilizzo del plus orario e del lavoro straordinario nel 1993 e 1994. Esso ha
riaffrontato la delicata questione della liquidazione degli incentivi di produttività, ma ha definito
anche i criteri di ricorso al lavoro straordinario. Gli elementi più rilevanti rispetto all’accordo del 1992
consistono, da una parte, nel richiamo alla necessità di legare l’aumento predeterminato dell’orario
dovuto mensilmente a un effettivo aumento della produttività; dall’altra, nel ribadire la tendenziale
mutua esclusività tra plus orario e lavoro straordinario; il ricorso al primo dovrebbe cioè indurre un
decremento del ricorso al secondo. Questo accordo sancisce anche l’impossibilità di ricorrere allo
straordinario in presenza di un debito di plus orario.
29) In particolare su questo tema sono apparsi sulla stampa locale, sia durante le trattative sia ad accordo
concluso per sollecitarne l’applicazione, numerosi articoli in cui la RSU denuncia esplicitamente
l’immobilismo della Direzione costantemente da ricondurre all’elevata incertezza istituzionale.
30) Sebbene le questioni in gioco fossero ad altissimo impatto in termini di consenso con la base, le
organizzazioni sindacali hanno privilegiato forme di contrapposizione che non comportassero una
radicalizzazione del conflitto.
31) Un caso molto frequente data la distanza fra le varie sedi della USSL 42. Il presidio ospedaliero
"Carlo Mira" di Casorate Primo dista circa 20 km.
32) Una parziale soluzione potrebbe essere rappresentata, secondo la Direzione, dal Centro Residenziale
Terapeutico, un servizio oggi esclusivamente diurno che potrebbe essere trasformato in notturno
almeno per un numero limitato di degenti, che potrebbero quindi esservi trasferiti.
33) Un esempio palese a questo riguardo concerne l’istituzione delle nuove Agenzie Regionali
dell’Ambiente: in base alla Legge 61/1993 si è costituita l’ANPA (Agenzia Nazionale di Prevenzione
Ambientale) ed entro 180 giorni (cioè entro il giugno 1994) le Regioni dovevano legiferare per
istituire le Agenzie Regionali che avrebbero assorbito le funzioni dalle USSL. In assenza di tale legge,
le USSL lombarde continuano a erogare un servizio che dovrebbero erogare le agenzie.
34) Con la costituzione della RSU fra gli intenti espressi dal sindacato vi è anche quello di intensificare
proprio gli incontri formali.
35) Ciò parrebbe in contrasto con la tradizione, recentemente consolidatasi anche in Italia, di forme di
partecipazione diretta nel settore privato sia dell’industria sia del terziario (Regalia 1993; Tota 1994).
36) L’analisi testuale della rassegna stampa documenta come, in alcuni casi, le polemiche siano state
effettivamente molto accese.
37) Tale incertezza è dovuta, da una parte, alle profonde modificazioni introdotte a livello legislativo
(con la costituzione in Azienda), dall’altra alla riorganizzazione delle relazioni sindacali in seguito
all’istituzione della RSU. Dare una valutazione definitiva dell’impatto che esse hanno avuto eccede i
limiti di questo lavoro, in quanto esse sono da considerarsi tutt’ora in fieri.
BIBLIOGRAFIA
A. ACCORNERO, La "terziarizzazione" del conflitto e i suoi effetti, in CELLA e REGINI, 1985.
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