Impresa & Stato n°42
GLI ORARI COMMERCIALI TRA ITALIA ED EUROPA
Una ricerca dell'Adiconsum mette a confronto le diverse
pratiche nazionali per avere un quadro finalmente chiaro.
di
ANGELA ALBERTI
A
Adiconsum, associazione italiana difesa consumatori
e ambiente, è un'associazione di consumatori promossa nel
1987 dalla CISL. Essa, in completa autonomia rispetto ad istituzioni,
aziende ed allo stesso sindacato, è impegnata nella promozione
di una più consapevole cultura del consumerismo, per l'approvazione
di una legge quadro sul consumo (il nostro è l'unico Paese
dell'unione europea ad esserne ancora privo) e più in generale
per una maggior tutela dei diritti dei consumatori. Essa offre
anche un servizio di informazione, consulenza, assistenza e tutela
a singoli consumatori che ne abbiano utilità e necessità.
Nella scorsa primavera l'Adiconsum di Milano ha deciso
di condurre un'indagine sugli orari degli esercizi commerciali
in Italia e in Europa allo scopo di avere finalmente un quadro
chiaro e completo su quale sia la reale situazione rispetto a
un argomento spesso al centro del dibattito, ma forse poco conosciuto
nei suoi risvolti concreti.
La ricerca è stata condotta in collaborazione
con la Fisascat- CISL (Federazione Italiana Sindacato del Commercio
e Turismo) che ci ha fornito i dati delle 29 città italiane
scelte come campione, nonché i dati di una ricerca condotta
nel 1995 in diversi paesi europei attraverso gli analoghi sindacati
di settore.
Prima di entrare nel merito dei risultati della nostra
indagine ritengo comunque opportuno fare una breve panoramica
sul sistema legislativo che regolamenta la materia nel nostro
Paese al fine di inserirli in un ambito ben preciso.
L'orario di apertura e chiusura degli esercizi commerciali
è determinato, a livello locale, da ogni singolo comune,
mediante apposite delibere, nel rispetto dei criteri generali
stabiliti dalla normativa nazionale (558/71 e 121/87) e dalle
eventuali leggi regionali.
Da questo quadro normativo che potremmo definire
"piramidale" deriva una situazione piuttosto composita
e variegata in quanto, accanto ai criteri generali cui uniformarsi,
la legislazione nazionale prevede anche le eventuali possibilità
di deroga che vengono ampiamente utilizzate a livello locale,
sia per quanto riguarda la fascia oraria di possibile apertura,
sia per ciò che riguarda sia il riposo settimanale che
quello domenicale. Ne consegue quindi un quadro diversificato
non solo da regione a regione, ma da comune a comune con margini
di "discrezionalità" piuttosto elevati.
Entrando nel merito dei dati raccolti un primo dato
che emerge con chiarezza è la profonda differenza esistente
fra piccola e grande distribuzione rispetto all'utilizzo delle
fasce orarie di possibile apertura stabilite dai comuni. Raramente
i negozi al dettaglio sfruttano appieno le ampie possibilità
di apertura concesse dalle delibere comunali. Nella maggior parte
delle città prese in esame infatti, essi continuano ad
utilizzare il tradizionale orario spezzato.
Esistono ovviamente delle eccezioni, rappresentate
innanzi tutto dalle località a reale vocazione turistica
e in secondo luogo dai centri storici delle grandi città,
ma tendenzialmente la piccola distribuzione già attualmente
non utilizza completamente le fasce di possibile apertura.
Al contrario, la grande distribuzione tende a coprire
integralmente la fascia oraria concessa. In quasi tutte le città
prese in considerazione, supermercati, grandi magazzini e centri
commerciali effettuano orario continuato, con un'apertura che
copre, sostanzialmente, l'intero arco della giornata.
La situazione appare invece più composita
per quanto riguarda l'apertura domenicale. In alcune città
essa è possibile solo in concomitanza col periodo natalizio
ed in coincidenza con eventi particolari (fiere, feste di quartiere
e altre manifestazioni), ma comunque per un numero limitato di
domeniche (per esempio Trieste).
In altre l'apertura festiva è consentita,
o in via sperimentale, o in coincidenza con particolari eventi,
per un considerevole numero di domeniche nel corso dell'anno.
Esiste poi un gruppo di città in cui l'apertura
domenicale è consentita durante il periodo estivo. Tale
deroga riguarda, in alcuni casi, l'intero territorio comunale
(per esempio Olbia), mentre in altri è riferita ad alcune
zone particolari (per esempio Latina o Ravenna).
Abbiamo infine un ultimo gruppo in cui la deroga
all'obbligo di chiusura domenicale è assoluta, con la possibilità,
quindi, di tenere aperto tutti i giorni della settimana, durante
tutto l'arco dell'anno (per esempio Genova o Siena).
Esistono poi comuni in cui gli orari sono diversificati
nel periodo estivo rispetto a quello invernale (o nel periodo
in cui è in vigore l'ora legale rispetto a quello in cui
è in vigore l'ora solare).
Tali differenziazioni consistono, sostanzialmente,
in uno spostamento della mezza giornata di chiusura infrasettimanale
(per esempio dal lunedì o dal mercoledì, al sabato
pomeriggio), e in uno slittamento dell'orario di apertura e di
chiusura nella fascia pomeridiana.
Dall'analisi dei dati raccolti emerge quindi una
situazione frammentaria e diversificata, in cui, al di là
dell'esigenza di riordino dell'intero sistema che impedisca situazioni
estreme in un senso o nell'altro, le possibilità offerte
appaiono essere sufficientemente ampie, anche perché sia
per ciò che riguarda la fascia di possibile apertura, che
per quanto riguarda le deroghe al riposo festivo, le leggi regionali
e le delibere comunali tendono ad applicare in maniera estensiva
i criteri indicati dalla legislazione nazionale.
LA SITUAZIONE EUROPEA
Anche la situazione europea risulta essere piuttosto
composita, ma è comunque possibile individuare alcune aree
omogenee, utilizzando come punto di riferimento sia gli orari
possibili di apertura e chiusura previsti dalla legge che quelli
realmente praticati.
La prima area comprende i Paesi dove la legislazione
regolamenta in modo abbastanza restrittivo gli orari di possibile
apertura (Belgio, Finlandia, Germania, Olanda).
La seconda area comprende i Paesi dove la legislazione
disciplina in modo più ampio gli orari di apertura (Austria,
Danimarca, Grecia, Norvegia, Portogallo, Spagna, Svizzera, Ungheria).
La terza area è rappresentata dai Paesi dove
non esiste una legislazione organica che fissi le possibili fasce
orarie di apertura (Repubblica Ceca, Francia, Irlanda, Svezia).
All'interno della prima e della seconda area è
possibile individuare differenze sia rispetto all'orario di apertura
(fra le ore 6.00 e le ore 10.00) e di chiusura (fra le ore 18.30
e le ore 24.00), sia rispetto alla possibilità di apertura
il sabato o addirittura la domenica come ad esempio in Belgio,
Portogallo, Spagna e Ungheria.
Se consideriamo invece gli orari effettivamente praticati,
la suddivisione per aree risulta diversa rispetto alla precedente
in quanto possiamo individuare un primo gruppo di Paesi che si
caratterizzano per un orario reale di apertura ridotto (Austria,
Germania, Irlanda, Olanda, Svizzera), un secondo gruppo comprendente
Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Ungheria
dove si applicano mediamente invece orari più lunghi ed
infine un terzo gruppo comprendete quei Paesi dove l'orario di
apertura, in particolare per la grande distribuzione, è
decisamente più ampio (Francia, Grecia, Portogallo, Spagna).
In base a tali dati le considerazioni che si possono
fare sono sostanzialmente due. In primo luogo in quasi nessuno
dei Paesi considerati gli orari di apertura realmente praticati
risultano essere ampi tanto quanto sarebbe consentito dalle varie
legislazioni nazionali. In sostanza, quindi, la legislazione già
consente orari di apertura più ampi rispetto alla realtà.
In secondo luogo risulta chiaro che l'Italia, da un lato si colloca
nella media rispetto agli altri Paesi europei per ciò che
riguarda la legislazione, ma dall'altro è fra gli Stati
in cui le possibilità offerte sono utilizzate maggiormente.
ANALISI CONCLUSIVA
Considerando l'evoluzione che il sistema commerciale
e distributivo italiano ha subìto negli ultimi anni, l'attuale
panorama legislativo appare un po' datato. Inoltre, essendo il
frutto di provvedimenti che si sono succeduti nel tempo esso risulta
essere anche parzialmente disorganico.
Le ampie deroghe concesse, fortemente utilizzate
dai Comuni in sede di delibera, fanno sì che a livello
locale si siano create situazioni non omogenee e spesso profondamente
diversificate.
Sarebbe quindi auspicabile una nuova legge quadro
che tenga innanzi tutto conto dell'evoluzione che ha subìto
in questi ultimi anni la nostra società, in particolare
per ciò che riguarda la distribuzione e la gestione del
tempo e di conseguenza le modificazione del sistema distributivo
che ha cercato, nell'adeguarsi a tali cambiamenti, di imporre
il proprio modello.
La nuova normativa dovrebbe tenere in considerazione
anche il dibattito, tuttora in corso sul decentramento amministrativo,
evitando però che eccessive possibilità di deroga
al quadro generale finiscano per generare, come purtroppo avviene
oggi, situazioni incontrollate.
A tale proposito un'attenzione particolare andrebbe
dedicata alle aree metropolitane la cui specificità dovrebbe
essere riconosciuta anche in questo ambito.
Infine è auspicabile una legge che tenga in
reale considerazione gli interessi delle categorie coinvolte,
e in particolare dei lavoratori e dei consumatori, anche con l'introduzione
di meccanismi che prevedano la possibilità per gli stessi,
attraverso i propri organismi di rappresentanza, di esprimere
pareri vincolanti.
Da ultimo è indispensabile sottolineare che
gli esercizi commerciali rappresentano solo una parte delle attività
di servizio pubblico.
Gli sportelli della pubblica amministrazione, gli
istituti di credito, le compagnie di assicurazione e così
via hanno oggi orari diversificati. Solo un normativa che tenga
conto dell'evoluzione sociale dei consumi legata alle molteplicità
dei bisogni potrà soddisfare l'esigenza di omogeneità
sia delle regole che degli orari di accesso al pubblico.
 
|