di
Paolo
Giuggioli
Le
Commisioni per la Tenuta dei Mediatori presso le CdC e il controllo delle
clausole contrattuali a rischio di inquita'
L’attività
di mediazione professionale ha una duplice fonte: gli artt. 1754 e ss c.c.
e la legge 3 febbraio 1989 n. 39 che ha modificato la legge 21 marzo 1958
n. 253.
I primi, predisposti dal
legislatore del 1942 al fine di disciplinare un fenomeno che non aveva
ancora assunto quella rilevanza sociale ed economica che oggi gli è
propria, risultano essere norme dispositive che regolano il contenuto del
rapporto di mediazione, sia occasionale che professionale.
La seconda è, invece,
la norma che propone la figura del mediatore professionale, cioè
di un soggetto che, avvalendosi di una preparazione tecnica, esercita la
propria attività in modo stabile e continuativo. Tra le numerose
novità previste da detta disposizione e dal regolamento di attuazione
21/12/1990 n. 452 del Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato
sono da ricordare - ai fini del presente esame - l’obbligo del "mediatore
che per l’esercizio della propria attività si avvalga di moduli
o formulari, nei quali siano indicate le condizioni del contratto" di depositarne
copia presso la Commissione per la Tenuta del Ruolo dei Mediatori istituita
in ciascuna Camera di Commercio (art. 5 comma 4 della legge 39/89), nonché
la necessità che i predetti moduli e formulari siano "chiari, facilmente
comprensibili e ispirati ai principi della buona fede contrattuale" (art.
17 del regolamento 482/90).
La Commissione per la Tenuta
del Ruolo dei Mediatori presso la Camera di Commercio di Milano, in adempimento
di quest’obbligo, provvede da alcuni anni ad approvare e a conservare i
moduli utilizzati dai mediatori professionali della provincia ambrosiana.
L’entrata in vigore della
novella del codice civile sui "contratti del consumatore" - e soprattutto
la nuova legittimazione all’esercizio dell’azione inibitoria attribuita
dall’art. 1469 sexies alle Camere di Commercio - ha però imposto
la revisione dei "vecchi formulari", al fine di verificarne la compatibilità
con gli artt. 1469 bis e ss.
Numerose associazioni di
mediatori hanno così provveduto a depositare presso la Commissione
nuovi modelli contrattuali e a richiederne la dichiarazione di conformità
alle predette disposizioni. Obiettivo di questo articolo è quello
di individuare i problemi che le clausole più ricorrenti nei formulari
di mediazione pongono all’interprete. Prima, però, di passare all’analisi
della modulistica è opportuno chiarire che l’esame di compatibilità
con la novella introdotta dalla legge n. 52/96 deve essere limitato alle
pattuizioni che regolano il rapporto tra mediatore e parti, con esclusione,
quindi, di quelle disciplinanti esclusivamente il contratto che coloro
che si sono rivolti al professionista intendono concludere. È bene
quindi verificare, prima di qualsiasi valutazione sulla vessatorietà
della clausola predisposta dal mediatore, su quale rapporto la medesima
vada ad incidere, verifica che, molto spesso, è resa ardua dalla
fusione in un unico documento contrattuale dell’accordo tra professionista
e parti e di quello tra queste ultime.
LE CLAUSOLE DI
ESCLUSIVA
Chiarito questo aspetto,
si può passare ad esaminare le singole clausole "in odore" di iniquità
che più diffusamente ricorrono nei modelli contrattuali utilizzati
dalle cosiddette "agenzie immobiliari". Si prenda, in primo luogo, la clausola
di esclusiva del mandato dato al professionista, cioè quella che
preclude al consumatore di stipulare, durante il periodo di efficacia del
contratto di mediazione, un medesimo accordo con altri mediatori. Al proposito
si è sostenuto che detta condizione comporti quella restrizione
della libertà contrattuale del consumatore che ne fa presumere la
vessatorietà ex art. 1469 bis III comma n. 18 c.c. Si è,
di contro, anche rilevato che tale presunzione di iniquità di una
clausola possa essere esclusa da pattuizioni che riequilibrino sostanzialmente
i diritti e gli obblighi dei paciscenti (arg. ex art. 1469 ter I comma
c.c.). Risulta, però, poco agevole l’individuazione di quei correttivi
che consentono - in concreto - tale riequilibrio dell’assetto negoziale.
L’opinione più rigorosa
ritiene necessario che il contrappeso debba inerire alla natura, o meglio
all’oggetto, della clausola abusiva. Così, per ipotesi, al fine
di rendere efficace una condizione di esclusiva si dovrebbe limitare la
stessa libertà contrattuale del professionista.
Questa rigida interpretazione
non è però unanimemente condivisa. Si è infatti asserito
che il riequilibrio degli obblighi contrattuali possa ottenersi anche grazie
alla semplice introduzione di diritti a favore di una parte o mediante
l’imposizione di doveri a carico dell’altra.
Ciò posto, si è
dubitato che - nei modelli utilizzati dalle cd "agenzie immobiliari" -
i correttivi predisposti dai mediatori siano sufficienti a porre in equilibrio
le posizioni negoziali dei contraenti sbilanciate dalla presenza della
clausola in esame.
Invero, si è rilevato
che anche i testi più elaborati ("l’agente, considerata la esclusività
dell’incarico conferitogli, e tenuto conto che in vista di tale esclusività
ha effettuato una valutazione commerciale del bene, determinandone il più
probabile valore di mercato, sulla base della quale il Venditore ha determinato
il prezzo indicato al precedente punto ..., si impegna, a proprie cura
e spese a: a) consigliare ed assistere il Venditore nelle attività
necessarie per procurare la documentazione di cui al punto ... (nel contesto
dell’adempimento di quest’obbligo, l’Agente deve intendersi autorizzato
a chiedere la consultazione e il rilascio di documenti anche all’amministratore
condominiale o ad altri soggetti ed enti); b) promuovere la vendita dell’immobile,
secondo le modalità d’uso e l’ordinaria diligenza del professionista,
servendosi dell’intera propria organizzazione, e, in particolare, pubblicizzare
la disponibilità in vendita dell’immobile a mezzo di pubblicazioni
di settore e/o quotidiani, o altri idonei mezzi pubblicitari, fra cui l’inserimento
in banche-dati e, ove possibile, in siti Internet; c) fornire al Venditore,
a sua semplice richiesta, tutte le informazioni circa l’attività
svolta; d) provvedere con sollecitudine, per conto del Venditore, alla
comunicazione, a chi abbia manifestato una proposta, dell’avvenuta accettazione
del Venditore medesimo, eventualmente anche a mezzo telefax, telegramma
o raccomandata a.r.; e) prestare la propria assistenza al Venditore anche
successivamente alla conclusione dell’affare, fino alla stipulazione dell’atto
notarile di compravendita; f) svolgere specificamente le seguenti ulteriori
attività: ...") sarebbero caratterizzati dall’indeterminatezza degli
obblighi assunti dal professionista, indeterminatezza che non consentirebbe
di bilanciare l’assetto contrattuale complessivo. In quest’ottica si è,
quindi, sostenuto che solo una dettagliata specificazione del contenuto
dei doveri del mediatore, che consenta di apprezzare con precisione il
suo sacrificio giuridico-economico, potrebbe escludere l’abusività
della clausola di esclusiva.
Sempre in tema di esclusività
del mandato conferito al professionista, sono sorte perplessità
in relazione alla cosiddetta "condizione alternativa", cioè la previsione
nel medesimo documento contrattuale sia della clausola di esclusiva ("il
venditore si impegna a non conferire incarico ad altre agenzie") che di
quella di non esclusiva ("il venditore potrà vendere l’immobile
direttamente o tramite altre agenzie immobiliari senza nulla dovere all’agente
immobiliare a titolo di provvigione o penale, impegnandosi però
a rimborsare allo stesso le spese documentate sostenute nell’esecuzione
del presente incarico, anche in caso di mancata vendita"), con facoltà
per il consumatore di barrare la condizione preferita.
Si è, infatti, asserito
che la pura alternativa sopra prospettata non possa sostituirsi alla "trattativa
individuale" di cui all’art. 1469 ter IV comma c.c., in quanto diversamente
si consentirebbe al professionista di eludere la nuova disciplina codicistica
mediante la semplice predisposizione di un testo contrattuale integralmente
alternativo cui, però, il consumatore potrebbe aderire limitatamente
alle sole clausole abusive. La predisposizione di testi contrattuali alternativi
potrebbe escludere la natura vessatoria di una clausola solo se risulti
che la scelta del consumatore a favore della condizione "abusiva" incida
sotto un diverso aspetto a vantaggio di quest’ultimo (prevedendo, ad esempio,
un corrispettivo inferiore).
Infine, ancora a proposito
della clausola d’esclusiva, è in fase di studio un tentativo di
assicurarle efficacia mediante la riconduzione dell’intero accordo di mediazione
al tipo legale che preveda, quale naturale negotii, il diritto di esclusiva,
così da consentire l’operatività dell’art. 1469 ter III comma
c.c. In altre parole nel caso in esame, "avvicinando" il contratto al "procacciamento
d’affari" - generalmente disciplinato dalle norme dell’agenzia - si garantirebbe
validità alla clausola de qua in quanto riproduttiva dell’art. 1743
c.c. È ben evidente però che una tale "manipolazione negoziale"
non risulterà viziata ex art. 1344 c.c. solo se verrà mantenuta
quella corrispondenza tra l’interesse fondamentale delle parti e l’intento
pratico tipico per la soddisfazione del quale si ricorre normalmente al
tipo di contratto predisposto dal professionista. I dubbi ora esposti circa
l’iniquità della clausola di esclusiva vengono generalmente estesi
a tutte quelle condizioni che introducono - nelle forme più disparate
- identiche limitazioni alla libertà contrattuale del consumatore.
Si prendano, quale esempio, le pattuizioni che prevedono l’applicazione
di penali (nella maggior parte dei casi di entità pari alla provvigione)
nell’ipotesi di conclusione del contratto da parte del consumatore - con
o senza l’intervento di un altro professionista - in pendenza dell’incarico
di mediazione.
L’IRREVOCABILITA'
DEL MANDATO
Un’altra ricorrente clausola
dei modelli contrattuali di mediazione, per la quale sono stati sollevati
dubbi di compatibilità con la novella del codice civile, è
quella di irrevocabilità del mandato dato al mediatore, cioè
quella che preclude al consumatore di recedere dal contratto di mediazione
prima della scadenza. Più precisamente si è sostenuto che,
se detta condizione risulti avere quale unico obiettivo quello di impedire
al consumatore - durante il periodo di efficacia del rapporto - la realizzazione
per altri canali dell’affare, l’effetto limitativo della libertà
contrattuale sarebbe fuor di dubbio. Di contro, se si dimostra che la citata
clausola è esclusivamente diretta a precludere al consumatore -
il quale abbia aderito al contratto che prevede il sorgere del diritto
alla provvigione al semplice reperimento di una proposta negoziale conforme
all’incarico ricevuto (e indipendentemente dalla conclusione dell’affare)
- di rinunciare o rifiutare di darvi esecuzione, la stessa non inciderebbe
sull’autonomia negoziale del contraente debole.
Un’ulteriore clausola che
ha fornito interessanti spunti di riflessione è quella che prevede
la devoluzione di tutte le controversie relative all’esecuzione dell’incarico
di mediazione a organi conciliativi-arbitrali. Invero, accanto a chi ha
concluso senza esitare per la presunzione di vessatorietà ex art.
1469 bis III comma n. 19 c.c. di tutte le clausole compromissorie, vi è
chi presume iniqua solo la condizione con cui si devolve la controversia
ad arbitri rituali, sostenendo, invece, l’efficacia della clausola per
arbitrato irrituale.
Da ultimo, degna di attenzione
è la clausola, contenuta esclusivamente negli incarichi per la locazione
stagionale di immobili, la quale prevede che "a) l’agente potrà
fare eseguire a spese del mandante tutte le attività necessarie
per la manutenzione dell’immobile in buono stato locativo. Una speciale
autorizzazione del mandante sarà necessaria per le sole attività
di costo superiore a L ..., e anche da questa autorizzazione si potrà
prescindere qualora risulti impossibile prendere tempestivamente contatto
con il mandante, e si possa presumere che egli avrebbe comunque dato la
sua autorizzazione; b) l’agente potrà fare eseguire a spese del
mandante tutte le attività di pulizia che riterrà opportune;
c) l’agente, ove lo riterrà opportuno, potrà stipulare, in
favore e a spese del mandante, una polizza di assicurazione contro il rischio
di perimento o danneggiamento dell’immobile per qualsivoglia causa".
Si è sostenuto che
detta condizione dovrebbe presumersi vessatoria ex art. 1469 bis III comma
n. 10 (e, forse, anche 11 e 12) c.c., in quanto porrebbe il consumatore
in balia di "sorprese" non previste al momento della conclusione dell’accordo.
Orbene, al fine di escludere detta presunzione, occorrerebbe un’indicazione
dettagliata delle attività che l’agente è facoltizzato a
far eseguire, nonché l’individuazione del massimale di spesa che
comunque - cioè indipendentemente dalla possibilità o meno
di contattare il consumatore - quest’ultimo dovrebbe affrontare.
La rapida analisi svolta
in questo breve scritto evidenzia la complessità dell’onere di controllo
che il legislatore ha imposto alle Commissioni per la Tenuta del Ruolo
dei Mediatori istituite presso ciascuna Camera di Commercio. Invero, la
diversità di opinioni dei giuristi e l’assenza di precise indicazioni
giurisprudenziali in materia di clausole vessatorie potrebbe essere la
causa di soluzioni ermeneutiche che ingenerino nei mediatori professionisti
e nei consumatori quella confusione che la legge 39/89 e il regolamento
452/90 hanno inteso prevenire. Ciononostante è possibile rilevare
che l’interpretazione degli artt. 1469 bis e ss c.c. fornita dalla Commissione
per la Tenuta del Ruolo dei Mediatori istituita presso la Camera di Commercio
di Milano è risultata a tal punto accorta e puntuale da trovare
il plauso sia delle associazioni dei mediatori immobiliari che di quelle
dei consumatori.