Impresa & Stato N°28 - Rivista della Camera di Commercio di Milano
LA FORMAZIONE CONTINUA E IL SISTEMA DI FORMAZIONE PROFESSIONALE LOMBARDO
di Federico Montelli
La ricerca finanziata dalla Camera di Commercio di Milano e
condotta con precisione dall'Ires Lombardia sul tema "Lo
sviluppo delle risorse umane nelle Regioni forti d'Europa"
disegna un quadro preciso e molto interessante delle
capacita' di alcuni sistemi di formazione appartenenti tutti
ad aree a elevato sviluppo europeo, di far fronte alle
richieste di professionalita' delle risorse umane nei
prossimi anni.
Il quadro che ne viene fuori e' di una profonda diversita'
dei sistemi e delle risposte a livello europeo di fronte alle
sfide, in termini di risorse umane, che ci pone l'attuale
fase economica e sociale. Se questo e' in parte giustificato
dalle differenze esistenti a livello delle economie locali,
esso e' meno comprensibile se ragioniamo in termini di
progressiva tendenza alla omogeneita' e alla integrazione
delle economie nazionali europee e soprattutto rispetto alla
esigenza di armonizzazione dei sistemi educativi europei,
quale presupposto fondamentale della liberta' di circolazione
della risorsa umana nell'ambito del Mercato Unico europeo. Sta
il fatto che per un motivo o per l'altro tutti i sistemi
professionali esaminati appaiono per lo meno in parte
insufficienti a far fronte alle richieste che provengono da
parte delle imprese.
Cosi' abbiamo appreso o per lo meno avuto una conferma della
parziale efficienza del sistema duale tedesco nel risolvere
il problema della prima professionalizzazione e dell'ingresso
sul mercato del lavoro, ma anche della sua minore capacita'
di far fronte alle richieste che provengono dal mondo degli
occupati. Allo stesso tempo, il sistema francese di
finanziamento della formazione continua appare senz'altro fra
i piu' avanzati in Europa, ma per converso la formazione
francese verso i giovani appare troppo centralizzata e poco
vicina alle imprese.
In questo quadro il sistema italiano o per meglio dire il
sistema lombardo si caratterizza per una certa disomogeneita'
e una carenza di coordinamento, felicemente rappresentata
dalle definizioni di lean training e policentrismo coniate
dalla ricerca. Caratteristiche che da una parte ribadiscono
giustamente indubbie deficienze del sistema ma che, con una
certa sorpresa, aprono il cuore alla positiva contestazione
che esistono anche aspetti piu' positivi come una certa
flessibilita' e una maggiore aderenza a una realta' cosi'
diversificata come quella lombarda caratterizzata
storicamente dalla presenza di tutti i settori e fortemente
diversificata nelle produzioni e nei servizi.
Sembrerebbe infatti che pur nella sua rigidita' il sistema
professionale lombardo sia in grado di offrire una discreta
preparazione di base; il tutto a prezzo di una sua crescente
fossilizzazione e teoricita' e a scapito della aderenza alle
esigenze particolari delle imprese. Soprattutto il sistema
appare fortemente sbilanciato sulla formazione dei giovani e
con una bassissima presenza di attivita' di formazione
continua.
Mentre da una parte appare ancora aperto il dibattito sulla
possibilita' o opportunita' di importare forme piu' o meno
simili al sistema tedesco di formazione duale nel segmento
della formazione iniziale, non vi e' infatti alcun dubbio che
i sistemi di formazione continua stanno assumendo una
importanza sempre piu' rilevante in tutte le economie piu'
avanzate.
Per quanto riguarda la formazione iniziale si tratta di
attenuare alcune rigidita' esistenti nell'attuale sistema di
formazione professionale in modo che tale formazione sia piu'
vicina alle esigenze delle imprese e soprattutto sia
perlomeno in parte meno teorica e piu' pratica. Si vanno
infatti moltiplicando le lagnanze da parte delle imprese che,
soprattutto in questa fase di ripresa economica, non trovano
manodopera specializzata o quando la trovano ne constatano
una buona preparazione teorica ma anche la mancanza di
abilita' concrete relative alla specifica mansione.
Il problema e' quello allora di assicurare un giusto
bilanciamento tra preparazione generale (in aula e off-the-
job) e preparazione specifica (sul posto di lavoro e on-the-
job) in modo che non ci sia sbilanciamento tra le due
componenti. Il sistema duale tedesco, anche se a prezzo di
rigidita', assicura tale esigenza riconoscendo alla attivita'
formativa svolta in impresa crediti con validita' formale
nell'ambito del percorso formativo. Il sistema italiano appare
invece oggi presentarsi con una separazione rigida (perlomeno
sulla carta) tra attivita' di aula (e relativa
certificazione/diploma) svolte dal sistema formale (in gran
parte pubblico) di formazione professionale e attivita' in
azienda, normalmente non riconosciute e lasciate semmai al
finanziamento diretto del Fondo Sociale Europeo o indiretto
dei contratti di formazione lavoro.
Non si tratta allora di smantellare del tutto il sistema
attuale pubblico italiano di formazione professionale che,
come rileva la ricerca dell'Ires, ha perlomeno il pregio di
assicurare una decente preparazione di base, ma di permettere
e istituzionalizzare (al di la' delle iniziative lasciate
alla buona volonta' dei singoli) una maggiore osmosi tra
scuola e azienda. Il sistema potrebbe assestarsi su tre poli,
di cui uno pubblico a cui sarebbe affidato comunque un
obiettivo generale di assicurare la preparazione generale, di
base e teorica, applicabile anche a un raggio di mansioni non
necessariamente ristretto, in modo da poter eventualmente
attuare nel corso della vita lavorativa unialternanza di
mestieri lavorativi.
All'azienda, attraverso adeguate forme di finanziamento e
riconoscimenti, la formazione (on-the-job), sulla mansione
specifica, in modo che dal "sapere" si passi non solo al
"saper fare" ma anche conseguentemente al "fare" vero e
proprio. Ad altre realta', fra cui le Camere di Commercio
credono di poter rientrare per il loro posizionamento
istituzionale che le colloca al crocevia di tutte le
categorie economiche (comprese le rappresentanze delle
imprese e dei lavoratori), il compito di attuare iniziative
di alternanza scuola lavoro o di orientamento generale che la
scuola formale non e' in grado di fare e le aziende
(sicuramente quelle di piccola dimensione), non fanno perche'
troppo costose o comunque a rendimento troppo differito nel
tempo per trovare giustificazione come costo aziendale.
Fra queste iniziative potrebbero essere ricomprese anche
attivita' di supporto extra curricolare alle cosiddette
lauree brevi o diplomi universitari che sia pure con qualche
difficolta' incominciano a decollare, cosi' come forme di
orientamento alla imprenditorialita' che sempre di piu' e
giustamente si va affermando come una possibile alternativa
al lavoro dipendente e come strumento strutturale di politica
del lavoro.
Altro discorso va fatto per il sistema di formazione continua
che, come ancora una volta la ricerca mette in evidenza, va
in Italia sostanzialmente scritto da zero e portato a un
livello non troppo dissimile da quello delle altre nazioni
europee che gia' da tempo si sono poste il problema. Anche
qui si pone in risalto come il sistema ha reagito con
iniziative prettamente aziendali o con il ricorso al mercato
privato della formazione.
Il problema e' che tutte e due non sono piu' sufficienti per
assicurare al sistema delle imprese manodopera continuamente
aggiornata.In primo luogo la formazione avanzata non puo'
piu' essere attuata solamente in azienda perche' non si
tratta piu' come in passato di effettuare solamente
operazioni di aggiornamento su mansioni che restavano
sostanzialmente immutate nel tempo; occorre ormai a cicli
sempre piu' ristretti riformare il lavoratore mettendolo in
condizione non solo di svolgere la sua mansione ma anche in
teoria di riconvertirlo in toto o in parte a mansioni
totalmente differenti.
Come e' comprensibile questa attivita' non puo' essere svolta
totalmente in azienda che non ne ha piu' la convenienza a
farlo visto che si assumerebbe un compito e dei costi che
sono di interesse generale. Va da se' infatti che a questo
processo di flessibilita' delle mansioni e del lavoro si
accompagna anche un progressivo processo di mutamento del
contenuto del lavoro e la possibilita' teorica di un continuo
cambiamento di mestieri e posti di lavoro lungo la vita
lavorativa.
Perche' quindi l'impresa dovrebbe assumersi in toto il costo
di formare risorse che poi potrebbero passare ad altre
imprese, magari concorrenti? In secondo luogo, l'offerta
solamente di parte privata di formazione non e' in grado di
far fronte a tale esigenza in quanto fortemente squilibrata,
come e' comprensibile, verso la domanda piu' sofisticata e
profittevole di formazione cioe' la domanda da parte delle
grandi e medie imprese, trascurando in gran parte la domanda
proveniente dalle piccole imprese. Proprio per quanto
riguarda queste ultime vi e' da approfondire il discorso.
Le piccole imprese come sappiamo fanno poca formazione e
probabilmente la fanno anche qualitativamente in modo
inefficace.
Una recente ricerca Formaper sul comparto artigianale
lombardo ha confermato che solo il 15-20% delle imprese
artigianali lombarde indipendentemente dai settori fa
formazione. Inoltre la poca formazione che si fa e'
concentrata sulla formazione strettamente professionale e
tecnica mentre la formazione gestionale e manageriale e'
assolutamente insufficiente, scarsamente utilizzata, lasciata
piu' alla buona volonta' dei singoli che a iniziative
congiunte.
La ricerca Formaper ha anche messo in evidenza come il
ricorso alla formazione e' abbastanza indipendente dalla
dimensione aziendale e piu' collegato all'atteggiamento verso
la cultura e la formazione dell'imprenditore. Fra la
formazione continua della piccola impresa inoltre la grande
trascurata e' la formazione imprenditoriale.
La sottoutilizzazione di questo strumento e' in parte legata
alla scarsa richiesta delle imprese, ma anche ad un pervicace
atteggiamento contrario da parte di alcuni ambienti culturali
contro la formazione imprenditoriale. Sotto questo ultimo
aspetto occorre una volta per tutte fare chiarezza e
affermare che la formazione continua e' ormai un obbligo per
tutti, anche per i piccoli e medi imprenditori.
Lo stereotipo che imprenditore "si nasce e non si diventa"
poteva essere semmai appropriato alcuni decenni fa, in
diverse condizioni di mercato e con differenti gradi di
complessita' tecnologica, non lo e' sicuramente piu' oggi.
Venti anni fa le piccole imprese operavano su scala quasi
esclusivamente locale, oggi i mercati anche per loro sono
globali; venti anni fa le piccole imprese producevano con
tecnologie fortemente semplificate rispetto alla grande
impresa, oggi l'informatica e l'automazione hanno appiattito
i requisiti tecnologici richiesti per la efficienza e la
qualita' sia nel manifatturiero che nei servizi; venti anni
fa la contabilita', quando esisteva, era estremamente
semplificata, oggi non esiste azienda che possa operare senza
conoscere i propri costi di produzione e cosi' via.
Del resto anche questo aspetto e' stato ben colto dalla
ricerca Ires che mette in evidenza come nel Sistema
Flessibile tipico del sistema produttivo italiano la figura
dell'imprenditore o dei suoi principali collaboratori (il
gruppo dirigente della piccola impresa) assume un ruolo
centrale nella gestione della piccola impresa, ancor piu' che
la forza lavoro tradizionale, che per i limiti dimensionali
della piccola impresa e' destinata a un continuo turnover.
Questo gruppo dirigente la cui caratteristica e' la
interfunzionalita' e la flessibilita' organizzativa e' il
vero motore dell'impresa, al di la' della sfera strettamente
produttiva. Oltretutto questiultima in alcuni casi e'
addirittura esternalizzata o, anche nella piccola impresa,
sempre piu' trasferita nei Paesi in via di sviluppo. Questo
gruppo imprenditoriale della piccola impresa non puo' piu'
operare in termini dilettanteschi e deve assolutamente
ricorrere a sistemi avanzati di formazione. Cio' significa
essere normalmente concentrati su competenze trasversali
avanzate di ambito organizzativo tipiche della grande impresa
(come la gestione dei collaboratori, la comunicazione ecc.)
ma anche su le altre due aree cruciali del controllo tecnico
della produzione o della qualita' e sul lato, altrettanto
cruciale, della commercializzazione.
Come ultimo aspetto vi e' sempre di piu' la consapevolezza
che la creazione di impresa e la piccola impresa saranno
anche in futuro la principale fonte di occupazione sia su
scala internazionale che sul contesto italiano. Del resto
anche la Unione Europea dopo anni di attenzione alla forza
lavoro della grande impresa nelle sue piu' recenti decisioni
e nei suoi piu' recenti programmi ha preso atto della
rilevanza della piccola impresa avviando significative
correzioni nei fondi strutturali o lanciando nuovi programmi
come Adapt e Leonardo.
Si pone il problema quindi di come lanciare un sistema di
formazione continua nella piccola impresa che tenga conto
delle sue poliedriche esigenze e della scarsita' di risorse
disponibili. Anche in questo caso la soluzione deve avvenire
rispettando e non disperdendo quella poliedricita' che, come
dice l'Ires e' fattore di ricchezza del contesto formativo
italiano.
Accanto quindi alla iniziativa pubblica potranno coesistere
forme avanzate di formazione, magari piu' remunerative e
lasciate al mercato privato, o forme consortili lasciate alle
associazioni, oppure infine lasciate alla contrattazione
delle parti sulla scia di esempi recenti come la creazione
degli Enti bilaterali o la creazione di una scuola di
management per i dirigenti del terziario.
Da parte sua il sistema delle Camere di Commercio, ma
soprattutto la Camera di Milano, attraverso in particolare
l'attivita' della sua azienda speciale Formaper, puo' offrire
i risultati della sua esperienza nel settore della formazione
imprenditoriale, sia nella fase iniziale della creazione di
impresa che nella fase del consolidamento e crescita della
piccola.
Oltre che soluzioni operative, ovviamente in collaborazione
con le associazioni e l'Ente regionale, tese alla creazione
di un sistema strutturato e diffuso su larga scala di
formazione rivolto agli imprenditori di tutti i settori, la
Camera di Commercio puo' avere un ruolo nella necessaria fase
di ricerca e monitoraggio del sistema grazie al notevole
patrimonio informativo di cui dispone, patrimonio che puo'
essere esteso anche al settore della formazione professionale
come la sperimentazione nazionale del sistema Excelsior
compiuta da Unioncamere stanno a dimostrare.
Proprio la Francia puo' essere presa ad esempio visto che ha
inserito ufficialmente la tematica della formazione
imprenditoriale nella programmazione regionale, coinvolgendo
fortemente le associazioni e le Camere di Commercio locali.