Impresa
& Stato n°47
LA CERTIFICAZIONE
GEMMOLOGICA
ACCELERARE IL PROCESSO
DI REGOLAMENTAZIONE
di
Laura
Confalonieri
Gli sforzi compiuti negli
ultimi anni per ovviare alle lacune legislative evidenziano che il settore
orafo è ancora privo di norme sufficienti.
Lo
svolgimento delle attività produttive e commerciali richiede ormai
in ogni campo un’impostazione rigorosa; ciò vale particolarmente
per il settore orafo che ha delle peculiarità che lo distinguono
nettamente da altri ambiti produttivi. Si tratta, infatti, di un settore
non ancora sufficientemente regolamentato e solo negli ultimi anni sono
stati compiuti alcuni sforzi, da parte di gruppi normatori o associazioni
di categoria, per ovviare a lacune legislative che tuttora sussistono.
Gli
operatori del settore orafo hanno però compreso che è indispensabile
accelerare i processi di regolamentazione e coordinamento, senza i quali
si rischia di veder vanificata, o in ogni modo compromessa, un’attività
produttiva di non secondaria importanza nell’economia nazionale.
Se
da un lato è importante la formazione imprenditoriale (fornita anche
da altre aziende camerali), dall’altro sono importanti le conoscenze tecniche
dei materiali e la trasparenza commerciale, che riguarda anche la congruità
delle dichiarazioni di qualità, attività questa propria del
Cisgem, il Servizio Pubblico di controllo dei materiali gemmologici della
Camera di commercio di Milano.
Le
varie associazioni di categoria hanno recentemente riconosciuto l’importanza
di poter contare su determinati supporti e servizi effettuati da un’entità
super partes, estranea quindi alle transazioni commerciali, con specifica
competenza tecnica, in grado di certificare, secondo parametri internazionalmente
conosciuti, le caratteristiche tecnico-commerciali dei materiali oggetto
di scambio.
Purtroppo
non esiste un obbligo, da parte di chi vende o acquista, di far certificare
le gemme, né esiste una specifica autorizzazione/regolamentazione
per l’apertura di un laboratorio d’analisi gemmologica; ciò porta
da un lato all’improvvisazione di dichiarazioni rilasciate da persone non
sempre competenti o più spesso alla vendita di materiali privi di
un’esatta denominazione o identificazione; dall’altro porta alla proliferazione
di laboratori privati, spesso compiacenti, che certamente non assicurano
la piena trasparenza (e/o correttezza) del mercato. Quest’ultimo problema
è stato più volte affrontato (per esempio in sede di incontri
ASSICOR – l’associazione intercamerale di coordinamento per lo sviluppo
produttivo della gioielleria e argenteria alla quale aderiscono le Camere
di commercio di Alessandria, Arezzo, Bari, Firenze, Milano, Napoli, Vicenza),
ma mai efficacemente risolto con iniziative concrete.
Per
poter conferire a laboratori gemmologici privati potestà certificatorie,
andrebbero dapprima definiti alcuni «parametri» che possano
garantire il corretto svolgimento di questo tipo d’attività: come
ad esempio il rispetto di criteri tecnici certi ed uniformi, che indichino
le norme tecniche d’analisi e certificazione delle gemme, in modo tale
che certificazioni rilasciate da diversi laboratori siano ottenute con
la medesima metodologia; i requisiti professionali necessari per poter
svolgere attività di certificazione gemmologica e le dotazioni strumentali
indispensabili a tal fine; la creazione di un registro dei laboratori abilitati
alla certificazione e le procedure per ottenere tale iscrizione, la cancellazione
o la sospensione.
Vediamo
ora di chiarire alcune delle normative esistenti attualmente in Italia
LE NORME UNI
Le
Norme UNI vertono sulla nomenclatura dei materiali gemmologici (UNI 10245),
sul taglio (UNI 10173) e sulla terminologia e classificazione del diamante
(UNI 9758), quest’ultima attualmente in via di revisione.
La
Commissione per la gemmologia, creata dall’UNI nel 1987, ha messo a punto,
dopo anni di lavoro, queste norme che rappresentano un punto di riferimento
sicuro e fissano per tutti la stessa denominazione da utilizzare per lo
stesso tipo di merce. La Commissione Nomenclatura, dopo aver elencato e
definito le diverse tipologie di materiali gemmologici (suddividendoli
in naturali, trattati, coltivati, sintetici, ecc.), ha messo a punto un
elenco di nomi corretti per i materiali gemmologici naturali di uso più
comune; un elenco per quelli non naturali dei quali è conosciuto
il corrispondente naturale (materiali sintetici); un elenco dei materiali
gemmologici artificiali dei quali non è conosciuto il corrispondente
in natura (materiali artificiali); nonché un’appendice nella quale
sono elencati la maggior parte dei nomi discreditati e inadeguati, ma usati
in commercio per designare gemme o materiali gemmologici.
Deve
essere fatta molta attenzione da parte di chi commercializza gioielli recanti
pietre incolori o variamente colorate costituite da prodotti sintetici:
l’uso di nomi fantasia per designare tali pietre è vietato.
Le
norme UNI sulla classificazione del taglio hanno lo scopo di unificare
la nomenclatura relativa alla tipologia dei tagli e delle forme.
Infine,
le norme UNI sulla classificazione del diamante stabiliscono la terminologia
relativa al diamante tagliato e la classificazione delle sue caratteristiche
da adottare ai fini della certificazione. Come già accennato in
precedenza, sono state recentemente revisionate e integrate in alcune parti
(ad esempio nella parte relativa alle proporzioni del taglio) e soprattutto
è stata aggiunta una nuova sezione riguardante la classificazione
dei diamanti di colore fantasia, ovvero diamanti di colorazione vivace,
naturale, il cui impiego in gioielleria si è particolarmente diffuso.
Pur
con alcune lacune tipiche delle prime edizioni, queste norme UNI per la
gemmologia rappresentano un ottimo riferimento.
USI DELLA PROVINCIA
DI MILANO
La
raccolta e l’aggiornamento quinquennale degli usi e delle consuetudini
commerciali costituisce uno fra i più significativi adempimenti
istituzionali delle Camere di commercio, in applicazione del T.U. 20 settembre
1934 n. 2011 e successive modifiche delle norme organiche impartite dal
Ministero dell’Industria con le circolari 2 luglio 1964 n. 1695/c, 13 ottobre
1983 n. 2986/c e 3 luglio 1990 n. 3217/c. Nel sistema italiano, nelle materie
regolate dalle leggi e dai regolamenti, gli usi hanno efficacia in quanto
sono da essi richiamati (art. 8 disp. prel. cod. civ.).
La
Raccolta presenta un insieme, il più aggiornato possibile, degli
usi che gli operatori del settore della provincia osservano tutte le volte
che le clausole contrattuali non definiscono in modo esauriente il comportamento
delle parti. Tra le fonti del diritto italiano (art. 1 disp. prel. cod.
civ.) vengono infatti menzionati gli usi (o consuetudini) che si formano
attraverso la pratica costante degli interessati, a differenza delle leggi
che invece sono poste in essere dagli organi del potere costituito.
Perché
possa esistere una consuetudine è necessario un elemento oggettivo,
consistente in una pratica uniforme e costante tenuta per lungo tempo dalla
generalità degli interessati in un particolare ambito di rapporti.
Non è possibile stabilire a priori una durata minima necessaria
perché una pratica si consolidi come consuetudine. È sufficiente
che il tempo decorso le abbia consentito di acquistare dignità di
norma agli occhi dei consociati. È inoltre necessario che la pratica
costante sia tenuta con la convinzione che sia obbligatoria, perché
conforme ad una regola giuridica, altrimenti si ha solo un uso di fatto,
non un uso normativo che costituisce fonte di diritto.
Negli
usi e consuetudini della Provincia di Milano riguardanti i preziosi, oltre
alle prassi contrattuali, sono riportate le norme tecniche della CIBJO
(Confédération Internationale de la Bijouterie Joallerie,
Orfèvrerie, des diamants, perles et pierres) e richiamate le norme
UNI per i materiali gemmologici.
LE NORME ISO
L’International
Standard Organization è un ente normatore internazionale che si
prefigge di produrre norme nelle più diverse applicazioni tecnico-commerciali.
Nel campo dei preziosi alcune commissioni stanno stendendo normative sulla
titolazione delle leghe, sull’uso del nichel in oreficeria/bigiotteria,
sulle metodologie d’analisi dei metalli preziosi, ecc.
Nel
campo gemmologico, un’apposita commissione si sta occupando dell’allineamento
dei metodi di classificazione del diamante maggiormente utilizzati, in
modo da produrre a livello internazionale un’unica normativa cui fare riferimento.
Uno
degli aspetti recentemente affrontati in sede legislativa nazionale è
quello della regolamentazione delle vendite televisive di preziosi. La
televisione può costituire, data la sua diffusione, un valido strumento
promozionale, al servizio delle imprese orafe, per raggiungere un’ulteriore
fascia di potenziali clienti; acquirenti che, per diversi motivi, difficilmente
acquisterebbero dei preziosi da un dettagliante. Ciò che però
va contrastato, a tutela del consumatore, sono le informazioni inesatte
riguardanti i prodotti offerti, che spesso non corrispondono alle reali
caratteristiche dell’oggetto posto in vendita. In base al disposto del
DPR del 10 ottobre 1996 n. 627, è possibile segnalare all’Autorità
Garante della Concorrenza del Mercato i messaggi promozionali ritenuti
ingannevoli, in altre parole tali da indurre in errore il consumatore.
E
concludiamo con un breve cenno riguardante alcune normative che disciplinano
l’uso di nichel nelle leghe per oreficeria (presenti soprattutto nelle
leghe d’oro bianco, ma ancora più nei materiali placcati) e la presenza
di piombo in bigiotteria, in particolare nelle perle imitazione.
La
presenza di nichel in taluni oggetti che vengono a contatto diretto e prolungato
con la pelle può provocare reazioni allergiche. La Direttiva comunitaria
94/27 del 30 giugno 1994 disciplina che la concentrazione massima di nichel
presente in oggetti metallici da inserire nelle orecchie perforate sia
inferiore a 0,05% (espressa come massa di nichel rispetto alla massa totale).
Inoltre, per prodotti che sono a contatto diretto e prolungato con la pelle
(orecchini, braccialetti, anelli, orologi da polso, ecc.) il rilascio non
deve superare gli 0,5 mg/cm2 per settimana. Purtroppo non sono ancora stati
definiti i regolamenti tecnici cui fare riferimento per la determinazione
del contenuto di nichel sui rivestimenti d’oro, e in particolare sulle
leghe d’oro bianco, nonché il rilascio del nichel stesso.
Per
quanto riguarda invece la presenza di piombo, che a volte si può
trovare nelle perle imitazione, non esiste attualmente in Italia un divieto
sull’utilizzo di tale materiale, come invece avviene per esempio in Francia:
qui, infatti, è vietato l’uso del piombo per la fabbricazione delle
perle imitazione, nonché la commercializzazione e l’importazione
di perle artificiali contenenti piombo, in quanto dannoso per la salute.
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