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Impresa & Stato n°47 

LA QUESTIONE AMBIENTALE

LA RIDUZIONE DEL COSTO AMBIENTALE


 di 
Vittoria De Franco

Verso una nuova forma di cooperazione tra gli Enti locali per la semplificazione degli adempimenti in campo ambientale.

In un contesto come quello europeo in cui il consumatore si fa sempre più sensibile anche all’impatto ambientale dei prodotti che acquista, è evidente che per un’impresa comunitaria essere considerata ecoefficiente diventa un indubbio vantaggio concorrenziale.
È però altrettanto evidente che a venire premiata dal mercato è soprattutto la dimensione aziendale medio-grande. 
Queste constatazioni danno ragione dell’anomalia italiana in questo ambito: se il nostro sistema produttivo è infatti composto per il 70% da PMI, non stupisce che il rispetto della tutela ambientale sia vissuto come un fattore di costo, ineliminabile - a causa delle pressioni del mercato e delle normative sempre più stringenti - ma aggiuntivo rispetto alle abituali spese aziendali.
Non potendo sottrarsi a tali diktat esterni, l’unica via d’uscita per le imprese diventa pertanto riuscire a ridurre il costo ambientale. A tal fine è necessario che ogni imprenditore si impegni in prima persona, imparando ad interiorizzare la componente ambientale nelle logiche del ciclo produttivo e che, nel contempo, possa beneficiare di un interlocutore pubblico che, senza abbassare la guardia sulla tutela ambientale, assuma un atteggiamento di collaborazione e di attenzione alle singole esigenze.
A quest’ultimo proposito la legge Bassanini ha introdotto nella nostra legislazione un elemento di novità rovesciando i presupposti di una cultura legata unicamente a logiche autorizzative e repressive e sostituendola con un disegno che esalta invece la cooperazione, la responsabilità e l’efficienza. I provvedimenti successivamente varati dal governo proseguono in questa logica.
Nella situazione attuale si può dunque tratteggiare uno scenario in cui, dopo anni di immobilismo o di scelte sbagliate, sembra esservi una seria volontà di intraprendere una politica ambientale costruttiva; occorre però prendere atto che vi sono innumerevoli difficoltà nel tradurre le buone intenzioni in regole e comportamenti coerenti. In particolare, il complesso delle procedure ambientali rimane ancora estraneo al corpus della riforma Bassanini. La persistente mancanza di chiarezza nella individuazione delle amministrazioni competenti e nella razionalizzazione delle loro funzioni, nonché la sussistenza di procedure complesse che spesso sono causate dal dualismo tra organi tecnici e amministrativi, dimostrano infatti come il cammino da compiere sia ancora lungo e i soggetti da coinvolgere numerosi.
La legge Bassanini ha comunque avuto il merito di aprire un dibattito molto ampio sulla necessità di pervenire ad una razionalizzazione complessiva della normativa ambientale. Si tratta però soprattutto di iniziative teoriche che, anche in considerazione della complessità della materia, non sono ancora in grado di produrre ripercussioni concretamente avvertibili sulla realtà produttiva.
Più ricchi di effetti, anche se senza dubbio più limitati nella portata innovativa, sono invece alcuni accordi portati avanti da Enti pubblici in varie parti d’Italia e di cui si intende in questa sede dare qualche cenno. Si tratta di iniziative che, pur non avendo alcuna pretesa né di risolvere i problemi ambientali delle imprese, né di riformare la politica dell’ambiente in Italia, costituiscono esempi di come gestire un adempimento ambientale con lungimiranza e nello spirito della legge Bassanini. È infatti importante, per non scoraggiare le aspettative delle imprese in tal senso, che si operi già ora e subito, senza attendere una più complessiva riforma del settore, migliorando l’esistente laddove le leggi lasciano sufficienti margini d’azione.
A tale riguardo occorre operare una preliminare distinzione tra le Regioni presso cui l’Arpa (Agenzia Regionale per l’Ambiente) è già operativa - attualmente sono nove - e quelle che ancora ne sono prive. L’esistenza sul territorio regionale di un organismo specializzato preposto alla tutela e al controllo ambientale, ma in grado di fornire anche un supporto tecnico-scientifico all’attività amministrativa ordinaria costituisce infatti per gli altri Enti locali preesistenti sul territorio uno stimolo verso un approccio proattivo alla problematica ambientale.

GLI ACCORDI FRA ENTI
L’esempio più interessante a questo riguardo è senz’altro costituito dal «Patto per l’Ambiente» messo a punto dall’Agenzia per l’Ambiente di Bolzano in una realtà molto attenta alla tutela ambientale e avanzata nelle politiche del settore come quella dell’Alto Adige. Scopo del patto è incentivare l’adozione di sistemi di gestione ambientale, cioè spingere le piccole e medie imprese della provincia ad adottare un programma di tutela dell’ambiente, nell’ambito del propria strategia di sviluppo aziendale. A tal fine, il patto prevede sia l’incentivazione di investimenti ambientali, sia la messa a disposizione delle singole realtà imprenditoriali di una specifica azione di supporto.
Accanto all’Agenzia per l’Ambiente di Bolzano, che ha assunto un ruolo guida nella promozione dell’accordo, il patto ha visto anche l’adesione dell’autorità provinciale, con il compito di gestire l’erogazione dei contributi, delle Associazioni imprenditoriali che svolgono una funzione di mediazione tra aziende e Agenzia, nonché del sistema creditizio. È questo un caso significativo, anche se forse ancora isolato, di come forze pubbliche e private possano con successo operare a favore dell’ambiente partendo da un’ottica di sostegno e non di coercizione del tessuto imprenditoriale.
Un altro caso significativo che ha portato alla stipulazione di accordi tra Enti locali in varie regioni d’Italia deriva dall’espletamento dell’obbligo di presentazione del Modello Unico di Dichiarazione Ambientale (MUD).
Come è noto infatti, la legge 70/94 attribuisce alle Camere di Commercio il compito di raccogliere le dichiarazioni ambientali che le imprese che producono, gestiscono e smaltiscono rifiuti sono tenute a presentare. Questi dati, trasferiti su supporti magnetici, vanno poi inviati agli altri Enti: la Provincia, che ha principalmente il compito di sanzionare gli inadempienti; l’Unione Italiana delle Camere di Commercio, che ha il compito di dar vita, con i dati pervenuti dalle singole realtà territoriali, ad una banca dati nazionale sui rifiuti; la Regione, a cui compete principalmente la programmazione degli interventi nel settore.Già nel corso del 1997 sono infatti stati stipulati accordi tra Camera di Commercio, Provincia di Parma e Arpa Emilia Romagna; tra Unioncamere e Arpa della Toscana e tra Provincia, Camera di Commercio, Associazione Industriali ed Artigiani di Vicenza.
La numerosità degli Enti coinvolti nell’adempimento ha naturalmente fatto sorgere l’esigenza di una maggiore collaborazione tra gli stessi per permettere di soddisfare la duplice esigenza di contribuire alla semplificazione degli oneri a carico delle imprese e di trarre da questo adempimento elementi utili per una corretta gestione dei rifiuti. 
In Lombardia, in un contesto più complesso e che sconta la persistente mancanza dell’Agenzia per l’Ambiente, solo nel 1998 si è pervenuti, a Milano, ad una convenzione tra la Camera di Commercio e la Provincia.
Ciò che ha spinto autonomamente i due Enti a dar vita ad un accordo è stato in primo luogo il comune impegno per elevare la qualità del servizio fornito all’utenza. Questa esigenza ha portato da un lato a prevedere che i due Enti si dotino di supporti informatici analoghi che consentano la visualizzazione ottica delle pratiche presentate alla Camera anche presso la Provincia; dall’altro a programmare percorsi di formazione comuni per migliorare e rendere il più possibile omogeneo il grado di preparazione dei funzionari.
Un’altra esigenza che la stipulazione della convenzione ha consentito di soddisfare è consistita nell’accrescimento del livello di conoscenze delle imprese sugli adempimenti a loro carico con la conseguente riduzione della necessità di interventi sanzionatori. Gli strumenti che sono stati individuati a tale scopo sono tre: l’avvio di una campagna di sensibilizzazione comune incentrata sulla predisposizione di lettere contenenti informazioni sugli adempimenti ambientali e sulle modalità per espletarli; la realizzazione di un vademecum telematico per rendere omogenee le risposte dei due Enti a quesiti operativi posti dalle imprese; la promozione di iniziative - seminari, incontri, giornate di studio - volte a divulgare informazioni e a risolvere le problematiche più comuni legate alle novità legislative che spesso colgono le imprese del tutto impreparate. 
La terza esigenza che questo accordo permette di soddisfare consiste nell’utilizzare il vasto patrimonio di informazioni contenute nei MUD per realizzare elaborazioni statistiche aggregate sulla situazione dei rifiuti nella provincia. 
Già con l’impostazione congiunta della campagna MUD 1999 si potrà dire soddisfatto lo scopo ultimo della convenzione, che è volto non solo a rendere questo adempimento il meno gravoso possibile per le imprese, ma soprattutto a dimostrarne la effettiva utilità a vantaggio dello stesso sistema imprenditoriale locale.
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