Impresa & Stato N°28 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

FORMAZIONE E RISORSE UMANE: IL RUOLO DELLA REGIONE LOMBARDIA

di Silvio Stizzi


Mi limitero' a dare alcuni flash sulla strategia che da circa due anni questo settore sta portando avanti per tentare di dare una risposta piu' coerente ed efficace a due problemi di particolare rilievo: la lotta alla disoccupazione e la valorizzazione delle risorse umane.
Molte cose dette in questo numero di Impresa & Stato sono sicuramente condivisibili. Mi confermano una impressione che credo tutti hanno quando cercano di affrontare il tema della formazione professionale.L'impressione che si ricava quando si cerca di analizzare il "sistema" della formazione professionale, guardandolo da punti di vista diversi, e' di un insieme confuso di azioni senza una precisa regia.
Il termine "sistema" probabilmente quindi non e' adatto quando si cerca di fare riferimento a tutta la fenomenologia di interventi diversi che si situano in questo territorio che e' un territorio di confine tra una formazione scolastica formalizzata e l'ingresso - o il rientro - nel mercato del lavoro. Pur essendo un tema che difficilmente si presta a essere irrigidito in forme di intervento standardizzate e ripetitive, in Italia l'assenza di linee guida e di regia e' ormai praticamente totale.
In Lombardia, la situazione e' ancora piu' atipica rispetto a quella di altre Regioni perche' la Lombardia ha investito molto nel campo della formazione professionale. Se guardiamo i dati di bilancio, la Lombardia investe annualmente risorse proprie, quindi al di la' dei finanziamenti che provengono dalla comunita' o dal fondo di rotazione nazionale, cie' un investimento della Regione che supera i 250 miliardi l'anno per la formazione professionale.E' sicuramente l'investimento piu' forte tra quelli che le Regioni fanno con risorse proprie in questo campo.
Quello della formazione professionale e' un settore in cui molti soggetti ritengono di dover intervenire. L'esempio piu' semplice e' quello della formazione post-diploma. Credo che sia in corso una iniziativa, a mio parere molto discutibile, da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, direzione tecnica: passa sotto il nome di sesto anno, una iniziativa che tende a promuovere presso tutti gli istituti tecnici un percorso post-diploma.
Su questa fascia del post-diploma, che e' sicuramente una fascia su cui va posta molta attenzione, poiche' e' un livello critico di formazione, avremo quindi i diplomi universitari, la formazione fatta dagli istituti professionali di Stato (che attraverso il progetto '92 poi tende a estendersi anche a una fascia post-diploma), gli istituti tecnici, la Regione.

L'IDENTITA' DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE REGIONALE
Credo che un primo problema, se si vuole tentare di mettere ordine ed evitare confusione e sprechi, sia proprio quello di definire l'identita' della formazione professionale regionale.
Se la Regione insistera' nell'nterpretare, come in qualche caso mi pare si voglia o si tenti ancora di fare, il ruolo della formazione professionale regionale come una formazione sostanzialmente di carattere scolastico che ha come modello la scuola e quindi cerchera' faticosamente di ritagliarsi degli spazi tra tutti questi soggetti, oltre a tradire un suo ruolo costituzionale che non e' certamente quello di gestire la formazione professionale, ma di programmarla e di farne la regia, sicuramente si trovera' in una situazione senza via d'uscita.
Si trovera' a essere infatti un soggetto sostanzialmente poco interessante in un panorama sempre piu' confuso. Quali sono i punti su cui val la pena di riflettere, se l'obiettivo e' quello di tentare una regia e di tentare poi piu' ambiziosamente anche una programmazione di quello che puo' essere il ruolo dei vari soggetti e quindi orientare gli investimenti affinche' i vari soggetti siano in grado di partecipare utilmente a iniziative comuni nel campo della formazione?
Intanto bisogna riflettere su quello che da una parte e' il ruolo della formazione aziendale e quello che invece puo' essere il ruolo fondamentale della partecipazione delle aziende alla formazione.
La formazione aziendale e' un fatto molto specifico, mirato all'inserimento all'interno di una specifica organizzazione. E' un percorso finale, vorrei dire per certi aspetti "privato" di un piu' generale percorso di formazione. E' sicuramente sempre piu' forte l'esigenza che le aziende partecipino (le parti sociali, non solo ovviamente le parti imprenditoriali) alla definizione degli obiettivi e anche alle fasi di realizzazione di tutto il percorso di formazione.
In questo senso recuperare un ruolo ai contratti di formazione lavoro, affinche' abbiano effettivamente una valenza di formazione che non hanno potuto o non hanno saputo avere per tanti motivi rappresenterebbe una tappa importante.
Il problema, in sostanza, e' quello di riuscire a modificare il ruolo della Regione radicalmente, recuperando le risorse che questo sistema di formazione professionale ha integrandolo con le risorse che provengono dal mondo della produzione e dei servizi. Gli investimenti fatti in formazione devono ridiventare o diventare, se non lo sono mai stati, utili a un disegno piu' complessivo teso a fornire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro, che non puo' tra l'altro avvalersi solo dello strumento della formazione professionale.
Se l'obiettivo e' quello di favorire l'incontro tra la domanda e l'offerta di lavoro, il problema non e' infatti solo di intervenire con percorsi formativi lunghi, impegnativi o necessariamente programmati su piu' annualita', ma e' di riuscire a intervenire con una formazione flessibile e tempestiva che si inserisce pero' su momenti forti di orientamento, di informazione, e con una capacita' di diagnosi delle necessita' di formazione.

MAGGIORE IMPEGNO DA PARTE DELLA REGIONE
Lo sforzo della Regione dovrebbe essere in questa fase soprattutto rivolto alla capacita' di recuperare le energie che ci sono nel sistema di formazione professionale, le risorse umane e le risorse economiche investite, in modo che queste strutture di formazione riescano a trovare la giusta integrazione con tutti gli altri soggetti che possono operare utilmente e quindi ne derivi un sistema fortemente integrato.Questo richiede una specifica attenzione ai mercati del lavoro locali.
Si debbono elaborare programmi di carattere generale ma poi bisogna che si trovi una capacita' di realizzazione effettiva nei mercati del lavoro locale e in quelle sub-aree in cui e' possibile effettivamente costruire una strategia concreta di intervento. E' necessario che vi sia la partecipazione attiva delle parti sociali.
Concordo sul fatto che il problema non e' di stare a "osservare" molto e prevedere tra cinque o sei anni di cosa avremo bisogno. Certamente quella dell'osservazione del mercato del lavoro e' una componente importante per decidere che cosa deve essere fatto ma e' fondamentale avere un contatto diretto con quelli che sono gli utilizzatori di questo sistema e da li', cioe' dalle parti sociali, dovremmo avere tempestivamente le indicazioni che servono a programmare gli interventi.
E' fondamentale quindi riuscire a creare le occasioni di confronto che consentono nelle situazioni specifiche, che poi sono situazioni locali, di costruire un sistema di relazioni e di informazioni che permettono di ritardare continuamente l'intervento programmato, di tradurlo tempestivamente in una offerta, che consenta di dare le risposte che si cercano.
Le linee su cui si e' intervenuti fino a oggi per modificare la strategia della Regione Lombardia sono sostanzialmente due: quella di ricomporre a livello regionale interventi che erano vissuti e gestiti separatamente, cioe' le politiche del lavoro, con alcune leggi molto settoriali sull'imprenditoria ecc., e le politiche della formazione e quindi tentare di ricomporre in un disegno unitario strutture, linee di finanziamento, interventi, con l'obiettivo di riconvertire il sistema dei centri di formazione professionale, il sistema dei centri per l'innovazione tecnico-educativa, il sistema dell'osservatorio del mercato del lavoro, cioe' riuscire a ritrovare li' delle energie che possano rappresentare effettivamente un punto di riferimento pubblico fondamentale.
Piu' che affermare in astratto l'esigenza di una collaborazione, di una integrazione forte tra il pubblico e il privato, l'intervento regionale deve riuscire a creare condizioni perche' concretamente si riconoscano, a livello locale, i reciproci interessi ad agire per la valorizzazione delle risorse umane.
Un lavoro che in parte agisce sulla struttura, sul recupero di efficienza di questa struttura che e' particolarmente ricca in Lombardia, anche se molto datata negli obiettivi e nell'organizzazione. Necessita, quindi, non solo di una generica manutenzione ma di un'importante revisione degli obiettivi e in parte anche di un rinnovamento del personale.
Tutte cose che richiedono investimenti economici e tempo; non sono operazioni facili da realizzare.
La Regione ha una competenza piena per quanto riguarda la formazione professionale, non ne ha per quanto riguarda, per esempio, i problemi del lavoro, per evitare che la confusione aumenti a tutti i livelli, quindi e' necessario riuscire a rideterminare anche i ruoli istituzionali. Vi e' la necessita' di rivedere tutta la legislazione nazionale in materia.L'altra linea importante di cambiamento e' legata proprio a una delega che e' stata avviata per dare un ruolo alle amministrazioni provinciali, nel tentativo di avvicinare il piu' possibile le politiche del lavoro ai mercati del lavoro locali.
Dall'inizio del '95 la formazione professionale e' delegata alle amministrazioni provinciali. Attualmente e' invece all'attenzione della commissione consigliare una legge che riguarda i problemi dell'occupazione che dovrebbe riordinare l'altro comparto in una logica di integrazione, di coerente rapporto. Questo e' il tentativo di portare il tema della formazione professionale a un dibattito ampio dove le parti sociali possano effettivamente, al di la' delle intenzioni gia' manifestate, riuscire a individuare tutti i luoghi di partecipazione che consentono non semplicemente di manifestare una volonta', come sostanzialmente e' accaduto fino a oggi, ma anche di diventare operativi, di entrare con un ruolo decisivo nei momenti importanti di programmazione e nelle situazioni concrete di realizzazione.
Questo processo potra' ottenere dei risultati a medio termine piu' visibili di quanto e' avvenuto fino a ora. L'obiettivo e' di ampliare sempre di piu' questo spazio per gli interventi flessibili che sono stati piu' volte richiamati e che pero' diventano significativi se non sono solo degli interventi di carattere episodico. In Lombardia sono stati realizzati molti interventi di formazione professionale di ottimo livello, soprattutto nella formazione post-diploma, ma molto spesso si e' trattato di prototipi che sono stati costruiti e poi abbandonati perche' il sistema non e' stato capace di mantenerli e di potenziarli.
Un'altra recente iniziativa regionale riguarda una legge sulla formazione superiore che dovrebbe consentire l'incontro, non occasionale, tra il mondo universitario e della ricerca, il mondo imprenditoriale e della formazione, affinche' ci si possa confrontare in modo continuativo sulle strategie e sugli interventi specifici.
L'obiettivo e' quello di costruire dei centri di eccellenza o degli istituti superiori, garantendo in sostanza che queste occasioni di confronto siano delle occasioni stabili.
L'importante e' che non si perda il know-how accumulato ma che si tesaurizzino le esperienze fatte e si ripropongano a un livello qualitativo superiore. Questi mi sembrano gli elementi piu' interessanti del tentativo che e' stato fatto nell'ultimo biennio, fra mille difficolta' perche' il sistema della formazione professionale sconta una serie di "disavventure" che l'hanno notevolmente scosso e quindi l'operazione si e' svolta in una continua emergenza. Il tentativo di realizzare una strategia di questo genere consente anche un risanamento sostanziale e puo' fare della Regione un interlocutore e un coordinatore credibile per tutti gli altri soggetti interessati al cambiamento e allo sviluppo della societa'.