Impresa & Stato n°42
LE INTERRELAZIONI DEL SISTEMA METROPOLITANO
Un nuovo approccio integrato d'intervento e di analisi
sulla struttura e le performance del sistema distributivo.
di
PIER DANIELE MELEGARI
Ogni tentativo di affrontare le problematiche connesse
al settore distributivo, soprattutto alla luce dei mutamenti che
stanno avvenendo in questi anni, rischia di rivelarsi fuorviante
se non si parte dai dati reali. Il settore commerciale nel suo
complesso non mostra segni di particolare sofferenza. Dopo l'erosione
della base imprenditoriale registrata nel 1995 (che ha visto la
perdita di 1166 imprese operanti con un -1,13% rispetto alla compagine
del 1994) la numerosità si è risollevata nel 1996:
la categoria "commercio" ha visto un aumento delle imprese
operanti del 5,7%, la categoria "alberghi e ristoranti"
del 2,6%, portando la base imprenditoriale complessiva da 94.564
ad oltre 99.500 unità. Tutto ciò a fronte di tassi
di natalità e di mortalità che sempre nel 1996,
pur esprimendo una dinamica di ricambio piuttosto intensa, appaiono
in linea con quelli registrati dagli altri settori di attività
economica. Gli addetti del settore in provincia di Milano sono
cresciuti dell'1,9% fra il 1994 e il 1995 e del 2,2% fra il 1995
e il 1996.
Molte sono le variabili che influiscono sull'evoluzione
della distribuzione: dai processi di rilocalizzazione residenziale
delle famiglie all'invecchiamento della popolazione, ai mutamenti
negli stili e nei livelli di consumo , dalla competitività
internazionale nel settore della grande distribuzione ai flussi
di mobilità determinati dal sistema trasportistico e viabilistico,
eccetera.
Altrettanti sono i fattori su cui vanno ad incidere
le scelte alternative di politica commerciale: carichi territoriali
e qualità ambientale, mobilità delle famiglie, livello
dei prezzi, base occupazionale, meccanismi di competizione fra
operatori, eccetera.
Se si vogliono inserire le politiche commerciali
in un contesto coerente di azioni protese a migliorare il tasso
di crescita e il livello di competitività (e di qualità
complessiva) del sistema metropolitano, è necessario porre
alla base della loro definizione un quadro integrato e completo
di queste interrelazioni e dei loro possibili effetti. Una particolare
attenzione va data - in questa logica - all'intreccio fra programmazione
commerciale e programmazione urbanistica, dal quale discendono
effetti particolarmente rilevanti in termini di equilibrio sia
dell'assetto territoriale che dello stesso settore commerciale.
L'insufficiente rilievo assegnato a questo tipo di
interrelazione ha lasciato spazio a fenomeni di sovrapposizione
se non addirittura di sostituzione selvaggia del commercio tradizionale
con le formule di grande distribuzione sia specializzata che despecializzata,
le quali rappresentano certo la parte più avanzata e moderna
del settore, ma il cui insediamento andrebbe valutato in relazione
alle caratteristiche socio-economiche del territorio di riferimento;
il processo di decentramento residenziale delle famiglie non è
stato accompagnato da una corrispondente riallocazione del tessuto
distributivo; d'altro canto l'organizzazione spaziale non sufficientemente
ragionata del servizio distributivo ha determinato un dualismo
fra Milano e il suo intorno e accentuato la separatezza funzionale
fra centro e periferia, ponendosi in contrasto rispetto all'auspicata
organizzazione policentristica e reticolare del territorio metropolitano.
I cambiamenti che hanno coinvolto la struttura e
le performance del settore distributivo, e che sono sotto gli
occhi di tutti, vanno quindi analizzati con un nuovo approccio.
Non basta soffermarsi sulla valutazione di una dinamica imprenditoriale
che può risultare di per sé parzialmente esplicativa
e anche ingannevole. é invece necessario entrare nella
comprensione dei meccanismi di competizione che si sono aperti
all'interno del settore - fra le varie forme distributive - e
delle interconnessioni con gli altri fattori economici e sociali,
per giungere infine a stabilire:
- come favorire il processo di modernizzazione del
settore (considerando anche i criteri di concorrenzialità
affermatisi a livello internazionale negli ultimi anni);
- come fondare tale processo su una politica che,
per quanto probabilmente obbligata ad attraversare una fase di
razionalizzazione, dovrà anche puntare ad una contemporanea
valorizzazione del patrimonio professionale e imprenditoriale
espresso dal commercio tradizionale, della sua flessibilità,
della sua importanza strategica, della sua capillarità
che lo rende un fattore di servizio e di integrazione sociale;
- come consolidare e sviluppare tale patrimonio in
un contesto di progressiva managerializzazione delle competenze
che consenta di sfruttare vantaggiosamente alcuni aspetti del
cambiamento in atto sviluppando in chiave strategica alcuni potenziali
fattori di successo.
Analizzata in questa ottica, la centralità
della funzione distributiva nel configurare l'assetto complessivo
di un sistema metropolitano come quello della provincia di Milano
e nel definire il livello di qualità della sua crescita
si rivela in tutta la sua importanza.
Per questi motivi, la Camera di Commercio di Milano
ha promosso, sostenendo finanziariamente la realizzazione di uno
strumento di analisi del sistema distributivo, uno strumento di
indubbio valore scientifico e operativo, realizzato dalla Scuola
Superiore del Commercio: il modello econometrico-territoriale.
Il modello costituisce una base indispensabile - unica nel suo
genere a livello europeo - per formulare risposte adeguate a entrambi
gli ordini di problematiche evidenziate in queste premesse, da
un lato tramite la lettura integrata dei fenomeni di cambiamento
economici, sociali e urbanistico-territoriali e dall'altro con
il monitoraggio puntuale delle dinamiche di sviluppo e di competizione
interne al settore.
L'innovazione fornita sul primo versante è
chiaramente quella più direttamente fruibile dai soggetti
che hanno competenze in materia di pianificazione commerciale
e territoriale (Regione e Comune).
L'utilizzo di questo strumento potrà consentire,
non tanto di trovare risposte preconfezionate, quanto di aprire
canali di valutazione articolata delle opzioni possibili e di
scelta ragionata delle soluzioni adeguate: ciò alla luce
di una conoscenza più aderente alla complessità
del reale e con l'aiuto delle funzioni di simulazione che illustrano
gli effetti derivabili da differenti logiche d'azione.
Pensiamo all'applicazione del modello soprattutto
a quelle realtà territoriali (in particolare ai comuni
dell'hinterland) che negli ultimi anni si sono trovate a dover
gestire problemi particolarmente rilevanti connessi alle trasformazioni
della struttura distributiva provinciale: esistono comuni che
in poco tempo hanno visto mutare radicalmente la loro identità
in seguito all'insediamento massiccio di aziende della grande
distribuzione nelle loro aree periferiche e al parallelo completo
svuotamento dei loro centri storici. In molti di essi si sono
stabilizzate funzioni di supporto satellitare rispetto alla città
di Milano accompagnate a una residenzialità avulsa da quelle
funzioni di socializzazione e di integrazione culturale che sono
alla base del concetto di "comunità".
Vi è un secondo aspetto, altrettanto fondamentale,
a cui può rispondere il modello econometrico-territoriale
e riguarda la necessità per gli operatori del settore di
disporre di strumenti di analisi che consentono di riconoscere
tempestivamente i caratteri del cambiamento, di valutarli su basi
scientificamente garantite nel loro significato economico e strategico,
di rappresentarne e anticiparne le dinamiche e, quindi, di gestirne
le conseguenze attraverso scelte di politica aziendale adeguate.
Molti di essi sono consapevoli del fatto che probabilmente,
oggi, non è sufficiente difendere i piccoli tout court
per salvaguardare il ruolo economico (valore aggiunto, occupazione)
e il valore culturale e professionale espressi dal settore, ma
che è necessario stimolare il passaggio da una logica di
semplice "difesa" a una strategia di "aggressione"
basata sulla capacità di partecipare attivamente e con
strumenti manageriali al processo di modernizzazione.
In questo senso il modello econometrico può
costituire uno strumento assai efficace per aiutare gli stessi
operatori a sviluppare la propria competitività e/o a rafforzare
il proprio posizionamento all'interno della compagine settoriale.
Ma in questa direzione, riteniamo, dovrebbero andare
anche gli sforzi per sviluppare un'azione formativa che risponda
a una strutturale carenza (a sua volta determinata dal carattere
di "secondarietà" erroneamente attribuito all'intermediazione
rispetto ad altri ambiti di attività economica) di figure
manageriali esperte dal settore alle quali crediamo debba essere
attribuito il compito di guidare e supportare dall'interno il
processo di modernizzazione.
 
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