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Impresa & Stato n°41

LE IMPRESE RADICATE NEL TERRITORIO

Le M.I. e i distretti industriali, tra consapevolezza dell'appartenenza e spinta a uscire dai confini.

di
RICCARDO VARALDO

È abbastanza comune il convincimento che la media impresa sia un organismo incompiuto ed esposta al rischio di trovarsi in mezzo al guado, in quanto priva di una propria identità distintiva. In sostanza, si tratterebbe di una impresa che, essendo collocata in posizione intermedia nella piramide dimensionale, da un lato ha perso i caratteri ed i vantaggi della piccola impresa, da un altro ha ancora da compiere il salto verso soglie dimensionali superiori, per poter godere delle economie di scala e di scopo tipiche delle grandi imprese.
Il profilo delineato non sembra corrispondere all'identikit delle medie imprese, radicate in un distretto industriale, cioè in un contesto produttivo territorialmente contiguo, caratterizzato da una elevata concentrazione di imprese, tutte di dimensioni minori, e da una peculiare organizzazione interna. Nel milieu socioeconomico e imprenditoriale, tali imprese non soffrono di una condizione di inferiorità rispetto alle grandi imprese, proprio delle aree distrettuali, di fatto generalmente assenti, e si collocano in una posizione di avanguardia, rispetto alle altre, in termini di performance dinamica. Alle medie imprese si guarda quindi con crescente interesse per imprimere spinte innovative e traiettorie evolutive ai contesti in cui operano, per neanche contare su punti di riferimento più solidi nel condurre politiche di sostegno pubblico capaci di concorrere ad una evoluzione positiva del modello competitivo del paese. "In questo contesto è essenziale un diretto coinvolgimento delle sempre più numerose imprese leader medio grandi che svolgono una formidabile azione tra ente all'interno dei distretti medesimi e dei rispettivi settori" (F. Onida, 1997).
La nostra attenzione al fenomeno delle medie imprese, viste come leva strategica nell'innovazione e nell'evoluzione dei distretti, cade in un momento in cui questi sistemi, dopo avere sperimentato in anni recenti percorsi di riaggiustamento strutturale, tramite l'espulsione di imprese marginali, stanno ora vivendo una nuova fase di trasformazione al loro interno. In pratica, essi stanno passando da esperienze di selezione darwiniana tra le imprese, a valenza prettamente quantitativa, a processi di evoluzione qualitativa, che si fondano anzitutto e soprattutto sulla formazione endogena di nuove configurazioni imprenditoriali, che sono diverse dalle tipiche imprese distrettuali non soltanto per le maggiori dimensioni, ma altresì in termini di struttura, strategia e core competences . In una prospettiva dinamica dei contesti distrettuali queste imprese sono così potenzialmente candidate a giocare un ruolo trainante, visto il loro spiccato orientamento all'innovazione piuttosto che alla routine.
L'interesse per le medie imprese distrettuali è stato finora molto limitato in quanto, privilegiando come unità di indagine il distretto industriale nella sua interezza, si è finito per lasciare in ombra la considerazione delle imprese come tali. In sostanza, finora si è guardato, mutuando la metafora marshalliana, al bosco (l'insieme delle imprese) piuttosto che all'albero (la singola impresa).
Sulla reale natura delle imprese distrettuali si sa quindi molto (troppo) poco. Di frequente ci si limita a richiamare, in termini astratti e spesso critici, aspetti come la carenza di cultura manageriale, il nodo del ricambio generazionale o la debolezza delle funzioni commerciali, organizzative e finanziarie, per evidenziare loro specifiche, intrinseche debolezze. E questo in evidente, stridente contrasto con i giudizi, generalmente positivi, che vengono espressi sulla formula distrettuale e sulle sue peculiarità. Può così facilmente ingegenerarsi il dubbio che il distretto goda della facoltà di annullare o compensare le negatività delle imprese che lo compongono piuttosto che possedere la capacità di far emergere le loro positività.

LE MEDIE IMPRESE DISTRETTUALI
Le medie imprese costituiscono comunque una realtà dinamica nella vita dei distretti industriali più evoluti e sono destinate a diffondersi sotto la spinta di due principali fenomeni: la rilevanza assunta dalle aree distrettuali nel sistema manifatturiero italiano come originale forma di industrializzazione; l'accresciuta necessità di imprimere a tali aree ritmi di innovazione e di cambiamento più sostenuti, e quindi di puntare a questo fine anche (soprattutto) sulle unità operative più dinamiche in virtù della loro attitudine a sostenere un ruolo di leadership nei processi innovativi distrettuali.
Sul primo aspetto va rimarcato che il sistema industriale italiano è interessato da qualche tempo da una sorta di distrettualizzazione, in quanto aumenta il peso dei sistemi produttivi territoriali ed al loro interno il ruolo delle imprese che sono cresciute fino a raggiungere dimensioni significative e configurasi talvolta come veri e propri global players.. A questo fenomeno contribuiscono alcuni principali fattori:
- la tenuta ed in molti casi il consolidamento dei distretti industriali di più antiche origini che costituiscono una componente significativa di alcuni sistemi produttivi regionali del Nord-Centro (Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana, Marche) dove si sono sperimentati con successo modelli di industrializzazione dal basso, riconducibili sostanzialmente alla fattispecie del distretto industriale marshalliano;
- la formazione di nuove aree locali di specializzazione produttiva in alcune regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Puglia, Campania) che confermano e riproducono in certo senso la vocazione italiana per modelli di industrializzazione radicati nel territorio, fondati soprattutto su forze imprenditoriali autoctone;
- la ristrutturazione in atto nella grande industria, indotta dai processi di globalizzazione dell'economia e dei mercati, che tra l'altro alimentano nel caso italiano una nuova ondata di acquisizioni e di partecipazioni da parte di imprese straniere;
- la sperimentazione da parte delle grandi imprese più avvedute di nuovi modelli localizzativi che si basano su un maggiore radicamento nel contesto politico-istituzionale, scientifico-tecnologico e socio-economico locale, che portano tra l'altro ad innovare i rapporti con i fornitori ed i sub-fornitori per aumentarne i contenuti collaborativi, a scapito dei contenuti gerarchici, secondo una visione dinamico-evolutiva;
- l'affermazione di nuove configurazioni di impresa, modulate su medie e grandi dimensioni, che sanno valorizzare al meglio i paradigmi distrettuali (la flessibilità, la struttura snella, la focalizzazione sul business, lo spirito di forte imprenditorialità, l'ampio decentramento all'esterno) e pervengono talvolta a costituire - si pensi ad imprese come Luxottica, Nordica, Marazzi - esempi emblematici di imprese internazionali nate e cresciute nell'ambiente distrettuale.
Accanto ad una crescente rilevanza produttiva delle aree distrettuali si assiste così anche ad un fenomeno di focalizzazione (concentrazione) del capitalismo industriale italiano su tali aree, dato che i processi di privatizzazione e di globalizzazione in atto nella grande industria stanno portando sempre più imprese italiane nell'orbita di gruppi multinazionali. La capacità di tenuta e di competizione da parte dei sistemi produttivi territoriali si va quindi configurando come la nuova sfida per il futuro del capitalismo familiare italiano.
Per quanto concerne il secondo fenomeno prima richiamato va sottolineato che abbiamo ormai alle spalle la fase di sviluppo spontaneo dei distretti industriali, tirato dalla domanda internazionale, per cui le loro prospettive economiche sono divenute molto più incerte e si configura assai più problematica la loro capacità di tenuta come insieme.
La maggiore velocità di cambiamento delle tecnologie e dei mercati, in uno con i mutevoli scenari della competizione internazionale, mettono a dura prova le tradizionali doti di adattabilità e flessibilità proprie dei contesti distrettuali, in quanto non è più sufficiente un aggiustamento rispetto a dati fondamenti ma è necessario un mutamento dei fondamenti. Con riferimento alla specifica realtà produttiva, questo sta a significare che la nuova risorsa a cui i distretti possono (debbono) affidare il loro futuro è la capacità di creare innovazioni più radicali, intese come discontinuità nel loro assetto tecnico-produttivo e relazionale, e nei loro valori, rimettendo in discussione le credenze più diffuse e radicate. Queste virtù non appartengono, nella stragrande maggioranza dei casi, alla sociologia ed alla psicologia dei distretti che soffrono invece di notevoli vischiosità nel porre in essere innovazioni che non siano semplici fenomeni adattivi e incrementali.
In effetti, i sistemi produttivi territoriali, mentre presentano una loro specifica attitudine nel far realizzare una allocazione ottimale di risorse date, denunciano per altro verso difficoltà intrinseche nell'assicurarsi una dinamica innovativa ed una velocità di cambiamento adatta ai tempi. Nel rilevare la criticità di questo passaggio alcuni riconoscono significativamente che "la razionalità di un comportamento economico localizzato può riemergere" se si guarda all'impresa come "coordinatrice strategica di un pool di risorse interne ed esterne, con l'obiettivo non solo di rispondere alle minacce competitive ma, anche, di generare creativamente nuove opportunità" (A. Bramanti, M.A Maggioni).
Il nostro accento cade prioritariamente sulla dimensione endogena del processo creativo (innovativo) dell'impresa non soltanto perchè costituisce la via preferenziale per la sua crescita, ma anche in funzione del ruolo che l'impresa innovativa può svolgere nel far avanzare e progredire il contesto locale. Dato che l'appartenenza distrettuale è un fattore che conta, e che può manifestarsi un fattore decisivo nel dare corpo a processi di crescita, fondati su una valorizzazione del localismo distrettuale, per le imprese innovative costituisce un fatto naturale cercare di svolgere un ruolo di leadership nel loro contesto di riferimento.
La presenza o meno di imprese e di gruppi economici, sia formali che informali, capaci di sostenere processi di innovazione e di crescita endogena costituisce sempre più il fattore che spiega la disomogeneità nei patterns di crescita fra i diversi distretti industriali nel nostro Paese in una fase in cui è il dinamismo di tali imprese a far premio nei processi di cambiamento a livello dei sistemi produttivi territoriali. La crescita all'interno di questi sistemi oggi non procede più in modo omogeneo, ma per punti e poli di crescita ad intensità variabile, a causa di asimmetrie crescenti tra le diverse categorie di imprese, in termini di strategia, struttura e core capabilities. Si tratta di differenze che risultano cruciali per: interpretare l'attività innovativa delle imprese leader ed i fattori che contano nel generare innovazioni di rilievo; esaminare il modo secondo cui esse interpretano, reagiscono e si adattano ai cambiamenti esterni (nelle tecnologie, nei mercati, nella specializzazione internazionale della produzione); capire come riescono ad imprimere un dinamismo nuovo al distretto industriale in cui sono localizzate e quindi svolgere una politica di innovazione a vasto raggio.

LE QUATTRO S DELL'IMPRESA
Le imprese che operano nei distretti industriali, oltre ad essere nella quasi totalità imprese indigene, presentano un elevato grado di contestualizzazione, nel senso che sono profondamente radicate ed interrelate nell'ambiente istituzionale, economico-sociale e produttivo locale. Questo influisce nel conferire loro una identità specifica. Le imprese distrettuali sono imprese «diverse dalle altre» in quanto trattasi di imprese «contestualizzate» che sono condizionate nel loro concreto operare "non solo dagli specifici sistemi di relazioni che esse stesse hanno contribuito a costruire e modificare nel tempo, ma anche da un complesso di valori condivisi che alimenta (nel bene e nel male) la loro cooperazione nell'ambito del distretto, ma anche il loro modo di competere sia all'interno che all'esterno del loro contesto di radicamento" (G. Becattini, S. Vaccà).
Tra il distretto e le sue imprese si intrecciano rapporti che, oltre ad essere molto intensi, si perpetuano nel tempo. Questo fenomeno riguarda naturalmente le imprese che rimangono attestate nel distretto, ma anche le imprese più dinamiche che si proiettano all'esterno, attivando iniziative e relazioni extraterritoriali in campo tecnologico e produttivo. L'appartenenza distrettuale tende a configurasi infatti come una componente genetica fondamentale, destinata ad influire in misura determinante sulla vita delle imprese, a connotare in modo originale i loro sentieri di crescita ed a rimanere un loro fattore distintivo anche quando assumono dimensioni e configurazioni che le proiettano molto al di là dei confini del distretto che le ha generate.
D'altra parte, i distretti industriali, mentre per un verso sono eccezionali incubatori per forme di imprenditorialità schumpeteriana non si dimostrano, per altro verso, altrettanto capaci a generare opportunità localizzative per l'insediamento di imprese esterne, tanto è vero che anche gli ingressi tramite partecipazioni o acquisizioni di imprese locali costituiscono un fenomeno del tutto eccezionale e praticamente trascurabile. Ad una grande vitalità produttiva e competitiva i distretti industriali affiancano quindi una notevole omogeneità e staticità nelle configurazioni imprenditoriali. E questo non perchè difettino di una loro mobilità interna - che in termini di nati-mortalità delle imprese risulta anzi normalmente assai elevata - quanto piuttosto perché nel loro ambito tendono a riprodursi ed a permanere troppo a lungo nel tempo modelli di impresa che riflettono clichès tradizionali, almeno nelle loro connotazioni essenziali.
Nel tipo di ambiente delineato, è facile capire come il compito delle imprese che intendono dar vita a processi di innovazione di una certa consistenza, differenziandosi dall'omogeneità imprenditoriale tipica del distretto, si configuri come un passaggio estremamente complesso e rischioso. In effetti, per emergere e differenziarsi dal resto, le imprese innovative si trovano oltre che a compiere salti dimensionali - come accade per tutte le piccole imprese che diventano medie - a sperimentare l'introduzione di discontinuità tecnologiche ed organizzative, che siano coerenti con le loro vocazioni e capacità, ma che nel contempo risultino compatibili con il loro status di imprese geneticamente ed economicamente frutto di un certo ambiente distrettuale.
La natura e la profondità delle interconnessioni, presenti negli ambienti distrettuali, emergono con evidenza qualora si rifletta sugli spazi che caratterizzano la loro intelaiatura. In pratica, l'impresa distrettuale si trova ad operare entro e tramite quattro spazi (le 4 S) che nell'insieme costituiscono un coacervo di forze che caratterizza e influenza in modo sostanziale la sua attività e la sua crescita:
- lo spazio distrettuale, costituito dalla storia e dalle esperienze tecnico-produttive dell'area, espresse in termini di capacità e competenze accumulate e tramandate nel tempo, che formano un patrimonio comune, quale fattore distintivo per eccellenza. Sicché ogni distretto si può facilmente contraddistinguere in virtù di una data specializzazione merceologico-produttiva, che è il suo core business; Prato richiama immediatamente il tessile e Sassuolo le ceramiche, mentre Montebelluna è sinonimo di scarponi e calzature sportive e Castelgoffredo di calzifici.
- lo spazio aziendale, che è l'ambito di attività che ciascuna impresa si ritaglia ed occupa posizionandosi variamente all'interno del core business distrettuale; trattasi in genere di ambiti operativi molto ristretti, improntati a principi di alta definizione funzionale, così come si conviene per imprese che hanno nella specializzazione produttiva e nella disintegrazione verticale paradigmi fondamentali del loro essere imprese distrettuali;
- lo spazio relazionale, in cui si forma, si esprime ed evolve il gioco complesso delle interconnessioni e delle interdipendenze extra-mercantili attraverso le quali le imprese collaborano, apprendono in senso tecnologico e organizzativo, e si coordinano, ricavandone specifici, singolari benefici;
- lo spazio competitivo , frutto delle forti tensioni che si sviluppano nella corsa al raggiungimento di obiettivi di efficienza, miglioramento qualitativo e innovazione, a cui partecipa una popolazione di imprese operanti face to face, con limitate differenziazioni di prodotto e con una naturale propensione al confronto ed alla competizione aperta sul mercato.
La concentrazione geografica delle imprese aumenta la rilevanza e l'influenza delle singole determinanti favorendo il loro mutuo rinforzo e la loro integrazione in un vero e proprio sistema, dove lo spazio di pertinenza delle singole imprese risente molto dell'organizzazione produttiva dell'insieme. Di fatto lo spazio aziendale, ovvero l'ambito di pertinenza e di maggiore autonomia decisionale ed operativa delle singole imprese, è fortemente ristretto e delimitato; da un lato si innesta e quindi è sostanzialmente derivato dallo spazio distrettuale, da un altro risulta fortemente focalizzato sul piano funzionale e produttivo, visto che il modello distrettuale di produzione è fondato strutturalmente su una elevata specializzazione e divisione del lavoro fra le imprese. Questo accade anzitutto per le imprese di fase, di frequente a carattere artigianale, specializzate nell'esecuzione di una o più fasi del processo tecnico-produttivo tipico del distretto, ma anche per le imprese di prodotto, che realizzano prodotti completi, quali varianti all'interno della linea costituente il core business distrettuale, e presentano un elevato grado di disintegrazione verticale, frutto di una singolare e atavica propensione al ricorso all'esterno sia con l'affidamento di lavorazioni sia con l'outsourcing di parti, componenti e servizi.
Tutto ciò fa sì che le imprese distrettuali, oltre ad avere uno spazio aziendale strettamente omogeneo, in fatto di specializzazione produttiva, allo spazio distrettuale - il che le porta a disporre di competenze che sono un derivato più o meno stretto delle core competences distrettuali - si caratterizzano anche per elevati gradi di interconnessione funzionale, cioè per un vasto spazio relazionale, ricavandone vantaggi ma anche limitazioni nel loro operare.
Nei distretti industriali tutto sembra quindi "preordinato" e muoversi a favore della frammentazione e di un forte ricambio del tessuto imprenditoriale, piuttosto che per il consolidamento strutturale delle imprese esistenti e la formazione di imprese di maggiori dimensioni. La distribuzione dimensionale distrettuale si presenta quindi molto allargata alla base, con una abbondanza di imprese artigianali e di piccole imprese, e con un accentuato schiacciamento al vertice per la scarsa presenza di medie imprese .
Mentre si distinguono nel generare importanti esternalità marshalliane, che favoriscono la nascita dal basso di nuove imprese e la permanenza sul mercato di tante piccole unità, i distretti industriali non sempre sanno creare stimoli e fornire servizi per la formazione e lo sviluppo di medie imprese. A questo proposito, è possibile osservare, a livello delle regioni più rappresentative in fatto di aree distrettuali, una differenziazione tra una parte Nord (Emilia Romagna, Veneto) con una maggiore presenza di imprese medie leader ed una parte Sud (Toscana, Umbria e Marche) con una sostanziale aderenza al modello del distretto industriale puro, fondato su una popolazione di imprese autonome di piccole e piccolissime dimensioni. "Questo elemento può forse spiegare, almeno per quanto riguarda la spiegazione economica una parte della diversa capacità espansiva del sistema industriale veneto rispetto a quello toscano, risultato decisamente meno dinamico nell'ultima parte degli anni '80" (M. Grassi).
Le imprese leader per elevarsi dal bosco distrettuale debbono fare affidamento anzitutto sulle proprie gambe, rafforzando la consistenza e l'esclusività delle specifiche capacità e competenze, al fine di poter dar corso a politiche di crescita più saldamente fondate e gestibili con una sufficiente capacità di iniziativa strategica ed operativa. Di fatto, per queste imprese il passaggio ad una dimensione maggiore è un processo di grande consistenza, il cui successo è legato ad una concatenazione sinergica di cambiamenti che investono non soltanto lo spazio aziendale, ma anche lo spazio relazionale e che sono destinati a modificare il loro posizionamento nello spazio distrettuale ed il loro modo di competere sia all'interno che all'esterno del loro contesto di radicamento. La media impresa distrettuale si configura quindi come una impresa che ha saputo cambiare il proprio status distrettuale prima ancora che aumentare la sua dimensione operativa ed economica.

CARATTERI DELLA M. I. DISTRETTUALE
I caratteri distintivi delle medie imprese distrettuali si esprimono non soltanto dal loro interno, in termini di condizioni strutturali e core capabilities , ma anche verso l'esterno, cioè nel modo secondo cui si relazionano e interagiscono con le altre imprese e con i diversi soggetti del distretto. Il loro compito fondamentale è quello di introdurre e far radicare al loro interno saperi nuovi e nella misura in cui hanno successo possono creare un clima di fiducia tra gli operatori locali in merito al valore ed al potenziale delle innovazioni culturali, tecnologiche, e organizzative di cui esse si fanno promotrici. In questo senso, finiscono per diventare attori (agenti attivi) del mutamento del distretto industriale, venendo di fatto a svolgere un ruolo per taluni aspetti assimilabile a quello dell'impresa motrice à la Perroux.
Nell'ambito del distretto tessile di Prato, le medie imprese hanno di fatto trainato molti piccoli produttori indipendenti verso nuovi prodotti e nuovi mercati, non più legati al declinante business del cardato tradizionale, e che fanno riferimento all'impiego di nuove fibre (cotone, lino, poliestere e viscosa). " Il capofila, che gestisce l'approdo al mercato di centinaia di piccole imprese, domanda ad ogni azienda di inserirsi nella sua logica di impresa guida" (A. Balestri, G. Piantoni, C. Dematté) realizzando così un ruolo di trascinamento e di guida nel farle evolvere non soltanto sotto il profilo tecnologico, ma anche in fatto di stile e attitudini gestionali. Le piccole imprese sono abitualmente sorrette da uno spirito imprenditoriale molto intenso che può essere utilmente fertilizzato dall'innesto con la più avanzata cultura di impresa, vitalizzata da calibrate dosi di managerialità, che caratterizza le imprese leader.
Tali imprese si impegnano inoltre nel trasferire alle unità che operano nella loro orbita, ed in particolare ai terzisti, le sollecitazioni, informazioni e conoscenze appropriate per far loro acquisire una diversa e più avanzata cultura del servizio alla clientela che è una nuova leva competitiva di grande rilevanza. Per merito di questi sforzi e contributi nel campo dell'apprendimento interorganizzativo i distretti oggi riescono così ad essere orientati molto più di prima alla clientela, avendo acquisito una capacità collettiva nel garantire: una più spinta personalizzazione nella offerta di prodotti e servizi; elevati livelli qualitativi; maggiore affidabilità nella rispondenza agli standard; puntualità nell'evadere gli ordini; un time to market più compresso.
Le medie imprese distrettuali negli ultimi anni hanno cercato anche di rompere la tradizione del distretto come sistema fortemente integrato e autosufficiente, mettendo in atto forme di apertura all'esterno. Questo allargamento degli orizzonti distrettuali e relazionali si è andato concretizzando con riferimento, ad esempio, al rifornimento di inputs ed all'affidamento di lavorazioni a terzisti non locali per ragioni di convenienza di costo, per mancanza nel distretto delle competenze necessarie od anche per sopperire a temporanee carenze di capacità produttiva a livello locale.
Per attuare processi di diversificazione, estranei alle core competences del distretto, talune medie imprese hanno poi acquisito o creato imprese localizzate in altre aree, specializzate nei nuovi campi. Talvolta queste esigenze di apprendimento sono state soddisfatte con l'assunzione dall'esterno del distretto di manager e personale qualificato o di tecnici con specifiche esperienze professionali.
Si tratta, in tutti i casi evidenziati, di iniziative che hanno permesso di introdurre sapere nuovo nel distretto e di creare discontinuità con le routines e le abitudini consolidate, e pertanto contribuito concretamente alla sua dinamica evolutiva ed alla formazione di una cultura di impresa più avanzata. Le medie imprese si collocano quindi come entità intermedie tra l'insieme distrettuale e le singole imprese locali con un ruolo specifico di centri strategici di attivazione di processi di innovazione, tecnologica professionale e culturale, che di fatto tendono a giocare anche come nodi per processi di fertilizzazione incrociata à la Freeman.
A ben vedere, l'originalità della natura delle medie imprese distrettuali sta nel fatto di costituire il frutto di una progettualità strategica che ingloba un mix di risorse e sinergie interne (aziendali) e di risorse ed energie esterne (distrettuali), dal cui bilanciamento ottimale dipende in ultima istanza il loro successo. Soltanto una giusta combinazione tra queste diverse componenti consente all'impresa leader di acquisire una più alta capacità innovativa e di crescita tramite l'integrazione di nuovo sapere, nuove competenze e nuove capacità, correttamente bilanciata dalla valorizzazione dell'appartenenza distrettuale. Qualsiasi combinazione "squilibrata" porta a risultati non positivi; infatti livelli troppo elevati di dipendenza dalle risorse distrettuali potrebbero rivelarsi di ostacolo alla costruzione di una adeguata robustezza interna dell'impresa, mentre a livelli troppo bassi il suo sviluppo potrebbe risultare insostenibile per il rischio di una implosione del sistema aziendale.
L'impresa leader deve potersi impegnare non soltanto nella realizzazione di un equilibrio statico tra risorse aziendali e risorse distrettuali, ma anche nella costruzione e nel mantenimento di un equilibrio dinamico tra le due componenti per la generazione e la riproduzione nel tempo del vantaggio competitivo. Il che pone l'esigenza di un corretto sincronismo tra ritmo di evoluzione del sistema aziendale e ritmo di evoluzione del sistema distrettuale, per non vanificare i benefici di una continuità con lo spazio relazionale locale.
La media impresa distrettuale appare come l'espressione tangibile di un sincronismo virtuoso tra il ritmo del cambiamento interno ed il ritmo del cambiamento esterno. Nella misura in cui aspiri a crescere essa si trova anche in uno stato di perenne tensione, combattuta com'è tra la consapevolezza del valore dell'appartenenza e la spinta ad uscire dai confini del distretto. Anche in questo caso, è il raggiungimento di un bilanciamento dinamico tra appartenenza e apertura che caratterizza le imprese di successo.

OSSERVAZIONI D'INSIEME
Le medie imprese distrettuali assumono oggi una particolare rilevanza non soltanto per il ruolo che svolgono nell'innescare discontinuità positive nel contesto locale ma altresì per le proprietà che le contraddistinguono.
Di fatto, esse sanno interpretare al meglio e quindi strutturasi in funzione della variabilità e della varietà dei mercati e degli ambienti in cui si trovano ad operare caratterizzandosi come imprese dai confini estremamente mobili che sanno adattarsi alle situazioni più diverse ed anche valorizzare le relazioni con l'esterno. In questo senso, la loro vocazione di imprese contestualizzate e relazionali può costituire un punto di forza da far valere anche per espandersi al di fuori del distretto di appartenenza.
D'altro lato, essendosi formate in un milieu a forte vocazione manifatturiera esse mantengono una peculiare propensione a puntare sulle capacità e sulle competenze come leva di vantaggio competitivo, conferendo così una particolare robustezza e solidità alle loro strategie.
Le medie imprese distrettuali sono dunque candidate a diventare una delle componenti più significative del sistema delle imprese italiane, oltre che costituire una delle principali forze per dare continuità e consistenza ai sistemi produttivi territoriali, proiettandoli verso il nuovo millennio.