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Impresa & Stato n°44-45
 
 

UNA NUOVA P.A. PER LE IMPRESE

di
Benito Benedini
 
Il privilegio e le responsabilita' di Milano: consapevolezze, risorse e sperimentazioni da gestire secondo l'ottica della capacita' di servizio

L’Italia ha appena tagliato un traguardo importante: far parte del gruppo degli undici Stati membri dell’Unione europea che partecipano all’Euro. Iniziamo l’avventura della moneta unica e questo è motivo di grande soddisfazione. Per il Governo, che ha avuto il merito - gliene diamo atto - di averci portato fin qui. Ma soprattutto per noi, perché il merito più grande è quello di chi questa operazione prima l’ha stimolata, poi l’ha riempita di contenuti concreti, di grandi sacrifici e della volontà di non mollare: i cittadini italiani e le nostre imprese. 
Adesso, il nostro compito è competere in Europa: uno spazio economico dove gli elementi di confronto, quelli sui quali si vincerà o si perderà, saranno solo elementi reali. Più di prima, le imprese dovranno mostrare capacità imprenditoriale, qualità del prodotto, innovazione produttiva e organizzativa, flessibilità dei fattori. Ma d’ora in avanti anche l’Europa chiederà impegno e rinnovamento alle istituzioni e alle pubbliche amministrazioni. Moneta unica vuol dire maggiore integrazione. Maggiore integrazione vuol dire maggiore confrontabilità, quindi maggiore concorrenza. Una concorrenza che, partendo dalle merci e dai capitali, si va allargando verso le norme e le pubbliche amministrazioni, i servizi e i territori di cui sono responsabili. Anch’essi - direi soprattutto essi - sono i fattori della nuova fase competitiva, una fase nella quale le pubbliche amministrazioni vanno incontro alla loro disintermediazione e per cui, in conseguenza, devono focalizzarsi su quello che in impresa si chiama "core business". È questo, mi pare, l’obiettivo fondamentale che il settore pubblico oggi ha di fronte. Un settore pubblico che, come tutti sappiamo, in Italia è purtroppo una somma di nodi negativi. 
Se possiamo oggi vantare un record europeo, è quello, purtroppo, del numero di leggi vigenti. 100-150 mila, si è detto fino a qualche tempo fa. 20 mila, ha specificato recentemente il Ministro Bassanini, contro, comunque, le 7 mila della Francia, le 5 mila della Germania, le 3 mila della Gran Bretagna. Mediamente, ogni anno un’impresa italiana ha 190 contatti con i vari uffici della P.A., subisce 15 controlli e "impegna" 194 giornate di lavoro dipendente a espletare adempimenti amministrativi. Tradotto in costi, per una media azienda vuol dire spendere più di 200 milioni all’anno. E chi vuole avviare un’impresa impiega da 18 mesi a 3 anni. 
Per le imprese prendere come riferimento altre imprese, quelle che funzionano meglio e hanno più successo, è normale, in Italia come in qualsiasi altra economia di mercato. La nostra Pubblica Amministrazione, invece, non è abituata. Su Milano ci sono però delle eccezioni. Il più recente riscontro l’abbiamo avuto con un confronto tra l’Amministrazione comunale e l’esperienza del progetto di riforma della Pubblica Amministrazione negli Stati Uniti, il progetto "Reinventing Government". Esso si basa su alcuni chiari capisaldi: ridurre le dimensioni della pubblica amministrazione, mettere il cliente al primo posto, delegare poteri per ottenere risultati, ridurre al minimo il peso della regolamentazione. Ma soprattutto fare del servizio pubblico un servizio vicino ai cittadini e alle imprese, che fornisca loro i mezzi e le opportunità per risolvere i problemi. 
Gli Stati Uniti stanno oggi raccogliendo i frutti di questo lavoro e di questa esperienza avviata nel 1993. Ai contribuenti americani fino a oggi il progetto ha fatto risparmiare 137 miliardi di dollari, grazie a modifiche legislative e amministrative; ha eliminato 640 mila pagine di regolamenti burocratici; ha snellito procedure sviluppando e offrendo tecnologia informatica; ha ridotto i dipendenti del governo federale di oltre 310 mila unità. E questo grazie anche al coinvolgimento delle imprese, che hanno rappresentato esigenze, offerto soluzioni e know how per organizzare risposte, collaborato alla loro implementazione. 

La situazione italiana 
E in Italia? Con le sue riforme, il Ministro Bassanini ha posto come obiettivo quello di "rendere la Pubblica Amministrazione a tutti i livelli agente di sviluppo": un principio già di per sé di grandissima portata innovativa. Anche perché i riferimenti che vanno rispettati per raggiungere l’obiettivo ci sono. C’è la sussidiarietà, che deve significare la possibilità dell’intervento privato nelle funzioni collettive. C’è la responsabilità, che deve significare avere un soggetto unico cui attribuire l’esercizio della funzione. C’è l’adeguatezza, che non deve comportare solo un’allocazione congrua di risorse, ma anche meccanismi di valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati della Pubblica Amministrazione. La riforma, come ha più volte detto il ministro Bassanini, è stata messa in cantiere. Di essa, possiamo dire sempre con lo stesso Ministro, è stato realizzato meno del 10%. 
La sua attuazione infatti si gioca in gran parte sulla capacità degli enti locali di recepire e mettere in atto le funzioni e i poteri che ad essi sono stati trasferiti. Cosa ciò significhi, come impegno, è presto detto con qualche osservazione rapida e neppure esaustiva. Basta pensare all’impegno in termini di interventi di riorganizzazione e di formazione del personale pubblico; al fatto che occorrerà evitare il rischio che la fase di passaggio dei poteri determini situazioni di fermo o di stasi in strumenti che oggi funzionano (penso ad esempio la riforma del sistema della incentivazione alle imprese); che bisognerà trovare metodi per garantire coerenza tra gli indirizzi nazionali, per esempio della politica economica, e gli indirizzi che inevitabilmente verranno formulati su scala regionale e locale. Un’osservazione particolare va fatta poi in riferimento alla questione della attribuzione di risorse. È esplicitamente detto dalle norme di riforma che saranno passate dallo Stato risorse "corrispondenti per ammontare a quelle utilizzate dallo Stato per l’esercizio delle medesime funzioni". È ovvio che qui si aprono numerose questioni, soprattutto su come quantificare tali risorse e con riferimento a quale periodo di tempo. La rivendicazione di risorse nei confronti dello Stato rischia di essere scontata. Sarà necessario che essa sia temperata dalla consapevolezza che il passaggio di funzioni deve avvenire con le contestuali modifiche dei procedimenti amministrativi e dei processi organizzativi relativi al loro esercizio. In sostanza, e per esempio, il largo uso di informatica che è specificatamente e reiteratamente richiamato dalle stesse norme, si caratterizza come il principale strumento di tali modifiche. 

Il progetto Sesamo 
Di fronte a queste prospettive, per dare un messaggio di concretezza e accompagnare questo delicato momento di passaggio, Assolombarda ha voluto scendere direttamente in campo attraverso progetti operativi. È il caso di "Sesamo", il progetto cui abbiamo dato vita assieme al Comune di Milano. Lo abbiamo fatto prima di tutto perché a livello comunale si gioca una parte molto importante, in termini concreti ma anche simbolici, della riforma Bassanini: l’attuazione dello Sportello Unico, uno strumento che per molti anni è ricorso nelle proposte di snellimento procedurale avanzate dall’associazionismo imprenditoriale e che con soddisfazione abbiamo visto accolto. Poi, anche perché abbiamo trovato nella attuale Amministrazione comunale un interlocutore aperto e disponibile. Disponibile ad ascoltare le esigenze e le aspettative dei clienti; a mettersi in gioco e ripensare il proprio modo di funzionare per rispondere a queste esigenze; a fare gioco di squadra e a farlo insieme a noi. In "Sesamo" il valore aggiunto della partecipazione di imprese è di fornire a priori un "feed-back" della percezione del cliente rispetto alle soluzioni che l’amministrazione pensa di adottare. "Sesamo" sta funzionando così. Con l’aiuto dei diretti interessati e prendendo come termine di confronto i modi e i tempi d’azione che il mercato impone alle imprese, abbiamo censito le procedure più critiche e le abbiamo raggruppate in cinque "famiglie": concessione/autorizzazione all’uso del suolo e sottosuolo pubblico; urbanistica/edilizia; attività imprenditoriale e commerciale; appalti; tasse e tributi locali. Abbiamo quindi suddiviso le procedure in base al livello di complessità e tra quelle di esclusiva competenza del Comune e con un impatto basso sulla struttura organizzativa abbiamo scelto il campione su cui cominciare, subito, l’"operazione semplificazione". Su queste procedure campione attualmente sono al lavoro gruppi misti di tecnici ed esperti - del Comune, delle imprese e della struttura di Assolombarda - per elaborare i "flow-chart" e focalizzare i nodi critici su cui intervenire, semplificando, snellendo e informatizzando i percorsi burocratico- amministrativi. E, man mano, seguiremo lo stesso processo per procedure via via più complesse. 
Ma l’obiettivo di "Sesamo" è più ambizioso. È quello di arrivare a costruire, prima della definizione normativa, uno sportello unico che sia qualcosa di più di quello che intende la legge. Un interlocutore che, prima di attivare i processi, sappia dare a chi deve valutare la fattibilità di un intervento sul territorio di Milano, la certezza dei propri tempi di azione. E, naturalmente, una porta di accesso a tutti i servizi della pubblica amministrazione, che devono essere riorganizzati e vissuti non più come un ostacolo da superare, ma come un supporto da utilizzare. 
E qui si colloca, in opportuna relazione, l’impegno che da anni caratterizza la Camera di Commercio di Milano. Una Camera che, prima di altri, ha attivato reti di collegamento con istituzioni gemelle di altri Paesi. Una Camera che ha saputo sviluppare una peculiare capacità di svolgere il ruolo di pubblica amministrazione delle imprese e quindi di interfaccia ad esse adeguato, anche in virtù di un impegno rilevante nella informatizzazione dei suoi servizi. Una Camera che, con i più recenti accordi sottoscritti con Regione ed enti locali, opportunamente mette a disposizione queste sue capacità a quelle amministrazioni che vogliano compiere un salto di qualità nella capacità di riformulare i propri processi interni e predisporre un miglioramento dei servizi. Una Camera che, data la sua configurazione istituzionale, è ormai a tutto tondo l’espressione delle realtà associative di impresa operanti sul territorio. Una Camera che conosce bene le imprese e il territorio nel quale operano e che attraverso le realtà associative è in grado di percepirne i bisogni e le esigenze di cambiamento. 
In sostanza, la Camera non solo ha di fronte a sé il compito di un costante miglioramento, ma anche quello di diffondere verso le altre amministrazioni prassi e comportamenti in linea con i bisogni del cliente e quindi in linea con quelli che sono i principi più significativi e radicali della riforma impostata dal ministro Bassanini. 
In un momento come l’attuale, che per molti aspetti appare essere rifondativo, perché le norme offrono spazi effettivi di profonda revisione della operatività della pubblica amministrazione, Milano si trova così in una fase di privilegio, ma anche di responsabilità. Il privilegio di disporre di consapevolezze, risorse e sperimentazioni peculiari. La responsabilità di far sì che tutte quante convergano assieme, sull’unico obiettivo, della capacità di servizio, e quindi della competitività, della pubblica amministrazione, che già oggi è, e sarà nei prossimi anni, elemento centrale di confronto tra i paesi e le aree d’Europa.