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Impresa & Stato n°48 

L’EURO E LE IMPRESE ARTIGIANE

di
MAGDA ANTONIOLI
Le PMI, settore chiave per generare opportunità occupazionali e di crescita, sono la naturale controparte del processo di creazione della moneta unica.

Le Piccole e Medie Imprese, incluse le imprese artigiane, costituiscono al giorno d’oggi il settore chiave per generare opportunità occupazionali e di crescita in Europa. Esse rappresentano infatti il 99,8 per cento di tutte le società, il 66 per cento dell’occupazione e il 63 per cento del fatturato delle imprese dell’Unione Europea. Inoltre il tasso di crescita occupazionale registrato è maggiore di quello delle imprese di maggiori dimensioni.
Data la loro flessibilità e capacità di adattarsi rapidamente all’evoluzione e alla specializzazione della domanda dei mercati, le PMI sono state da tempo riconosciute da parte delle istituzioni europee come uno strumento fondamentale per promuovere la competitività dell’industria europea e la sua capacità di penetrare nei mercati dei paesi terzi. In tale ottica, esse divengono allora la naturale controparte del processo di creazione della moneta unica, che proprio negli obiettivi precedentemente delineati vede la sua principale ragione d’essere. Occorre allora chiedersi quali sono le principali complementarità o punti di contrasto che possono scaturire dall’implementazione di una politica industriale europea volta a tutelare le PMI contemporaneamente al processo di creazione e introduzione sul mercato dell’Euro, nell’ottica soprattutto delle imprese artigiane.

LA POLITICA COMUNITARIA
Se da un lato le minori imprese sono riconosciute come potenziali fonti dinamiche di crescita occupazionale e di creazione di ricchezza, dall’altro bisogna riconoscere che esse sono intrinsecamente più deboli e più soggette ad insuccessi, in particolare nei primi anni di attività. Nell’Unione Europea, in media, il 50 per cento delle minori imprese escono dal mercato nel corso dei primi tre anni di vita.
La relativa debolezza e vulnerabilità di tali imprese derivano principalmente da cinque cause:
- contesto giuridico, fiscale e amministrativo sempre più complesso;
- difficoltà incontrate per accedere ai programmi di ricerca e per sfruttarne i risultati;
- debolezze strutturali insite nella capacità di gestione delle imprese e programmi di formazione inadeguati;
- difficoltà ad ottenere finanziamenti a costi ragionevoli;
- esistenza di barriere per accedere ai mercati dei prodotti e dei servizi.
Indubbiamente, la maggior parte delle misure volte a risolvere almeno in parte i problemi sopra delineati devono essere adottate a livello degli Stati membri, ossia in un contesto quanto più possibile “vicino” alla stessa impresa. Ciò non toglie, tuttavia, che l’Unione Europea può svolgere un ruolo vitale e complementare, pur nel pieno rispetto del principio della sussidiarietà. A tale proposito, in linea con gli obiettivi fissati dall’articolo 130 del trattato, dal Libro bianco “Crescita, competitività, occupazione”, la politica comunitaria mira a:
- promuovere un ambiente favorevole allo sviluppo delle minori imprese nell’UE;
- migliorare la competitività delle minori imprese europee e favorirne ove possibile l’internazionalizzazione, a livello sia comunitario che extra-europeo.
I programmi predisposti sono comunque in grado di affrontare e correggere i principali punti di debolezza di tali imprese in maniera solo limitata.
Paradossalmente però, il relativo fallimento delle strategie specificamente mirate trova un suo contraltare nell’operazione di unificazione monetaria, che, avente come scopo generale quello di favorire il contesto competitivo in cui operano le imprese europee, può risultare particolarmente benefica per categorie di imprese aventi risorse umane e finanziarie limitate. Questo perché l’Euro migliorerà in generale l’ambiente economico dove le imprese si troveranno ad operare, ambiente che le piccole imprese, dato il loro vincolo di risorse, sono costrette a prendere come dato (a differenza delle imprese di grandi dimensioni, che possono far conto su maggiori risorse per superare eventuali ostacoli ambientali). Migliore è dunque il contesto competitivo, meglio le piccole imprese possono sfruttare quella capacità innovativa e quella flessibilità che sono loro unanimemente riconosciute.
Ma vediamo nello specifico quali contributi l’Euro potrà dare sia alle imprese artigiane impegnate in operazioni internazionali (per cui i vantaggi della moneta unica sono più diretti), sia alle imprese che operano sul mercato interno (per cui i vantaggi derivano in maniera indiretta dal contesto economico creato con l’introduzione dell’Euro).

IL NUOVO CONTESTO
In un contesto di mercato unico e moneta unica verranno progressivamente cancellate o semplificate tutte le forme di controllo e regolamentazione burocratica e amministrativa relative a operazioni transfrontaliere. In particolare, la definizione del nuovo regime di IVA comunitaria, con l’introduzione della tassazione sulla base del principio del “paese d’origine” e del single place of taxation, per cui le imprese dovranno pagare l’IVA solo nel Paese ove hanno la loro sede sociale, passando dunque attraverso una singola Amministrazione nazionale, insieme alla messa in opera del programma di semplificazione della legislazione per il mercato interno (SLIM), consentiranno una notevole riduzione degli oneri a carico delle imprese che operano sul mercato internazionale. 
Per quel che riguarda le imprese operanti all’interno dei singoli Stati membri o, meglio, al livello del mercato locale, il discorso è più generale. Mercato unico e moneta unica significheranno infatti una maggiore, se non assoluta, libertà di movimento di beni, capitali, persone (consumatori) e servizi all’interno dell’Unione. Questo significherà che i livelli di concorrenza all’interno dell’Unione europea aumenteranno, per cui le imprese “nazionali” dovranno essere messe in condizione di poter competere con le concorrenti “europee”. Di conseguenza, se si vuole preservare la competitività delle imprese italiane, si dovranno eliminare le distorsioni tipiche del caso-Italia, ossia una burocrazia soffocante e oppressiva e un livello di competizione fiscale tra i più alti in Europa (l’aliquota italiana è del 53 per cento, a fronte di una media europea del 37). Chiaramente, di tali modifiche indotte indirettamente dalla moneta unica beneficeranno tutte le imprese operanti sul territorio, artigiane e non, operanti sia nel settore dei beni che in quello dei servizi.

FLESSIBILITÀ E FORMAZIONE
Un analogo ragionamento di “causalità indiretta” si può applicare al caso del mercato del lavoro. In un contesto di Unione Economica e Monetaria, uno degli strumenti a disposizione delle autorità di politica economica per prevenire l’insorgere di distorsioni tra economie non perfettamente omogenee è dato dall’esistenza di un mercato del lavoro “flessibile”, in cui domanda e offerta di lavoro possano muoversi più liberamente. Tale necessità è stata ribadita nel corso del recente Consiglio Europeo di Amsterdam. In tale sede è stato sottolineato come siano fondamentali gli obiettivi legati all’efficienza dei mercati del lavoro, all’innovazione tecnologica, alla capacità delle piccole imprese di creare lavoro e ai sistemi formativo e educativo, nell’ottica di creare, anche sul piano dell’economia reale, oltre che monetaria, le condizioni per migliorare la competitività europea su scala mondiale, generando così crescita e occupazione. 
La combinazione di politiche di flessibilità del lavoro e di politiche per la formazione può portare benefici alle imprese artigiane. Ad esempio, la scarsa disponibilità di tempo rende problematica la partecipazione ai programmi di formazione per gli imprenditori e i propri dipendenti. Nelle imprese con pochissimi dipendenti è quasi impossibile inviare qualcuno ad un corso di formazione durante l’orario di lavoro. La flessibilità, per esempio l’offerta di informazione nelle ore serali, è un importante requisito per aumentare la partecipazione a questi programmi.
Mercato unico e moneta unica significheranno una maggiore, se non assoluta, libertà di movimento di beni, capitali, persone (consumatori) e servizi all’interno dell’Unione, dunque una rimozione di tale problema. In prospettiva, tale contesto potrà addirittura tradursi in un vantaggio per le imprese artigiane. 
Infatti, con la accresciuta mobilità dei fattori derivante dal completamento del mercato e con l’eliminazione del rischio di cambio derivante dall’adozione della moneta unica, i fattori di competitività si andranno sempre più spostando su elementi di tipo non-price, ossia su fattori come la qualità, i tempi di consegna, l’assistenza post-vendita, le relazioni con i clienti locali. Di conseguenza, dato il livello di cambio relativamente “forte” in cui è stata collocata la parità della Lira con le altre valute, in tale situazione saranno avvantaggiate quelle imprese che, pur non operando su scala industriale, saranno in grado di offrire beni o servizi “unici”, prodotti su scala minima con notevoli livelli di flessibilità e adattabilità, e con caratteristiche intrinseche che li rendano più appetibili (a prescindere da limitate differenze nei prezzi) di quelli dei potenziali concorrenti. Caratteristiche, queste, tipiche delle imprese artigiane. 
Il problema del finanziamento delle imprese di minori dimensioni e la necessità da parte di queste ultime di dover sovente ricorrere al finanziamento autonomo, in seguito alle difficoltà di accesso al credito o al capitale, o ai suoi eccessivi costi, sarà probabilmente il primo e più evidente vantaggio che le imprese italiane, operanti sia a livello nazionale che internazionale, avranno dall’introduzione della moneta unica. La valuta europea sarà espressione di economie “sane” che rispettano i famosi parametri di Maastricht, e dunque, in teoria, con un’appetibilità e una stabilità elevata, che si tradurrà sui mercati finanziari internazionali in minori tassi di interesse rispetto a quelli gravanti sulla Lira. Questo genererà vantaggi per le imprese, riducendo drasticamente il costo del servizio del debito e favorendo gli investimenti. Inoltre, le pressioni competitive cui sarà sottoposto il sistema bancario nazionale favoriranno probabilmente una maggiore disponibilità degli enti creditizi a concedere prestiti sul capitale di rischio, in linea con quanto avviene già in altri Paesi dell’Unione. 
Come abbiamo già specificato, alcuni fondamentali problemi devono essere risolti da provvedimenti adottati dagli stati membri. Queste decisioni sono più che mai indispensabili per il nostro Paese che, purtroppo, ha attuato una politica che ha “ingessato” la minore impresa con una normativa che non ha favorito lo sviluppo e l’occupazione, trascurando così la grande rilevanza del settore nell’economia nazionale.