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Impresa & Stato n°47 

NUOVI MECCANISMI DI VIGILANZA DEL MERCATO

di
Fabrizio Tedeschi

Globalizzazione dei mercati e nuove tecnologie: due fenomeni-sfida che le autorità non devono impedire, ma assecondare e seguire.


 


Le due sfide/innovazioni più rilevanti degli ultimi anni sono la globalizzazione dei mercati e le nuove tecnologie.
Le autorità non debbono ostacolare od opporsi a questi fenomeni, ma debbono assecondarli e seguirli globalizzando la loro vigilanza e adattandola alle nuove tecnologie.
In questo senso le autorità hanno già intrapreso le azioni necessarie, ma l’aggiornamento e il miglioramento devono essere costanti.
A questo riguardo bisogna segnalare l’importanza della autoregolamentazione e della collaborazione dei soggetti controllati (come complemento del controllo effettuato dagli organi pubblici), dello studio dei fenomeni criminali e delle persone coinvolte, della semplicità della regolamentazione e dei controlli e, ultimo, ma forse più importante di tutti, della percezione dei valori etici come fattore di successo per il mercato. 
Il mercato finanziario è un mercato in costante evoluzione; è certamente la punta di diamante del sistema economico e, non potendo brevettare i suoi prodotti, i suoi servizi, le sue idee (salvo quelle di natura informatica), deve continuamente inventare nuovi contratti, nuovi strumenti, nuove modalità di offerta dei prodotti e dei servizi. 
La vigilanza, per operare con continuità di fronte a questi cambiamenti, deve essere elastica, pronta alla innovazione, capace non già di contrastarli, ma di verificare che non vengano violati i principi fondamentali dell’ordinamento di settore e non vengano perpetrate azioni criminali. 
I due fenomeni di maggiore rilevanza degli ultimi anni sono indubbiamente la globalizzazione dei mercati e il massiccio uso di nuove tecniche di comunicazione a distanza.
Di fronte a eventi di portata strutturale così importante si sono imposte nuove metodologie di vigilanza non espressamente previste dalle leggi, ma in qualche modo indicate o consentite dalle stesse leggi.
Naturalmente è abbastanza facile prevedere che altri interventi legislativi, specialmente a livello comunitario, seguiranno, ma è importante che la normativa non si irrigidisca e lasci ampi spazi a interventi delle autorità amministrative, molto più agili, flessibili e vicine alla realtà operativa.

GLOBALIZZAZIONE
Attualmente la vigilanza sul mercato finanziario italiano è attribuita secondo diverse finalità a due organi di vigilanza e si articola in diverse forme: vigilanza regolamentare, ispettiva, informativa e di gruppo.
I controlli di sana e prudente gestione e di trasparenza e correttezza così organizzati manifestano i loro effetti in ambito nazionale, ma rischiano di dimostrarsi inefficienti laddove siano coinvolte entità od operazioni di carattere transnazionale.
Le diverse leggi che si sono succedute nell’ultimo decennio (n. 1/91, n. 456/96, n. 58/98) non prevedono norme specifiche in materia, ma hanno disciplinato la cooperazione internazionale e hanno fornito alle autorità di controllo lo strumento per una gestione amministrativa della materia in modo molto flessibile. 
Un principio importante, che potremmo definire di reciprocità, è fissato dall’art. 26 del TUF. In sostanza si prevede che gli intermediari italiani possano operare direttamente in quei paesi che hanno siglato accordi di collaborazione con le autorità italiane. Nulla vieta che l’intermediario operi per conto di soggetti residenti in paesi senza autorità di controllo o senza accordi di collaborazione con l’Italia, ma questo principio di reciprocità «monca» è il primo passo verso la costituzione di una rete di controlli più estesi, più efficaci e penetranti nei confronti di quanti entrano in qualunque modo in contatto col nostro mercato finanziario. 
È abbastanza evidente che una rete è efficace quanto la sua maglia più larga. Di conseguenza fino a che vi saranno paesi che consentono o addirittura agevolano la opacità degli assetti proprietari o negano trasparenza alle operazioni finanziarie, un’azione di totale contrasto alla presenza della criminalità nei mercati finanziari sarà parziale. Naturalmente non sarà impossibile ottenere risultati anche brillanti, ma in alcuni casi il muro di legislazioni compiacenti sarà insuperabile. 
Nell’ambito della cooperazione internazionale la Co.N.So.B. ha siglato ben 15 M.O.U. (Memorandum of understanding) con autorità di controllo di mercati esteri per un totale di n. 14 paesi (gli Stati Uniti hanno due autorità: Security and Exchange Commission a Washington e Commodity and Futures Trading Commission a Chicago) assicurando in tal modo un ampio ventaglio di possibilità operative agli intermediari italiani e stranieri, ma soprattutto coprendo con una valida struttura di vigilanza buona parte del globo.
La vigilanza risulta in questo modo quanto più completa possibile e non ostacola lo sviluppo degli affari degli intermediari.
La cooperazione internazionale è stata attivata diverse volte negli ultimi anni, in senso sia attivo (richieste dall’Italia all’estero) sia passivo (richieste dall’estero) e i risultati possono essere definiti soddisfacenti sia per quanto riguarda la vigilanza vera e propria sia per quanto riguarda lo scambio di esperienze e di conoscenze personali e istituzionali.
Indubbiamente la strada degli accordi bilaterali è molto importante, ma costituisce solo un primo passo verso una collaborazione sempre più stretta tra le autorità di vigilanza.
Difatti l’interazione tra le autorità di vigilanza è la migliore risposta all’integrazione dei mercati: la vigilanza è comunque assicurata e lo sviluppo naturale dei mercati e delle tecnologie non è ostacolato.
Il passo successivo è costituito da accordi, associazioni, gruppi di lavoro che coinvolgono più paesi e più autorità di controllo e consentono, nella misura massima possibile, di uniformare le modalità e l’intensità della vigilanza.
Già oggi nell’ambito della Unione Europea si svolgono periodicamente incontri di lavoro tra i responsabili e i funzionari delle diverse attività di vigilanza sui mercati e sugli operatori. Questi incontri gettano le basi di un’attività di vigilanza uniforme in tutto il territorio europeo, anche se questo avviene spesso attraverso uno scontro/confronto di diverse mentalità, diverse legislazioni, diverse nature e finalità dei vari organi di controllo.
È abbastanza facile prevedere che l’attività di vigilanza seguirà la concentrazione dei mercati finanziari europei. Oggi in Europa operano 38 mercati. Negli Stati Uniti, che possiamo considerare simili all’Europa per dimensione, ne sono attivi solo 8.
Gli accordi commerciali in corso e le future fusioni probabilmente ridurranno a un numero simile i mercati rilevanti in Europa, lasciando ad ogni stato membro un mercato di carattere regionale.
Di fronte a questa nuova situazione non può escludersi che, quanto meno per alcuni settori (quali OPA transfrontaliere, Capital adequacy, etc.), venga istituita un’autorità di controllo sovranazionale sul modello della Banca Centrale Europea, che abbia magari una serie di ispettorati locali, sulla base del modello SEC, con una sede centrale presso la capitale federale e sedi ispettive, piuttosto corpose, presso le varie borse in relazione alla loro dimensione. 
Questa soluzione, facilmente ipotizzabile, è di più difficile attuazione in quanto comporta una limitazione del potere dei singoli stati nazionali e soprattutto si scontra con le diverse finalità e gradi di sviluppo del mercato finanziario di ogni paese.
In attesa di una decisione dei parlamenti europei che istituisca questa nuova autorità sovranazionale, gli organi di controllo hanno costituito una associazione (F.E.S.CO. - Forum of European Securities Commission) con lo scopo di favorire, laddove già esistono una normativa armonizzata e autorità diverse, la cooperazione all’interno dello spazio economico della Comunità Europea e di stabilire standars regolamentari comuni anche in materie non armonizzate.
Si tratta di un primo passo, senza eccessivi rilievi istituzionali per il momento, ma è abbastanza evidente l’esigenza di una sempre più stringente collaborazione a livello europeo e, in una seconda fase, internazionale.
Nell’ambito di questa collaborazione internazionale sono ancora da citare lo I.O.S.CO. (International Organization of Securities Commission, una sorta di ONU dei Securities Regulators alla quale aderiscono oltre 90 paesi).
Da notare come la partecipazione italiana a questa intensa attività internazionale sia sempre stata piuttosto importante e abbia avuto riconoscimenti di tutto rilievo quali la presidenza del F.E.S.CO. col presidente dell’epoca della Co.N.So.B. (Tommaso Padoa Schioppa) e la presidenza del Comitato Regionale Europeo, oltreché un ruolo molto attivo nello svolgimento dei lavori del Comitato tecnico dello IOSCO, che costituisce il mirror committee del Comitato di Basilea.

LO SVILUPPO TECNOLOGICO
Altro elemento che contribuisce a «globalizzare» ancora di più i mercati e costituirà esso stesso un nuovo mercato è il progresso tecnologico e in particolare la rete Internet.
Già oggi il 20% delle transazioni sul mercato statunitense avviene tramite la rete Internet. In Italia non esistono dati analoghi, ma certamente questo strumento si sta espandendo piuttosto rapidamente.
Internet è la punta di diamante dell’innovazione o invasione tecnologica e probabilmente altri «ritrovati» seguiranno con caratteristiche tali da incidere sempre più profondamente sia sulla vita quotidiana di ognuno sia sulla stessa natura ed esistenza dei mercati finanziari.
Di fronte a qualunque forma di innovazione, l’autorità non può reagire con immediatezza; occorre un tempo di valutazione ed esame prima di disciplinare nuovi mercati e nuove tecnologie; diversamente si corre il rischio di soffocare il progresso dei mercati con gravi danni per tutto il sistema. 
Per questo solo recentemente la SEC ha disciplinato l’uso di Internet nei mercati finanziari, dopo almeno due anni di osservazione e studio con interventi limitati alla repressione delle frodi senza l’emanazione di alcun regolamento. 
Una task force IOSCO ha altresì predisposto un documento di raccomandazioni per i regulators con l’enfasi sui fini di vigilanza. 
Da questa modalità operativa si comprende la necessità di norme elastiche, che possano applicarsi anche in via analogica alle nuove situazioni senza traumatizzare o bloccare il mercato.
Anche in Italia si è provveduto a emanare un regolamento sulle modalità di promozione e vendita a distanza di servizi e prodotti d’investimento.
È un regolamento estremamente elastico, che si limita a legittimare le nuove tecniche di mercato rinviando ad altre leggi per la definizione di aspetti specifici (quale la firma elettronica) e soprattutto facendo leva sulla capacità e volontà di autodisciplina del mercato.

UNA VIGILANZA EFFICACE
La vigilanza è tanto più efficace quanto più è accettata e approvata dal mercato.
A questo riguardo sono fondamentali tre principi:
- autoregolamentazione;
- consultazione;
- semplicità.
Le continue e inevitabili innovazioni tecnologiche e l’espansione internazionale dei mercati rendono impossibile un controllo pervasivo e puntiglioso di tutti i protagonisti, di tutte le operazioni.
È quindi necessario che le regole dettagliate e quelle più penetranti siano dettate da chi conosce meglio e soprattutto più direttamente il mercato. È inoltre importante che il mercato e gli intermediari sentano le regole quali una propria decisione autonoma e non imposta dall’alto e avvertano la necessità di un livello minimo di qualità e di sicurezza, una sorta di marchio D.O.C. e D.O.C.G. che li renda appetibili e sicuri per gli investitori. 
Proprio per evitare ogni sentimento di rifiuto delle regole non accettate dagli operatori è indispensabile che ogni nuova regolamentazione sia preceduta da una consultazione sulle norme da emanare, che consenta agli operatori di presentare emendamenti e suggerimenti. Negli Stati uniti questa procedura è addirittura indicata come negotiation, quasi a indicare il patto che viene concluso tra regolatori e mercato.
Altro elemento importante per una vigilanza efficace è la semplicità. Può sembrare strano in un mondo ogni giorno più complicato come quello dei mercati finanziari, ma al di là della elaborazione «sofisticata» dello strumento finanziario o tecnologico, è fondamentale che le regole siano chiare, limitate nella quantità, tali da essere comprese da un medio investitore con relativa facilità.
In particolare è necessario che in ogni situazione l’operatore, investitore o intermediario, sappia a quale norma riferirsi, a quale autorità rispondere, a quale codice deontologico o associazione rivolgersi. 
Nella sostanza sono da evitarsi le duplicazioni di regole e di controlli, i rinvii, i richiami, le interpretazioni e tutte le altre perle che hanno reso farraginoso e poco efficace l’ordinamento giuridico italiano. 
A questo riguardo è bene ricordare che non solo è necessario un netto cambio di rotta sotto l’aspetto pratico, ma è anche utile un massiccio intervento del mondo accademico, inteso non solo come fornitore di idee astratte, ma come raccoglitore/elaboratore di dati che vengono sintetizzati in teorie, proposte, studi. 
E sotto questo profilo va segnalato che la London School of Economics ha istituito diversi corsi per regulators e in particolare sugli effetti economici dell’attività normativa.
In Italia non abbiamo il corrispondente di questi insegnamenti, e leggi e regolamenti sono sempre emanati sulla base di valutazioni empiriche, a volte rimesse all’intuito dei singoli, senza alcun rigore scientifico. 
Altra carenza di carattere scientifico è la mancanza di studi approfonditi di carattere statistico o psicologico sulla criminalità economica. Sarebbe estremamente utile per chi svolge attività di vigilanza conoscere le caratteristiche di quanti, anziché una carriera brillante ma anche faticosa, preferiscono percorrere le vie più rapide e lucrose della truffa e del riciclaggio. 
Altro campo di studio poco esplorato, ma assolutamente ricco di spunti, può essere l’effetto degli elementi etici in campo economico: quanto incidono gli elementi etici sul successo di una impresa, di una attività?
Certamente i casi di studio non mancano, sia nel passato, sia nell’attualità (caso Nike/sospetto di sfruttamento di lavoro minorile, funzioni di banche e assicurazioni nell’ambito dell’olocausto). 
Solo quando i valori etici saranno percepiti dalla generalità degli attori economici non solo come valore in sé e per sé, ma anche come fattore di successo sulla concorrenza, l’attività di vigilanza, in generale, sarà molto agevolata.