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Impresa & Stato n°43

 

LA NASCITA DI IMPRESE AD ALTA TECNOLOGIA

Gli spin-off della ricerca: un meccanismo di trasferimento delle conoscenze dalle complesse problematiche di gestazione e gestione.

di
VITTORIO CHIESA E  ANDREA PICCALUGA
 Il processo di innovazione tecnologica è sempre meno frequentemente il risultato di attività di ricerca e sviluppo realizzate e controllate all'interno di una sola impresa. Questo fenomeno può essere ricondotto a diversi fattori. In primo luogo, le imprese cercano di diminuire i rischi connessi alla R&S necessaria per sviluppare innovazioni (i cui costi sono in continua crescita) e fanno ricorso all'acquisizione di tecnologie dall'esterno o forzano i fornitori a sostenere maggiori costi di progettazione e sviluppo secondo un preciso approccio strategico alla gestione dell'innovazione tecnologica. In secondo luogo, è sempre più difficile proteggere gli investimenti interni in R&S in un contesto competitivo dove le informazioni circolano a grande velocità e dove la concorrenza si realizza spesso in contesti "virtuali" che consentono la minimizzazione del time-to-market (ne sono un esempio i cataloghi presentati su reti telematiche, che garantiscono un contatto diretto tra impresa e potenziali clienti). Inoltre, l'esigenza di imporre e presidiare nuovi standard tecnologici spinge a collaborare più che a intraprendere avventure isolate. Infine, l'innovazione assume sempre più spesso carattere sistemico e, in un crescente numero di settori, è basata su competenze interdisciplinari che in generale singole imprese non riescono a sviluppare e controllare interamente al proprio interno: in altre parole, il principale fattore di successo non è rappresentato dal "possedere i pezzi giusti", ma dal "saper combinare meglio degli altri i pezzi disponibili sul mercato".  
Quando il quadro delineato viene letto dal lato dell'offerta tecnologica, si può desumere che cresce lo spazio disponibile per diffondere e vendere i risultati della ricerca scientifica e tecnologica. Esiste un mercato della conoscenza (in particolare, di quella tecnologica): si tratta di conoscenza non incorporata in prodotti o processi produttivi nuovi ma di conoscenza potenzialmente utilizzabile per diversi obiettivi (il cui valore di mercato evidentemente sarà tanto maggiore quanto più promettente in termini di innovazione).  
In effetti, il passaggio, come si è osservato nell'ultimo decennio, da un'economia basata sulla produzione industriale ad una orientata all'informazione e successivamente alla conoscenza, ha determinato l'intensificarsi dei legami tra scienza e tecnologia, il sorgere di diversi meccanismi di interazione e collegamento tra organismi di ricerca e realtà produttive manifatturiere e di servizi, con crescente attenzione ai processi di trasferimento e sfruttamento dei risultati della ricerca scientifica dai produttori agli utenti. Sempre più frequentemente, le punte avanzate della comunità universitaria si trovano già nella fase dell'active technology transfer, e da accordi e alleanze in progetti di R&S sono passate ad accordi di tipo equity che stimolano lo sviluppo e la commercializzazione dei risultati delle ricerche svolte all'interno.  
In particolare, in alcuni settori e aree geografiche (regioni, Stati nazionali) si sta determinando, pertanto, un ambiente favorevole alla nascita di nuove iniziative imprenditoriali, fondate sulla capacità di vendere e "valorizzare" i risultati della ricerca. Tra queste, si collocano le imprese spin-off della ricerca, ossia quelle realtà imprenditoriali nate per gemmazione da ambienti accademici o istituzioni pubbliche di ricerca. Le imprese spin-off della ricerca nascono quando un gruppo di ricercatori si distacca da una determinata organizzazione pubblica di ricerca per costituire un nucleo imprenditoriale indipendente. 
Gli spin-off della ricerca ricoprono un ruolo particolare in questo "mercato della conoscenza", poiché più segnatamente degli spin-off di tipo strettamente industriale (ossia gemmati da imprese) rappresentano un meccanismo di trasferimento delle conoscenze frutto di ricerca pre-competitiva verso le applicazioni industriali. Perciò sono caratterizzati da problematiche più complesse rispetto ai più tradizionali spin-off industriali, sia in fase di "gestazione" che di gestione delle attività aziendali. 
Gli spin-off accademici e della ricerca, comunque, non rappresentano un fenomeno del tutto nuovo. È possibile infatti individuarne casi già nel secolo scorso e numerosi sono gli esempi di spin-off accademici il cui sviluppo successivo ha dato luogo alla nascita di gruppi industriali di grandi dimensioni e oggi ben noti. Le origini del fenomeno delle imprese costituite da ricercatori possono infatti essere ricondotte al XIX secolo, quando il chimico tedesco Heinrich Caro contribuì alla costituzione della Basf e due altri allievi del suo maestro von Liebig svolsero un ruolo determinante nella costituzione della Hoechst. Tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo molti scienziati con buone conoscenze dei sistemi tecnici di quel tempo, come Werner von Siemens, Gerard Philips e Conrad Schlumberger, costituirono imprese che sono poi diventate grandi multinazionali. Lo stesso sviluppo della Silicon Valley può essere in parte attribuito alle azioni di scienziati che hanno lasciato i loro laboratori industriali o universitari: William Shockley era responsabile di team di ricerca presso la Bell Telephone, dove nel 1952 sviluppò importanti ricerche sui transistor, quando con alcuni collaboratori fondò una piccola impresa a Palo Alto. Un evento simile accadde quando il Prof. Frederick Terman persuase due suoi allievi, Hewlett e Packard, ad avviare un'iniziativa imprenditoriale. In tempi più recenti, gli sviluppi dell'industria delle biotecnologie sono significativamente legati all'emergere di piccole imprese create da accademici che hanno trasformato attività di ricerca di base in innovazioni. 

L'INDAGINE EMPIRICA  
Il caso delle imprese spin-off della ricerca in Italia è stato oggetto di una ricerca sul campo condotta congiuntamente da Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa e Politecnico di Milano; come follow-up della ricerca è stato creato una sorta di Osservatorio con l'obiettivo di analizzare l'evoluzione del fenomeno. Nel corso della ricerca sono state individuate 49 imprese, 23 delle quali hanno risposto a un questionario postale. Di seguito sono riportati alcuni dati che offrono il profilo generale delle imprese in termini di: settore di attività, tipo di attività (servizio, produzione, etc.), anno di fondazione, fatturato, numero di occupati. 
Come si può osservare, nel caso italiano, si tratta di imprese di piccole dimensioni (fatturato medio pari a circa 6,6 miliardi), operanti in vari settori industriali. Oltre il 50% svolge attività produttive e commercializza prodotti. Circa un terzo delle imprese svolge attività di servizio e poco meno del 20% svolge ricerca su contratto. Le imprese sono di recente fondazione, essendo in gran parte state istituite nel corso degli ultimi venti anni e oltre un terzo dopo il 1990. 
Per quanto concerne gli occupati, oltre la metà delle imprese del campione ha tra 10 e 50 occupati, con una presenza di personale ad alta scolarizzazione crescente al decrescere delle dimensione dell'impresa.  
Le 23 imprese, che hanno risposto alla prima fase dell'indagine, sono state poi oggetto di una seconda fase di approfondimento attraverso interviste dirette rivolte per lo più ai soggetti fondatori, in particolare per approfondire due aspetti del fenomeno: 
- le motivazioni all'origine della nascita di nuove imprese; 
- i legami con l'istituzione sia in fase di start-up che di crescita. 
1) Motivazioni. L'indagine sulle motivazioni che hanno spinto il/i fondatore/i al distacco dall'organizzazione di ricerca e ad avviare una propria iniziativa imprenditoriale ha evidenziato la prevalenza di fattori cosiddetti pull (quali identificazione di opportunità di mercato, esigenze applicative) sui fattori di natura push (motivazioni monetarie, cambiamento dell'ambiente di lavoro). 
Qualora si consideri anche l'età media dei fondatori delle imprese spin-off della ricerca (oltre 40 anni) e il profilo dei fondatori, emerge più chiaramente il processo motivazionale. La costituzione di una nuova impresa è soprattutto la risposta all'esigenza di sfruttare l'esperienza e la conoscenza accumulata in anni di lavoro presso università e centri di ricerca.  
Oltre il 40% delle imprese è stato fondato da ricercatori insieme a esponenti del mondo industriale (percentuale superiore rispetto ad altri paesi). La presenza di industriali dall'inizio dell'attività conferma la natura pull della motivazione imprenditoriale e appare coerente con il profilo di un ricercatore-fondatore con forte esperienza nel campo della ricerca e già in contatto con il mondo imprenditoriale. 
2) Relazione con l'istituzione di provenienza. Sono state individuate tre possibili forme di relazione tra impresa spin-off e istituzione di origine: 
- l'istituzione rappresenta il principale mercato dell'impresa; 
- l'ambiente circostante l'istituzione rappresenta il contesto appropriato per favorire lo sviluppo dell'impresa, ma l'istituzione direttamente non interviene sul processo di nascita e crescita delle imprese spin-off; 
- nessuna relazione. 
Emerge che l'ente di ricerca non svolge nella gran parte dei casi un ruolo di sostegno in termini istituzionali. Il mantenimento di contatti (spesso di natura informale e personale) tra impresa e istituzione e la possibilità di operare nella rete di operatori che è stabilita intorno all'istituzione sono percepiti dall'impresa spin-off come fonte indiretta di opportunità. Circa nella metà dei casi analizzati non vi sono relazioni tra impresa e istituzione. Quindi, nonostante il crescente interesse da parte delle istituzioni al trasferimento tecnologico e ad azioni in favore dello sfruttamento delle conoscenze tecnologiche in chiave di generazione di nuove imprese, non si osservano, al di là di rari casi, forme istituzionalizzate di sostegno a tali iniziative. Non viene neppure quindi svolto da parte delle istituzioni un ruolo nel processo di selezione delle nuove iniziative imprenditoriali, contrariamente a quanto accade nella maggior parte dei casi di successo sul piano internazionale (MIT, Stanford, Università di Twente, etc.).

ALCUNE OSSERVAZIONI
 
Sono infine emerse dall'indagine, e in particolare dalle interviste dirette con i fondatori di imprese spin-off, alcune osservazioni che possono rappresentare terreno di riflessione per azioni di politica industriale e della ricerca in favore della generazione di imprese spin-off da parte di istituzioni pubbliche di ricerca. 
1) Finanziare la ricerca pubblica per "gettare il seme". 
Come indicato da alcuni recenti rapporti (ad esempio il Libro Verde sull'Innovazione) in Europa vi sono (rispetto alle altre aree a grande industrializzazione) ridotte capacità di combinare tecnologie esistenti e generare nuovi prodotti sulla base delle invenzioni prodotte dalla ricerca pubblica. Da un lato, l'università deve ampiamente migliorare la capacità di utilizzare le proprie risorse e di cercare sul mercato le risorse finanziarie necessarie (sia presso l'UE che presso le imprese), favorendo in tal modo tale processo. Dall'altro, tuttavia, gli investimenti in R&S in Europa sono inferiori rispetto a Stati Uniti e Giappone (in Italia, si attestano su valori ancora inferiori alla media europea) e un'ulteriore diminuzione dei finanziamenti alla ricerca pubblica potrebbe determinare effetti irreversibili nel medio-lungo termine. Nell'esperienza statunitense i settori disciplinari che hanno generato attività imprenditoriali hanno fruito e rappresentano un risultato tangibile di decenni di investimenti in ricerca fondamentale e ricerca di base da parte dell'operatore pubblico. 
2) Offrire alle nascenti imprese spin-off l'opportunità di complementare le capacità tecniche con competenze di mercato.  
Tra le imprese spin-off è opportuno distinguere tra imprese che rispondono ai processi di outsourcing della grande impresa (fanno quello che questa non vuole o non sa più fare) e quelle che invece operano in una logica technology-push, nel tentativo di portare sul mercato finale prodotti e servizi innovativi basati su competenze maturate nell'ambito della ricerca. Le imprese di questa seconda categoria rappresentano attori fondamentali del processo innovativo, ma il loro tasso di mortalità è elevatissimo. Per ridurre la mortalità di tali imprese, è necessario che l'attività imprenditoriale si avvalga di competenze gestionali sin dall'avvio (attraverso servizi di marketing e di assistenza tecnica, lo sviluppo di specifici business plan) e non si basi solo sull'"euforia tecnologica" e l'entusiasmo che caratterizza le fasi di avvio delle imprese. 
L'introduzione di competenze gestionali favorirebbe la crescita di tali imprese. Come si desume dall'indagine, infatti, solo una frazione limitata delle imprese supera una certa soglia dimensionale e il ridotto sviluppo è ancora attribuibile a lacune di carattere gestionale all'interno delle imprese. Accompagnare la crescita di queste imprese avrebbe ovviamente effetti positivi sul lato dell'occupazione di personale ad alto livello di scolarizzazione. 
3) Offrire a livello universitario formazione a carattere imprenditoriale. 
L'università attuale non dedica molto tempo (tranne che in rare eccezioni) ad insegnare ai propri laureandi in materie scientifiche e tecnologiche come si costituisce e gestisce una piccola impresa. Offrire agli studenti nelle discipline scientifiche elementi di base in materie di natura economico-gestionale appare sempre più un complemento formativo indispensabile. Una formazione con carattere più 'imprenditoriale' favorirebbe il ruolo delle imprese spin-off come palestra per testare le qualità manageriali dei giovani.  
4) Ampliare le opportunità di finanziamento. 
Negli Stati Uniti le società di venture capital finanziano le piccole imprese non tanto in funzione della loro innovatività ma soprattutto in funzione della capacità di generare profitti nel breve periodo; non rappresenta un fattore discriminante che il business sia ad elevato contenuto tecnologico o meno. Questa capacità è senza dubbio favorita da fattori direttamente afferenti la sfera tecnologica, come nel caso di un nuovo protocollo per le telecomunicazioni su Internet (Netscape) o dei progressi nello sviluppo di un farmaco anticancro (British Biotech). In Italia questo tipo di finanziamenti è estremamente raro, anche se molte istituzioni finanziarie sostengono che "i soldi ci sono, sono le buone idee che mancano". Le istituzioni finanziarie prestano soldi se la possibilità di rientro è elevata, ma non si assumono i rischi e la capacità di gestione del rischio dei venture capitalist anglosassoni. In tal senso, non si intravedono novità di rilievo per le nuove imprese high-tech italiane, se non legate ad un accesso più immediato al seed capital a livello europeo.  
 

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