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Impresa & Stato n°44-45

Modelli di democrazia elettronica

di Maurizio Bolognini

I nuovi spazi di partecipazione offerti dalle reti telematiche aprono diverse vie di riflessione, a patto di riconoscere la maggiore complessivita' messa in gioco e di sperimentare nuovi strumenti d' analisi.

Quando si parla di democrazia elettronica e del nuovo spazio di comunicazione aperto dalle reti telematiche, si fa riferimento soprattutto a quegli aspetti che tendono a identificare democrazia computerizzata e democrazia diretta: l’accesso alle informazioni politicamente rilevanti (archivi ipertestuali in linea), l’offerta di luoghi di discussione pluralista (conferenze elettroniche, newsgroup), la possibilità per tutti di intervenire in modo più o meno vincolante nei processi decisionali (voto elettronico, sondaggi permanenti). Questo accento sulla democrazia diretta - seppure giustificato dalle caratteristiche dei nuovi mezzi di telecomunicazione, interattivi anziché diffusivi - porta a sottovalutare l’importanza di alcune funzioni legate alla dimensione politica dei processi decisionali: la negoziazione, la costruzione di equilibri, il raccordo, la mediazione tra interessi contrapposti, la comunicazione verticale con gli organismi di rappresentanza. 
Questo vale in modo più evidente per i progetti di democrazia elettronica riconducibili a un modello referendario, centrato sul voto e sulla volontà della maggioranza (per es. l’Electronic Town Hall di Ross Perot), ma vale anche in una certa misura per i progetti che si ispirano a un modello comunitario, attribuendo maggiore importanza alla partecipazione a discussioni in linea e all’accessibilità delle informazioni. Anche in questo caso, nella prospettiva che si va affermando, democrazia diventa quasi sinonimo di connettività e scarsa attenzione dedicata alle caratteristiche e all’efficacia della comunicazione in rete: al modo in cui viene strutturata, alla qualità dei dispositivi di feedback, alla stessa composizione dei partecipanti. Una volta garantito che tutti abbiano uguali possibilità di partecipazione, l’efficacia del processo di comunicazione viene affidata agli effetti di un determinismo tecnologico i cui contorni rimangono molto incerti - si veda per esempio Lévy (1996), dove prospetta lo sviluppo di comunità virtuali come "soggetti collettivi di enunciazione" composti da cittadini o imprese le cui possibilità di intervento consisterebbero nell’"imprimere trasformazioni su memorie dinamiche". 
La convinzione che vorrei riassumere in queste note, presentando il progetto di Consultazione Delphi sulle politiche infrastrutturali per Milano produttiva, promosso dalla Camera di Commercio di Milano dal 1993 e recentemente approdato alla rete (http://www.mi.camcom.it/delphi), è che le nuove tecnologie di comunicazione non saranno in grado, da sole, di semplificare i problemi. Le decisioni politiche resteranno una cosa complicata e i servizi di democrazia elettronica, per essere efficaci, non potranno limitarsi a offrire informazioni, sondaggi, luoghi di discussione, ma dovranno poter coinvolgere attori diversi - cittadini, imprese, associazioni, istituzioni - e dovranno metterli a confronto generando flussi di comunicazione sia orizzontali che verticali (con le istituzioni e le organizzazioni di rappresentanza). In altri termini non basterà aumentare la connettività, ma ci vorrà una connettività evoluta, capace di tenere conto delle caratteristiche dei processi decisionali su cui si vuole incidere. Uno strumento per sperimentare questa possibilità è la tecnica Delphi che, pur traendo origine da una diversa tradizione di studi, legata al scientific management e alla policy analysis, può oggi rappresentare un interessante riferimento metodologico per la comunicazione sulle reti telematiche. 
 
MN-POLITICS e UKCOD 
Nel breve spazio di questo articolo non sarà possibile rendere conto delle numerose iniziative in corso, dall’esperienza delle Reti Civiche ai tentativi di coinvolgimento allargato di cittadini e imprese attraverso il voto via Internet. Per introdurre il problema ci limiteremo a confrontare due servizi di democrazia elettronica, entrambi basati su forum di discussione in linea e realizzati a due anni di distanza uno dall’altro: il Minnesota Electronic Democracy Project, del 1994, e lo UK Citizens Online Democracy, del 1996. Il primo (http://www.e-democracy.org), promosso dal Hubert Humphrey Institute of Public Affairs di Minneapolis, è un esempio di come, in assenza di approcci che consentano di strutturare i flussi di comunicazione, i servizi di democrazia elettronica tendono a esaurirsi in un uso generalizzato e "quantitativo" delle conferenze elettroniche. Nato con l’obiettivo di creare un luogo in Internet per l’accesso del pubblico alle informazioni fornite dai candidati alle elezioni del Minnesota del 1994 (cfr. Aikens 1996), il progetto è stato integrato nel 1995 da un forum di discussione pubblica con moderatore, il Minnesota Politics and Public Policy E-Mail Forum (MN-POLITICS). Grazie alla risonanza che in quel periodo i mezzi di comunicazione statunitensi riservavano alla discussione sulle information superhighways, MN-POLITICS ha conquistato presto una crescente popolarità, la reputazione di un sistema alternativo di formazione dell’opinione pubblica e infine lo stesso riconoscimento dello stato del Minnesota, che ha recentemente rifinanziato l’iniziativa con un milione di dollari. 
Il secondo esempio, il progetto UKCOD, UK Citizens Online Democracy (http://www.democracy.org.uk/), varato a due anni di distanza, è il primo servizio di democrazia elettronica a scala nazionale nel Regno Unito. In questo caso la struttura è più articolata e offre tre livelli di discussione: 
- il Public Forum, aperto a tutti, 
- il Civic Forum, riservato alle associazioni, 
- il Politicians Forum, riservato ai politici. 
Ogni conferenza è a sua volta suddivisa in gruppi di discussione e i temi dibattuti nel Politicians Forum rispondono alle questioni poste dai partecipanti sia al Civic che al Public Forum. 
Entrambi i progetti prendono le mosse da uno stesso obiettivo: consentire una più ampia diffusione delle informazioni, mettere in comune risorse, saperi, proposte; ma mentre il primo è più legato alla convinzione che basti aprire delle agorà elettroniche e offrire a tutti uguali possibilità di accesso, il secondo tiene conto del sistema di rappresentanza e articola le aree di conferenza su livelli distinti, pur rinunciando a strutturare la comunicazione verticale stabilita tra questi. 
Evidentemente già all’interno di questa prima generazione di servizi può cominciare a farsi strada, soprattutto in Europa, l’esigenza di approcci più articolati, più attenti ai processi di mediazione e a tutti quegli aspetti che la prospettiva di una consultazione diretta e costante offerta dalle tecnologie digitali ha tenuto fino ad oggi in secondo piano. A questo scopo è necessario tuttavia mettere a punto e sperimentare dispositivi (di interazione e di feedback) che consentano una comunicazione più efficace. Questo ci riporta alle possibilità offerte dal metodo Delphi. 

Un modello di 
comunicazione strutturata 
Delphi è una tecnica di rilevazione e di analisi di valutazioni soggettive espresse da gruppi di esperti o attori decisionali. Si tratta di un metodo iterativo che consente, attraverso questionari sottoposti in più round e tecniche di feedback, di strutturare il processo di comunicazione tra i partecipanti in modo da favorire il confronto e la potenziale convergenza delle posizioni. Sviluppato inizialmente come tecnica di previsione, il metodo Delphi ha subito una lunga evoluzione che lo ha sempre più caratterizzato come tecnica di comunicazione strutturata e, nei due trascorsi decenni, questo ha consentito di sperimentarne l’applicazione in molti settori di politiche pubbliche. All’interno della Consultazione Delphi sulle politiche infrastrutturali per Milano produttiva (cfr. Bolognini 1993, 1995), questo metodo è stato usato per rilevare le valutazioni di un panel di rappresentanti del mondo produttivo milanese, composto dai membri del Consiglio della Camera di Commercio e dai responsabili di associazioni imprenditoriali e organizzazioni sindacali. A questo panel vengono sottoposte periodicamente serie di item (problemi e proposte) da esaminare usando diverse scale di valutazione: importanza, desiderabilità, fattibilità ecc. La rilevazione ha una struttura a stadi (vedi figura) e consente a ciascun partecipante di rivedere le proprie precedenti valutazioni dopo averle confrontate con quelle espresse dagli altri. Ciascuno ha anche la possibilità di indicare nuovi problemi e ipotesi di intervento da sottoporre alla valutazione del panel al round successivo. 
I vantaggi offerti da questo schema a stadi si riassumono nella possibilità di strutturare la comunicazione tra i partecipanti e utilizzare tecniche di feedback (graduatorie, indicatori statistici, sintesi redatte da ricercatori indipendenti) per favorire l’autocorrezione e l’avvicinamento delle posizioni individuali. Inoltre, tra un round e l’altro possono essere comunicate al panel le controvalutazioni espresse da gruppi di esperti o da particolari categorie di imprese. 
È facile immaginare come questi vantaggi potranno essere potenziati da un’applicazione in rete 1) continuando a rilevare periodicamente con il metodo Delphi le valutazioni espresse dalle organizzazioni di rappresentanza e 2) invitando le imprese a intervenire, confrontandosi con queste valutazioni all’interno di forum di discussione elettronici. Mano a mano che i partecipanti avranno acquisito una sufficiente familiarità con i nuovi media, questo schema potrebbe costituire il primo nucleo di un progetto di democrazia elettronica basato sulla creazione e sul monitoraggio di flussi di comunicazione strutturata, coinvolgendo un numero crescente di imprese, che verrebbero messe in condizione di intervenire non solo con valutazioni espresse in contraddittorio con il panel ma con proposte da inserire nelle successive fasi di valutazione. 
 
Virtual community e 
policy community 
Queste considerazioni evidenziano alcuni vantaggi di un approccio iterativo di tipo Delphi che, anche in rete, consenta di mettere a confronto ripetutamente le posizioni dei diversi attori, favorendone la convergenza e strutturando la comunicazione secondo il diverso ruolo dei partecipanti. Questo può valere sia per i servizi di democrazia elettronica rivolti ai cittadini sia per quelli rivolti alle imprese, le quali, come i primi, delegano parte della propria "cittadinanza" a rappresentanti nelle istituzioni e nelle associazioni (sulla cittadinanza delle imprese dopo la legge 580/93, Unnia 1995). In entrambi i casi, se si vuole che la comunicazione in rete non rimanga fine a se stessa ma abbia conseguenze per l’attività decisionale, è necessario sperimentare schemi di interazione sufficientemente articolati e fare in modo che la composizione dei partecipanti sia ampia e comprenda diverse categorie di attori. A questo proposito mi sembra interessante far riferimento, in conclusione, a due nozioni che, sebbene proposte oltre venti anni fa (Heclo e Wildavsky 1974), ben prima della diffusione delle tecnologie di comunicazione digitale, sembrano tagliate apposta per i servizi di democrazia elettronica: la nozione di issue network, la rete di interessi legata a ciascuna area di policy, e quella analoga di policy community, l’insieme dei soggetti coinvolti. 
Si tratta di decidere se la riflessione sulla democrazia elettronica, ancora agli inizi, debba partire dalle tecnologie oppure dalle politiche, dalle virtual communities - l’insieme dei partecipanti a iniziative di interazione in linea - o dalle policy communities. Da questa scelta possono derivare modelli di democrazia elettronica diversi. I servizi attivati fino ad oggi, partiti dalle prime, sono spesso caratterizzati da un determinismo tecnologico che pone l’accento sulla issue of voice - la possibilità tecnica di dare voce a tutti - e sottovaluta la dimensione politica dei processi decisionali: la negoziazione, la ricomposizione dei conflitti, la rappresentanza. È auspicabile che in futuro, oltre a moltiplicare le risorse per la partecipazione a conferenze elettroniche e l’accesso alle informazioni, si realizzino servizi in grado di gestire flussi di comunicazione strutturata, ricostruendo anche in rete la dinamica aperta attraverso cui si determinano i processi di mediazione, di sintesi e di conciliazione degli interessi all’interno di una policy community (v. anche Bolognini 1997). Le nuove tecnologie di comunicazione possono offrire grandi opportunità per un approfondimento della democrazia, ma a patto di riconoscere che con esse il gioco diventa più complicato, non più semplice, e che per questo è necessario mettere a punto e sperimentare strumenti d’interazione e di analisi più raffinati.
BIBLIOGRAFIA