Impresa
& Stato n°43
LA SEMPLIFICAZIONE
AMMINISTRATIVA
La P.A. tra realtà
e rinnovamento
L'attuale fase
di trasformazione, conseguenza della globalizzazione,
impone nuove soluzioni
e nuovi modi di "essere stato".
di
ROSANGELA
MORANA e MONICA MAURI
Stiamo
attraversando una fase di trasformazione decisiva in cui i concetti, i
modelli, i sistemi, che sino a poco tempo fa sembravano fondamentali e
assoluti, sono entrati in crisi e non risultano più adatti a capire
e a rappresentare la realtà. Siamo quindi alla ricerca di nuove
soluzioni, nuove strade, nuovi modi di "essere Stato" e di "fare Amministrazione":
in questo senso leggiamo la riforma della Pubblica Amministrazione delineata
nelle leggi Bassanini, tesa a sostituire un modello non più in grado
di rispondere alle esigenze e alle dinamiche del sistema con una nuova
amministrazione, più adeguata e vicina alla società.
Il collegamento alla realtà,
la stretta connessione tra modello teorico e sistema reale, sono infatti
presupposti necessari e indispensabili per garantire il funzionamento del
sistema stesso: il modello di Stato, centrista e centralizzato, "lo Stato-piramide",
"che tutto pretende di ordinare e disporre dal centro e dal vertice" e
la struttura amministrativa che da esso discende, comincia ad entrare in
crisi quando la realtà del Paese cambia, quando la complessità
della nostra società rende sempre più inadeguata l'idea di
amministrarla da un unico centro.
Qualsiasi riflessione su
come riformare l'amministrazione statale (in senso lato), qualunque teorizzazione
sul modello da adottare deve quindi partire dalla premessa fondamentale
di configurare una Pubblica Amministrazione strettamente collegata, correlata
alla realtà che la circonda, al sistema che va ad organizzare, ma
soprattutto deve prevedere una P.A. capace di reagire flessibilmente alle
modifiche che il sistema subisce (o innesca), in grado di rispondere in
modo dinamico e propositivo ai processi di trasformazione continui della
società.
È fondamentale quindi
che i principi di fondo che sostengono la riforma della Pubblica Amministrazione
- nelle Bassanini, ma già prima - vadano proprio nella direzione
delle tendenze in atto nella società, rispondano a fenomeni in corso,
pensino la "nuova P.A." come una struttura dinamica e flessibile, potenzialmente
capace di captare i segnali di mutamento, i processi di trasformazione
in atto. E in questo senso sembrano andare.
Se così non fosse,
correremmo anche oggi il rischio di costruire o contribuire a costruire
un modello amministrativo già vecchio, statico, adatto a fotografare
la realtà di un giorno, ma incapace di filmare "il continuo divenire"
della società, di adattarsi alla realtà circostante mutevole
e fluida, di rappresentarla efficacemente e di fornire gli strumenti e
i servizi adatti per organizzarla. Se così non fosse, rischieremmo
di trovarci nella stessa situazione della Pubblica Amministrazione che
stiamo riformando, che incapace di leggere le trasformazioni in atto e
di adeguarsi al mutamento si è staccata completamente dalla realtà,
chiudendosi rigidamente in se stessa, anzi dando vita ad una serie di fenomeni
(degenerativi) per potersi difendere dall'esterno e riprodursi "eterna
e immutabile".
La riforma del sistema istituzionale
e amministrativo in atto, in questo senso, assume il valore di una vera
e propria rivoluzione, di una "rifondazione", perché non si tratta
di modificare sotto "qualche" aspetto la struttura esistente, ma è
necessario rivedere i principi stessi dell'azione e dell'organizzazione
amministrativa, re-inventarsi un modo di essere amministrazione pubblica.
Necessario e inevitabile, anche perché, come dimostrano i fatti,
se la P.A. non è in grado di cambiare da sé al mutare della
realtà circostante, prima o poi - magari più lentamente e
con più difficoltà, ma ineluttabilmente - la realtà
cambia la Pubblica Amministrazione.
È questa, pensiamo,
una delle chiavi di lettura per comprendere cosa sta succedendo, perché
la riforma - che da così vicino ci interessa - ha preso certe strade
piuttosto che altre, perché ha assunto caratteri così radicali
e innovativi.
STATUALITA' E
GLOBALIZZAZIONE
Il mutamento dell'organizzazione
statuale a cui stiamo assistendo a livello amministrativo (ma anche politico
e istituzionale) sembra infatti l'inevitabile conseguenza ed effetto del
più generale processo di trasformazione della società, che
viene sinteticamente indicato con il termine di "globalizzazione".
Questo fenomeno che sta
plasmando la società in ogni suo aspetto - economico, sociale, culturale,
e quindi anche organizzativo - non poteva non incidere, non "scontrarsi",
con la parte più visibile e manifesta dell'organizzazione statale,
la Pubblica Amministrazione. In un certo senso anzi il settore amministrativo
pubblico è stato investito, prima e più in fretta di altri
settori, dagli impulsi e dagli stimoli di una società influenzata
sempre più nel suo agire, da un lato, dall'affermazione dei principi
del liberismo economico, del primato di un Mercato in cui tutti hanno la
possibilità di entrare e intervenire, dall'altro dal superamento
della dimensione territoriale, dovuta alla scoperta e alla diffusione di
tecnologie e procedure di comunicazione sempre più innovative e
alla conseguente eliminazione di ogni barriera e confine.
La risposta, l'obbligata
inevitabile risposta, del sistema amministrativo all'impatto con la società
globale e in particolare con queste tendenze in corso, assume da un lato
la forma del processo del decentramento amministrativo e dall'altro la
riscoperta e il recupero del ruolo del soggetto destinatario dell'azione
amministrativa.
La linea tracciata nella
legge 59/97 sull'onda della trasformazione del concetto di "spazio" e "territorio"
che la globalizzazione sta producendo, individua nel decentramento il nuovo
modus operandi della Pubblica Amministrazione, disegna un'amministrazione
più vicina all'utenza sia territorialmente che funzionalmente, e
quindi un servizio pubblico in grado di rispondere più efficientemente
ai cittadini.
In una società che
ha visto definitivamente superare l'impostazione del "centro unico che
tutto propone e dispone", e che sta muovendosi verso una struttura poliarchica
caratterizzata da una molteplicità di luoghi istituzionali, l'Istituzione,
a cui compete il governo della "cosa pubblica" e il soddisfacimento dell'interesse
generale, non è più identificata con lo Stato. Tutti i soggetti
che la compongono e la alimentano vengono chiamati in causa: gli Enti sul
territorio, "le autonomie funzionali", le varie forme di aggregazione,
i singoli individui. In questa prospettiva, dunque, non può che
essere decentramento la parola chiave per organizzare l'Amministrazione
Pubblica.
Ma in questo passaggio dal
"centro" al "locale" occorre tenere in considerazione i nuovi spazi a-territoriali
che emergono all'orizzonte: ora l'Europa, presto il mondo… Ritorna ancora
l'importanza del collegamento alla realtà, altrimenti la velocità
con cui il sistema cambia e l'accelerazione con cui i fenomeni si susseguono
rischiano di rendere già datate e superate anche le riforme più
recenti e innovative.
IL PRIMATO DEL
SOGGETTO
Sull'altro versante, il
superamento nell'ambito economico del modello "centralizzato" monopolistico,
e il ritorno dei presupposti del liberismo fondato sul Mercato concorrenziale
"in cui nessuno conta, tutti contano", porta con sé l'affermazione
del ruolo, del primato del soggetto in ogni ambito della società.
Su un'Amministrazione Pubblica, strutturata da sempre come unico soggetto
del suo agire (pur nelle sue diversificazioni interne), questo processo
ha come effetto anche il ripensamento del fine della propria attività:
il cittadino diventa - anzi torna ad essere, secondo quanto previsto dal
dettato costituzionale - prima cautamente ora in modo sempre più
deciso, l'elemento chiave, il soggetto su cui fondare veramente il servizio
pubblico. La conseguenza di questo riposizionamento al centro del soggetto
è l'instaurarsi di un nuovo rapporto tra utenza e "ufficio pubblico",
tra individuo portatore di interessi particolaristici e funzionario pubblico.
In una società in cui i soggetti sono sempre più "cittadini
del Mondo" non è ammissibile che si possano sentire "sudditi" intimoriti
davanti ad uno sportello, anzi è fondamentale che assumano un ruolo
attivo da co-protagonisti, che si sentano e siano coinvolti in modo responsabile
nella "produzione" del servizio a loro destinato.
In entrambe le direzioni,
la trasformazione è un processo tutt'altro che lineare e semplice,
perché si confronta e a volte si scontra con una struttura chiusa
e a sé stante rispetto al resto della società, non sempre
permeabile e flessibile al mutamento. Soprattutto si va ad impattare su
un'organizzazione complessa, a volte contorta, sepolta sotto un'anomala
produzione di leggi, norme, articoli e regole in virtù del principio
di legalità, esasperato, a volte strumentalizzato e la cui originaria
funzione di garanzia quindi degenera e perde di efficacia.
Per questo diventa necessario
semplificare, rendere più chiara e diretta l'attività della
Pubblica Amministrazione, tornare a cogliere nei principi fondanti dell'organizzazione
e delle relazioni con i cittadini, la loro ratio e la loro funzione essenziale
e ultima.
In questo contesto si assiste
ad una forte spinta verso la semplificazione nella duplice accezione di
delegificazione e deburocratizzazione. La prima è finalizzata a
riportare a livello regolamentare e di autoregolazione e a rendere quindi
più accessibile e flessibile la normazione attualmente riservata
alla Legge. La seconda passa dalla eliminazione di tutte le prassi inutili,
dall'alleggerimento dalle complicazioni procedurali, dall'impostazione
di un rapporto più corretto e responsabile con il destinatario dell'azione,
finalmente esonerato dall'onere di rispondere alle molteplici e a volte
contraddittorie richieste, fini a se stesse. Il cittadino deve essere chiamato
ad una partecipazione attiva ben più qualificata, ad una vera e
propria collaborazione.
L'imperativo della semplificazione
e il considerevole investimento connesso assume il valore di premessa necessaria,
di strumento e mezzo per consentire un rinnovamento, per avviare realmente
il nuovo corso della Pubblica Amministrazione.
Il potenziale rischio in
questa fase rimane quello di pensare all'azione di semplificazione come
all'obiettivo finale, di puntare su di essa tutti gli sforzi abbracciando
un'ottica limitata di breve periodo perdendo di vista la vera meta.
Nel dibattito in corso sul
nuovo modello di P.A occorre quindi mantenere nella giusta prospettiva
il rapporto tra mezzi - tra cui la necessaria semplificazione - e fini:
decentramento e superamento dei confini territoriali, riposizionamento
del centro sul soggetto, rinnovamento dell'Amministrazione Pubblica, basato
sul nuovo rapporto con il cittadino. Solo così il soggetto diviene
contemporaneamente destinatario degli interventi pubblici ma insieme co-protagonista,
attore della loro produzione e attuazione. Solo così la P.A. recupera
a pieno la sua funzione primaria di servizio alla collettività,
di servizio all'esecuzione concreta dei fini pubblici, che la comunità
nel suo divenire definisce e che l'Amministrazione Pubblica, strettamente
collegata e innestata sulla realtà, recepisce e realizza.
|