di Franco Frattini
I CONTENUTI DELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE
La comunicazione istituzionale è diretta in particolare a:
a) facilitare la comprensione e l’applicazione delle norme: rientra in questa sfera di attività anche quella di semplificazione delle norme, della loro interpretazione, e della loro divulgazione;
b) agevolare l’utilizzazione dei servizi offerti al pubblico e migliorarne la qualità: rientrano qui le
informazioni sugli orari, quelle sulle regole e condizioni per usufruire dei servizi, sulle sedi, sulle
modalità di funzionamento, in breve su tutto ciò che consente una miglior utilizzazione dei servizi
offerti; la regola oggi dovrebbe essere che l’informazione sui servizi è parte del servizio stesso e ne
determina non solo l’utilizzazione, ma anche la qualità.
Inoltre si tratta di usare la comunicazione per
amministrare meglio, per fornire servizi migliori, per verificarne la qualità (e in questo un ruolo molto
importante spetta agli Uffici per le Relazioni con il Pubblico - Urp -);
c) attivare i cittadini per la soluzione di problemi di carattere sociale o comunque di interesse generale: rientrano qui le campagne contro comportamenti potenzialmente rischiosi, oppure viceversa a favore di comportamenti di un certo tipo, per esempio nel campo della sicurezza stradale o della salute;
d) informare i cittadini sulle funzioni, l’organizzazione, le procedure, il personale e i mezzi delle istituzioni dello Stato e dei poteri locali: si tratta di realizzare una vera trasparenza amministrativa, riguardante cioè tutti gli elementi che compongono una amministrazione pubblica;
e) promuovere la circolazione delle informazioni all’interno del sistema informativo, coinvolgendo e motivando il personale nella gestione dei servizi pubblici: si tratta della comunicazione interna, fondamentale per motivare e coinvolgere il personale e, quindi, per migliorare la qualità dei servizi. Non è possibile una comunicazione pubblica finalizzata al pieno sviluppo della persona-cittadino e alla sua partecipazione alla vita del Paese svolta da amministrazioni che non considerano i propri dipendenti come persone e non li trattano di conseguenza, applicando anche a essi il principio di cui all’art. 3, 2° comma della Costituzione;
f) promuovere l’immagine dell’Italia all’estero e dare adeguata visibilità a eventi di importanza nazionale o internazionale: si tratta di contribuire a comunicare un’identità nazionale positiva a noi stessi, in quanto italiani, e agli altri.
IL DISEGNO DI LEGGE
Il disegno di legge, tutt’ora in fase di elaborazione, ha il compito di armonizzare e razionalizzare tutta
la materia in una legge quadro.
Una regolamentazione dell’attività pubblicitaria delle amministrazioni
pubbliche era stata introdotta dalla Legge sulla "disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l'editoria" (n. 67 del 1987) che: assicura trasparenza
all’attività di carattere pubblicitario (istituzione capitolo ad hoc e comunicazione delle spese al
Garante dell’editoria); promuove e coordina l’attività stessa (istituzione e Commissione
interministeriale allargata alle categorie professionali); garantisce un’equa ripartizione delle risorse,
tutelando il mezzo stampa, ritenuto più debole (vincoli nella pianificazione).
In questa stessa ottica della pubblicità come risorsa da ripartire equamente si è mosso ancora il
legislatore ponendo ulteriori vincoli a tutela delle emittenti radiotelevisive private diffuse in ambito
locale (art. 9 Legge 223/90 e successive modificazioni).
Sulla scia di una pronuncia della Corte Costituzionale del 1990 sul diritto dei cittadini
all’informazione il legislatore aveva già posto l’accento sul principio di trasparenza dell’attività
amministrativa e sulla comunicazione come servizio al cittadino (Legge 241/90 e artt. 11 e 12 del D.
Lgs. 29/93), ma ancora si avvertiva la necessità di una disciplina organica dell’intera materia della
comunicazione
istituzionale e di una rivisitazione di quella strettamente pubblicitaria che, come più volte
evidenziato dallo stesso Garante, ha bisogno di una razionalizzazione.
Il ddl si compone di tre parti.
Nella prima - che possiamo definire dei Princìpi Generali - viene delineato l’obbligo per le
amministrazioni pubbliche di comunicare, vengono precisati i contenuti tematici, gli obiettivi
della
comunicazione, e indicata una gamma assai articolata di strumenti operativi.
Concludono la prima parte gli articoli che definiscono la formazione (il cui modello è affidato alle
indicazioni metodologiche della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione e che dovrà
recepire le esperienze tanto delle nuove facoltà di scienze della comunicazione quanto le più
innovative proposte di master della comunicazione che potranno così integrare anche differenti
percorsi universitari) e i profili professionali delle figure che, nella bozza fin qui approntata,
popoleranno il triplice segmento della comunicazione istituzionale.
E veniamo quindi alla proposta di attivare un segmento di
comunicazione e pubblicità (art. 5) nell’ambito degli Urp, segmento propulsivo e produttivo che
potrà ricorrere anche a professionalità esterne per la confezione dei messaggi. Il ddl (art. 6) affida
agli Urp, oltre agli interventi di sportello e front-office con i cittadini, un fondamentale lavoro
di analisi e di monitoraggio sui bisogni dei cittadini.
Il ddl definisce anche il profilo degli uffici stampa operando una saggia e fruttuosa divisione tra il
versante istituzionale del lavoro di relazione con i media rappresentato dall’Ufficio Stampa
istituzionale e il dinamismo della figura di portavoce con compiti di diretta collaborazione con il
vertice politico dell’amministrazione.
È importante che queste professionalità comunichino in un
sapiente equilibrio che sappia coniugare il profilo strategico della
comunicazione e della pubblicità con la quotidianità e la velocità propria del lavoro degli uffici
stampa.
Si dovrà poi saper valorizzare la complementarietà attiva tra momento politico e momento
amministrativo nella gestione delle attività di comunicazione rivolte all’opinione pubblica.
La seconda parte del ddl indica una serie di obblighi per le amministrazioni: principalmente
l’elaborazione annuale di un piano di tutte le iniziative di comunicazione da trasmettere al
Dipartimento dell’Informazione e l’Editoria. Il Die opererà in qualità di centro di orientamento e
consulenza per le amministrazioni stesse, diffondendo la cultura della comunicazione pubblica e
mettendo a punto programmi e procedure per valorizzare le personalità esterne in grado di
concorrere all’attuazione delle migliori strategie di comunicazione.
Si fa infine obbligo alle
amministrazioni di istituire nel proprio bilancio un specifico capitolo cui imputare tutte le spese
afferenti la comunicazione istituzionale.
La terza e conclusiva parte razionalizza la disciplina in materia di attività pubblicitaria nel caso in cui
la comunicazione istituzionale diffonda i propri messaggi attraverso i mezzi di comunicazione di
massa.
L’art. 12 intende rimodulare i vincoli nella pianificazione della spesa secondo criteri più rispettosi
della natura dei messaggi, delle coperture desiderate e dei targets che le singole campagne propongano.
Per quanto attiene poi ai messaggi di utilità sociale la Presidenza del Consiglio oltre a determinarne
l’obbligo di trasmissione per la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo può chiederne la
trasmissione gratuita ai concessionari privati.
Le amministrazioni dello Stato sono inoltre tenute a inviare al Die i progetti di massima riguardanti
strategie di comunicazione integrata con specifiche notizie su obiettivi, contenuti, copertura
finanziaria, destinatari e soggetti coinvolti nella realizzazione.
I progetti di comunicazione, al vaglio di una Commissione
Interministeriale (art. 15), potranno giovarsi di contributi (art. 16) in caso di ritenuta utilità sociale o
interesse pubblico e la loro diffusione dovrà comunque essere sottoposta a verifica. Il ddl
istituisce infatti un fondo comune e determina infine le procedure di gara per la scelta di soggetti
professionali esterni. Per far questo sarà necessario definire preventivamente o palesemente livelli,
criteri e procedure di remunerazione delle agenzie di pubblicità, così come i criteri di selezione delle
stesse.
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE: CHE COSA STIAMO FACENDO
Abbiamo ultimato - nel luglio scorso - la II indagine sugli Uffici per le Relazioni con il Pubblico: gli
esiti non sono entusiasmanti e per alcuni versi fotografano la realtà di una pubblica amministrazione
ancora imbastita e irrigidita (gli Urp sono presenti nel 10% delle unità amministrative, con notizie
più confortanti sugli Enti locali), ma la novità positiva è rappresentata dal fatto che, sul totale degli Urp
censiti, il 40% è stato attivato proprio negli ultimi sei mesi. Vuol dire che la crosta si rompe e che
lentamente, ma positivamente, la pubblica amministrazione rompe il proprio isolamento e la propria
autoreferenza.
Questo 40% di nuovi Urp è il risultato di più elementi:
È una pubblica amministrazione in movimento quella che abbiamo sotto gli occhi e che abbiamo il
dovere di valorizzare facendo sì che la gratificazione delle buone opere agisca come spinta e
propulsione, si trasformi in un’onda nuova che arrivi finalmente ai cittadini.
Ce lo confermano l’approvazione e il varo di tre Carte dei Servizi: Sanità (a maggio), Scuola (a
giugno), Elettricità e Gas (a settembre). Prossimo obiettivo: Previdenza e Assistenza, Trasporti.
LO STATO GENTILE
L’esempio degli Urp è utile e importante. Intanto perché attraverso di esso entriamo direttamente in
uno degli ambiti di prestazione della comunicazione istituzionale: vi entriamo dal basso delle funzioni
di agevolazione dell’accesso e dell’accoglienza delle domande dei cittadini. Ma è soprattutto
importante perché incontriamo la fascia dei contenuti informativi che rendono la comunicazione
democratica. Gli Urp offrono infatti elementi essenziali per un do it yourself dell’informazione in
una sfera pubblica che ancora attende di potersi giovare di una semplificazione della sua "burolingua"
e che presto troverà nel nuovo dizionario della pubblica amministrazione uno strumento di
democrazia del linguaggio (a febbraio p.v. l’esito del progetto del Dipartimento).
La spinta simbolica di questi mesi si è affiancata a una serie di iniziative concrete, di pronto
intervento, nel segmento dell’informazione ai cittadini (dal servizio antidisagi alle pagine gialle
della pubblica amministrazione, al rinnovo delle strutture dei centralini ministeriali al cui
coordinamento, anche in funzione dell’attivazione di nuovi Urp, il Dipartimento si è candidato).
Il quadro di tutte queste iniziative ha trovato sistematicità e penetrazione nella Convenzione
con il servizio pubblico radiotelevisivo presentata il 5 dicembre scorso. La Convenzione
consentirà di sfuggire all’opposizione tra TV sociale e TV generalista aiutando a superare la tante
volte giustamente criticata marginalizzazione operata dai media nei confronti dell’informazione di
pubblica utilità. Avremo così - è più che un auspicio - nelle fasce del massimo ascolto
un’attenzione dedicata a quanto di nuovo e di buono nasce dalla pubblica amministrazione. È
strano che una trasmissione come "Domenica in", ad esempio, non abbia mai pensato di dedicare
cinque minuti ai doveri della pubblica amministrazione e ai diritti dei cittadini.
Come vedete le cose si muovono e si vanno approntando le condizioni di stimolo della capacità
strategica di ciascuna amministrazione perché si sviluppi più interattività con i cittadini e perché
si
moltiplichino gli spazi di informazione di pubblica utilità. Il ddl sulla comunicazione istituzionale
saprà sicuramente conferire quella legittimazione delle funzioni, e affermare quella cultura della
comunicazione che ancora manca all’esperienza, fatta di luci e ombre di questo decennio.
COMUNICARE L’ISTITUZIONE
In sintesi e per concludere: al di là dei vantaggi di razionalità e ordine che il ddl saprà dare alla
materia, abbiamo bisogno di una diffusione della cultura della comunicazione istituzionale. Non più e
non soltanto attraverso le eccezioni rappresentate da personale eccezionalmente motivato: la
comunicazione istituzionale, oltre a diventare un percorso di
formazione, competenze definite e
specialistiche e carriera nell’ambito della sfera pubblica (formazione il cui modulo, disegnato dalla
Scuola Superiore, deve stringere una grande alleanza con il mondo universitario e con le
prestigiose iniziative private in materia di master della comunicazione), deve diventare bagaglio di
conoscenza comune e diffusa di ogni pubblico amministratore.
Di più: il mondo professionale della comunicazione deve entrare nella sfera pubblica tanto in termini
di collaborazione ideativa, creativa (il ddl dovrà meglio calibrare questo ingresso seguendo logiche
di trasparenza e mercato), quanto aiutando a sviluppare produzioni, forme, contenitori originali
per veicolare i contenuti della comunicazione istituzionale.