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Impresa & Stato N°28 - Rivista della Camera di Commercio di Milano

LA FORMAZIONE INTEGRATA FRA PUBBLICO E PRIVATO

di Bruno Ermolli


Il problema della formazione delle risorse umane per lo sviluppo sociale ed economico, nelle quattro Regioni forti d'Europa, e' stato opportunamente affrontato e bene illustrato nella ricerca monografica coordinata dal professor Regini dell'Ires Lombardia. Il principio che ispira la ricerca si fonda sulla tesi, piu' volte richiamata quando si affrontal'argomento, che il successo del sistema economico produttivo di un territorio e' funzione della cultura e quindi della qualita' e della quantita' dell'attivita' formativa destinata alle risorse umane che lo abitano.
Nulla da eccepire, se non fosse per il fatto chel'attuale impressionante incremento della disoccupazione e' presente significativamente anche nelle Regioni forti e permane anche in presenza di sistemi formativi adeguati.
In particolare, il vero campanello d'allarme e' costituito dalla disoccupazione giovanile che evidenzia la discrasia esistente fra scopi dell'azione formativa e reali necessita' della domanda di lavoro.
Quello che serve nella nostra epoca e', a mio avviso, una piu' acuta sensibilita' imprenditoriale, in senso lato. Ossia una maggior capacita' nell'identificare "i messaggi deboli", "i bisogni reali, ancora inespressi" per generare nuova occupazione "economicamente" impegnata.
L'impressionante continua espulsione di forza lavoro dall'industria non e' piu' bilanciabile con l'assorbimento nel terziario tradizionale, mentre puo' essere controbilanciata dall'identificazione e il conseguente soddisfacimento di nuovi bisogni.
Nelle mie presenti riflessioni, mi soffermero' sui due segmenti in materia della formazione professionale che meglio conosco:
-quello riguardante le risorse umane destinate a intraprendere;
-quello riguardante le risorse umane destinate a dirigere e gestire.
Tali segmenti sono senz'altro strategici per l'evoluzione delle risorse umane di un territorio, soprattutto nei momenti come il nostro di grande turbolenza politica, sociale ed economica, nei quali il cambiamento e' molto accelerato e quindi necessariamente, prevalentemente di tipo top-down.
La dominante che ispira queste mie riflessioni e' il concetto di trasversalita'. Liobiettivo del nuovo tipo di formazione imprenditoriale e manageriale deve essere quello di soddisfare "nuovi bisogni complessi". Nuovi dal punto di vista economico e sociale, complessi rispetto al loro soddisfacimento.
Sino a oggi la produzione ha messo a punto beni e/o servizi che raramente soddisfano "complessivamente" un bisogno; anzi, nell'area pubblica, ad esempio, si producono servizi (ad esempio il certificato) che soltanto se "trasversalmente assommati" con altri servizi (esame di guida) possono soddisfare il bisogno (spostarsi sul territorio guidando un automezzo).
Con l'avvento delle nuove tecnologie, con la diffusione della multimedialita', della realta' "virtuale" ecc. la scienza sta consentendo a nuove forze sociali acculturate di avviare nuove attivita' volte al soddisfacimento di nuovi bisogni complessi mediante, non gia' la semplice sommatoria, bensôl'integrazione di beni e servizi preesistenti.
Ma per conseguire tale capacita' necessitano risorse umane opportunamente "formate":
-sia nel saper cogliere queste nuove opportunita';
-sia nel saper organizzare e gestirel'integrazione.
Nel mondo del privato questa nuova cultura inizia a essere avvertita dalla grande impresa e da alcune punte avanzate della piccola e media: si parla sempre piu' spesso di integrazione di reti (di telecomunicazione, di distribuzione ecc.), di imprese a rete.
Ma il mondo della formazione non ha ancora coniato strumenti formativi adeguati per consentire ai soggetti destinatari la migliore metabolizzazione di questa nuova filosofia imprenditoriale e gestionale, anzi il mondo della formazione per imprenditori e manager si connota, a mio avviso, come segue:
-relativamente poche scuole per imprenditori;
-inflazione di corsi di formazione e aggiornamento professionale per imprenditori e manager che insistono ad acculturare "verticalmente" sulle tecniche specialistiche di gestione (budgetting control, marketing, finanza ecc.);
-e infine, molte, troppe ore d'aula e troppo poco tempo destinato al training on-the-job.
Poche sono infatti le iniziative, come quelle perl'imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno (Legge 44), o come il Formaper della Camera di Commercio di Milano, che consentono di apprendere e contemporaneamente verificare nella pratica cio' che si e' appreso. Ma questo "modello" rimane comunque il piu' valido e merita di essere declinato ulteriormente dagli studiosi di formazione imprenditoriale e manageriale, se si vuole incrementarel'efficacia dell'azione formativa.

L'IMPORTANZA STRATEGICA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
Quando si parla di formazione imprenditoriale e manageriale delle risorse umane per il sistema economico produttivo, si tralascia troppo spesso di pensare a quella destinata alle risorse umane impiegate nella Pubblica Amministrazione. In sintesi,l'ottimizzazione dell'equazione: "qualita' del sistema formativo = qualita' della performance economica" e' conseguibile in un territorio, in un Paese, soltanto mediante uniazione formativa che faccia crescere parallelamente e contemporaneamente imprenditori e dirigenti privati, amministratori e dirigenti pubblici.
Sotto quest'ultimo profilo,l'Italia "... ha dormito 700 anni!!" nel senso che, da troppi decenni la formazione delle risorse umane nella Pubblica Amministrazione non e' sostanzialmente considerata uniattivita' strategica.
Il problema e' stato affrontato con scarsissime idee e altrettanto scarse risorse.
Le poche scuole esistenti hanno, fino a pochissimi anni fa, propinato una formazione di tipo giuridico/amministrativo orientata alla "gestione per compiti" anziche'"per risultati".
Inoltre, tali scuole non sono regionalmente distribuite su tutto il territorio, come necessiterebbe, ma operano centralmente, prevalentemente a Roma, con scarsissime risorse economiche. In Italia si spende per la formazione dei dipendenti pubblici soltanto lo 0,4% del monte salari, quando nella vicina Francia si spende circa il 6 per cento!!
Ma quando si parla di qualita' nella formazione per il dirigente pubblico si deve affrontare il problema del modello di riferimento. Con questo termine nel settore privato ci si riferisce a una pluralita' di comportamenti che, in quanto vincenti, sono da imitare. Quando si parla di modello di riferimento nel pubblico, in uniepoca come la nostra di grandissimi cambiamenti istituzionali che sono ancora lontani dall'essere compiuti, risulta difficile ispirarel'azione formativa. Peraltro, i messaggi forti sin qui recepiti in proposito sono significativi quali ad esempio: "privatizzare" la gestione del pubblico, "federalismo", ridurre il numero delle leggi, modernizzare i controlli, considerare cliente il cittadino eccetera.
In ogni caso, "triangolando" nell'oceano delle problematiche e avvalendosi anche di tecniche euristiche, si deve avviare uniazione formativa per amministratori e dirigenti pubblici che colga i seguenti obiettivi:
-stimolare la capacita' di integrazione fra sistemi di servizi (pubblici e privati);
-orientare maggiormentel'insegnamento verso le tecniche di organizzazione, di gestione, di comunicazione e di controllo dell'efficacia e dell'efficienza.
Inoltre, si dovra' superare 'attuale monopolio di fatto dell'offerta, invertendo il sistema di finanziamento della formazione: dall'attuale finanziamento delle scuole (offerta) al futuro finanziamento della domanda (Pubbliche Amministrazioni utenti).
Tale tesi e' stata recentemente sostenuta da una Commissione del Dipartimento per la Funzione Pubblica di cui faccio parte.
Tale proposta e' volta a conseguire lo sviluppo di un libero mercato anche per la formazione nel settore pubblico, dove saranno premiati i soggetti dell'offerta che meglio sapranno interpretare le attese delle Pubbliche Amministrazioni utenti.
In tal modo si spera di poter assistere:
-al sorgere di attivita' formative sviluppate su tutto il territorio nazionale sia per la Pubblica Amministrazione centrale che per la Pubblica Amministrazione periferica e locale;
-alla nascita di soggetti formatori pubblici, pubblici-privati, privati che in competizione e/o in rete presteranno i propri servizi in un regime di sana competizione (a esclusione dei corsi-concorsi obbligatori che permarranno di competenza della Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione e delle altre scuole ministeriali);
realizzando, anche in questo campo il modello di uno Stato piu' "programmatore, regolatore e controllore" e meno erogatore diretto del servizio.
La nascita di tale nuovo mercato dovrebbe soddisfare unialtra esigenza che non e' mai stata affrontata: la formazione gestionale degli amministratori pubblici che, soprattutto a seguito del decreto n. 29/93, dovranno apprendere come meglio interpretare il ruolo politico.

LA FORMAZIONE E' LEGATA ALLO SVILUPPO ECONOMICO
Ma in tema di integrazione fra i sistemi formativi conl'obiettivo di migliorare la performance del sistema economico produttivo del Paese, mi sembra indispensabile integrare in rete il sistema formativo pubblico e privato. Nel senso che anche il privato deve conseguire una maggior cultura sulla gestione della "res" pubblica.
La carenza di informazione, di capacita' comunicazionale della Pubblica Amministrazione verso il privato e' un handicap per il sistema privato, e' un gap che il nostro sistema Paese ha nei confronti dei sistemi piu' evoluti.
La conoscenza sulle modalita' di accesso ai servizi pubblici da parte del sistema delle imprese e' un fattore critico di successo per il sistema complessivo. Tale azione non e' mai stata seriamente sperimentata e quindi ci troviamo di fronte a imprenditori e manager privati scarsamente informati sui propri diritti e doveri, nei confronti dello Stato.
La cross-fertilization culturale dovrebbe avviarsi percorrendo due linee parallele che consentono di recuperare parzialmente il tempo perduto in proposito:
-per imprenditori e manager del privato corsi e seminari informativi su tutto quello che e' necessario sapere per interagire trasparentemente ed economicamente con la Pubblica Amministrazione centrale e periferica;
-per i candidati alla dirigenza nel pubblico e nel privato iniziative formative impostate:
-su un acculturamento gestionale comune;
-su un periodo di training on-the-job incrociato, nel senso che i candidati alla dirigenza pubblica vivranno uno stage nel privato e i candidati alla dirigenza nel privato vivranno uno stage nel pubblico;
-corsi specifici e peculiari separati per candidati manager pubblici e candidati manager privati che terminano con una tutorship per il training on-the-job pressol'impresa o le amministrazioni destinatarie.
Quest'ultimo pensiero ha ispirato il mondo dell'impresa privata che ha recentemente avviato qualche esperimento, quale ad esempio la costituzione di due societa' partecipate da tutti i piu' importanti gruppi imprenditoriali del privato: Spa Ricerche e Spa Education, che hanno proprio nella "cross-fertilization culturale fra pubblico e privato" il loro obiettivo statutario, ma "i tempi di risposta allo stimolo" sono, per diversi motivi, abbastanza lunghi.
Io credo che si potrebbe incominciare, ragionevolmente, ad avviare azioni del genere mediante libere iniziative che abbiano pero' il riconoscimento e il sostegno di tutti i principali Poli territoriali pubblico/privati interessati (Regioni - Province - Comuni - Camere di Commercio - Associazioni di Rappresentanza degli interessi - soggetti esperti - Accademia eccetera). Ciascuna iniziativa dovrebbe poi raccordarsi in rete a livello nazionale con la regolazione e il controllo dell'istituzione centrale.
Questa formula rappresenterebbel'avvio di un nuovo modo di fare formazione nell'interesse complessivo del sistema, abbattendo le tradizionali ingiustificate barriere culturali tra i due mondi: il pubblico e il privato che, forti delle proprie peculiarita', devono sempre meglio integrarsi per vincere nello scenario competitivo locale, nazionale e internazionale.