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Impresa & Stato N°32 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

IL MODELLO A RETE NELLA COMUNICAZIONE D'IMPRESA

di Emilio Galli Zugaro


"Non esiste una cosa come il villaggio globale. La maggior parte dei mezzi di comunicazione hanno radici nelle loro culture nazionali o locali" Rupert Murdoch.

IL CREDO ESPRESSO da Murdoch apparentemente stupisce. Proprio lui? Ci si chiede, il "tycoon globale" della televisione, proprietario di reti televisive in America, Europa, Asia e Australia? Proprio un editore di madrelingua inglese che ha costruito il suo impero in Australia, Inghilterra e Stati Uniti, dove si parla la stessa lingua? Eppure Murdoch ha ragione. Nemmeno nei Paesi dove l’inglese è lingua madre esiste un’omogeneità culturale, figuriamoci in tutto il resto del globo, anche se in gran parte comunica in inglese. Anzi in broken english, che giustamente viene definita la lingua più diffusa del mondo.

Questa premessa è fondamentale se si parla di comunicazione a rete globale e interculturale. E quando si tratta della comunicazione in aziende di una certa dimensione non ci si può riferire ad altro che a un contesto globale. Se Murdoch nega l’esistenza di un "villaggio" globale, inteso come il prototipo di una piccola comunità sociale, normalmente definita come una comunità di valori, di cultura e di interessi, questo non significa che non esista una proiezione globale dell’imprenditoria. Le imprese inseguono i clienti, quindi i mercati. La somma dei mercati è quello che si definisce il mercato globale. Ma i modi di essere presenti nel mondo sono tanti e diversi.
Il mio contributo a questa monografia di "Impresa & Stato" è quello del dirigente di un’azienda che ha scelto un modo del tutto particolare di "stare nel mondo". Questa mi sembra una premessa indispensabile.
Il gruppo Allianz è la compagnia assicurativa più internazionale tra le grandi del settore. Le due compagnie più grandi di Allianz su scala mondiale, due gruppi giapponesi, raccolgono i loro premi quasi al 100 % in Giappone, mentre solo la metà del "fatturato" di Allianz proviene dal mercato originario della compagnia e cioè dalla Germania.
Nel bilancio del gruppo non si parla di raccolta premi "estera", considerato che non esiste "l’estero" per Allianz, compagnia dove nemmeno il top management è omogeneo culturalmente, visto che proviene da vari Paesi. Allianz si definisce un gruppo "multilocale", in quanto è una multinazionale fortemente radicata nei mercati locali. Tant’è vero che il "marchio" Allianz gode di scarsa notorietà internazionale tra il grande pubblico. Spesso questo provoca la compassione di colleghi comunicatori di grandi gruppi tipicamente multinazionali, con una forte connotazione globale del loro marchio, come le grandi imprese automobilistiche o quelle di elettronica che lavorano con lo stesso marchio in tutto il mondo. "Sara' anche un grande gruppo, ma chi conosce Allianz?"
Questa è invece proprio la forza di Allianz. In Italia i milioni di assicurati con la Ras, la Lavoro & Sicurtà, il Lloyd Adriatico e varie altre compagnie non sanno di essere assicurati con società del gruppo Allianz. E perché dovrebbero saperlo? Il prodotto assicurativo è un prodotto basato sulla fiducia, sul rapporto "caldo" tra agente e cliente. È un rapporto che spesso viene tramandato da generazione a generazione. Per quale motivo la casamadre dovrebbe imporre il proprio marchio alle proprie affiliate che in alcuni casi (come in quello della Ras) sono addirittura più vecchie della stessa Allianz?
Senza queste informazioni è difficile capire la sfida della comunicazione sia interna che esterna in questo gruppo multilocale. In Allianz la matrice strategica di gestione è: as decentralized as possible, as centralized as necessary. Questo funziona solo se la comunicazione interna è efficiente.
Lo stesso discorso vale per la comunicazione esterna che deve essere più vicina possibile ai mercati. Non esiste una campagna pubblicitaria globale per il gruppo Allianz come ce l’ha la Levi’s o la Coca Cola.
Non esistono "veline globali". Al contrario di molte multinazionali, la direzione relazioni esterne di Allianz non ha propri "uffici propaganda" in giro per il mondo, il cui compito è di tradurre in lingua locale i comunicati della centrale e inviarli tali e quali al proprio pubblico locale. Quando si comunica sul gruppo si comunica dalla centrale, direttamente in contatto con i media nel mondo. Quando si comunica sulle singole società del gruppo lo si fa nei singoli mercati locali. E da lì nel resto del mondo.
Allianz ha scelto un pattern di comunicazione a rete sia all’interno che all’esterno. Vediamo ora, senza soffermarci troppo sul singolo caso aziendale, cosa comporta una scelta del genere e quali sono i problemi da affrontare e quali opportunità offrono.
Le sfide connesse alla comunicazione a rete sono di vario tipo:

1) La Gerarchia nella comunicazione.

2) La Strategia e i Valori.

3) L’Efficenza della comunicazione a rete.

4) Il potenziale di Innovazione della comunicazione a rete.

LA GERARCHIA

La comunicazione a rete è basata sul concetto delle reti neuronali, tutte interconnesse tramite dei "nodi" o gateways che sono per definizione emittenti e riceventi di informazioni. Ma non solo, essi sono anche "elaboranti". Non ubbidiscono a una gerarchia top down, ma sono autonomi. Ogni nodo ha una sua dignità.
Questo sistema comporta una sfida per le classiche strutture aziendali. Imprese con una forte tradizione di gerarchia top down hanno enormi difficoltà a comunicare in rete. Se si crede nella rete non si può pensare che la sede centrale dell’impresa sia la fonte di tutta la comunicazione dall’alto in basso, dalla centrale verso le società controllate e dal top management agli addetti semplici. Il primo principio che va stabilito è che la comunicazione dalla "periferia" al "centro" ha pari dignità, così come la comunicazione dal basso, dalla rete commerciale, dal semplice addetto alla produzione verso il top management ha la stessa dignità di quella dal vertice al basso. Ma ciò non basta. Un’azienda che intende comunicare a rete deve tollerare che una gran parte del flusso informativo va da nodo "periferico" a nodo "periferico" senza passare dalla centrale.
Mentre nell’Internet, come medium tra singoli questo sistema è facilmente accettabile, in azienda questo è molto più difficile. In azienda esiste di fatto un ruolo della centrale. Anche nelle aziende fortemente decentralizzate alcune funzioni restano centrali, come il controlling e il mix tra strategia di gruppo e strategie delle singole affiliate sui mercati. Nelle aziende fortemente decentralizzate la "missione" è molto più minimalista che in aziende fortemente accentrate.
Una tipica missione di un’azienda decentralizzata è la scelta se il gruppo aziendale è diversificato o se si concentra su un singolo settore. Se si concentra sul core business e se segue veramente una strategia decentralizzata, la centrale deve concedere alla periferia di scegliere la propria via per raggiungere il successo nel core business. Le strategie commerciali e di prodotto possono variare da mercato a mercato. Ciò vale anche per le strategie di comunicazione.
Che senso ha allora la comunicazione tra i vari nodi periferici senza il passaggio per la centrale e come si fa a non disperdere le informazioni, in modo da permettere alla centrale di svolgere le funzioni di controlling?
Il senso della comunicazione periferia-periferia è nello scambio di know-how. Singole informazioni commerciali valide in un mercato possono interessare altri mercati in maniera totale o parziale. Il valore di questa informazione è quindi potenzialmente alto. Si devono accettare ridondanze, fa parte del gioco. Ma, alla fine, lo scambio di informazioni serve, la prassi lo dimostra.
Come si fa a non disperdere informazioni?
Primo, la centrale deve sapersi autolimitare. Non tutte le informazioni periferia-periferia sono interessanti, utili, necessarie alla centrale. Bisogna avere il coraggio dell’astinenza. Secondo, è necessario un common understanding sulle strategie e sui valori del gruppo aziendale.
Se questo esiste, saranno i singoli nodi "periferici" a comunicare quanto è necessario alla centrale. Oppure la centrale richiede informazioni su dati soggetti a tutta la rete e la rete, su richiesta, riversa le informazioni necessarie. Regola fondamentale: non ricercare soluzioni al 100 per cento. Valore fondamentale: responsabilità e autogestione.

LA STRATEGIA E I VALORI

Un sistema di comunicazione a rete che misura la propria efficenza nell’utilità delle informazioni e che seleziona secondo il sistema dell’autogestione basato sulla responsabilità è molto più complesso di un sistema top down tradizionale. Esso funziona solo se le strategie di gruppo sono chiare, esplicite. Ma questo non basta. Spesso le strategie cambiano e talvolta si è consci del cambiamento ma non si sa ancora esattamente in che direzione ci si sta muovendo. In questi casi - che sono piuttosto frequenti - non si possono bloccare i flussi di comunicazione, solo perché ci si trova in una fase di riassestamento strategico.
Ecco che diventa fondamentale disporre di una serie di valori comuni. È la comunità di valori che permette di trovare la "bussola" in momenti di tempesta o di cambiamento. È un po’ come nelle religioni che devono affrontare problemi non previsti dai padri fondatori di qualche millennio fa. Se però esiste un set di valori comuni, diventa più facile affrontare anche sfide non previste dal manuale, o dalla Bibbia, per restare in metafora.
Questo aiuta soprattutto quando si affrontano problemi di fusi orari, un tema apparentemente banale ma che noi non possiamo sottovalutare. Spesso le decisioni vanno prese sul momento, cosa che è difficile quando coinvolge colleghi tra Sydney e Monaco di Baviera, divisi da dieci ore di differenza di fuso orario.

L’EFFICIENZA

Un aspetto importante della comunicazione a rete è quello dell’efficienza. Mi riferisco sia alla scelta dei supporti tecnologici (electronic mail, fax, reti aziendali ecc.) sia alla necessità di un’integrazione "calda" di questi media tradizionalmente "freddi".
La comunicazione a rete è fortemente correlata ai mezzi utilizzati. Essere in rete da un punto di vista tecnologico allevia moltissimi problemi, come quello del fuso orario, come quello della raggiungibilità delle persone, come la lingua. Se è vero, come è vero, che la lingua più frequente è il broken english, è sempre utile per i singoli "nodi" in rete di disporre di un messaggio scritto da decifrare. La lingua parlata (il telefono, l’incontro a vivo) ha quindi degli svantaggi.
Ma anche gli incontri sono fondamentali. Conoscersi bene è la base di una buona comunicazione.
A voce si possono dire più cose, si possono affrontare temi off the record, si possono esprimere nuances e mezzi toni. L’incontro dal vivo è un mezzo caldo, solo parzialmente sostituibile dalla teleconferenza. Per cementare i valori comuni un incontro regolare tra i singoli terminali della rete di comunicazione risulta fondamentale. L a comunicazione a rete non si può limitare a comunicare in rete.

L’INNOVAZIONE

Se è vero che l’innovazione è la "realizzazione dell’improbabile", allora la comunicazione a rete offre di per sé buone opportunità per innovare. Le informazioni random risultano spesso più importanti addirittura delle informazioni pour cause che passano per le reti. Sapere come un’azienda del gruppo affronta certi problemi può essere quasi più interessante del sapere che un’azienda fa determinate cose. La rete di comunicazione sulla quale baso le mie limitate esperienze è una rete tra uomini e donne di comunicazione, quindi tra persone che all’interno delle loro realtà aziendali hanno a loro volta una funzione di nodo comunicazionale, di hub informativo. Se prendono sul serio il loro ruolo, essi possono essere dei moltiplicatori anche di informazioni random, che per altri interlocutori diventano a loro volta informazioni core. Questo ha a che fare con la filosofia stessa della comunicazione a rete.
La comunicazione di questo tipo svolge un’importante funzione aziendale e funziona particolarmente bene, più i portatori di informazione sono carichi di bit. Più informazione passa, più i destinatari sono ricchi di informazione e più la rete stessa è legittimata a esistere.
Senza addentrarmi in dettagli, posso solo testimoniare che nel nostro gruppo non poca innovazione è derivata dal tesoro di informazioni passate per la nostra rete tra comunicatori.
Il collante tra tutte queste esperienze è la flessibilità culturale. Per poter comunicare in rete in tutto il mondo è opportuno avere sensibilità interculturali. Non so se questo è quanto volesse esprimere Murdoch, ma è certamente quanto emerge dalle nostre esperienze con la comunicazione a rete.