![]() L'UNIONE EUROPEA, LE IMPRESE E L'AMMINISTRAZIONE PUBBLICAdi
Negli ultimi anni l'economia italiana ha conseguito importanti progressi su più fronti: l'inflazione effettiva e attesa è stata ricondotta verso i livelli prevalenti nei principali paesi europei; la posizione patrimoniale sull'estero, fortemente negativa nei primi anni novanta, è stata prontamente riequilibrata; il disavanzo pubblico è stato riportato entro i limiti richiesti per la partecipazione all'Unione monetaria. La prospettiva della moneta unica pone il sistema produttivo italiano, le Amministrazioni pubbliche, gli operatori economici di fronte a opportunità e rischi. I cittadini, gli operatori, le economie trarranno benefici dall'uso di un'unica moneta nell'effettuazione delle transazioni; si accrescerà la trasparenza del sistema dei prezzi; si produrranno effetti positivi sull'allocazione delle risorse. Ne deriverà un forte impulso all'integrazione economica e finanziaria dell'Europa. A fronte di questi benefici, i paesi aderenti all'area dell'Euro dovranno sopportare i costi che derivano dalla rinuncia a una politica monetaria autonoma e alla possibilità di variare il tasso di cambio; sarà preclusa la possibilità di regolare la domanda aggregata con movimenti dei tassi d'interesse e di compensare eventuali squilibri di competitività con variazioni del tasso di cambio (per un dibattito sui pro e i contro dell'Unione economica e monetaria, cfr.: C. Wyplosz (1997), EMU: Why and How It Might Happen e M. Feldstein (1997), The Political Economy of the European Economic and Monetary Union: Political Sources of an Economic Liability, entrambi in "The Journal of Economic Perspectives", Vol. 11, n. 4). In prospettiva la politica monetaria sarà condotta a livello comunitario, assicurando bassa inflazione e stabilità valutaria. La politica di bilancio, pur se vincolata dal Patto di stabilità e crescita, rimarrà invece di competenza delle autorità nazionali. Affinché l'area dell'Euro operi efficientemente è necessario che essa abbia quelle caratteristiche che la letteratura economica ha indicato come necessarie per l'ottimalità dell'area nella quale circoli un'unica moneta. Affinché i paesi non siano esposti a shock che colpiscano le economie in misura differenziata è necessario che il ciclo economico sia sufficientemente omogeneo tra i paesi e che questi ultimi presentino strutture produttive e istituzionali simili. Questa condizione non sembra pienamente soddisfatta per i paesi europei: i paesi mediterranei sono principalmente orientati al commercio e alle lavorazioni manifatturiere di beni di consumo; i paesi del Nord Europa e la Germania, in particolare, sono invece caratterizzati da produzioni con alta intensità di capitale. In questi ultimi assumono rilevanza l'industria meccanica e la lavorazione dei minerali. In Francia e nel Regno Unito vi è un'ampia quota di occupati nel settore dei servizi destinati alle imprese e alle famiglie. Essendo i paesi dell'area caratterizzati da strutture produttive abbastanza differenziate, essi, per poter costituire un'area valutaria ottimale, devono poter assorbire gli shock asimmetrici ai quali sono esposti; a questo fine divengono cruciali i meccanismi attraverso cui i loro effetti sull'output e sull'occupazione vengono riassorbiti; i fattori produttivi devono potersi muovere dalle aree in difficoltà a quelle più prospere (Cfr. J. Meade (1957), The Balance of Payments Problems of a Free Trade Area, in "Economic Journal", n. 67 e R. A. Mundell (1961), A Theory of Optimum Currency Area, in "American Economic Review", September, Vol. 50); i salari e i prezzi devono poter flettere nelle aree colpite da shock avversi e crescere in quelle dove l'attività economica rimane sostenuta. Alcuni studi sottolineano per la UE la scarsa rilevanza del mercato dei capitali privati nel favorire il meccanismo di consumption smoothing, evidenziando l'esistenza di significative segmentazioni, a differenza degli Stati Uniti, nei mercati del capitale e del credito, che peraltro è verosimile si riduca nel tempo con l'introduzione dell'Euro (Cfr. B.E. Sorensen e O. Yosha (1998), International Risk Sharing and European Monetary Unification, "Temi di discussione" del Servizio Studi della Banca d'Italia, n. 327). Anche con riferimento alla flessibilità dei prezzi e dei salari e alla mobilità dei fattori la situazione europea non appare molto favorevole. Si è, ad esempio, stimato che la flessibilità dei salari reali in Europa sia circa la metà di quella degli Stati Uniti; in quest'ultimo paese la mobilità del lavoro risulterebbe tre volte superiore a quella europea; in Europa essa trova un forte ostacolo anche nelle diversità delle lingue (riguardo alla flessibilità dei salari reali, cfr. Layard, Nickell e Jackman (1991), Unemployment, Macroeconomic Performance and the Labor Market, Oxford, Oxford University Press). Anche a fronte di shock simmetrici difficoltà potrebbero sorgere in relazione alla diversa reattività delle economie agli impulsi trasmessi dalla politica monetaria comune. Le differenze, ancora profonde, nei sistemi bancari, nei mercati dei titoli, nella struttura dei bilanci degli utilizzatori finali delle risorse potranno comportare diverse reattività sia dei tassi d'interesse di mercato sia delle componenti della domanda, e dunque nel prodotto, a variazioni della politica monetaria. Le osservazioni avanzate potrebbero avere una validità limitata, qualora l'introduzione stessa dell'Euro e il suo affermarsi modifichino profondamente l'area stessa, inducendo caratteristiche più prossime a quelle di un'area valutaria ottimale. Su questo punto, tuttavia, le indicazioni rinvenibili nella letteratura non sono univoche. Vi è innanzitutto la questione se il mutamento strutturale sarà nella direzione di una maggiore o minore specializzazione produttiva e se quest'ultima risulterà di tipo interindustriale o intraindustriale. La maggiore integrazione dei mercati potrebbe determinare una maggiore specializzazione interindustriale, per l'operare dei tradizionali vantaggi comparati determinati da diversità nella dotazione iniziale dei fattori. Cruciali per il buon funzionamento dell'area saranno altresì le istituzioni e le regole alla base dell'attività economica: vi sono settori che richiedono interventi di armonizzazione; altri in cui è invece richiesta una maggiore diversificazione. Tra i primi vi sono i sistemi fiscali. Diversi carichi fiscali sull'impiego del lavoro alterano le condizioni di profittabilità delle imprese, i cui prezzi di vendita, denominati in un'unica valuta, risultano fissati in mercati crescentemente concorrenziali. Una diversa tassazione del capitale produttivo modifica le convenienze relative nella localizzazione degli impianti. La diversità dei regimi di tassazione degli strumenti finanziari influenza lo spostamento del risparmio tra i vari paesi. Una diversificazione dovrà invece probabilmente risultare necessaria per le istituzioni che regolano la fissazione dei salari. Andrà infatti prestata grande attenzione, nella fissazione delle remunerazioni, alle condizioni locali di produzione e alla produttività del lavoro, rifuggendo dall'obiettivo di uniformare le retribuzioni a livello di area. SVILUPPO E FATTORI
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