Impresa & Stato n°42
Soggetti e problemi del policentrismo italiano
di Giuseppe De Rita
I dati del Censis rivelano una ricchezza "naturale"
del nostro Paese, che ha consentito di superare molte sfide e
di cui non si può ignorare l'esistenza.
L'
Italia di oggi non è del tutto compatta
e omogenea nelle sue caratteristiche strutturali e sociali, ma
non è neppure articolata su grandi blocchi territoriali
e produttivi. L'Italia è piuttosto l'insieme di tanti soggetti,
tanti progetti, tanti centri decisionali, che tutti insieme contribuiscono
alla gestione del sistema, avendo dato vita ad un assetto di potere
e di governo del Paese che si può, per questo, definire
policentrico, ossia distribuito su una rete di punti nevralgici.
Questo significa che le politiche pubbliche non si
producono solo nelle sedi istituzionalmente deputate - Governo
e Parlamento - ma che la loro concreta attuazione coinvolge altri
soggetti "marginali" - pubblici e non -, interessi economici,
sociali e talvolta giudiziari, che tutti insieme partecipano di
fatto alla funzione di governo del sistema, tenendo conto che:
- nella fase di attuazione delle politiche pubbliche,
lo scostamento dall'impianto progettuale degli interventi previsti
tende a crescere oltre i limiti che si possono considerare di
tipo "frizionale" poiché in questo stesso processo
intervengono contestualmente diversi fattori: dalla competenza
delle amministrazioni coinvolte ai conflitti di interesse a queste
collegati;
- il momento più delicato e cruciale per i
processi di governo può essere rintracciato non tanto e
non solo nel momento di adozione di una certa politica pubblica,
ma nella fase della sua concreta gestione amministrativa;
- essendo il processo di messa in opera di una politica
pubblica frutto di una catena di decisioni successive il grado
di discrezionalità degli attori (posizionati soprattutto
nelle periferie decisionali) che si collocano alla fine di tale
sequenza può essere superiore di quello dei soggetti istituzionali
centrali;
- in questo modo, l'azione decisionale dello Stato
e dei suoi apparati centrali risulta svuotata di efficacia per
via della lentezza e delle continue micro-deroghe apportate ai
fini originari delle politiche dalle azioni amministrative successive.
Oggi esistono molteplici soggetti che sfuggono a
una direzione centrale sovraordinata e che godono di un'autonomia
crescente: gli enti locali, le amministrazioni autonome, il sistema
associativo ed economico ricevono continuamente delega dall'alto
per la funzione di programmazione e di regolazione di una serie
via via più ampia di materie: tutti insieme finiscono con
il costituire un network di responsabilità e di ruoli cui
partecipa lo Stato stesso, non sempre in posizione maggioritaria.
Questa modalità di governo a rete non produce
valore aggiunto in efficienza e in democrazia, ma rappresenta
piuttosto ancora un modello di policentrismo imperfetto. All'interno
della rete si sta realizzando una diffrazione della sovranità
statuale in altrettanti centri di potere quanti sono gli snodi
del reticolo, ciascuno dei quali si propone come regolatore esclusivo
delle aree di policy fatte rientrare, per effetto del processo
di delega, nelle sue competenze.
Ne risulta una moltiplicazione di agenzie spesso
in conflitto fra loro, che, in assenza di un sistema di regole
del gioco condiviso, finisce con il rallentare notevolmente la
fase di operativizzazione delle policies. Questo accade poiché
il sistema policentrico che così si crea non è in
posizione di equilibrio, ma risulta attraversato da diverse fratture
interne negli snodi che lo costituiscono, annullandone la capacità
di co-azione. Manca, in altre parole, lo sforzo adeguato a trasformare
questi conflitti (di potere) in un progetto di integrazione, attraverso
impegni reali e forme di controllo incrociato, basate su logiche
di negoziazione e di scambio.
Potrebbe essere questo - a grandi linee - lo schema
teorico in grado di orientare alcuni fenomeni assai significativi,
almeno nel senso di costruire una mappa parziale, ma già
molto indicativa, dei soggetti che di fatto partecipano al processo
di governo in relazione a tre grandi aree di politiche pubbliche.
Un tentativo di rappresentazione del modello policentrico
è stato effettuato attraverso la quantificazione - al centro
e alla periferia del Paese - del numero di soggetti che contribuiscono
a formare l'intreccio di azioni, interazioni, decisioni e controlli
in nove aree di intervento politico (tab. 1).
TAB.1 - LA MAPPA DEL POLICENTRISMO
Aree di policy |
Soggetti istituzionali | Soggetti intermedi
| Totale |
| Centro | Periferia
| Centro | Periferia
| |
Sociale | |
| | | |
Lavoro | 22 | 9.277
| 31 | 3.616 | 12.896
|
Sanità | 20 | 32.010
| 382 | 103 | 32.515
|
Assistenza | 8 | 14.744
| 165 | 9.047 | 23.964
|
Economia | |
| | | |
Produzione | 24 | 8.781
| 27 | 7.435 | 16.267
|
Credito | 11 | 218
| 47 | 0 | 276
|
Servizi fiscali | 11 | 1.572
| 16 | 4.237 | 5.836
|
Infrastrutture/Ambiente |
| | | |
|
Ambiente | 44 | 8.756
| 42 | 1.761 | 11.153
|
Trasporto stradale | 6 | 451
| 7 | 126 | 590
|
Servizi pubblici locali | 3
| 8.756 | 13 | 6.882
| 15.654 |
Totale | 149 | 85.065
| 730 | 33.207 | 119.151
|
Questo piccolo e parziale censimento porta a individuare
un ammontare pari a circa 120mila soggetti presenti nelle politiche
indicate, soggetti che in un modo o in un altro hanno titolo per
intervenire nei processi decisionali, operativi e di controllo.
Questa articolazione policentrica è iscritta
quasi nel Dna del nostro Paese ed è, come il Censis ha
sempre sostenuto e dimostrato, una ricchezza "naturale"
del sistema-Italia, quella che gli ha consentito di superare fino
ad oggi qualunque tipo di sfida legata allo sviluppo e ha smorzato
le tensioni legate alle fratture presenti nel tessuto economico
e sociale. Ogni tentativo di incidere su questa specie di memoria
genetica, alterandone gli equilibri di governo e di conseguenza
quelli economici sottostanti, potrebbe ostacolare la crescita
complessiva del nostro sistema e la sua evoluzione politico-amministrativa.
Ammettere che il nostro Paese è un Paese con
tanti soggetti e tanti centri decisionali non significa, tuttavia,
pensare a un Paese acefalo da un punto di vista politico, né
a un governo centrale debole. Anzi, un sistema policentrico può
permettersi di rimanere tale quanto più può contare
su un centro efficace e incisivo che lo orienti e lo guidi verso
l'assunzione di sempre maggiori e articolate responsabilità.
Non c'è dubbio, infatti, che un sistema policentrico
"costi" assai più di un sistema fortemente accentrato,
soprattutto per ciò che riguarda il suo livello complessivo
di rendimento considerato da un punto di vista sia economico che
politico. La tempestività delle decisioni di public policy,
la loro congruità e il loro grado di efficienza sono in
un certo senso inversamente proporzionali alla numerosità
dei soggetti chiamati a intervenire nel processo decisionale.
Ma non c'è neanche dubbio che un sistema policentrico
presenti delle enormi opportunità in termini di partecipazione
e di auto-legittimazione complessiva. E che per questo convenga
ingegnarsi per salvaguardare il policentrismo piuttosto che per
azzerarlo o semplificarlo drasticamente.
Il Governo centrale, da parte sua, ha molte responsabilità
nella regia complessiva di un sistema così fatto, soprattutto
se intende rispettarne il pluralismo e l'autonomia, senza per
questo indurre a una tolleranza senza fine degli sprechi che tale
sistema potrebbe produrre. Ci sono alcune direttrici di base che
ci sentiamo di proporre a chi ha responsabilità correnti
sulla tenuta del sistema Italia. In particolare, anche alla luce
della riflessione fin qui svolta il governo centrale dovrebbe:
- innanzitutto prendere atto della complessità
che caratterizza la rete decisionale del nostro Paese. Il Governo
non può governare come se fosse solo a decidere, ma nell'attribuzione
o nella presa d'atto di funzioni delegate deve pensarle in capo
ad un insieme di soggetti che deve coordinare e accompagnare in
modo permanente.
- In secondo luogo rendere funzionali le politiche
pubbliche a un modello in cui la funzione di governo è
di molti e non può essere di uno solo, attraverso logiche
di articolazione coerenti con i diversi livelli di delega, gli
interessi e le capacità di implementazione di queste stesse
politiche. Poiché oggi non vale più la convinzione
che una legge ben fatta rappresenti già "la metà
dell'opera", gli attori del policy network vanno messi in
grado di agire secondo schemi razionali, attraverso strategie
più coerenti e un sistema di norme informato a un nuovo
modello.
- Di conseguenza, adottare un nuovo schema di relazioni
fra i tanti nodi della rete, proiettato verso nuove forme di concertazione
e di direzione politica, poiché il processo di razionalizzazione
delle norme non basta.
 
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