Impresa & Stato N°28 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

LA MANO DELL'UOMO


Le fotografie qui pubblicate sono state esposte in occasione di una mostra di Sebastião Salgado intitolata "La mano delliuomo" che si e' tenuta a Palazzo Affari ai Giureconsulti nello scorso novembre. La mostra, promossa dal Comune di Milano e dall'Ente Camerale, e' stata organizzata nell'ambito della seconda edizione del Convegno Internazionale "Dieci Nobel per il futuro.Scienza, economia, etica per il prossimo secolo"; convegno che ha affrontato tematiche legate al rapporto fra innovazione e mondo del lavoro.
Il percorso espositivo era composto da oltre duecento immagini in bianco e nero, articolate in sei gruppi tematici che guidavano l'osservatore attraverso diversi aspetti del lavoro manuale, componendo un poema visivo dedicato all'attivita' delle donne e degli uomini.
Ogni reportage pubblicato e' commentato da un profilo storico ed economico dell'attivita' mostrata e degli uomini che vi si dedicano.
Con "La mano dell'uomo" Sebastiļo Salgado ha voluto rendere omaggio al lavoro manuale, "la piu' umana - insieme con il pensare - delle attivita' umane, in un'epoca in cui l'innovazione tecnologica e la rivoluzione informatica fanno si' che nuovi strumenti e metodi prendano il posto che per secoli e' stato dominio della manualita' da un lato, e mondi sintetici artificiali della realta' virtuale quello dell'immaginazione e forse dei sogni, dall'altro".
La mostra e' stata presentata in numerose capitali del mondo riscuotendo ovunque grande successo e unanimi consensi.
(Rossella Pulsoni)

LA FOTOGRAFIA DELL'UMANITA'
Il destino degli uomini e delle donne e' di creare un mondo nuovo, di far risorgere la vita, di ricordare che per ogni cosa esiste un limite, una frontiera, a eccezione dei sogni che permettono di adattarsi, di resistere e di credere. Nella Storia non esistono sogni solitari." Cosi' Sebastiļo Salgado, poeta dell'immagine e della parola, dichiara il suo amore per l'umanita'. E con "La mano dell'uomo" rende omaggio al lavoro manuale, la piu' "umana" (insieme con il pensare) delle attivita' umane, in un'epoca in cui l'innovazione tecnologica e la rivoluzione informatica fanno si' che nuovi strumenti e metodi prendano il posto che per secoli e' stato dominio della manualita' da un lato, e i mondi sintetici artificiali della realta' virtuale quello dell'immaginazione e forse dei sogni, dall'altro.
Ma il pensare sara' sempre dell'uomo. "Nella sua corsa in avanti - sottolinea Salgado - il mondo altamente industrializzato marcia a tappe forzate e ha gia' ipotecato cio' che, fino a poco tempo fa, sembrava poter appartenere soltanto a un lontano futuro. In queste immagini e' racchiusa la storia di un'epoca. Le fotografie costituiscono l'archeologia visiva di un tempo conosciuto dalla storia con il nome di rivoluzione industriale; epoca in cui uomini e donne, con il loro lavoro manuale, tenevano in pugno l'asse centrale del mondo."
La mostra, che raccoglie un lavoro durato oltre sei anni, dal Ruanda al Kazakhstan, dal Brasile all'Isola della Re'union, alla Francia, all'Italia, e' un'occasione per riflettere sui grandi temi che si pongono all'umanita' alla fine di questo millennio: il rapporto fra mondo industrializzato e Paesi in via di sviluppo; i nuovi modelli produttivi e sociali conseguenti all'avvento dell'automazione, dell'informatica e della telematica; le sfide che la costante accelerazione del progresso scientifico e tecnologico pone alla formazione, fattore sempre piu' decisivo del processo di sviluppo.
"La mano dell'uomo" e' stata presentata in numerose capitali del mondo, riscuotendo ovunque grande successo e unanimi consensi. Basti citare alcuni dei commenti che ha suscitato: Gabriel Garcia Marquez: "Questa mostra e' la fotografia dell'umanita'"; Arthur Miller: "Salgado ci rivela il dolore, la bellezza e la brutalita' del mondo del lavoro su cui tutto risiede. E' una grande prova di profonda devozione e impressionante abilita'"; Nadine Gordimer: "Molto e' stato detto sulla dignita' del lavoro da quanti non lavorano con le proprie mani. Le grandiose fotografie di Salgado mostrano quanto poco sappiamo della vita di donne e uomini che sopportano, con la loro fatica, il peso del mondo. Il loro evidente sfruttamento ci colpisce con vergogna e la strana bellezza che Salgado ci rivela sopravvive in queste immagini e ci spinge a riconsiderare la nostra estetica. La macchina fotografica non registra solamente: e' parte dello spirito dei personaggi ritratti".

SEBASTIÃO SALGADO
Nel 1944 ad Aimores, nello stato brasiliano di Minas Gerais, nasce Sebastiļo Ribeiro Salgado. Studia Legge ed Economia: si laurea nel i66 all'Universita' di San Paolo, poi a quella di Vanderbilt, negli Usa. Dal i71, a Londra, lavora per l'Organizzazione Internazionale del caffe', occupandosi della diversificazione delle colture in Africa, in collaborazione con il Fondo Europeo per lo Sviluppo, l'Onu e la Banca Mondiale. Nel 1973 si stabilisce a Parigi, dove vive tuttiora, e comincia la sua professione di fotogiornalista, con un reportage sulla siccita' del Sahel africano e sulle condizioni dei lavoratori immigrati in Europa. Nel 1979 entra a far parte della piu' prestigiosa agenzia fotografica, la Magnum Photos.
Le sue immagini vengono pubblicate sulle principali testate internazionali e sue opere sono esposte in tutto il mondo. Per la sua attenzione alle tematiche di rilevanza sociale, riceve prestigiosi riconoscimenti, fra i quali il "W. Eugene Smith Grant" e per due volte e' nominato "Fotografo dell'anno" dall'International Center of Photography di New York. Fra le pubblicazioni, Autres Ame'riques (Premio Kodak-Citta' di Parigi 1984), Sahel: l'homme en de'tresse (miglior libro fotografico del 1986 al Festival Internazionale di Arles), An Uncertain Grace (1990) e La mano dell'uomo-Workers.

CACAO.BRASILE
La storia della coltivazione del cacao e' simile a quella del te', del caffe', dello zucchero e del cotone, tutte monocolture tipiche dei Paesi del Terzo Mondo e sempre soggette alla dittatura dei prezzi fissati dai Paesi importatori, con conseguenze a volte disastrose per i lavoratori coinvolti. Nel 1991, per esempio, a Bahia i prezzi erano talmente bassi che i produttori furono costretti a lasciar marcire i frutti sugli alberi, perche' il ricavato delle vendite non avrebbe coperto i costi della manodopera.
E' interessante notare come il prezzo del cioccolato in Europa e negli Stati Uniti non sia mai calato seguendo il ribasso dei prezzi del cacao sui mercati internazionali, mentre quelli dei prodotti industriali esportati dai Paesi ricchi vengono regolarmente ritoccati sulla base dell'inflazione.

PESCA DEL TONNO SICILIA, ITALIA
La mattanza e' un metodo tradizionale di pesca del tonno, praticato nel Mediterraneo fin dal Medioevo, ma oggi caduto quasi completamente in disuso: dei venticinque equipaggi che lo praticavano all'indomani della Seconda guerra mondiale attualmente ne sono rimasti soltanto due.
Il recente calo del numero di tonni e' indubbiamente ascrivibile all'enorme inquinamento, ma anche alla pesca troppo intensiva. Utilizzando sonar ed elicotteri, i pescherecci sono in grado di localizzare, inseguire e spingere nel sistema di reti che formano tunnel sottomarini lunghi centinaia di chilometri qualsiasi branco, entrato nel Mediterraneo per riprodursi. I tonni - che possono pesare piu' di mezza tonnellata - restano imprigionati e alla fine del tunnel vengono infilzati nella "camera della morte", issati a bordo, tagliati a pezzi ed esportati in Giappone.

TESSUTI. BANGLADESH E KAZAKHSTANI
Bangladesh ha una lunga tradizione nella produzione tessile. Da secoli si fabbricano i tradizionali sari di cotone o di seta (sono famosi quelli di Tangail). Con oltre 400mila addetti nel settore tessile-abbigliamento, e' fra i maggiori produttori di iuta, fibra legata all'industria bellica: i sacchi di iuta trovano un impiego particolare nelle trincee, come dimostra l'aumento delle esportazioni in concomitanza con le guerre di Corea e del Vietnam e durante il conflitto tra Iran e Irak.
In Kazakhstan, il sistema tessile si articola su tre poli industriali, in funzione della vicinanza geografica con i centri di produzione delle materie prime: Alma-Ata produce tessuti di cotone, Kustanai di lana e Ust-Kamenogorsk di fibra sintetica. Con il crollo dell'economia pianificata e in assenza di un vero e proprio sistema di mercato, il Kazakhstan vede minacciata la sua stessa sopravvivenza economica.

BICICLETTE. SHANGHAI E TIANJIN, CINA
L'industria delle biciclette cinesi costituisce un ottimo esempio di buon senso. La bicicletta infatti rappresenta per il Paese una soluzione parziale per i problemi dell'occupazione, del trasporto rurale e urbano, della distribuzione commerciale all'interno delle citta' ed e' occasione permanente di esercizio fisico.
La Forever di Shanghai ogni anno immette sul mercato circa tre milioni di biciclette e da' lavoro a settemila operai, oltre agli addetti all'assemblaggio sparsi per tutto il Paese. Fondata negli anni Quaranta, l'azienda ha prodotto cinquanta dei quattrocento milioni di biciclette che circolano in Cina.
Con 8800 dipendenti e una produzione annua di tre milioni 600mila biciclette, la Flying Pigeon di Tianjin esporta anche in trentadue Paesi.

CANTIERI NAVALI. POLONIA E FRANCIA
La costruzione della portaerei nucleare "Charles de Gaulle" ha avuto inizio nel cantiere di Brest nel 1987. Con 7mila dipendenti (6400 operai), la base costituisce la principale fonte di lavoro della regione. Trentaseimila tonnellate di stazza, la portaerei sara' lunga 257 metri e larga 32 alla linea di galleggiamento.
Durante la Seconda guerra mondiale, la maggioranza dei sottomarini tedeschi veniva costruita nel cantiere militare di Danzica, in Polonia, che fu in grado di mantenere il ritmo di una nave alla settimana per anni e dopo l'invasione sovietica divenne il piu' importante del blocco comunista. La base, che fu teatro della nascita di Solidarnosc, era il luogo di lavoro dell'elettrotecnico navale Lech Walesa, primo presidente polacco eletto in elezioni libere dalla Seconda guerra mondiale.

DEMOLIZIONE NAVALE. BANGLADESH
Dopo lunghi anni di navigazione, numerose navi terminano il loro viaggio in Bangladesh, dove una moltitudine di demolitori le trasformano in materie prime per la fabbricazione di coltelli, lucchetti, aghi, attrezzi agricoli e altri oggetti.
Lo strumento piu' sofisticato utilizzato nella demolizione navale e' il cannello ossidrico, ma il suo uso e' limitato per l'alto costo dell'ossigeno e si ricorre piu' facilmente a un grosso martello.
Gli operai guadagnano poco piu' di un dollaro al giorno: sono circa 7mila i dipendenti dei cantieri, ma si valuta intorno a 100mila il numero di quanti traggono sostentamento dal settore, concentrato nei pressi della citta' di Chittagong, vicina al confine con la Birmania, che con un milione e mezzo di abitanti costituisce il piu' importante centro industriale del Paese.

ORO. SERRA PELADA, BRASILE
Dalla costruzione delle piramidi egiziane, o dalla corsa all'oro del Klondike in Alaska, non si assisteva a un dramma umano di dimensioni cosi' epiche: cinquantamila uomini coperti di fango scavano alla ricerca dell'oro a Serra Pelada, nello stato brasiliano di Parą.
Ogni giorno i "garimpeiros" entrano nella miniera a cielo aperto, in un terreno delle dimensioni di un campo di calcio, sul quale e' stata scavata in verticale una infinita' di pozzi, larghi poco piu' di sei metri quadrati, detti "barrancos".
In tre scavano, in sei trasportano i sacchi di terriccio che possono pesare fino a trenta chili, in cambio del 20 % del valore del contenuto di ciascun sacco. Questi cinquantamila lavoratori, irriconoscibili l'uno dall'altro, vengono chiamati "maiali del fango", poiche' sono sempre completamente coperti di polvere e fango.

POZZI DI PETROLIO. KUWAIT
Dopo la guerra del Golfo, il regno delle tenebre e' sceso sul Kuwait. Oltre 500 pozzi di petrolio proiettavano in cielo vortici di fiamme roboanti. Gli esperti li hanno chiamati "pozzi impazziti": il termine descrive bene l'eruzione incontrollata di petrolio greggio e, soprattutto, le torri di fiamme crepitanti che si innalzavano a venti metri di altezza. Cie' voluto un anno di intenso, difficile e faticoso lavoro da parte di ditte specializzate per domare il fuoco. Bisognava bloccare la fuoriuscita del petrolio e poi spegnere l'incendio, ricorrendo ai metodi piu' disparati. Alcune ditte hanno raffreddato le aree surriscaldate con enormi getti diacqua, hanno pompato azoto liquido sulle fiamme e, soffocato il fuoco, hanno chiuso i pozzi con una nuova valvola, dopo aver introdotto nel foro una miscela di acqua e terra argillosa abbastanza pesante da bloccare la spinta del petrolio verso l'alto.

CANALE DEL RAJASTHAN. INDIA
Quando nel 1958 comincio' la costruzione del canale del Rajasthan (poi chiamato "Indira Ghandi") era difficile prevederne la lunghezza definitiva (oltre 900 chilometri di canale principale) e immaginare le conseguenze che avrebbe indotto a livello macroeconomico, sociale e ambientale.
I lavori continuano ormai da 34 anni e si prevede che non saranno completati prima di un altro decennio. Il progetto utilizza risorse locali, come cammelli, trattori agricoli, operai e tecnici del posto. Agli inizi furono assunte quasi 40mila persone; oggi il numero di dipendenti e' sceso a 10mila. Gli operai, di estrazione per lo piu' contadina, lavorano sei mesi l'anno nelle loro fattorie, i restanti al cantiere.
Il canale e' entrato a far parte della vita della gente: cie' chi lavora alla diga da oltre ventianni e spesso le squadre comprendono intere famiglie. I salari sono molto bassi: un dollaro e mezzo al giorno per gli uomini, un dollaro e venti centesimi per le donne.