Impresa
& Stato n°44-45
LE CAMERE DI COMMERCIO
E LE ISTITUZIONI LOCALI
di
Pier
Daniele Melegari
Un' identita'
insieme locale e globale, che fa acquistare un concreto significato all'
esercizio dell' autonomia funzionale.
Secondo
chi scrive, il decentramento politico o costituzionale - in ottemperanza
all’art. 117 Cost. - è stato ampiamente attuato con la devoluzione
alle Regioni di poteri e compiti precedentemente di competenza dello Stato
persona.
Eppure accanto al decentramento
c. d. "politico" o "costituzionale" che prevede il passaggio di competenza
dallo Stato agli enti territoriali - Regioni, Province e Comuni - riveste
non meno importanza il decentramento c. d. "istituzionale" o "funzionale".
In sostanza, mediante questo
tipo di decentramento, le funzioni statali vengono trasferite ad enti diversi
dallo Stato persona, anch’essi dotati dei requisiti di autonomia e autarchia,
tuttavia mancanti di uno dei caratteri fondanti degli enti previsti dagli
artt. 114 e ss. Cost.: la territorialità.
Gli esempi più eclatanti
in questo senso caratterizzano una stagione di riforme che è relativamente
giovane essendo cominciata da nemmeno un decennio. Essi sono, tuttavia,
di importanza capitale per lo sviluppo democratico del nostro Paese.
Si pensi alla fondamentale
riforma dell’istruzione secondaria e universitaria mediante la spinta autonomistica
- rivendicata dal basso e attribuita dal legislatore - che le scuole e
le università han ricevuto a partire dai primi anni novanta.
Si consideri, per venire
ad un sentimento di appartenenza, la riforma delle Camere di Commercio
introdotta nel dicembre del 1993, che ha avuto il senso di un riconoscimento
- anche formale da parte del legislatore - del ruolo di riferimento che
le Camere di Commercio hanno saputo assumere sul territorio nei confronti
delle imprese.
Il dibattito istituzionale
che si è sviluppato nel corso degli ultimi anni intorno alla questione
del decentramento delle funzioni statali è andato gradatamente aumentando
di forza e intensità.
L’apporto delle intelligenze
più sensibili ai significati, talvolta anche minacciosi dell’unità
nazionale, che emergono come una fiumana dal rapporto dialettico accentramento-decentramento
ha, infine, consentito il varo della c. d. "riforma Bassanini".
L’immissione di un forte
procedimento di sussidiarietà, verticale e orizzontale, è
potenzialmente foriero di semplificazione amministrativa.
La condizione per la realizzazione
sua è che lo "scorrimento" delle competenze dallo Stato agli Enti
locali sia sufficientemente fluido e tale da attivare un processo rapido
e ampio di deleghe sul territorio senza soluzioni di continuità
nel senso spaziale e temporale.
Un processo di deleghe effettive
con contestuale assegnazione delle risorse, sì da provocare, subito
e in concreto, l’erogazione dei servizi pubblici nel punto più vicino
a quello nel quale il fabbisogno si determina.
Il merito da ascrivere al
complesso delle leggi Bassanini è di aver avviato il processo di
delegificazione e di chiarificazione normativa. Tuttavia lo sviluppo di
tale processo è ora nella responsabilità delle funzioni di
"governo" a livello centrale e decentrato.
le CdC e gli altri enti
locali
Probabilmente se ci si producesse
in una analisi meticolosa del decreto di attuazione della legge n. 59 del
15 marzo 1997, c. d. "Bassanini", per pesare col bilancino del farmacista
da un lato i vantaggi derivanti da una riconosciuta maggiore autonomia
delle Camere di Commercio e dall’altro il mancato soddisfacimento di talune
aspettative del mondo camerale, si commetterebbe un errore di metodo.
Un errore di metodo in quanto
non è questo il tempo di fare bilanci. Occorre capire che è
in corso un processo di trasformazione dell’apparato organizzativo di importanza
decisiva per il nostro Paese e che tutti siamo chiamati a giocare un ruolo.
Infatti l’approvazione del
decreto di attuazione è ben lungi dal determinare uno stadio non
più modificabile: a questo punto il processo decisionale si sposta
dal centro verso la periferia e saranno le leggi regionali, le deleghe,
gli accordi e le altre forme di collaborazione con gli enti locali a definire
compiutamente il senso e la portata della riforma in atto.
Per altro verso il contesto
nel quale giochiamo la partita non è più - probabilmente
non lo è mai stato - quello nazionale. Gli attori che si confrontano
sul piano della qualità e dell’innovazione non sono più le
singole imprese ma i "sistemi paese".
La Camera di Commercio di
Milano è consapevole dello scenario che si delinea all’orizzonte:
occorre cambiare il sistema amministrativo del nostro Paese per dare un
contributo decisivo "al sistema Italia".
Tutto questo risulta in
tutta la sua pressante evidenza tanto più se pensiamo ai vincoli
assunti con l’introduzione della moneta unica e agli oneri derivanti dalla
sua sostenibilità.
È vero che il quadro
normativo che si va delineando sembra scrupolosamente teso al riconoscimento
delle autonomie "formali" previste dal dettato costituzionale. Infatti
il processo di decentramento segue un percorso che si snoda in modo molto
deciso lungo la filiera degli Enti territoriali. Le Camere di Commercio
ricevono direttamente - a parte il complesso dei compiti UPICA che di fatto
erano già nell’ambito camerale - le funzioni dell’ufficio metrico
le quali devono essere interpretate come norme regolatrici e, quindi, fortemente
incardinate nella cultura camerale. Viene, inoltre, esplicitata la funzione
di "sportello del consumatore", la quale, seppur legata ai compiti metrici,
trasmette suggestioni forti su una "mission" che le Camere di Commercio
stanno già sviluppando come parte di una loro nuova - peraltro non
del tutto nuova - ontologia: un riferimento forte al consumatore come protagonista
del mercato.
Aldilà delle non
numerose consegne formali che il sistema camerale riceve dalla normativa
Bassanini, le Camere di Commercio, Enti Locali "funzionali", sono nella
condizione di porsi veramente come protagonisti attivi di questa nuova
riforma che sembra, finalmente, privilegiare i momenti di effettiva assunzione
di ruolo e le reali capacità di realizzazione.
In verità un sistema
che vuole competere sul mercato globale deve saper tradurre le autonomie
formali in operatività suscettibili di riconoscimento e legittimazione
da parte delle imprese e degli altri attori istituzionali.
Ciò in concreto significa
che nelle leggi regionali di delega delle leggi Bassanini le Camere potranno
essere riconosciute quali soggetti di riferimento locali, "funzionali"
al processo di decentramento.
Significa riconoscere alle
Camere la capacità di collaborare alla costruzione di servizi innovativi
e realmente utili alle imprese che operano in settori avanzati come quello
del trasferimento delle tecnologie e della finanza. Significa che venga
loro riconosciuta la funzione istituzionale di essere la sede del monitoraggio
e osservazione di tutti i fenomeni economici.
Significa che esse siano
riconosciute come integratori tra il mondo delle imprese e quello delle
istituzioni. Un punto di forza in proposito sarà quello di attivare
Sportelli Unici che non siano esclusivamente mirati alla funzione autorizzativa
per le localizzazioni. Significa ancora riconoscere alle Camere di Commercio
una singolare capacità di "far rete" sia in Italia che all’estero.
Il mutuo riconoscimento
degli attori istituzionali non ha nessun significato se il decentramento
formale non viene assecondato da una sostanziale autonomia interna che
comporti l’assunzione di tutti gli oneri e di tutte le responsabilità
che l’esercizio dell’autonomia comporta.
Autonomia sostanziale vuol
dire quindi l’acquisizione di tutte le risorse - umane e organizzative
- necessarie all’esercizio delle funzioni. Vorrei sottolineare, a questo
proposito, la presenza nelle Camere di professionalità dotate di
capacità di decidere. Il punto è importante poiché
la formazione di queste professionalità è determinante per
il successo delle riforme, altrimenti, in loro assenza, si va incontro
alla paralisi amministrativa in quanto, nel periodo di transizione, né
si decide dal centro né si decide dalla periferia.
Dobbiamo, infine, chiederci
quali punti di forza possediamo per realizzare i compiti che ci vengono
proposti.
Credo che fondamentalmente
siano due i punti di forza su cui possiamo far leva per concretizzare
il nostro ruolo e poter contribuire positivamente al successo delle riforme
istituzionali in atto.
Il primo è rappresentato
dalla identità di "autonomie funzionali".
Il secondo va oltre gli
aspetti giuridico-formali e tocca l’identità di istituzione del
mercato.
Per quanto riguarda l’essere
"autonomie funzionali", ricordo che questa natura, riconosciuta alle CdC
dalla legge, rappresenta una nuova e fondamentale articolazione, accanto
alle autonomie territoriali, della statualità. Ed è sull’integrazione
e sul rapporto tra questi due diversi tipi di autonomia che si giocherà
nel futuro buona parte della sorte del processo di riforma dell’amministrazione
dello Stato.
Per altro verso, la natura
di "autonomia funzionale" sottrae le Camere da qualsiasi ipotesi di rapporto
gerarchico con gli enti territoriali. Infatti la logica della "autonomia
funzionale" attribuisce funzioni statutariamente riconosciute e affatto
diverse da quelle delle autonomie territoriali.
Per quanto riguarda il secondo
punto di forza - l’essere istituzione al servizio del mercato - vanno fatte
alcune riflessioni.
Le CdC sono sicuramente
un’istituzione posta al servizio del sistema delle imprese. Ogni Camera
rappresenta la realtà, le aspettative, gli interessi e i bisogni
delle imprese della circoscrizione territoriale di riferimento.
Ma le imprese, tutte le
imprese, anche quelle minori, hanno ormai come orizzonte operativo di riferimento
un mercato che va ben oltre i confini nazionali. In un contesto di "mercato
globale" le imprese vendono beni e servizi, acquistano fattori produttivi,
realizzano accordi commerciali, costituiscono joint ventures, spostano
capitali in tutto il mondo.
Ogni Camera, dunque, proprio
per la dinamica delle leggi economiche, diventa istituzione naturalmente
aperta al "globale", ente che va oltre i confini del territorio.
Penso risulti del tutto
evidente che l’autonomia "funzionale" delle Camere ha senso in quanto capace
di assicurare, alle imprese che operano ormai tutte nel mercato globale,
dei servizi ad alto valore aggiunto.
L’identità delle
CdC, che è insieme locale e "globale", fa acquistare significato
e contenuto al concreto esercizio dell’autonomia funzionale che sapremo
esercitare se, e solo se, valorizzeremo al meglio i nostri punti di forza.
Questa è la sfida esaltante che pone il futuro prossimo.
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