Impresa
& Stato n°48
L’EURO E I SERVIZI
PUBBLICI
di
FABRIZIO
PEZZANI
DLa moneta unica è
la fase di avvio di un lungo processo di unificazione europea, tramite
il quale più paesi mirano ad ottenere una più forte integrazione
di carattere culturale, sociale ed economico.
La
partenza del sistema monetario unico a partire dal 1° Gennaio 1999
rappresenta un momento di forte confronto tra gli Stati che parteciperanno
all’iniziale sperimentazione. L’attenzione agli aspetti e alle problematiche
di natura contabile sembra essere prioritaria rispetto ad altri problemi
sia perché ha una più rilevante priorità attuativa
sia perché, forse, l’uso diffuso dal termine “moneta unica” per
indicare tale fase sembra distogliere l’attenzione da problematiche di
altro genere. In realtà l’avvio dell’Euro rappresenta una fase di
un lungo processo di unificazione europea tramite il quale più Paesi
tendono a ridurre gli aspetti di differenziazione che esistono fra di essi
per cercare una più forte integrazione di carattere culturale, sociale
ed economico.
In questo senso, quindi,
l’unificazione europea con l’avvio della moneta unica rappresenta un processo
di confronto-scontro tra differenti Paesi in tema di cultura, assetti istituzionali,
sistemi giuridici, sistemi economici e così via; su tali aspetti
sarà sempre più forte una forma di regolamentazione comune,
pur nel rispetto delle caratteristiche delle singole nazioni, al crescere
del ruolo centrale di Governo della Comunità espresso dalle sue
istituzioni parlamentari e finanziarie.
L’Italia è stata
ammessa a partecipare alla sperimentazione della moneta unica con una riserva
da parte degli altri partners europei in merito alla dinamica del debito
pubblico, alla sua dimensione e alla possibilità di ridurlo nel
tempo verso i parametri di convergenza previsti dagli accordi di Maastricht.
La riduzione del debito in ordine a tali parametri comporterebbe di fatto
un suo dimezzamento. È anche vero che il volume del debito deve
essere rapportato alla dinamica del PIL le cui percentuali di crescita
hanno effetto sul rapporto e sulle politiche di contenimento del debito
stesso.
La riduzione del debito
tuttavia, in considerazione anche della non rilevante crescita del PIL,
deve essere perseguita tramite la riduzione delle spesa pubblica e in particolare
tramite interventi strutturali sulla stessa; il perseguimento di tale obiettivo
potrebbe essere perseguito anche facendo ricorso a forme di inasprimento
fiscale che non sono compatibili però con una situazione attuale
di già elevata pressione fiscale e con la necessità di rendere
competitivo il territorio sia per incentivare nuovi investimenti produttivi
sia per trattenere quelli già esistenti.
La necessità di intervenire
sulla spesa pubblica al fine di contenere la dinamica e allinearla ai parametri
europei di convergenza avrà probabilmente le seguenti conseguenze:
- formazioni di rigorose
politiche di bilancio con conseguenti e progressive riduzioni dei trasferimenti
rispondenti non solo a logiche di aggiustamenti interni, ma in grado di
soddisfare le esigenze esterne poste dalla Comunità Europea;
- forme più marcate
di decentramento della spesa al fine di facilitarne il controllo a livello
periferico ed incentivarne la responsabilità, specie politica, sul
contenimento della stessa;
- accentuazione di fenomeni
e di forme di competizione tra aree territoriali e non più e non
solo tra singoli Stati, in relazione anche al progressivo sviluppo del
decentramento economico e istituzionale;
- processi di razionalizzazione
della spesa al fine di valutarne l’utilità economica e quindi ripensare
agli ambiti di intervento dello Stato nell’economia e di conseguenza il
modello di Stato in ordine anche alle aspettative della collettività;
- possibili effetti in termini
di inasprimento dei conflitti sociali per quelle categorie di interessi
che possono essere maggiormente minacciate dai cambiamenti.
In questo scenario, particolare
criticità assume il ruolo dei servizi pubblici che più direttamente,
rispetto ad altre aree, possono essere interessati dai cambiamenti in essere.
L’integrazione economica e politica europea mira ad armonizzare ed attenuare,
come visto, le diversità degli Stati membri anche tramite forme
di mercato più aperte e quindi spinge verso una progressiva riduzione
di quelle barriere all’entrata che a tutt’oggi favoriscono in gran parte
il sistema dei servizi pubblici: indicazioni e avvertimenti sono stati
recentemente resi dai presidenti dell’anti-trust, della commissione per
l’energia elettrica e così via. Unitamente all’accentuarsi dei fenomeni
competitivi e all’emergere di potenziali concorrenti su tali fasce di attività,
l’uso di una moneta comune - l’Euro - all’affinarsi delle tecniche
contabili consentirà un progressivo, costante e più immediato
confronto tra i costi delle stesse attività svolte in ambiti territoriali
diversi; ad esempio, a parità di qualità si potrebbe verificare
un differenziale di costo tra servizi simili erogati in differenti ambiti
territoriali con riferimento a prestazioni sanitarie, attività di
smaltimento rifiuti, erogazione di energia elettrica, acqua, gas, trasporti
e così via. La presenza di differenziali di costo non giustificabili
e relativi a servizi finanziati tramite il ricorso al prelievo fiscale
pone in discussione la legittimità e l’utilità dell’intervento
pubblico.
La realistica possibilità
che questo scenario possa verificarsi pone i seguenti problemi:
1. definizione di servizio
pubblico e implicazione di carattere economico e sociale;
2. definizione di attività
eventualmente trasferibili ai privati, modalità di regolamento di
tali passaggi e del conseguente funzionamento;
3. definizione di politiche
di sviluppo specie a livello locale in merito ai differenti assetti istituzionali
e di mercato che si verrebbero a creare.
DEFINIZIONE DI
SERVIZIO PUBBLICO
Si può considerare
pubblico un servizio erogato dallo Stato che in un determinato periodo
storico la collettività ritiene debba essere erogato in modo svincolato
dalle logiche di mercato; cioè i prezzi e/o le tariffe di cessione
del servizio stesso non sono fondati sui costi di produzione e/o di erogazione
ma su considerazioni di utilità e/o opportunità sociali.
In questo caso si ritiene prioritaria l’erogazione del servizio indipendentemente
dal grado di copertura dei costi offerto dal volume delle cessioni, e l’equilibrio
finanziario viene raggiunto facendo ricorso a forme di prelievo coattivo
di ricchezza tramite le tasse e i tributi.
In Italia l’intervento dello
Stato nell’erogazione di tali servizi si è caratterizzato progressivamente
in modo degenerativo e per ciò che concerne la selezione e l’utilità
economica degli stessi, in particolare, si sono verificati i seguenti aspetti:
- la possibilità
di coprire i costi facendo ricorso ad un sistema di finanziamento indiretto
tramite tributi e/o contributi ha prodotto una bassa responsabilità
degli erogatori sulla dinamica dei costi e degli utilizzatori in ordine
ai volumi erogati, in quanto le favorevoli condizioni di erogazione spingono
a richiedere tali servizi anche quando l’utilità è bassa;
- il sistema dei controlli
si è andato caratterizzando per una prevalente attenzione agli aspetti
di legalità e di formalità piuttosto che a quelli di funzionalità;
- la tutela del mercato
e le varie forme di monopoli nazionali e/o locali e di cartelli informali
e la conseguente mancanza di fenomeni competitivi hanno ridotto la propensione
all’innovazione e al cambiamento;
- l’uso talora strumentale
di tali aziende a finalità di carattere politico e o sociale - acquisizione
di consenso e soddisfacimento di determinate categorie di interessi fortemente
rappresentate - ha contribuito a ridurre la tensione alla definizione e
al raggiungimento del bene comune aziendale;
- il ritardo nell’introduzione
di strumentazioni contabili idonee a monitorare la contabilità economica
a favore del persistere della contabilità finanziaria ha favorito
questi aspetti patologici contribuendo a creare confusione anche terminologica
tra i concetti di spesa e di costo e fra quelli di entrate e di ricavo.
Tutto ciò ha contribuito
a scaricare progressivamente le inefficienze del sistema sulla collettività
tramite forme di inasprimento fiscale che si avvicina ormai a limiti non
più tollerabili, non solo per quanto riguarda il volume dello stesso
ma anche in considerazione del fatto che il contribuente comincia a correlare
l’ammontare complessivo del prelievo all’utilità economica dei servizi
avuti; ciò porta a riconsiderare l’utilità dell’intervento
pubblico in relazione al suo costo e a valutare l’opportunità di
affidare determinati servizi ai privati.
ATTIVITÀ
TRASFERIBILI AI PRIVATI
Con riferimento alla trasferibilità
ai soggetti privati in grado di sostituirsi al soggetto pubblico nell’erogazione
di determinati servizi, è necessario distinguere la responsabilità
della definizione dei bisogni meritevoli di tutela per i quali si giustifica
l’intervento pubblico dalla responsabilità dei processi di produzione
ed erogazione dei servizi. Non vi è dubbio che la definizione dei
bisogni meritevoli di tutela collettiva sia di competenza di soggetti istituzionalmente
pubblici e nasca da un confronto tra i diversi interessi sociali ed economici
presenti in un determinato modello di Stato; la responsabilità di
produzione deve essere legata a quei soggetti pubblici e/o privati che
garantiscono le migliori condizioni di erogazione: ciò significa
che alcuni servizi possono continuare ad essere gestiti da soggetti pubblici
a condizione che operino in trasparenti condizioni di corretta gestione,
mentre altri servizi, pur giudicati di interesse pubblico, possono essere
gestiti da soggetti privati, e altri ancora demandati più strettamente
a logiche di mercato.
L’entrata dell’Italia nell’Euro
accelera questo processo di cambiamento in ordine alla necessità
di definire e dare una priorità ai bisogni meritevoli di tutela
collettiva e quindi sottratti a strette logiche di mercato, per i quali
è giustificato il ricorso a forme di finanziamento indiretto tramite
i tributi dagli altri. In ordine, invece, alla metodologia di erogazione
devono essere presenti criteri che consentano di recuperare razionalità
gestionale da parte dei soggetti pubblici e criteri di affidamento o cessione
ai privati di quei servizi che possono essere più convenientemente
gestiti da loro.
Si viene quindi a configurare
un modello di Stato che progressivamente lascia spazio all’intervento dei
privati ma che si deve dotare di strumenti atti a regolare tali processi
di cambiamento. L’attività di regolazione ha per oggetto quindi
la definizione dei bisogni e dei relativi servizi, le condizioni quali-quantitative
che devono essere rispettate, le modalità di funzionamento del sistema
e della struttura di offerta, sia per evitare barriere e discriminazioni
nell’erogazione dei servizi, sia per evitare forme di dominanza e/o monopoli
privati che si sostituiscono a quelli pubblici, e infine le modalità
di finanziamento dell’attività che possono variare a seconda del
livello di tutela del servizio.
Un elemento atto a garantire
la neutralità e la trasparenza di tali processi di cambiamento è
dato dal corretto funzionamento dei sistemi di mercato e delle regole per
questo predisposte; in mancanza di queste garanzie, cioè di mercati
trasparenti, potrebbero continuare a mantenersi forme di dominanza da parte
dei privati e di collusione tra soggetti privati e pubblici che non consentirebbero
una reale crescita della società in termini di pluralismo sostanziale.
POLITICHE DI SVILUPPO
La definizione delle politiche
di sviluppo coerentemente con le indicazioni sopra svolte comporta un ripensamento
in merito non solo ai processi di definizione delle stesse ma anche in
merito ai loro contenuti. Infatti tali cambiamenti hanno rilievo non solo
a livello nazionale ma anche e specialmente a livello locale. Il processo
di decentramento delle autonomie locali in parte frenato negli ultimi anni,
forse per garantire un maggiore controllo dei dati di bilancio in una fase
temporale in cui si doveva giudicare della nostra possibilità di
partire con il primo gruppo di Paesi nella sperimentazione della moneta
unica, sembra ora ineliminabile alla luce delle prospettive di evoluzione
dei sistemi economici; infatti l’autonomia istituzionale tende a rafforzarsi
con le esigenze di autonomia poste da un sistema competitivo molto più
marcatamente territoriale che si deve fondare sulle specificità
locali esaltandone le diversità.
A livello di ente locale
l’autonomia istituzionale dovrà rafforzarsi unitamente a quella
finanziaria; in sostanza si passerà da amministrazioni a bassa autonomia
istituzionale e finanziaria ad amministrazioni con elevata autonomia istituzionale
e finanziaria, e questo comporterà un radicale cambiamento da organi
periferici di amministrazioni centrali a veri e propri governi locali.
L’autonomia finanziaria
dovrà essere perseguita tramite il conferimento di una maggiore
capacità impositiva, ma contemporaneamente si realizzerà
una riduzione dei trasferimenti pubblici; le politiche di sviluppo si dovranno
pertanto orientare a realizzare il più rapidamente possibile il
livello di autonomie perseguibile in un contesto dove la gestione delle
risorse finanziarie diventa molto più diretta e responsabilizzante
e soprattutto è vincolata alla razionalizzazione delle stesse; bisogna
acquisire la cultura e i metodi per operare in un contesto di risorse scarse
e di bisogni non decrescenti. La politica dei servizi negli Enti Locali
diventa quindi critica, perché può generare consenso ma anche
drenare risorse finanziarie. A questo proposito si rende necessaria una
revisione delle politiche di sviluppo per riportare a livello di servizi
pubblici locali le considerazioni più generali svolte precedentemente
e che possono avere come conseguenza un profondo cambiamento nel modo proprio
di essere Ente Locale; ciò vuol dire che anche a livello locale
può assumere più rilevanza la capacità di regolare
il mercato che l’intervento diretto. Ovviamente le fasi e i problemi decisionali
che si pongono sono gli stessi: definire le priorità, definire i
criteri di affidamento ai privati, e costituire organi di regolazione che
consentano un passaggio non traumatizzante anche per le implicazioni di
carattere sociale che questo potrebbe avere, per esempio a livello di occupazione.
Sicuramente un aspetto importante che dovrà essere oggetto di attenta
analisi nelle politiche di sviluppo sarà quello relativo a tutte
le possibili forme di alleanze, di collaborazione miranti a generare sinergie
fra differenti Enti Locali che operano in territori limitrofi; questo problema
sarà tanto più delicato quanto più modesta sarà
la dimensione dei singoli Enti Locali.
Oggi è difficile
immaginare come a seguito della partecipazione al sistema monetario unico
potrà cambiare la Pubblica Amministrazione e tutto ciò che
ad essa attiene, ivi compresi gli assetti istituzionali. D’altro canto
il processo avviato comporta regole ineludibili e la necessità di
affrontare le sfide imposte dalle condizioni di crescita di sistemi economici
e sociali sempre più complessi e globali in modo tale da perseguire
il massimo livello di benessere collettivo.
  
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