LA FOTOGRAFIA DELL'UMANITA'
Il destino degli uomini e delle donne e' di creare un mondo
nuovo, di far risorgere la vita, di ricordare che per ogni
cosa esiste un limite, una frontiera, a eccezione dei sogni
che permettono di adattarsi, di resistere e di credere. Nella
Storia non esistono sogni solitari." Cosi' Sebastiļo Salgado,
poeta dell'immagine e della parola, dichiara il suo amore per
l'umanita'.
E con "La mano dell'uomo" rende omaggio al lavoro manuale, la
piu' "umana" (insieme con il pensare) delle attivita' umane,
in un'epoca in cui l'innovazione tecnologica e la rivoluzione
informatica fanno si' che nuovi strumenti e metodi prendano il
posto che per secoli e' stato dominio della manualita' da un
lato, e i mondi sintetici artificiali della realta' virtuale
quello dell'immaginazione e forse dei sogni, dall'altro.
Ma il
pensare sara' sempre dell'uomo.
"Nella sua corsa in avanti - sottolinea Salgado - il mondo
altamente industrializzato marcia a tappe forzate e ha gia'
ipotecato cio' che, fino a poco tempo fa, sembrava poter
appartenere soltanto a un lontano futuro. In queste immagini
e' racchiusa la storia di un'epoca. Le fotografie
costituiscono l'archeologia visiva di un tempo conosciuto
dalla storia con il nome di rivoluzione industriale; epoca in
cui uomini e donne, con il loro lavoro manuale, tenevano in
pugno l'asse centrale del mondo."
La mostra, che raccoglie un lavoro durato oltre sei anni, dal
Ruanda al Kazakhstan, dal Brasile all'Isola della Re'union,
alla Francia, all'Italia, e' un'occasione per riflettere sui
grandi temi che si pongono all'umanita' alla fine di questo
millennio: il rapporto fra mondo industrializzato e Paesi in
via di sviluppo; i nuovi modelli produttivi e sociali
conseguenti all'avvento dell'automazione, dell'informatica e
della telematica; le sfide che la costante accelerazione del
progresso scientifico e tecnologico pone alla formazione,
fattore sempre piu' decisivo del processo di sviluppo.
"La mano dell'uomo" e' stata presentata in numerose capitali
del mondo, riscuotendo ovunque grande successo e unanimi
consensi. Basti citare alcuni dei commenti che ha suscitato:
Gabriel Garcia Marquez: "Questa mostra e' la fotografia
dell'umanita'"; Arthur Miller:
"Salgado ci rivela il dolore, la bellezza e la brutalita' del
mondo del lavoro su cui tutto risiede. E' una grande prova di
profonda devozione e impressionante abilita'"; Nadine
Gordimer:
"Molto e' stato detto sulla dignita' del lavoro da quanti non
lavorano con le proprie mani. Le grandiose fotografie di
Salgado mostrano quanto poco sappiamo della vita di donne e
uomini che sopportano, con la loro fatica, il peso del mondo.
Il loro evidente sfruttamento ci colpisce con vergogna e la
strana bellezza che Salgado ci rivela sopravvive in queste
immagini e ci spinge a riconsiderare la nostra estetica. La
macchina fotografica non registra solamente: e' parte dello
spirito dei personaggi ritratti".
SEBASTIÃO SALGADO
Nel 1944 ad Aimores, nello stato brasiliano di Minas Gerais,
nasce Sebastiļo Ribeiro Salgado. Studia Legge ed Economia: si
laurea nel i66 all'Universita' di San Paolo, poi a quella di
Vanderbilt, negli Usa. Dal i71, a Londra, lavora per
l'Organizzazione Internazionale del caffe', occupandosi della
diversificazione delle colture in Africa, in collaborazione
con il Fondo Europeo per lo Sviluppo, l'Onu e la Banca
Mondiale. Nel 1973 si stabilisce a Parigi, dove vive tuttiora,
e comincia la sua professione di fotogiornalista, con un
reportage sulla siccita' del Sahel africano e sulle condizioni
dei lavoratori immigrati in Europa. Nel 1979 entra a far parte
della piu' prestigiosa agenzia fotografica, la Magnum Photos.
Le sue immagini vengono pubblicate sulle principali testate
internazionali e sue opere sono esposte in tutto il mondo.
Per la sua attenzione alle tematiche di rilevanza sociale,
riceve prestigiosi riconoscimenti, fra i quali il "W. Eugene
Smith Grant" e per due volte e' nominato "Fotografo dell'anno"
dall'International Center of Photography di New York. Fra le
pubblicazioni, Autres Ame'riques (Premio Kodak-Citta' di
Parigi 1984), Sahel: l'homme en de'tresse (miglior libro
fotografico del 1986 al Festival Internazionale di Arles), An
Uncertain Grace (1990) e La mano dell'uomo-Workers.
CACAO.BRASILE
La storia della coltivazione del cacao e' simile a quella del
te', del caffe', dello zucchero e del cotone, tutte
monocolture tipiche dei Paesi del Terzo Mondo e sempre
soggette alla dittatura dei prezzi fissati dai Paesi
importatori, con conseguenze a volte disastrose per i
lavoratori coinvolti.
Nel 1991, per esempio, a Bahia i prezzi erano talmente bassi
che i produttori furono costretti a lasciar marcire i frutti
sugli alberi, perche' il ricavato delle vendite non avrebbe
coperto i costi della manodopera.
E' interessante notare come il prezzo del cioccolato in Europa
e negli Stati Uniti non sia mai calato seguendo il ribasso dei
prezzi del cacao sui mercati internazionali, mentre quelli dei
prodotti industriali esportati dai Paesi ricchi vengono
regolarmente ritoccati sulla base dell'inflazione.
PESCA DEL TONNO SICILIA, ITALIA
La mattanza e' un metodo tradizionale di pesca del tonno,
praticato nel Mediterraneo fin dal Medioevo, ma oggi caduto
quasi completamente in disuso: dei venticinque equipaggi che
lo praticavano all'indomani della Seconda guerra mondiale
attualmente ne sono rimasti soltanto due.
Il recente calo del numero di tonni e' indubbiamente
ascrivibile all'enorme inquinamento, ma anche alla pesca
troppo intensiva.
Utilizzando sonar ed elicotteri, i pescherecci sono in grado
di localizzare, inseguire e spingere nel sistema di reti che
formano tunnel sottomarini lunghi centinaia di chilometri
qualsiasi branco, entrato nel Mediterraneo per riprodursi.
I tonni - che possono pesare piu' di mezza tonnellata -
restano imprigionati e alla fine del tunnel vengono infilzati
nella "camera della morte", issati a bordo, tagliati a pezzi
ed esportati in Giappone.
TESSUTI. BANGLADESH E KAZAKHSTANI
Bangladesh ha una lunga tradizione nella produzione tessile.
Da secoli si fabbricano i tradizionali sari di cotone o di
seta (sono famosi quelli di Tangail).
Con oltre 400mila addetti nel settore tessile-abbigliamento,
e' fra i maggiori produttori di iuta, fibra legata
all'industria bellica: i sacchi di iuta trovano un impiego
particolare nelle trincee, come dimostra l'aumento delle
esportazioni in concomitanza con le guerre di Corea e del
Vietnam e durante il conflitto tra Iran e Irak.
In Kazakhstan, il sistema tessile si articola su tre poli
industriali, in funzione della vicinanza geografica con i
centri di produzione delle materie prime: Alma-Ata produce
tessuti di cotone, Kustanai di lana e Ust-Kamenogorsk di fibra
sintetica.
Con il crollo dell'economia pianificata e in assenza di un
vero e proprio sistema di mercato, il Kazakhstan vede
minacciata la sua stessa sopravvivenza economica.
BICICLETTE. SHANGHAI E TIANJIN, CINA
L'industria delle biciclette cinesi costituisce un ottimo
esempio di buon senso. La bicicletta infatti rappresenta per
il Paese una soluzione parziale per i problemi
dell'occupazione, del trasporto rurale e urbano, della
distribuzione commerciale all'interno delle citta' ed e'
occasione permanente di esercizio fisico.
La Forever di Shanghai ogni anno immette sul mercato circa tre
milioni di biciclette e da' lavoro a settemila operai, oltre
agli addetti all'assemblaggio sparsi per tutto il Paese.
Fondata negli anni Quaranta, l'azienda ha prodotto cinquanta
dei quattrocento milioni di biciclette che circolano in
Cina.
Con 8800 dipendenti e una produzione annua di tre milioni
600mila biciclette, la Flying Pigeon di Tianjin esporta anche
in trentadue Paesi.
CANTIERI NAVALI. POLONIA E FRANCIA
La costruzione della portaerei nucleare "Charles de Gaulle" ha
avuto inizio nel cantiere di Brest nel 1987. Con 7mila
dipendenti (6400 operai), la base costituisce la principale
fonte di lavoro della regione. Trentaseimila tonnellate di
stazza, la portaerei sara' lunga 257 metri e larga 32 alla
linea di galleggiamento.
Durante la Seconda guerra mondiale, la maggioranza dei
sottomarini tedeschi veniva costruita nel cantiere militare di
Danzica, in Polonia, che fu in grado di mantenere il ritmo di
una nave alla settimana per anni e dopo l'invasione sovietica
divenne il piu' importante del blocco comunista.
La base, che fu teatro della nascita di Solidarnosc, era il
luogo di lavoro dell'elettrotecnico navale Lech Walesa, primo
presidente polacco eletto in elezioni libere dalla Seconda
guerra mondiale.
DEMOLIZIONE NAVALE. BANGLADESH
Dopo lunghi anni di navigazione, numerose navi terminano il
loro viaggio in Bangladesh, dove una moltitudine di demolitori
le trasformano in materie prime per la fabbricazione di
coltelli, lucchetti, aghi, attrezzi agricoli e altri
oggetti.
Lo strumento piu' sofisticato utilizzato nella
demolizione navale e' il cannello ossidrico, ma il suo uso e'
limitato per l'alto costo dell'ossigeno e si ricorre piu'
facilmente a un grosso martello.
Gli operai guadagnano poco piu' di un dollaro al giorno: sono
circa 7mila i dipendenti dei cantieri, ma si valuta intorno a
100mila il numero di quanti traggono sostentamento dal
settore, concentrato nei pressi della citta' di Chittagong,
vicina al confine con la Birmania, che con un milione e mezzo
di abitanti costituisce il piu' importante centro industriale
del Paese.
ORO. SERRA PELADA, BRASILE
Dalla costruzione delle piramidi egiziane, o dalla corsa
all'oro del Klondike in Alaska, non si assisteva a un dramma
umano di dimensioni cosi' epiche: cinquantamila uomini coperti
di fango scavano alla ricerca dell'oro a Serra Pelada, nello
stato brasiliano di Parą.
Ogni giorno i "garimpeiros" entrano nella miniera a cielo
aperto, in un terreno delle dimensioni di un campo di calcio,
sul quale e' stata scavata in verticale una infinita' di
pozzi, larghi poco piu' di sei metri quadrati, detti
"barrancos".
In tre scavano, in sei trasportano i sacchi di
terriccio che possono pesare fino a trenta chili, in cambio
del 20 % del valore del contenuto di ciascun sacco.
Questi cinquantamila lavoratori, irriconoscibili l'uno
dall'altro, vengono chiamati "maiali del fango", poiche' sono
sempre completamente coperti di polvere e fango.
POZZI DI PETROLIO. KUWAIT
Dopo la guerra del Golfo, il regno delle tenebre e' sceso sul
Kuwait. Oltre 500 pozzi di petrolio proiettavano in cielo
vortici di fiamme roboanti. Gli esperti li hanno chiamati
"pozzi impazziti": il termine descrive bene l'eruzione
incontrollata di petrolio greggio e, soprattutto, le torri di
fiamme crepitanti che si innalzavano a venti metri di altezza.
Cie' voluto un anno di intenso, difficile e faticoso lavoro da
parte di ditte specializzate per domare il fuoco.
Bisognava bloccare la fuoriuscita del petrolio e poi spegnere
l'incendio, ricorrendo ai metodi piu' disparati. Alcune ditte
hanno raffreddato le aree surriscaldate con enormi getti
diacqua, hanno pompato azoto liquido sulle fiamme e, soffocato
il fuoco, hanno chiuso i pozzi con una nuova valvola, dopo
aver introdotto nel foro una miscela di acqua e terra
argillosa abbastanza pesante da bloccare la spinta del
petrolio verso l'alto.
CANALE DEL RAJASTHAN. INDIA
Quando nel 1958 comincio' la costruzione del canale del
Rajasthan (poi chiamato "Indira Ghandi") era difficile
prevederne la lunghezza definitiva (oltre 900 chilometri di
canale principale) e immaginare le conseguenze che avrebbe
indotto a livello macroeconomico, sociale e ambientale.
I
lavori continuano ormai da 34 anni e si prevede che non
saranno completati prima di un altro decennio.
Il progetto utilizza risorse locali, come cammelli, trattori
agricoli, operai e tecnici del posto. Agli inizi furono
assunte quasi 40mila persone; oggi il numero di dipendenti e'
sceso a 10mila.
Gli operai, di estrazione per lo piu' contadina, lavorano sei
mesi l'anno nelle loro fattorie, i restanti al cantiere.
Il
canale e' entrato a far parte della vita della gente: cie' chi
lavora alla diga da oltre ventianni e spesso le squadre
comprendono intere famiglie. I salari sono molto bassi: un
dollaro e mezzo al giorno per gli uomini, un dollaro e venti
centesimi per le donne.