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Impresa & Stato n°43

 

LO SPIN-OFF TRA IMPRENDITORIALITÀ E MANAGEMENT

Elaborare modelli che favoriscano lo sviluppo e il sostegno delle imprese "derivate":
alcune prime ipotesi di lavoro.
  
di
DANIELE BOLDIZZONI E LUIGI SERIO 
Crisi della domanda, compressione dei prezzi, comparsa di nuovi concorrenti, difficoltà di accesso a nuovi mercati, proliferazione di nuovi prodotti, introduzione delle nuove tecnologie informatiche, sono alcuni dei fattori di cambiamento significativo che contraddistinguono fortemente gli anni '90 e che hanno creato un mutamento negli assetti strategici e strutturali delle imprese. 
Le risposte più frequenti date dalle organizzazioni di maggiori dimensioni sono state fondamentalmente due: da un lato procedere nell'espansione del business esistente, forzando sui benefici di scala, scopo o finanziari; nello stesso tempo entrare in nuovi business attraverso una significativa campagna di acquisizioni (Ghoshal, Bartlett 1995). 
Sul versante organizzativo si è assistito all'affermarsi del modello della "lean organisation", ottenuto attraverso manovre di downsizing, delayering, outsourcing e reengineering dei processi aziendali.  
Le parole chiave sono state flessibilità e integrazione delle competenze, parole in grado di interpretare il mutamento della definizione del concetto di organizzazione, progressivamente allargatosi fino a comprendere il mercato e le relazioni sociali, introducendo forme organizzative differenti rispetto al modello tradizionale della grande impresa fordista organizzata su base gerarchica. Si è giunti, cioè, a mettere in discussione e poi a superare il principio dominante che la forma organizzativa della grande "corporation" verticalizzata fosse l'unica e migliore soluzione e a introdurre forme e legami inter-organizzativi diversi che meglio potessero rispondere alle necessità imposte dai mutamenti industriali. 
La ricerca di forme organizzative più "flessibili" corre parallela al cosiddetto "alleggerimento" organizzativo, governato attraverso processi di decentramento produttivo e focalizzazione sulle parti più critiche del sistema "azienda", le cosiddette "core competences". 
L'erosione dei vantaggi competitivi di tipo difensivo (mercati e nicchie protette) ha portato alla necessità di progettare strategie di flessibilità originali. 
Da un lato la necessità di accorciare la distanza tra organizzazione e mercato ha significativamente inciso sul numero della forza lavoro, dall'altra sul modo di lavorare, sulla relazione tra azienda e lavoratore, sulla valorizzazione delle professionalità individuali. 

IMPRENDITORIALITÀ E MANAGEMENT 
Le strategie e i rinnovati mutamenti organizzativi delle imprese, in risposta al mutato scenario, sembrano lasciare spazio a due tendenze significative: 
1) un numero consistente di aziende ha ormai recentemente sviluppato sperimentazioni e programmi concreti di sviluppo di imprenditorialità interna e di autonomia decisionale a livello di gruppi o dei singoli lavoratori (empowerment); 
2) le ristrutturazioni avvenute in molti comparti industriali e la conseguente riduzione delle dimensioni di impresa ha liberato e reso disponibile un consistente stock di risorse manageriali e di "knowledge workers" per il mercato dell'imprenditorialità. 
La potenziale rilevanza di questi trend per la formazione/ sviluppo di nuove imprese è solo in minima parte colta nella letteratura e nelle esperienze fino a questo momento realizzate, inquadrabili sotto l'etichetta di spin-off. 
In primo luogo ciò avviene perché gran parte della letteratura manageriale sul tema degli spin-off è generalmente concentrata sugli effetti finanziari nel mercato dei capitali di rischio volti alla creazione di unità aziendali da parte di imprese esistenti, piuttosto che sul risultato di un cambio di relazione dalla gerarchia al mercato (Ito 1995). 
In secondo luogo, perché la distinzione fra imprenditorialità e management, attribuendo una cultura manageriale alla grande impresa e una cultura imprenditoriale alla piccola, ha tradizionalmente negato al management la possibilità di essere creatore significativo di nuova impresa (Watson 1995). 
Non è un caso, infatti, che il fenomeno della creazione di nuove imprese è in genere visto come atto individuale rimarchevole, più che come azione organizzativa sistematica, collegabile a tratti di personalità specifici (la creatività dell'individuo), corrispondente ad una discontinuità e alla rottura di equilibri preesistenti. In tale contesto l'enfasi è posta in particolar modo sui momenti di selezione dei possibili imprenditori (quali geni o tratti innati devono possedere) e sulla nascita/incubazione, cioè sulle prime e più cruciali fasi del ciclo di vita più che sull'intero processo. 
Dal punto di vista del management, l'imprenditorialità interna (più recentemente riconducibile al filone teorico del Corporate Entrepreneurship) è viceversa vista come un processo di acquisizione/sviluppo di capacità di iniziativa/autonomia da parte di manager delle grandi imprese burocratiche, rispondente all'esigenza di attivare processi di innovazione incrementale/miglioramento all'interno delle organizzazioni. L'enfasi è posta, quindi, sui meccanismi e processi di formazione/affinamento delle nuove skills. 
Tale ipotesi è confermata dalle evidenze di un recente seminario svolto in ISTUD (Istituto Studi Direzionali di Stresa), sul tema "Imprenditorialità Interna - Come sviluppare innovazione, propensione al rischio e capacità manageriale", dove il focus prevalente dell'intervento, per richiesta dei partecipanti, si è concentrato sul tema dell'acquisizione delle competenze imprenditoriali, piuttosto che sulla possibilità di creare realtà autonome rispetto al tradizionale corpo dell'azienda. 
Questa assenza di comunicazione è coerente con la visione, nel tempo sedimentata e comunemente accettata, che l'imprenditorialità e il management siano mondi distinti, rispondenti a logiche diverse e che ci sia una barriera invisibile fra di essi. 
L'ipotesi qui avanzata, oggetto di una proposta di ricerca ISTUD, è quella di focalizzare l'attenzione soprattutto sulle forme ibride di confine fra le due polarità e sui percorsi che portano dal management all'imprenditorialità, passando attraverso la creazione/sviluppo di imprenditorialità interna, collegata ai processi di trasformazione della grande impresa, guidati sia dalla necessità di flessibilità (e quindi dalla adozione di forme a network) sia dalla ricerca di innovazione/attivazione dell'ambiente (e quindi di sviluppo/diffusione di orientamenti più imprenditoriali). 

IL TERRITORIO DELLO SPIN-OFF  
La grande impresa diventa dunque uno straordinario territorio di sviluppo di imprenditorialità, di forme molteplici di spin-off, di "produzione" di nuova imprenditorialità. 
Secondo alcuni dati statistici, infatti, le organizzazioni di dimensioni significative (oltre i 1000 dipendenti) avrebbero un numero di potenziali imprenditori pari al 5-10% della propria forza lavoro, e nelle società più piccole la percentuale potrebbe essere superiore. Nello stesso tempo i profondi mutamenti in atto a livello organizzativo potrebbero costituire un bacino favorevole di sviluppo di imprenditorialità, a valle del superamento delle tradizionali strutture gerarchiche che risultano di ostacolo per lo sviluppo e valorizzazione delle capacità imprenditoriali esistenti (Bussolo, Guiducci, Zara 1993). 
Ma quali tipi di aziende potrebbero essere interessate a questo fenomeno? 
Le evidenze empiriche disponibili hanno individuato due tipi di imprese che hanno un ruolo particolare come serbatoio di nuova imprenditorialità innovativa: le imprese ad alta crescita e le imprese in ristrutturazione organizzativa o in crisi (Brugnoli 1990). 
a) Le imprese ad alta crescita, le quali possono liberare opportunità che manager/potenziali imprenditori possono cogliere e che l'impresa madre non può direttamente sfruttare per mancanza di risorse, aumento della complessità gestionale, etc. In questo caso si uniscono desideri di autonomia del manager e vantaggi per l'azienda madre di accedere a più veloci tassi di innovazione, di tenere alta la motivazione del management e dei dipendenti e trovare nuove forme di rivitalizzazione del mercato locale del lavoro. Gli spin-off, inoltre, possono essere considerati ottimi antidoti contro il rischio di gerarchizzazione e burocratizzazione dell'azienda (Seward, Walsh, 1996). 
b) Le imprese in ristrutturazione o in crisi. Situazioni di crisi aziendale originano spesso processi di formazione di nuove imprese. È stato infatti notato che imprese che attraversano situazioni difficili o di crisi danno luogo con maggiore frequenza all'uscita di dirigenti, quadri e skilled workers. Non è un caso che il fenomeno degli spin-off sia ritornato con frequenza nelle riviste di management come possibile risposta alle ristrutturazioni avvenute in molti comparti industriali che hanno liberato e reso disponibile un consistente stock di risorse manageriali e tecniche per il mercato dell'imprenditorialità. 

LA SITUAZIONE ITALIANA  
Per quanto riguarda la situazione italiana, il territorio ideale degli spin-off può riguardare almeno tre tipologie distinte di organizzazioni. 
1) Aziende che favoriscono tali opportunità a seguito di precise strategie di networking. Appartengono a questo gruppo grandi imprese italiane e straniere che hanno sviluppato, fino a questo momento, esperienze interessanti ma poco sistematiche di sviluppo di corporate entrepreneurship: esperienze che sono state viste e valutate più dal punto di vista degli obiettivi aziendali (efficienza nel realizzare operazioni di downsizing) che non sulla base degli effetti/ricadute sullo sviluppo dell'imprenditorialità a livello del territorio. 
2) Imprese appartenenti al sistema delle partecipazioni statali che hanno avviato processi di privatizzazione con conseguenti fenomeni di snellimento. Appartiene a questa categoria il management di imprese a partecipazione statale che può trovare nei processi di privatizzazione, occasioni di autonomia lavorativa e di valorizzazione di attività e potenziali mercati, difficilmente sfruttabili sotto la mano pubblica.  
3) Aziende in forte crisi con prodotti e tecnologie mature che hanno avviato processi di downsizing, alle prese con il governo degli esuberi. Appartengono a questo gruppo le imprese che tendono a gestire gli esuberi come valorizzazione delle professionalità per avviare o consolidare unità autonome di successo e durature nel tempo. 
Gli output del processo di spin-off sono condizionati anche dal tipo di professionalità oggetto dell'iniziativa. 
Per le professionalità più basse, il tipo di output è in genere collegato a forme autonome di lavoro, a forme cooperative e all'area generalmente definibile come self-employment. Per quanto riguarda le professionalità più elevate e le figure più spiccatamente manageriali è possibile ipotizzare lo sviluppo di imprese che seguano tradizionali percorsi di crescita (Boldizzoni, Serio, 1996). La distinzione può essere di qualche utilità, in quanto potrebbe condizionare i tipi di sforzi ipotizzabili per il sostegno allo sviluppo delle nuove imprese. 
Le riflessioni sviluppate possono costituire prime ipotesi di lavoro per gli approfondimenti teorici e per la raccolta di evidenze empiriche volte a elaborare e testare modelli utili per lo sviluppo di linee di intervento a sostegno della diffusione dello spin-off, valorizzando opportunità emergenti dalle nuove configurazioni organizzative praticate ormai diffusamente nella grande impresa.  

BIBLIOGRAFIA 

  • Boldizzoni D., Serio L., Percorsi di sviluppo dell'impresa minore in Italia, 1996, in Boldizzoni D., Serio L., Il fenomeno Piccola Impresa, Guerini e Associati, Milano, 1996
  • Brugnoli C., L'imprenditorialità per lo sviluppo di nuove aziende, EGEA, Milano, 1990
  • Bussolo M., Guiducci A., Zara S., Gli spin-off come opportunità per nuovi imprenditori, L'Impresa, n.8, 1993
  • Ghoshal S., Bartlett C., Building the Entrepreneurial Corporation: new organisation processes, new managerial task, European Management Journal, Vol 13, n. 2, 1995
  • Ito K., Japanese Spinoffs: unexplored survival strategies, Strategic Management Journal, Vol. 16, n. 6, 1995
  • Seward J.K., Walsh J.P., The Governance and control of voluntary corporate spin-offs, Strategic Management Journal, Vol. 17, n. 1, 1996
  • Watson, I, Imprenditorialità e management professionale: una distinzione fatale, 1995, in Boldizzoni D., Serio L., Il fenomeno Piccola Impresa, Guerini e Associati, Milano, 1996