Impresa
& Stato n°48
L’IMPATTO DELL’EURO
SULLE IMPRESE ITALIANE
di
SERGIO
LAMONICA
La moneta unica, irripetibile
opportunità di sviluppo e competizione, rivoluzionerà l’intera
catena di creazione e accrescimento del valore d’azienda.
A
quarant’anni dal Trattato di Roma, la fase dell’integrazione rappresentata
dalla costituzione dell’Unione Monetaria Europea è destinata a segnare
una tappa storica. Il processo di conversione del nostro mercato interno
di 58 milioni di consumatori su un territorio di 300.000 kmq, in un mercato
di 290 milioni di consumatori su un territorio molto più vasto,
crea irripetibili opportunità di crescita.
Opportunità aperte
a quelle imprese che sapranno proporsi al mercato europeo con solidità
finanziaria ed economica e strutture organizzative orientate ai clienti,
ispirate a principi di efficienza, produttività, trasparenza, correttezza
e qualità.
Per creare le condizioni
d’ingresso nell’Unione Monetaria, i vari Paesi hanno dovuto convergere
(parola chiave che sottintende tutta la filosofia costituente dell’Unione
Europea) verso condizioni macroeconomiche che garantissero all’UME, e quindi
all’avvio dell’Euro, condizioni di stabilità.
Affinché l’Euro nasca
stabile, almeno quanto la più stabile delle monete che va a sostituire,
il marco tedesco, occorrono equilibri finanziari e monetari. Da qui la
necessità del preliminare rispetto dei parametri definiti nei protocolli
annessi al Trattato di Maastricht su inflazione, tassi di interesse, tassi
di cambio, rapporto deficit/PIL e rapporto debito pubblico/PIL.
La stabilità degli
elementi dove si concentra la convergenza rappresenta un gigantesco rullo
compressore che, nell’appiattimento del sistema alle condizioni imposte
dal concorrente marginalmente più efficiente nell’ambito dell’Unione
Monetaria, innescherà un inevitabile effetto di riduzione dei prezzi,
con enormi trasferimenti di ricchezza a beneficio dei consumatori.
La sfida posta al sistema
bancario europeo (che soffrirà della perdita di ricavi da spread
su interessi e da negoziazioni di valuta) e al sistema produttivo europeo
(che vedrà diminuire i margini nella catena produttore - distributore
- grossista - dettagliante) è quella di approfittare collettivamente
della forza del nuovo mercato per espandersi, recuperando nel contempo
quell’efficienza e produttività che gli consentano di abbattere
i costi in misura ancora maggiore di quanto non accada per i ricavi.
L’Euro rappresenta, per
gli operatori economici italiani, una sfida importante, perché viene
meno il ricorso alle continue svalutazioni competitive che hanno caratterizzato
la permanenza (e l’uscita temporanea) della Lira nel Sistema Monetario
Europeo.
Per quanto concerne le condizioni
di rispetto dei criteri di convergenza dei rapporti di debito pubblico
e deficit sul Prodotto Interno Lordo, l’Euro rappresenta una formidabile
occasione di risanamento della finanza pubblica.
Lo spazio disponibile per
la spesa pubblica verrà inoltre a ridursi per l’effetto di convergenza
di altri due rilevanti fattori di disparità presenti nell’Unione,
che creano condizioni di disuguaglianza competitiva per le imprese di ciascuno
Stato, e per la cui eliminazione gli operatori premeranno con forza crescente
sui governi: il costo del welfare e la pressione fiscale.
Le aziende italiane sono
oggi penalizzate da un costo del lavoro divergente dai migliori concorrenti
per l’eccessivo peso contributivo, cui anzi corrisponde spesso minore potere
d’acquisto dei compensi netti erogati a parità di funzioni e rendimenti:
la comparazione immediata dei compensi dell’Unione, dopo il congelamento
delle parità, potrebbe innescare aspettative di convergenza dei
salari netti, pur aggiustati per i differenti poteri d’acquisto, e imprimerà
nuovo impulso alla ricerca di efficienza nel sistema assistenziale e pensionistico.
Altra penalizzazione alle
imprese italiane viene dalla maggiore pressione fiscale cui esse sono sottoposte,
che crea minore redditività e disparità di retribuzione del
costo del capitale: inevitabile quindi la pressione sulle autorità
a quell’armonizzazione fiscale europea da tanto tempo auspicata.
IL PRIMO RIFERIMENTO
PER L’EURO
L’esatto tasso di conversione
in Euro della Lira e delle altre valute europee che daranno vita all’Unione
verrà deciso il 31 dicembre 1998, con l’Ecu come riferimento. Un
importante passo in avanti verso l’Unione è stato fatto il 2 maggio
1998, con la determinazione delle parità delle dieci valute (con
il franco belga al servizio anche del Lussemburgo) degli undici Paesi che
costituiscono l’Unione alla sua prima formazione. (Tabella
1)
STESSI SOLDI,
PREZZI DIVERSI
La prima conseguenza dell’Euro
sarà la trasparenza dei prezzi, nel senso che, a differenza di quanto
avviene oggi, lo stesso prodotto avrà difficoltà ad essere
venduto ad un prezzo diverso tra un Paese e l’altro. Perciò assisteremo,
probabilmente, ad un allineamento dei prezzi verso il basso in tutta l’area
europea interessata all’Unione Monetaria.
Per i consumatori italiani,
questi benefici si sommeranno a quelli indotti dall’inflazione, che tenderà
ulteriormente a scendere. Sul fronte delle aziende, queste sono chiamate
a far fronte a cali di ricavi, in primo luogo per le imprese bancarie,
che stanno già subendo le perdite derivanti dalla riduzione degli
spread associati al calo dei tassi e dal venir meno dei circa 8.000 miliardi
di ricavi di negoziazione valute nell’area Euro.
Il differenziale sul fronte
dei costi metterà, d’altro canto, tutte le aziende alla corda, sul
fronte della ricerca di recuperi di redditività.
Le macro-conseguenze più
visibili saranno le dimensioni della scala economica di molte attività,
che innescheranno fenomeni di concentrazioni imponenti, già visibili
nel settore finanziario e bancario, e la corsa alla localizzazione geografica
ove le condizioni economiche sono più prevedibili, il costo del
lavoro e del welfare è più basso, e dove esistono incentivi,
come l’Irlanda, il Galles e la Catalogna.
Se nel nostro Paese non
sapremo agganciare il Sud al treno dell’Euro, specializzandolo e sostenendolo
con incentivi allo sviluppo imprenditoriale locale, rischiamo di avere
un’Europa con un’Italia ancora più vistosamente divisa in due.
UN MODELLO ECONOMICO
COMUNE
Per avere successo nel mercato
altamente competitivo indotto dall’introduzione della moneta unica e dall’immediato
confronto, in un mercato domestico improvvisamente allargato, di prezzi
e costi senza più il velo dei cambi, le aziende vincenti punteranno
a una riqualificazione delle risorse dell’azienda.
Assisteremo quindi non solo
ad aggregazioni azionarie e alleanze commerciali che cambieranno l’assetto
di molti segmenti dell’economia, ma a una ricerca dell’efficienza e produttività
in sé, non necessariamente intrapresa per difendersi dall’aggressione
di concorrenti e di nuovi entranti.
Questo non potrà
che irrobustire le imprese sane che si sono sempre ispirate ai principi
del miglioramento continuo, mentre rappresenta un pericolo per chi sottovaluti
la portata storica dell’unificazione monetaria in un mercato cresciuto
nelle distorsioni endemiche alla vera competitività sui mercati.
Tali distorsioni sono generalmente
costituite dalle barriere dei differenziali tra tassi d’inflazione e tassi
d’interesse, da svalutazioni competitive o compensative dei cambi, e dalla
turbativa alla libera concorrenza rappresentata dall’ingombrante presenza
di un’economica pubblica, spesso monopolista, che poteva scaricare le proprie
inefficienze sul bilancio dello Stato, accrescendo contemporaneamente il
deficit e il debito pubblico.
La convergenza ai criteri
formativi dell’Unione prefigura un modello economico più omogeneo,
che porterà con sé un modello di azienda comune e un modello
di economia pubblica comune.
IMPATTI SUI PROCESSI
AZIENDALI
Al momento, le aziende italiane
più attente sono impegnate nella gestione di progetti di anticipazione
e gestione dei cambiamenti collegati alle opportunità offerte dall’Euro.
Le macro-aree di impatto
associate all’UME e all’Euro identificate dall’Arthur Andersen in una recente
ricerca sugli effetti dell’introduzione della moneta unica in Italia sono
sei:
- la competitività
domestica,
- la competitività
estera,
- l’emergenza delle aziende
più competitive,
- il mercato dei capitali,
- gli impatti contingenti,
- gli impatti strutturali.
Gestire con successo l’adozione
dell’Euro richiede una dettagliata analisi dei punti di forza e di debolezza,
rischi ed opportunità che l’introduzione dell’Euro porta nei principali
processi e funzioni:
- marketing, commerciale
e vendite,
- procurement e acquisti,
- tesoreria e finanza,
- logistica,
- gestione del personale,
dei cambiamenti che toccano
Bilancio, Contabilità e Sistemi Informativi.
All’evoluzione della funzione
finanza indotta dal nuovo scenario competitivo è dedicato un intero
capitolo.
IL NUOVO MERCATO
DEI CAPITALI
Le novità che saranno
apportate dall’Euro sul mercato dei capitali, toccheranno queste sei aree:
- convergenza del costo
del denaro,
- mobilità accelerata
dei capitali,
- tendenza ad aumento di
masse critiche, dimensioni aziendali e concentrazioni,
- maggiore ricorso a consulenza
di supporto a operazioni straordinarie (scorpori, scissioni, conferimenti,
fusioni, cessioni e acquisizioni, ristrutturazioni industriali e finanziarie),
- enfasi sulla programmazione
economica,
- necessità di controllo
di gestione sofisticato.
L’allineamento del costo
del denaro nell’area Euro che, nel momento della costituzione dell’UME,
sta coincidendo con un periodo di tassi bassi, crea nuove valutazioni di
costo-opportunità e un’accresciuta propensione alla mobilità
dei capitali, alla ricerca di investimenti redditizi e pronti ad abbandonare
aree con differenziali sensibili e considerati non reversibili nel medio
termine.
UNA NUOVA CATENA
DEL VALORE
Con l’introduzione dell’Euro
sarà rivoluzionata l’intera catena della creazione ed accrescimento
del valore d’azienda.
La crescente affermazione
dell’aumento dello Shareholders’ Value come riferimento imporrà
ad ogni azienda, non importa di che dimensioni e di che settore di appartenenza,
di ripensare ad una nuova strategia di crescita in vista dei cambiamenti
attesi dall’Euro e di pianificare le risorse e gli investimenti per far
fronte agli impatti contingenti, ovvero alla conversione della contabilità
e all’adattamento dei sistemi informativi.
Queste attività vanno
avviate in tempo per essere concluse entro il 2001, quando l’Euro avrà
già soppiantato le monete nazionali, influenzando listini, prezzi,
sistemi contabili, sistemi informatici e processi aziendali, per essere
adottato all’inizio del 2002.
Ritardi di comprensione
del fenomeno sono sintomi di una errata percezione dell’Euro, visto più
come un fastidio e un costo da sostenere, che come un’irripetibile opportunità
di sviluppo e di competizione.
  
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