di Asher Colombo
LA DOMANDA DI RISORSE UMANENELLE IMPRESE STUDIATE
Restringendo il campo d'osservazione ai settori studiati,
possiamo specificare meglio questi mutamenti nella domanda di
risorse umane da parte delle imprese.Nel settore bancario
emergono professionalita' nuove, mentre altre sono
interessate da processi in cui i contenuti della mansione
svolta vengono rinnovati.
In particolare, l'adozione di strategie di decentramento e di
"orientamento al mercato" rende cruciali i direttori di
filiale, piu' responsabilizzati oltreche' sensibilizzati alla
gestione delle risorse umane fino all'attribuzione di compiti
formalmente o informalmente formativi.
La segmentazione del mercato e la turbolenza dell'ambiente
istituzionale esterno rendono cruciali varie figure
consulenziali, esperti, professionisti nei vari settori e
campi dell'azione di queste imprese. A livello esecutivo le
figure addette alla vendita (front-office) diventano piu'
importanti di quelle amministrative (back-office).Cambiano
anche le competenze richieste a queste figure.
Una maggiore scolarizzazione e' considerata una base
irrinunciabile per poter successivamente dotare, in percorsi
formativi aderenti a specifiche esigenze aziendali, il
dipendente di competenze molto ampie, che gli consentano di
soddisfare la piu' vasta gamma possibile di richieste del
cliente. Sono poi le abilita' relazionali, sociali,
comportamentali a essere particolarmente richieste
dall'azienda.
Queste tuttavia vengono inserite entro specifiche "culture"
aziendali. Puo' essere utile riportare come esempio il fatto
che, se nelle grosse banche urbane all'operatore e' richiesto
di operare in modo formale e di trasmettere un'immagine
austera della banca, nelle piccole casse rurali e' ritenuto
piu' utile uno stile conviviale e attento allo specifico modo
di vita e di relazione locale.Anche il settore tessile vede
l'emergere di professionalita' nuove.
L'esigenza della qualita' come dimensione cruciale della
concorrenza nei segmenti piu' alti del settore rende preziose
le professionalita' intellettuali e professionali dei
"creativi" e degli stilisti, delle figure legate alla
progettazione delle linee di prodotto, ma anche delle figure
a cui vengono assegnati i controlli e le verifiche della
qualita'.
Importanza crescente viene anche attribuita agli addetti al
marketing, segnatamente ai venditori, a cui nella relazione
col cliente viene affidata anche l'immagine dell'azienda. Qui
conta molto un mix di competenze tecniche - legate sia al
marketing che alle specificita' del settore - e di competenze
sociali, legate alla capacita' di condurre la relazione
venditore-cliente.
Tuttavia, il tessile appare anche il settore in cui piu'
marcati risultano i processi di dequalificazione del lavoro,
un portato del primato dell'innovazione tecnologica che ha
dominato il comportamento delle imprese nel corso degli anni
Ottanta. Nel caso della grande azienda tessile completamente
verticalizzata da noi studiata, la "de-specializzazione"
diventa la parola diordine.
Si tratta di processi che spesso vanno di pari passo con
tradizionali percorsi di "segregazione" di genere dei mercati
del lavoro interni.Limitati, ma non assenti e - cosa piu'
interessante - recenti e in fase di diffusione, appaiono
tuttavia processi di valorizzazione delle risorse umane
legate all'implementazione dei programmi di qualita', di cui
un caso emblematico e singolare allo stesso tempo e'
costituito dalla piccola azienda di tessitura studiata.
Qui il decentramento della responsabilita' e' in atto e la
trasmissione delle conoscenze lungo le linee gerarchiche e'
continua e istituzionalizzata.Il settore della produzione
delle macchine utensili costituisce anch'esso, seppur in
forma diversa, un mix di tradizione e innovazione.
L'introduzione della produzione su commessa e il confinamento
della produzione in serie a segmenti secondari rendono
dinamica la funzione della progettazione e dell'ideazione
delle macchine - un'area in cui sono diverse le competenze
tecniche richieste: idraulica, elettronica, meccanica.
Inoltre, l'introduzione dell'informatica implica conoscenze
inedite che riguardano l'impiego di software anche complessi,
che richiedono capacita' di concettualizzazione e
simbolizzazione nuove.
Cos� risulta essenziale la capacita' di agire in cooperazione
con altre professionalita' aziendali.Anche qui il controllo
di qualita' e' spesso un corollario indispensabile.
I manutentori e gli addetti all'assistenza al cliente sono le
altre figure professionali considerate decisive dalle
direzioni aziendali. Anch'esse devono possedere competenze
non dissimili da quelle richieste ai progettisti.Spesso sono
gli stessi montatori delle macchine utensili a fornire
l'addestramento, a volte complesso, alle imprese clienti; una
prestazione questa che ormai fa parte del contratto stesso
diacquisto del bene.
Anche qui non sono tuttavia assenti processi di
dequalificazione, contestuali a quelli sopra descritti e che
coincidono con una diversa distribuzione delle opportunita'
di formazione.
L'OFFERTA DI RISORSE UMANE NEL MERCATO DEL LAVORO LOMBARDO
Fin qui la domanda espressa dalle imprese. Ma in che misura
essa trova soddisfazione? La risposta non e' univoca, e per
affrontare l'argomento dobbiamo rivolgerci a mutamenti piu'
vasti avvenuti nel mercato del lavoro negli ultimi dieci
anni.
Questi possono essere illustrati in quattro punti, che
riassumono altrettanti processi.
-Una generale contrazione delle forze di lavoro dovuta a
processi demografici e - forse - a variazioni nei
comportamenti di ingresso sul mercato del lavoro e nelle
preferenze delle famiglie. A questo processo ha fatto da
contraltare l'aumento della componente delle forze di lavoro,
e dell'occupazione, femminile.n-L'aumento generale della
scolarita' delle forze di lavoro (e degli occupati), che
tuttavia, rispetto al resto del Paese, ha riguardato piu' i
titoli intermedi che le lauree.
-Una diffusione, soprattutto da parte delle componenti piu'
giovanili e scolarizzate dell'offerta, di aspettative di
relativa coerenza tra collocazione nella struttura
occupazionale e profili scolastici e formativi.-Una
debolezza, o quanto meno un ritardo, nei processi di
adeguamento del contenuto delle conoscenze acquisite nei
percorsi scolastici e professionali alle mutate esigenze del
sistema produttivo.
Questi cambiamenti avvenuti nel mercato del lavoro
interagiscono con altri, avvenuti all'interno delle imprese,
nel rendere problematico l'incontro tra domanda e offerta di
risorse umane. A tale problematicita' contribuisce infatti il
dinamismo tecnologico di molte delle imprese considerate che
ha reso obsolete alcune professionalita'.
SELETTIVITA' E REATTIVITA' DELLE IMPRESE
Dato questo mismatch tra domanda e offerta, in che modo le
aziende affrontano il problema di dotarsi di risorse umane
adeguate? Si possono sinteticamente indicare tre
momenti:Politiche selettive all'ingresso. Dato che la
corrispondenza tra domanda e offerta di risorse umane e'
problematica e "a macchia di leopardo", le imprese tendono a
collocare i primi meccanismi di intervento sull'offerta al
momento stesso dell'assunzione. In generale, per le figure
piu' qualificate si precisano e si formalizzano i titoli, si
adottano criteri formali di selezione come test, esami
scritti (per le banche per esempio).
Alcune imprese si affidano per una prima "scrematura" a
societa' specializzate. Successivamente la valutazione si
basa su criteri di "compatibilita'" all'ambiente aziendale o
anche di integrazione nella cultura locale del lavoro. Per le
figure dequalificate, diventano invece importanti criteri
quali l'eta' o il sesso. In due delle tre aziende tessili
studiate, i lavori meno qualificati sono fortemente
femminilizzati.
In una si e' fatto ricorso a forza lavoro immigrata,
abbondante sul mercato del lavoro lombardo.Internalizzazione
dei mercati del lavoro. La strategia dell'internalizzazione
dei mercati del lavoro e' tradizionale in un contesto come
quello italiano, in cui operano diversi fattori che la
incoraggiano o che la rendono a volte una scelta obbligata,
dati i vincoli di tutela del dipendente. Tuttavia essa e' in
qualche modo funzionale e coerente con la debolezza
dell'offerta formativa da parte del sistema pubblico.
Il modello di utilizzo delle risorse umane in cui e'
prevalente il ricorso ai mercati interni del lavoro e' dunque
dominante, particolarmente nel settore bancario e nelle
grandi imprese industriali. Fanno eccezione le figure a
elevata professionalita' e consulenziali, oltre alle fasce
piu' alte della dirigenza. Non mancano tuttavia varianti
anche significative a questo modello prevalente. Sono
soprattutto le imprese industriali di dimensioni piccole e
medio-piccole a cercare all'esterno personale qualificato.
Questo avviene in particolare per la difficolta' di sostenere
i costi connessi alla formazione, soprattutto nelle
situazioni di mutamento.
In queste aziende i tempi di percorrenza delle carriere
appaiono piu' lunghi di quanto non accada in quelle in cui
piu' saldi sono i mercati interni del lavoro, dato che le
posizioni elevate vengono occupate da personale che arriva
dall'esterno. In questo caso e' possibile anche che venga
incoraggiato il turn-over delle figure qualificate
inizialmente inquadrate ai livelli bassi, che non vedono
opportunita' di avanzamenti di carriera.
Ma cio' puo' anche finire per ostacolare la trasmissione di
competenze tra i dipendenti posti a diversi livelli nella
struttura funzionale delle aziende, rendendo ancor piu'
determinante l'intervento delle figure manageriali per
l'integrazione e lo sviluppo - anche formativo - delle
risorse umane.Strategie associative tra imprese e/o tra
imprese e altre istituzioni. Come vedremo piu'
dettagliatamente, le carenze dell'offerta vengono superate
dalla formazione aziendale.
Questa viene tradizionalmente erogata da scuole professionali
aziendali nei casi delle aziende piu' grosse, una realta'
questa ormai largamente limitata al settore bancario per il
quale non e' tuttavia sufficiente a coprire l'intera domanda.
Viene invece erogata da istituzioni formative consortili per
imprese piu' piccole, o in distretti industriali come quello
serico comasco e quello cotoniero bustese.
MUTAMENTI NELLE ISTITUZIONI E NEI PROGRAMMI FORMATIVI REGIONALI
Prima di analizzare come le imprese intervengono direttamente
nei processi di sviluppo delle risorse umane attraverso
l'attivita' formativa, vediamo qual e' lo stato dell'offerta
formativa pubblica. Questo ci consente di riprendere e
sviluppare i temi relativi alle caratteristiche dell'offerta
locale di risorse umane. Infatti, coloro che per la prima
volta si affacciano al mercato del lavoro lo fanno con quel
corredo di conoscenze che sono state trasmesse loro nei
percorsi di scolarizzazione e professionalizzazione previsti
dal sistema istituzionale pubblico.
L'offerta formativa prodotta all'esterno delle imprese si
caratterizza in Lombardia per la varieta' dei soggetti
attivi, istituzionali e non, oltre che per i diversi gradi di
coerenza che tale offerta riesce a stabilire con la domanda
espressa dal sistema produttivo. Questa varieta' puo' essere
ricondotta a due circuiti alternativi.
Il primo e' quello costituito dall'offerta formativa
istituzionale e pubblica. Si tratta di un settore molto
ampio, la cui ossatura e' costituita dalle strutture
permanenti dei Centri per la formazione professionale gestiti
dall'amministrazione regionale.
Al circuito appartengono anche segmenti del sistema
scolastico - come gli Istituti Professionali di Stato - e
universitario - come i Diplomi Universitari di recente
istituzione. Questo circuito mostra alcuni limiti,
sintetizzabili (secondo quanto rilevato sia da esperti e
operatori di vario livello intervistati che da studi condotti
dall'Isfol) in:-un ritardo della Regione Lombardia rispetto
ad altre amministrazioni regionali nel passaggio da una
funzione prevalentemente istituzionale, di gestione diretta
del prodotto formativo, a una di progettazione, valutazione e
controllo del prodotto formativo;-un prevalente orientamento
a una formazione di stampo piu' propriamente scolastico, o
comunque di primo livello, rispetto a una formazione e a un
addestramento di secondo livello e di tipo ricorrente;-una
separazione temporale e istituzionale tra momento
delliapprendimento e momento dell'applicazione e
qualificazione delle competenze acquisite: il sistema
istituzionale della formazione professionale e' infatti privo
di meccanismi di formazione sul lavoro.
Tuttavia, sempre secondo le stesse fonti, questo sistema e'
anche stato in grado di stabilire una certa coerenza con
quello produttivo, sia per la riconosciuta capacita' di
fornire a quest'ultimo diplomati e laureati dotati di una
buona preparazione di base, sia per la relativa efficienza
nello svolgere un ruolo socio-assistenziale per favorire la
ristrutturazione delle imprese.
Nonostante i limiti indicati, il sistema d'istruzione
pubblico ha dunque continuato, tutto sommato, a dar buona
prova di se'.Accanto al sistema istituzionale pubblico opera
il circuito privato, o extraistituzionale, della formazione.
In esso sono riconoscibili due modalita' formative vitali
perl'economia regionale, a cui si aggiungono esperienze di
minore rilevanza economica, che pero' contribuiscono a
tratteggiare per la regione un quadro estremamente
differenziato in cui molto peso hanno le strategie attuate
dalle imprese, dagli Enti locali e dalle associazioni degli
interessi.
La prima modalita' e' costituita dalle esperienze associative
tra imprese che hanno dato vita a Enti formativi consortili,
sostenuti peraltro anche dalle istituzioni pubbliche e dalle
organizzazioni di rappresentanza degli interessi. Questi
hanno avuto successo particolarmente nel settore tessile,
dove - sulla spinta a livello locale di imprese del settore e
delle loro associazioni, ma anche dei sindacati, delle Camere
di Commercio e di alcuni livelli del governo locale
particolarmente sensibili - sono nati centri di formazione
orientati a coprire le esigenze formative specifiche lasciate
scoperte dal sistema pubblico.2
La seconda e' rappresentata da quel fenomeno che potremmo
definire di "imprenditoria della formazione", che ha dato
vita nel corso degli ultimi ventianni a un variegato insieme
di societa' di formazione e consulenza, in parte organizzato
in forma reticolare, e regolato da un'associazione
professionale che riunisce le diverse categorie di soggetti
impegnati.
Infine, ma costituisce una fascia in forte declino, persiste
l'offerta formativa delle scuole professionali private,
orientate tipicamente alle fasce operative della forza
lavoro, specie in campi quali i lavori d'ufficio,
l'informatica, l'estetica e l'acconciatura, la moda e la
sartoria.
L'offerta formativa lombarda appare dunque articolata in due
grossi segmenti, la cui tendenza sembra essere quella a una
relativa separazione e specializzazione funzionale. Il
settore pubblico svolge soprattutto funzioni sociali e
assistenziali e copre la formazione di base, non senza
significativi segmenti di eccellenza, mentre il circuito
privato serve soprattuttol'industria a livello locale e si
specializza in una formazione piu' mirata.
In modo complementare essi coprono la formazione esterna alle
imprese. Per quella on-the-job dobbiamo rivolgerci alle forme
di sviluppo delle risorse umane realizzate dalle imprese.
FORMAZIONE E SVILUPPO DELLE RISORSE UMANE NELLE IMPRESE LOMBARDE
La scarsa congruenza tra le capacita' acquisite nei percorsi
formativi che precedono l'ingresso sul mercato del lavoro e
quelle effettivamente richieste dalle imprese, e
l'ambivalenza del sistema educativo, che incorpora strumenti
di politica sociale e strumenti di politica economica,
rendono difficile per le imprese trovare nel sistema di
formazione professionale una risposta soddisfacente alle loro
esigenze di capacita' professionali.
La produzione di conoscenze specifiche e' dunque largamente
demandata alla formazione a livello di impresa.Gli studi di
caso condotti profilano due soluzioni prevalenti, di cui la
prima, molto diffusa ed evidente soprattutto nelle aziende
operanti nel settore propriamente industriale, puo' essere
per semplicita' definita tradizionale, mentre la seconda
presenta margini di innovazione.
Nelle aziende identificate nel primo modello, esiste
un'accentuata separazione tra i meccanismi e i contenuti
della formazione per le fasce operaie a meno elevata
professionalita', o comunque esecutive, della forza lavoro,
da un lato, e quelli impiegati per le fasce qualificate,
professionali o direttive, dall'altro. Nel caso della
formazione per figure esecutive, le direzioni e gli
osservatori privilegiati intervistati preferiscono utilizzare
il termine meno impegnativo di "addestramento".
I meccanismi prevalenti in questo caso sono infatti la
formazione on-the-job fornita da operai esperti mediante
l'affiancamento sul posto di lavoro, l'addestramento all'uso
dei macchinari condotto dai fornitori delle macchine stesse,
o una breve socializzazione al lavoro curata dal caporeparto.
E' solo per le fasce piu' elevate dei dipendenti che le
imprese perseguono di norma modalita' piu' strutturate e
formalizzate di sviluppo del personale. Mentre per queste
figure vengono erogati investimenti anche ingenti in
formazione, nei confronti delle figure escluse le strategie
variano da forme di addestramento molto brevi e informali a
vere e proprie scelte di dequalificazione (come accade nel
caso dell'impresa tessile di grandi dimensioni) connesse
all'adozione di strategie di innovazione tecnologica.
Da ultimo, l'immagine della formazione diffusa in queste
aziende e' quella di un costo, della "prima spesa da tagliare
in caso di crisi". Si tratta peraltro di uniimmagine diffusa
in tutte le aziende studiate e che presenta pochissime ma
significative eccezioni.
Tra queste puo' essere utile segnalare a moi di esempio il
caso della piccola impresa tessile, in cui l'introduzione dei
circoli della qualita', in una versione "tradotta" e frutto
di un adattamento rispetto allo stereotipo del circolo della
qualita' giapponese, ha spinto all'adozione di un
atteggiamento di sensibilita' e attenzione alla formazione.
Cos� viene selezionata una quota di dipendenti da avviare a
una formazione mirata alla qualita' e che al rientro
animeranno i circoli, trasmettendo in un meccanismo "a
pioggia" le conoscenze apprese. In un altro caso, relativo a
una tintoria di medie dimensioni, i dipendenti da formare
sono stati in parte eletti dagli stessi lavoratori (e in
parte selezionati dall'azienda) e la rappresentanza aziendale
e' stata coinvolta attivamente nel progetto.
Dal modello sopra tratteggiato si discostano i casi delle
aziende bancarie, dove il carattere tipicamente terziario del
lavoro richiede al dipendente, oltre alla semplice
acquisizione della capacita' di eseguire la prestazione in
modo conforme ed efficiente, conoscenze specifiche sia di
carattere tecnico che professionale. Per la formazione di
tali qualita' vengono previsti corsi che, oltre ai
tradizionali contenuti di natura tecnico-professionale,
affrontano temi come il marketing, la comunicazione, le
tecniche di vendita e la gestione aziendale.
Per queste ragioni la formazione per i neoassunti tende ad
allontanarsi progressivamente dal training on-the-job e ad
assumere connotati sempre piu' formalizzati e strutturati.
Questi interventi sono erogati da diversi meccanismi e
organizzazioni: centri formativi, consorzi tra imprese, o
societa' esterne. Un ruolo non limitato svolge
anche l'autoformazione.
Nelle banche di grandi dimensioni (come nel caso della grande
banca studiata) e nei nascenti raggruppamenti bancari (come
nel caso di quella media), sono in corso processi di
internalizzazione della formazione, che si concretizzano
nella nascita di scuole professionali aziendali, le quali
provvedono alla totalita' della formazione iniziale e a buona
parte degli interventi di riqualificazione, aggiornamento,
sviluppo delle competenze e delle capacita' del proprio
personale.
In questa prospettiva possiamo agevolmente riconoscere due
modelli distinti di interventi formativi. Il primo e' quello
adottato dalle grandi banche (Comit, Cariplo, Ambro-Veneto),
che hanno al loro interno centri di formazione completamente
autonomi, in grado di fornire un ampio ventaglio di servizi.
La sede principale in cui le banche fanno formazione e'
dunque qualcosa di molto simile al modello della scuola
aziendale tipica del mondo industriale degli anni Sessanta e
Settanta.
Viceversa le imprese bancarie di piccole e medie dimensioni
tendono a ricorrere ai servizi prestati all'esterno dalle
organizzazioni settoriali, che da qualche tempo hanno posto
attenzione al problema e offrono una molteplicita' di
risposte a esigenze specifiche.
IL RUOLO DELLE PARTI SOCIALI E DELLE ISTITUZIONI LOCALI NELLE ATTIVITA' FORMATIVE
Date queste caratteristiche dell'offerta formativa regionale
e queste strategie di formazione delle risorse umane da parte
delle imprese, che ruolo giocano le rappresentanze aziendali
dei lavoratori e i sindacati? E le associazioni
imprenditoriali e le istituzioni locali?
In Lombardia, come nel resto del Paese, per lungo tempo la
tematica della formazione e' rimasta sostanzialmente estranea
alla contrattazione collettiva. Al consolidamento di questo
orientamento avrebbero contribuito, nelle opinioni degli
intervistati, sia le direzioni aziendali, tradizionalmente
ostili a coinvolgere il sindacato in queste tematiche, sia le
rappresentanze sindacali ideologicamente legate a
un'interpretazione dei temi della formazione e dello sviluppo
delle risorse umane come di "...un terreno del nemico, cioe'
del padrone...", come un poi ironicamente ha commentato un
sindacalista diventato uno specialista di questi problemi.
Le rilevazioni regionali sulla contrattazione aziendale hanno
evidenziato una sostanziale assenza di questi temi, tranne
laddove essi siano inseriti in intese piu' ampie. Sono invece
i confronti, spesso informali, tra le parti che avvengono
nelle imprese ad aver rilanciato la problematica. Questo e'
confermato dagli studi di caso, dai quali e' possibile
individuare due tendenze.
Nelle aziende in cui maggiormente la formazione viene vista
come risorsa strategica interna (ossia nel settore del
credito e nelle aziende manifatturiere maggiormente
innovative), e' piu' probabile che le rappresentanze dei
lavoratori assumano compiti di partecipazione al processo
decisionale su questa problematica sotto forma di
contrattazione-consultazione piu' o meno proceduralizzata.
Nelle aziende in cui invece la direzione ha un'impostazione
piu' tradizionale sul tema (perche' ricorre prevalentemente
all'innovazione tecnologica e/o al mercato esterno, come
abbiamo illustrato nei paragrafi precedenti), il ruolo delle
rappresentanze interne e del sindacato, se attivo, tendera' a
essere prevalentemente di stimolo e/o di controllo
dall'esterno.
Per quanto riguarda il ruolo svolto dalle istituzioni locali,
esso viene tradizionalmente descritto come debole. Tuttavia
un'analisi piu' attenta mostra un quadro articolato e
abbastanza ricco di esperienze. Alcune organizzazioni
imprenditoriali sono diventate infatti soggetti diretti
dell'offerta formativa.
Tra i vari esempi si puo' citare il caso dell'Ucimu, che
prepara giovani alla produzione specializzata di qualita' per
il settore delle macchine utensili.Ma soprattutto si hanno
interventi a opera di piu' istituzioni.
I gia' citati Centri tessili costituiscono una prima
variante. A essi si affiancano esperienze di collegamento
piu' o meno istituzionalizzato tra organizzazioni
imprenditoriali - ma anche singole imprese - e circuito
dell'istruzione (scuole professionali, istituti tecnici, ma
anche universita'), che in alcuni casi rappresentano segmenti
innovativi e di particolare eccellenza. Una terza variante e'
infine quella della definizione, per iniziativa congiunta di
piu' parti, di spazi stabili per la promozione, il
coordinamento, l'indirizzo delle attivita' formative per le
imprese. Si collocano qui le intese e le esperienze degli
osservatori e degli Enti bilaterali, promossi congiuntamente
dalle parti sociali secondo una logica di
corresponsabilizzazione reciproca intorno a un tema di
interesse comune Ne sono esempi concreti "Milanolavora"
(costituito alla meta' degli anni Ottanta da Confapi e
sindacati), e il piu' recente "Elba" (costituito dalle
organizzazioni artigiane e dai sindacati).
Le specificita' nella gestione e nello sviluppo delle risorse
umane: un confronto Lombardia-ItaliaLianalisi delle
caratteristiche della domanda e dell'offerta sul mercato del
lavoro mostrano che cio' che caratterizza il panorama
regionale e' un'accentuata varieta' di competenze e profili
richiesti dalle imprese dal lato della domanda, e un
innalzamento generale dei livelli di scolarizzazione, che
rimane tuttavia mediamente inferiore a quello di altre
regioni, dal lato dell'offerta.
Il primo aspetto e' da collegare alla notevole varieta'
(settoriale, dimensionale) del tessuto economico e produttivo
della regione; mentre il secondo puo' essere almeno in parte
un risultato della situazione di quasi pieno impiego, e piu'
in generale di condizioni mediamente piu' favorevoli
all'offerta, che ha a lungo caratterizzato il mercato del
lavoro lombardo.
In questo contesto il sistema di formazione professionale
regionale ha tentato di inserirsi negli anni Settanta con un
ambizioso progetto di gestione centralizzata e focalizzata
sul capoluogo regionale. Nel corso degli anni Ottanta e'
emersa un'offerta formativa piuttosto eterogenea e
diversificata e con caratteri anche marcatamente variabili
nel tempo.
Non si tratta di una pura e semplice contrapposizione di
un'iniziativa privata dinamica all'inerzia pubblica: molte di
queste iniziative sono spesso esiti felici di mix pubblico-
privato, come accade nel caso dei Centri tessili.
In un contesto caratterizzato poi da una domanda crescente di
formazione all'esterno dell'impresa, si sviluppa rapidamente
una nebulosa di societa' e specialisti nel campo formativo.
Recentemente essa ha dato luogo alla costituzione di
uniassociazione formatori, che e' passata in pochi anni da
una dozzina di associati a oltre un migliaio.
Ulteriore tratto peculiare e' infine il relativamente elevato
grado di cooperazione tra le organizzazioni degli interessi
sul tema della valorizzazione delle risorse umane, e il ruolo
positivo spesso giocato in proposito dalle relazioni
industriali, che si legge al di la' di molte indicazioni di
rito di segno diverso.
In definitiva, il sistema lombardo puo' essere descritto,
mutando l'espressione di un rappresentante dell'Assolombarda,
come un complesso sistema policentrico, che e' in cerca di un
coordinamento: coordinamento che allo stato dei fatti non
viene svolto da nessun attore (neppure dalla Regione) e la
cui assenza viene sempre piu' percepita come fattore di
inefficienza e di spreco.
VALUTAZIONI CONCLUSIVE: TENDENZE REGIONALI, POSSIBILI SCENARI E RUOLO DELLE ISTITUZIONI
Il quadro fin qui delineato mostra un aspetto problematico.
Da un lato, infatti, il sistema pubblico e' generalmente
valutato come inefficiente, insufficiente, obsoleto, rigido.
Dall'altro, domanda e offerta di risorse umane sembrano
incontrarsi in maniera nel complesso positiva, come
sottolineato da molti interlocutori e come indirettamente
suggerito dalla perfomance economica e dagli andamenti del
mercato del lavoro regionale.
Una prima spiegazione e' costituita dalla capacita' di
sostenere lo sviluppo delle risorse umane esercitata dalle
imprese con modalita' tradizionali della formazione on-the-
job: l'affiancamento e l'addestramento da parte dei piu'
esperti, come avviene nelle imprese meccaniche.
Tuttavia questa spiegazione risulta parziale quando si
consideri che le imprese hanno dovuto affrontare bisogni
inediti di competenze, come avvenuto nei settori della
produzione meccanica di qualita', nel tessile e soprattutto
nelle banche. Dobbiamo allora rivolgerci a un'altra
costellazione di fattori.
In primo luogo viene allora segnalata una buona capacita' da
parte del sistema educativo di fornire competenze
metodologiche, vale a dire quegli strumenti di base che
consentono l'apprendimento.
In secondo luogo, vengono segnalate esperienze specifiche di
istituti tecnici o professionali che hanno compiuto
significative sperimentazioni, innovazioni di programmi,
forme di collegamento col sistema produttivo inedite, fino a
esperienze, pur limitate, di modelli di alternanza scuola-
lavoro.
In terzo luogo, viene sottolineato il ruolo propulsivo
giocato dal sistema delle relazioni industriali, sia a
livello di azienda che a livello territoriale.Anche la
formazione erogata dalle imprese che forniscono tecnologia fa
ormai parte integrante del sistema formativo, pur con
modalita' molto discrete e "appartate". Cos� molte societa'
di consulenza e servizi esterni alle imprese definiscono i
percorsi e i programmi formativi di figure specifiche e
particolarmente cruciali. Trainato dalla domanda, il sistema
svela marcate capacita' reattive.
Si crea dunque un "sistema policentrico" che ha il pregio di
disporre di molti punti di forza, nessuno dei quali in
posizione nettamente dominante o di monopolio, e che sono
distribuiti settorialmente sul territorio anziche'
gerarchicamente ordinati; e che puo' quindi trasformarsi con
piu' facilita' e velocita' dei sistemi strutturati e
assestati da tempo.
La stessa immagine indica d'altro lato che il sistema non e'
coordinato a sufficienza. Su questo punto i pareri sono
concordi. Cos� come vi e' accordo sul fatto che in questo
modo si da' adito a duplicazioni di sforzi e di iniziative,
quindi a sprechi. Ma a cio' bisognerebbe anche aggiungere che
in questo modo e' probabile che vi siano domande che
rimangono latenti, e a cui non si da' risposta perche' non
diventano esplicite.
Non solo, ma che in questo modo sono le esigenze a breve, e
magari le "mode" (come piu' di un esperto sottolinea), a
essere incoraggiate, piu' che le possibilita' di impostare
programmi e trasformazioni di ampio respiro. E, ancora, che i
limiti di informazione e conoscenza delle esperienze che e'
probabile che ne derivino non consentono ne' di valorizzare
le esperienze migliori, ne' di accumulare know-how, ne' di
attribuire formale validita' ai percorsi formativi,
facilitando invece il diffondersi di pregiudizi e diffidenze.
Si puo' pertanto concludere che, per le sue attuali
caratteristiche, il sistema da un lato puo' abbastanza
agevolmente riaggiustarsi e rinnovarsi in diversi punti, ma
senza poter d'altro lato sviluppare appieno le proprie
potenzialita'.
E' per questo che sono particolarmente importanti le ipotesi
di riforma che vadano nel senso di prevedere una qualche
forma di coordinamento delle attivita' formative. In
proposito si possono distinguere diverse prospettive.
Vi e' quella di un potenziamento del ruolo di istituzioni
locali (in primo luogo della Regione), che assumano funzioni
di impostazione, promozione, collegamento delle iniziative e
degli interventi, facendo da tramite anche con le fonti di
finanziamento comunitarie, e mettendo progressivamente da
parte invece i compiti di tipo gestionale, per puntare
piuttosto allo sviluppo di compiti di controllo e quindi di
certificazione delle competenze raggiunte.O vi possono essere
ipotesi di coordinamento del sistema da ottenere (di fatto)
mediante l'iniziativa congiunta delle parti sociali, in
supplenza di quella insufficiente dell'attore pubblico.
Almeno in parte il progetto degli Enti bilaterali puo' essere
letto in questo senso. Esso si e' tuttavia presto arenato di
fronte ai problemi e alle asimmetrie di rappresentanza delle
organizzazioni degli interessi.Terza prospettiva e' infine
quella della creazione di un tavolo triangolare, in cui
trovino sede stabile di confronto le organizzazioni degli
interessi e le istituzioni pubbliche.
Cio' e' stato in effetti qualche tempo fa oggetto di intese
preliminari di tipo sperimentale tra le parti sociali e la
giunta regionale, in un momento in cui sembrava essere
interesse di tutte le parti cercare di rafforzare le proprie
posizioni adottando strategie di concertazione. Ma cio' non
ha poi sortito alcun effetto tangibile.
Quale possa dunque essere la strada piu' probabile per una
riforma del sistema attraverso lo sviluppo di funzioni di
coordinamento rimane una questione del tutto aperta.
Note
1)-Come negli altri studi regionali, anche in quello lombardo
sono stati presi in considerazione tre settori: produzione di
macchine utensili, tessile, bancario.
2)-Questi Centri dimostrano anche la capacita' di assolvere
al ruolo di promotori dello sviluppo del settore. Il Centro
tessile bustese ad esempio e' competente nella certificazione
della conformita' della produzione cotoniera alle norme di
qualita' Uni. Di conseguenza risulta uno stimolo per le
imprese del bacino cotoniero ad adeguarsi alle norme,
destinando fondi alla formazione delle maestranze.
Le aziende tessili della Lombardia e del Piemonte risultano
oggi dunque all'avanguardia rispetto alle altre regioni nella
produzione di qualita' (al 31/11/94 tutte le 17 aziende
certificate risultano essere lombarde o piemontesi).
All'adozione di quest'orientamento contribuisce anche,
secondo le informazioni raccolte, l'azione del sindacato.