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Impresa & Stato n°44-45 

LA REGOLAZIONE DEL MERCATO

di
Pier Daniele Melegari e Vittoria De Franco 
Le funzioni delle CdC: la continuita' con i compiti svolti in passato, le nuove mansioni per riposizionarsi nel contesto economico.

Le Camere di Commercio, in virtù della Legge 580/93, sono state chiamate a riscoprire funzioni che si pongono lungo una linea di continuità rispetto a compiti svolti in passato: si tratta di funzioni tra loro diverse, ma riconducibili alla comune definizione di regolazione del mercato.   
Non si intende farne, in questa sede, una trattazione dettagliata, ma piuttosto aprire una riflessione sul significato da attribuire al concetto di regolazione del mercato nel contesto economico nel quale le Camere si posizionano.   
Va ricordato brevemente che, se finora le funzioni degli Enti camerali in tale ambito si erano concentrate soprattutto nell’attività di regolazione e nella rilevazione dei prezzi, nell’accertamento di usi e consuetudini - pratiche indispensabili per un corretto svolgimento delle transazioni economiche -, oggi a queste se ne sono aggiunte altre del tutto nuove, che attengono sia alla fase della contrattazione, come l’accertamento della presenza di clausole vessatorie nei contratti di adesione e la predisposizione di contratti tipo, sia alla tutela della concorrenza e al contrasto dei delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio.   
Un discorso a parte meritano le funzioni di risoluzione delle controversie già in atto, come l’arbitrato - conosciuto dalle Camere prima dell’intervento della legge di riforma - e la conciliazione, strumento introdotto invece ex novo dalla Legge.   
Quest’ultima tipologia di funzioni, paragiurisdizionali, si riallaccia a quelle svolte dalle universitates mercatorum, organismi corporativi - antesignani delle odierne Camere - dispensatori di giustizia a tutela degli interessi mercantili. Ed è su questo elemento di somiglianza con il passato che si basa la considerazione, abbastanza diffusa, che le nuove Camere possano oggi riscoprire il ruolo - assolto nel XV secolo - di magistratura commerciale.   
È evidente però che il legislatore, nel momento in cui in tempi recenti ha affidato alle Camere funzioni di regolazione del mercato non intendeva ammantare di novità le competenze tradizionali, ma aveva in mente una diversa concezione della regolazione del mercato, che risente, in parte, delle nuove dinamiche che si sono innestate nel sistema economico, in parte dell’evoluzione in atto nel nostro diritto interno ad opera soprattutto degli orientamenti emersi nell’Unione Europea.   
Il legislatore italiano innanzitutto non ha potuto disconoscere le spinte che provengono da chi è destinatario della regolamentazione, dalle forze di mercato appunto.   
Sono tali forze le più insofferenti nei confronti di una concezione di Stato Amministratore - espressa soprattutto dalle istituzioni dell’amministrazione centrale - che, in virtù dei poteri concessi per il perseguimento dei fini di carattere pubblico, non solo si pone in una posizione di supremazia rispetto agli interessi dei singoli, ma, in quanto dotata di discrezionalità nell’agire, arriva spesso nei fatti a calpestarli.   
Il tramonto di questo tipo di concezione dello Stato Amministratore si accompagna al sorgere di una nuova aspettativa nei confronti dell’attore pubblico, a cui, specialmente se agisce all’interno del mercato, viene assegnato il ruolo di Regolatore, cioè di presidio imparziale della corretta osservanza delle regole del gioco. In tale ottica, le diverse forze economiche e sociali - in competizione tra loro - diventano le vere protagoniste, mentre l’amministrazione non è che un arbitro in posizione di terzietà, che non confonde il proprio ruolo con quello dei giocatori.   
Questo è ciò che chiedono le forze del mercato: poter agire con sempre maggiore libertà in un contesto in cui le regole di comportamento sono chiare, autorevoli e condivise. Ma soprattutto ciò che chiedono è che tali regole non siano imposte dall’alto, bensì predisposte con il diretto contributo degli stessi operatori, che vogliono essere direttamente chiamati in causa e responsabilizzati.   
Ma come fare in modo che l’accresciuta libertà di comportamento reclamata a gran voce dalle forze economiche e quindi la loro autocollocazione sul mercato si concili sistematicamente con il rispetto di regole chiare? Ridurre le regole (deregolare) e nello stesso tempo accrescere l’efficacia della regolazione sembra contraddittorio, ma è la sfida di fronte alla quale si devono porre oggi le Camere che intendono assolvere in modo nuovo alle funzioni di regolazione del mercato.   
Di fronte a questa nuova prospettiva d’azione oggi il sistema camerale non è solo, ma può beneficiare dei nuovi strumenti elaborati dal diritto comunitario per garantire un regolare funzionamento delle attività economiche e incentrati sui due macro-obiettivi della salvaguardia della concorrenza leale e della tutela del consumatore.   
Nel contesto comunitario è, per esempio, opinione diffusa che la tutela dei consumatori e degli utenti di servizi si realizzi non già sottraendo al mercato e alla concorrenza la disciplina di certi settori, bensì liberalizzando quei settori, sul presupposto che sia il mercato il modello che garantisce la maggiore equità ed efficienza.   
Concorrenzialità e tutela dei consumatori - che emergono come valori fondanti nell’ordinamento comunitario, valori costituzionali - hanno dunque influito pesantemente anche nel ridisegnare il ruolo delle Camere in qualità di Enti regolatori del mercato. Tutte le funzioni di regolazione previste dalla Legge 580/93 fanno ad esempio un esplicito o implicito riferimento alla figura del consumatore spostando sempre più l’accento dalla tutela delle imprese alla tutela del mercato di cui le imprese costituiscono solo uno degli attori in campo, con dignità pari rispetto agli altri.   
Le Camere, in altri termini - e questo è il vero elemento di novità, introdotto ex novo in Italia per il tramite dell’Unione europea - non sono più chiamate a fare gli interessi del sistema imprenditoriale disconoscendo le altri parti in causa, ma tutelano tali interessi solo e in quanto siano compatibili con quelli più generali del mercato.   
Le richieste di maggiore libertà e responsabilizzazione da parte degli stessi operatori vanno pertanto coniugate con la nuova attenzione al mercato riscoperto nelle sue componenti meno tradizionali.   
Ciò comporta l’avvio di un processo nel quale ad un diverso e nuovo approccio di tipo culturale - una nuova teoria del diritto amministrativo - si deve affiancare la capacità di mettere in atto modalità di erogazione dei servizi di regolazione particolarmente innovative, cioè una diversa prassi dell’agire amministrativo. Ciò impone di declinare anche in questo ambito - ove invece la tentazione di agire dall’alto imponendo al mercato le proprie regole è ancora forte - il principio di sussidiarietà che le Camere sono da sempre abituate ad applicare ai servizi di natura promozionale.   

APPLICARE LA SUSSIDARIETA'   
Per sussidiarietà si intende, per un Ente pubblico, la capacità di pensare globalmente, ma di agire localmente, di intervenire cioè nello spazio lasciato vuoto o non ancora colmato da altri soggetti. Impone, in altri termini, da un lato di essere particolarmente vicini, e non solo in senso spaziale, alla comunità di riferimento per coglierne e interpretarne le esigenze non ancora soddisfatte da altri, dall’altro di mantenere, pur nella prossimità, una posizione di assoluta terzietà che consente di conservare una superiore visione dell’insieme degli interessi che popolano il mercato.   
Se intese in questa prospettiva, le funzioni di regolazione del mercato fanno delle Camere di Commercio enti nuovi non solo rispetto a quelli che sono espressione dello Stato Amministratore, ma anche rispetto alle più recenti espressioni dello Stato Regolatore, come le Authority.   
E ciò perché le Authority - che sono enti centrali creati generalmente con compiti delimitati di regolazione - mancano di quel carattere di spontaneismo e di volontarietà, cioè di partecipazione diretta alle funzioni di regolazione da parte dei soggetti interessati, che invece, in virtù del principio di sussidiarietà, caratterizzano o dovrebbero caratterizzare tutte le funzioni della Camera in materia.   
Le iniziative di regolazione messe in atto dalla Camera di Milano sono numerose e verranno declinate negli articoli che seguiranno; tutte però mirano al triplice obiettivo - che nella prospettiva finora delineata appare non solo possibile, ma necessario perseguire contemporaneamente - della tutela dell’autonomia decisionale delle imprese, della protezione del consumatore e, da ultimo, della salvaguardia della concorrenzialità ed efficienza del mercato.