Impresa
& Stato n°44-45
LA RETE CAMERALE E IL
DECRETAMENTO AMMINISTRATIVO
di
Danilo
Longhi
Dopo il decreto
Bassanini inizia una nuova fase: un diverso rapporto con le istituzioni
e con gli altri enti locali, un ruolo sempre piu' fondamentale di snodo
con il mercato.
Comincia
finalmente e nei tempi previsti a prendere forma la riforma della struttura
amministrativa del nostro Paese delineata dalla L. 59/1997. Di questa riorganizzazione
fanno parte a pieno titolo anche le Camere di Commercio: esse avevano da
tempo percepito la necessità di un diverso rapporto con le istituzioni
che proveniva dalla comunità delle imprese, e avevano cominciato
autonomamente ad operare per riavvicinare pubblica amministrazione, mercato
e imprese.
E se oggi il sistema camerale
vede ancora di più valorizzato il proprio ruolo lo si deve alla
capacità che ha sempre manifestato nello svolgimento dei compiti
nuovi, all’attitudine a lavorare in rete in un’ottica globale e al tempo
stesso internazionale, all’idoneità delle risposte fornite di volta
in volta agli operatori del mercato.
Le Camere di Commercio,
insomma, sono sempre più snodo fondamentale del rapporto tra il
mercato e le istituzioni.
Eppure in un passato non
lontano c’era stato chi addirittura aveva messo in dubbio la loro capacità
di sopravvivenza, quando l’attuazione dell’ordinamento regionale si risolse
in un sostanziale svilimento della posizione dei soggetti non a base territoriale.
Un’interpretazione restrittiva e penalizzante del decentramento a cui il
sistema camerale ha però saputo rispondere adeguatamente, innescando
prima un vigoroso processo di autoriforma che ne ha rafforzato l’immagine
di istituzione di servizio per le imprese, per poi arrivare alla legge
di riforma n. 580/1993 che ne ha sancito pienamente il ruolo istituzionale
in una pluralità di raccordi con i soggetti locali, regionali, nazionali
e internazionali.
In questa prospettiva possiamo
così interpretare il decreto Bassanini sullo sviluppo economico
come un passo ulteriore fatto nella direzione indicata dalla riforma: il
ruolo delle Camere di Commercio ne appare consolidato, si arricchisce di
contenuti, e se questo accade è perché esse hanno saputo
proporsi con forza quali organizzazioni dinamiche, sensibili all’innovazione,
orientate al soddisfacimento dell’utente piuttosto che alla cultura delle
procedure.
Le CdC e la delega
L’essere stati soggetti
di delega non rappresenta per noi una novità: già nel collegato
alla legge finanziaria per il 1996 era stato sancito il principio della
delega dalle Regioni agli enti camerali per le funzioni attinenti il sistema
delle imprese. Aver segnato questo principio ha tracciato una svolta importante,
ha dimostrato che era possibile cominciare ad introdurre anche in Italia
una riconfigurazione "dal basso" del sistema delle istituzioni, che riportasse
più vicino ai cittadini e alle imprese i centri delle decisioni
politiche e amministrative.
Poi è arrivata la
legge n. 59/1997, la legge Bassanini, frutto dell’esigenza avvertita da
sempre più parti di una riforma dello Stato che riuscisse a riallineare
la società civile, il sistema economico e le istituzioni.
Si è così
finalmente abbandonata la prospettiva di una riorganizzazione dell’apparato
burocratico incentrata esclusivamente sul dato territoriale, si è
riconosciuto il ruolo che possono svolgere le autonomie funzionali nelle
relazioni che si instaurano tra la dimensione locale e quella globale e
nel processo di integrazione europea.
Le Camere di Commercio assumono
il territorio come ambito di riferimento, dal momento che sono promotrici
dell’economia locale, ma con lo sguardo costantemente orientato verso il
mercato, quindi verso il mondo: per questo abbiamo ottenuto che la nostra
specificità venisse valorizzata, con l’esplicito riconoscimento
delle Camere quali autonomie funzionali, titolari di funzioni proprie e
destinatarie di deleghe.
Il decreto legislativo che
il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva lo scorso 27 marzo
offre una serie di interessanti spunti di riflessione.
La Camera di Commercio si
delinea con sempre maggior decisione quale interlocutore di riferimento
per il sistema delle imprese, il "Municipio dell’impresa" che sta alle
imprese come il Comune sta ai cittadini. E se la rete camerale è
stata chiamata a fornire per il prossimo futuro quelle prestazioni che
venivano erogate da uffici periferici dello Stato (U.P.I.C.A. e Uffici
metrici provinciali), lo dobbiamo anche al modo con cui abbiamo dimostrato
di saper far funzionare i servizi che ci vengono affidati. La sfida che
adesso ci riproponiamo di superare è quella di riuscire ad orientare
rapidamente nella direzione dell’efficienza e dell’innovazione tecnologica
anche questi nuovi settori di intervento.
L’aver individuato presso
le Camere di Commercio la nuova figura del responsabile della tutela del
consumatore e della fede pubblica è segno inequivocabile di come
siamo stati capaci di dimostrarci pienamente affidabili nel ruolo di soggetti
super partes, responsabili della trasparenza nei rapporti produttivi, di
"authority locale" in materia di garanzia del mercato, in un ordinamento
come il nostro che peraltro ha sempre recepito con ritardo certe istanze
di garanzia del mercato e dei consumatori che sono invece realtà
consolidate in altri paesi. E sulla bontà del lavoro svolto in questa
direzione abbiamo avuto recentissimamente un’altra conferma con la legge
sulla subfornitura nelle attività produttive che ha arricchito e
ulteriormente qualificato di contenuti la nostra funzione di regolazione
del mercato.
Un altro versante giustamente
valorizzato dal decreto e su cui il sistema camerale si è sempre
attestato su posizioni di avanguardia è quello della semplificazione.
È ormai da molto tempo che andiamo ripetendo quanto sia urgente
e non più rimandabile una decisa svolta semplificatoria nell’ambito
dell’amministrazione pubblica, anche perché conosciamo direttamente
l’insoddisfazione verso i troppi fardelli burocratici che proviene dalla
business community.
La nostra macchina amministrativa,
si sa, è appesantita purtroppo da procedure eccessive, complicate,
lente: questa inefficienza si traduce immediatamente in un aggravio dei
costi che gravano sugli utenti-imprese, e, cosa ancora più grave,
mette in maggiore difficoltà gli operatori più piccoli e
meno strutturati per cui le spese amministrative, le risorse distratte
dalla produzione e i tempi lunghi incidono più profondamente.
Già prima della Bassanini
le Camere di Commercio si erano proposte con decisione quali agenti di
semplificazione (valga per tutti il caso del Registro delle imprese), ma
proprio perché conosciamo benissimo quanto ci sia ancora da fare
continuiamo a lavorare con priorità su questo versante, con l’attribuzione
della partita I.V.A. e il rilascio della certificazione antimafia, per
fare due esempi. Per noi è assurdo che un’impresa debba rivolgersi
a più uffici per poter ricevere delle risposte sul proprio rapporto
con la pubblica amministrazione, e per questo ci sentiamo confortati sulla
bontà della nostra linea di condotta ogniqualvolta si profili un
intervento che va verso l’individuazione di un referente unico per l’impresa.
Il rapporto con
gli enti
Le Camere di Commercio si
troveranno di fronte anche ad una sostanziale ridefinizione del complesso
dei loro rapporti con le Regioni e con gli altri enti locali.
E questo propone una sfida
di grande importanza non solo alle Camere ma a tutti i soggetti istituzionali
che operano sul territorio, poiché sarà loro richiesto tra
l’altro di saper raccordare lo sviluppo locale con un’economia di dimensioni
sempre più globali, e al tempo stesso di saper coniugare le esigenze
specifiche del tessuto produttivo di riferimento con le richieste di prestazioni
e servizi omogenei in tutto il Paese e sempre più vicini agli standard
europei.
È sul terreno della
costruzione europea che infatti bisogna prioritariamente impostare a nostro
avviso il confronto tra imprese, mercato e istituzioni. E le Camere di
Commercio, organizzate come sono in una rete internazionale, sono già
pronte per accompagnare le imprese in Europa, per rendere appetibile e
non ostile il mercato europeo e per convincere sulle opportunità
che possono dischiudersi quando si guardi oltre l’ambito locale e regionale.
L’autonomia del sistema
camerale è ormai un dato più che consolidato. L’abolizione
dei controlli ministeriali sui principali atti delle Camere di Commercio
(ma anche delle Unioni regionali e interregionali e dei Centri estero)
è certamente l’effetto di una tendenza generale in atto in tutta
la pubblica amministrazione, ma è anche una conquista che ci siamo
guadagnati sul campo passo dopo passo. Pensiamo infatti che essere più
autonomi da un lato favorisca il formarsi di un ambiente consapevole di
dover rispondere del proprio operato alle imprese, e dall’altro consenta
al sistema camerale di svolgere le funzioni pubbliche in un’ottica sempre
meno burocratica e sempre più di orientamento al risultato. Non
ci spaventano le maggiori responsabilità che tutto questo comporta;
quello che ci interessa è proseguire sulla via dell’acquisizione
di una crescente capacità di intervento sul sistema produttivo,
per avere a disposizione strumenti sempre più efficaci e incisivi.
Volendo dare al decreto
uno sguardo complessivo, ne emerge certamente un dato di grande rilievo:
il riconoscimento della scelta che abbiamo fatto di voler essere prima
di tutto un sistema.
Le Camere di Commercio formano
un sistema autonomo, assolutamente non omologabile a quello di altri enti
locali, che ha saputo cogliere tutto il valore aggiunto dell’operare a
rete sul territorio. E vogliamo continuare a lavorare in questa direzione,
sempre più con programmi comuni e sempre meno tramite iniziative
episodiche, per aumentare i momenti di raccordo sulle strategie e per sviluppare
i momenti di dialogo con le altre istituzioni.
Con l’approvazione del decreto
si è chiusa in pratica la fase gestita dal centro della riforma
Bassanini. Il territorio si appresta allora a diventare il protagonista
delle future scelte, grazie alle leggi regionali, ai regolamenti, alle
deleghe e agli accordi che verranno a delinearsi e che ci daranno la misura
della concreta portata della riforma.
È inutile sottolineare
la criticità che riveste questa fase, e la centralità dell’azione
che in tale contesto sono chiamate a svolgere le Unioni regionali.
Dato che il futuro incrocio
tra le funzioni degli enti camerali e il territorio di Regioni, Province,
Comuni dipenderà dall’assetto che sarà determinato in ambito
regionale, occorrerà grande attenzione per far sì che prevalgano
logiche virtuose piuttosto che spartitorie, nella consapevolezza che la
riforma non avrà raggiunto il suo scopo se non avrà come
riferimento ultimo la soddisfazione dell’utente, cittadino o impresa che
sia. Sarà allora opportuno che le Regioni in particolare provvedano
alla scelta del delegato in base alle sue qualità funzionali e al
grado di copertura amministrativa che sarà in grado di assicurare,
al fine di privilegiare una redistribuzione delle competenze che valorizzi
dal basso tutte le autonomie, istituzionali, economiche e sociali.
L’apporto che potremo dare
sarà fondamentale: confrontandoci con le Regioni, le Province, i
Comuni, le Comunità montane occorrerà ribadire la priorità
della creazione di un contesto istituzionale e amministrativo che favorisca
una imprenditorialità diffusa, capace di orientare l’ambito locale
verso l’innovazione e l’internazionalizzazione.
|