Impresa
& Stato n°44-45
OLTRE LE CORPORAZIONI,
PER UN CONTROLLO IMPARZIALE
di
Ezio
Antonini
Conciliazione,
controllo delle clausole vessatorie e iniziativa giudiziaria:
i compiti camerali
per il mercato.
La
legge di riforma del sistema camerale, legge 29 Dicembre 1993, n. 580,
prevede all’art. 2 fra le attribuzioni degli enti alcune forme di intervento,
elencate ai commi 4 e 5, alle quali è stata data sinteticamente
la denominazione di "funzioni per la regolazione dei mercati".
Si tratta, in primo luogo,
della facoltà di promuovere la costituzione di commissioni arbitrali
e conciliative per la risoluzione delle controversie fra imprese, o tra
le imprese e i consumatori e utenti; inoltre la predisposizione di contratti-tipo,
la promozione di forme di controllo delle clausole inique inserite nei
contratti; infine (c. 5°) la possibilità di costituirsi parte
civile nei giudizi relativi ai delitti contro l’economia pubblica, l’industria
e il commercio, e anche di promuovere l’azione per la repressione della
concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2601 del codice civile.
Non è difficile individuare
la finalità unitaria che ha dettato queste previsioni nella esigenza
di assicurare ai mercati, in varie forme, l’osservanza di regole di correttezza
riconoscibili ed accettate, che come tali prevengano i conflitti o comunque
ne facilitino la soluzione.
È anche palese che
- benché le Camere di Commercio siano enti rappresentativi delle
imprese - l’interesse generale sotteso non è quello di un rafforzamento
e di una tutela degli interessi di categoria del sistema imprenditoriale,
ma piuttosto quello di assicurare un corretto funzionamento dei modi di
produrre e di commerciare: che come tale supera ogni impostazione corporativa
per porsi in una posizione di controllo imparziale.
In questo senso è
tipico l’accenno alla collaborazione, che le Camere di Commercio assicurano
nello svolgimento di questi compiti, fra le associazioni imprenditoriali
e le associazioni di consumatori e utenti; e ad ulteriore conferma stanno
gli interventi camerali per l’individuazione e la repressione delle clausole
inique (o vessatorie), che la legge ha previsto a specifica tutela dei
consumatori.
In altri termini, le Camere
di Commercio sono titolari di queste funzioni nell’interesse pubblico dell’economia
in quanto tale, sulla premessa che ogni economia sana richiede un equilibrio
di rapporti e di diritti fra chi produce e chi usa.
Basterebbero questi cenni
per sottolineare il carattere istituzionale dei compiti attribuiti in questo
settore ad un sistema di enti pubblici, quali la legge 580/93 riconferma
essere le Camere di Commercio.
LA CONCILIAZIONE
Una analisi, necessariamente
breve, delle singole funzioni ne chiarirà meglio le modalità
di applicazione e i problemi, tenendo conto anche della sperimentazione
che la Camera di Milano ha già ampiamente promosso al riguardo.
Il primo dei compiti elencati
(costituzione di commissioni arbitrali e conciliative) ha un interesse
di per sé evidente. Si tratta di trovare meccanismi alternativi
a quelli della giustizia ordinaria e del ricorso alla giustizia privata
costituita dall’arbitrato.
Sui mali della giustizia
(non solo in Italia) non c’è bisogno di spendere molte parole, in
particolare per quanto concerne la lunghezza dei processi civili, che non
assicurano mai soddisfazione agli interessi coinvolti se la decisione giunge
troppo tardi.
Anche se le recenti riforme
del codice di procedura (ivi comprese quelle di prossima entrata in vigore)
tendono a semplificare lo svolgimento del processo, resta pur sempre irrisolto
il problema del numero, oltre che la complessità, delle controversie
che accompagnano inevitabilmente i periodi di accelerate trasformazioni
economiche e sociali. Altrettanto noti sono peraltro i limiti della giustizia
arbitrale: dovuti in particolare ai costi che ne vietano il ricorso in
tutti i conflitti relativi a interessi situati al di sotto di una certa
soglia di valore economico.
Si noti che in questo settore
la disposizione di legge non parla soltanto di controversie fra imprese
e utenti, ma anche di controversie fra imprese e imprese.
Sono dunque molteplici i
casi in cui l’intervento camerale può essere assai efficace attraverso
la predisposizione di un servizio di "commissioni arbitrali e conciliative".
La Camera di Milano, che
già da anni ha istituito la Camera arbitrale, ha già sperimentato
i nuovi compiti. Si tratta, in sintesi, di predisporre strumenti a costo
limitato a cui due o più parti in conflitto possano rivolgersi per
risolvere la loro controversia in tempi rapidi. Va precisato che le "commissioni
conciliative" non hanno ovviamente alcun potere giurisdizionale, ma solo
il compito di agevolare il raggiungimento di un accordo fra le parti. Non
per questo il compito è meno importante; e anzi il confronto fra
le rispettive tesi, con gli elementi di fatto e di diritto su cui si fondano,
effettuato di fronte a soggetti terzi dotati di competenze professionali,
equidistanti fra le parti e con l’esplicita finalità di tentare
di pacificare la lite costituisce uno strumento che può essere di
grande efficacia. Non per nulla anche in altri ordinamenti giuridici si
moltiplicano le attività di mediation come esperimento utile e a
volte addirittura indispensabile prima di affrontare un processo. Il contradditorio,
anche svolto in una sede che non può decidere, è comunque
sempre utilissimo perché le parti si rendano conto dei rispettivi
punti di forza e di debolezza, e valutino in modo più consapevole
i vantaggi di un reciproco accordo.
LE CLAUSOLE VESSATORIE
Altro compito attribuito
dalla L. 580/93 alle Camere di Commercio (e questo del tutto nuovo) è
quello del controllo delle clausole "vessatorie" inserite nelle condizioni
generali dei contratti.
A differenza dei compiti
di conciliazione, che possono riguardare anche controversie fra imprese,
il controllo delle clausole standard inserite nei contratti attiene unicamente
ai rapporti fra imprese e consumatori, e tende a tutelare la parte contrattualmente
più debole dai possibili squilibri a suo danno nei diritti e negli
obblighi derivanti dal contratto.
Già la CEE, con direttiva
del Consiglio 93/13, aveva dettato un’ampia normativa nella materia. La
direttiva è stata poi recepita nel nostro paese con la legge 6.2.96,
n. 52, che all’art. 25 ha introdotto nel libro quarto del codice civile
gli articoli 1469, da bis a sexies, elencando una serie di clausole che
si presumono vessatorie, ove inserite in moduli o formulari predisposti
dall’impresa per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti
contrattuali (e quindi al di fuori di una specifica trattativa individuale):
dichiarandone l’inefficacia ad esclusivo vantaggio del consumatore.
La Camera di Commercio di
Milano ha istituito un gruppo di lavoro tecnico che ha già esaminato
le clausole generali in alcuni settori di contratti che ne fanno largo
impiego.
Si sono analizzati fino
ad ora i contratti di intermediazione immobiliare e i contratti di viaggio;
ma molti altri settori sono potenzialmente interessati a queste forme di
controllo, fra cui i contratti assicurativi e quelli per i servizi finanziari.
Anche qui, il controllo
preventivo non va al di là di un autorevole parere (a parte i poteri
camerali di iniziativa giudiziaria di cui parleremo in seguito); ma tale
controllo - specie se espresso in forme qualificate e responsabili - è
sicuramente assai efficace nell’indirizzare gli schemi contrattuali a forme
più corrette: assicurando un equilibrio fra i diritti e gli obblighi
delle parti e svolgendo in tal modo una funzione assai utile di "regolazione"
del settore.
Strettamente collegata a
questa ipotesi è la previsione di un intervento camerale per collaborare
a predisporre contratti tipo. Qui peraltro nasce un problema non ancora
ben risolto, ed è la diffidenza nei confronti di contratti unificati,
che in un qualche modo - secondo chi scrive - rischiano di condurre a forme
di omologazione che possono mortificare l’autonomia contrattuale e produrre
effetti negativi per la stessa concorrenza. Su questo aspetto si dovrà
dunque ancora riflettere per assicurare come questo tipo di intervento
di "regolazione" non abbia come effetto quello di limitare la diversità
e l’innovazione nelle forme contrattuali, che sono anch’essi valori prioritari
da tutelare.
L’aspetto più caratteristico
di questi compiti camerali è senza dubbio l’assenza di ogni potere
autoritativo, che tradizionalmente costituisce un connotato abituale di
ogni istituzione pubblica.
In proposito le funzioni
camerali di regolazione del mercato si differenziano nettamente dai poteri
e dai compiti delle varie "autorità garanti" che sovrintendono a
determinati settori economici, e che al contrario sono dotate di competenze
regolamentari vincolanti, e di poteri sanzionatori a carattere paragiudiziario.
Questo aspetto "non autoritativo"
delle funzioni camerali ne accentua il carattere di servizio al pubblico,
introducendo elementi significativi di "esortazione morale" che forniscono
un esempio nuovo, e sicuramente più avanzato, di rapporto fra ente
pubblico e destinatari privati di queste attività, siano essi cittadini
o imprese.
L’ INIZIATIVA
GIUDIZIARIA
Abbiamo già accennato
come, nei controlli delle clausole vessatorie, la legge (in particolare
l’art. 1469 sexies del codice civile) preveda, accanto alla iniziativa
di controllo preventivo, la possibilità che le Camere di Commercio
- allo stesso modo che le associazioni delle imprese e quelle dei consumatori
- possano promuovere direttamente una azione giudiziaria, tendente ad inibire
ad una impresa o alla relativa associazione l’uso di condizioni generali
di contratto di cui sia accertato il carattere abusivo.
Questa possibilità
si somma ad altri poteri di iniziativa giudiziaria che sono previsti dal
5° comma dell’art. 2 della L. 580/93: e cioè la possibilità
della Camera di costituirsi parte civile nei processi per reati contro
l’economia pubblica, l’industria e il commercio e infine di promuovere
in modo diretto l’azione per la repressione della concorrenza sleale ai
sensi dell’art. 2601 del codice civile.
Ciò che caratterizza
questi poteri di iniziativa giudiziaria nei vari casi è, con tutta
evidenza, un ruolo di intervento nei processi per far ristabilire anche
in questa forma regole di correttezza dei mercati, eliminando situazioni
di patologia illecita.
Anche qui, è del
tutto assente ogni aspetto autoritativo (e a riprova, nell’ipotesi di repressione
delle clausole vessatorie, l’iniziativa camerale è collocata sullo
stesso piano di quella delle associazioni di consumatori e di imprenditori).
Tuttavia l’iniziativa giudiziaria
pone alcuni problemi di carattere giuridico che ne sottolineano la novità
e che presumibilmente daranno luogo ad ampie rielaborazioni dottrinali.
Ci si riferisce, in particolare,
al tema degli "interessi diffusi": concetto che, come sappiamo, nel nostro
ordinamento ha avuto una elaborazione sofferta e non ancora giunta ad una
sua sistemazione definitiva.
Come è noto, il concetto
di "interesse diffuso" nasce come "tertium genus" fra gli interessi individuali
e l’interesse pubblico: identificandosi per negativo negli interessi che
coinvolgono contemporaneamente una pluralità di persone che godono
di un medesimo status o che fruiscono in modo analogo di determinati beni
o servizi collettivi.
La differenza nei confronti
degli interessi pubblici (che sono anch’essi interessi "diffusi" a tutta
la comunità) sta nel fatto che per gli interessi pubblici la tutela
è affidata istituzionalmente a soggetti pubblici, che la perseguono
in modo generale attraverso una attività amministrativa; mentre
la tutela degli interessi diffusi è tipicamente giudiziaria e viene
svolta, normalmente, da soggetti privati a carattere associativo. In questo
senso la evoluzione dei caratteri degli interessi diffusi è stata
in via principale determinata dagli orientamenti della giurisprudenza,
sino a quando alcune leggi più recenti hanno conferito espressamente
una legittimazione ad agire ad alcuni enti (privati) rappresentativi di
finalità collettive determinate.
Le funzioni riconosciute
alle Camere dal 5° comma dell’art. 2 della L. 580/93 e dall’art. 1469
sexies del codice civile introducono ulteriori elementi di novità
sull’argomento degli interessi diffusi : in quanto da un lato i poteri
di iniziativa giudiziaria sono attribuiti ad una istituzione pubblica,
mentre sino a questo momento la tutela degli interessi diffusi risultava
tradizionalmente spettante ad enti associativi espressi dalla società
civile. D’altra parte il carattere pubblico delle Camere non trasferisce
la tutela di questi interessi all’ambito degli interessi generali, dato
che, come abbiamo visto, non esiste in capo alle Camere alcun potere di
intervento amministrativo di autorità né alcuna rappresentanza
istituzionale esclusiva dei diritti così tutelati: come è
confermato fra l’altro dalla circostanza già menzionata che - per
l’azione inibitoria prevista dall’art. 1469 sexies - l’iniziativa Camerale
si affianca senza distinzioni a quella delle associazioni rappresentative
dei consumatori e degli imprenditori.
Va anche aggiunto che comunque
la Camera sembra agire in base ad una titolarità di propri diritti
(soggettivi): come conferma l’espressa facoltà di costituirsi parte
civile (che presuppone un danno), e anche la possibilità di agire
per la repressione della concorrenza sleale, con cui si rivitalizza la
norma dell’art. 2601 c.c., di applicazione quasi nulla dopo l’abrogazione
dell’ordinamento corporativo fascista.
Il luogo non consente di
approfondire questi aspetti, che peraltro sono anch’essi un segno di positiva
novità: ampliando in forme diverse le funzioni pubbliche secondo
modalità che non limitano in alcun modo i diritti dei cittadini
e degli altri soggetti privati, ma anzi delineano forme di collaborazione
per il raggiungimento di finalità comuni.
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