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Impresa & Stato n°41

CARATTERI E PROSPETTIVE DELLA MEDIA IMPRESA IN ITALIA

Dal paradigma basato su dinamismo e contenuto tecnologico agli attuali cambiamenti di mentalità

di
MARCO SASSATELLI e PATRIZO BIANCHI

L a discussione attorno al ruolo e alle potenzialità della media impresa si è particolarmente sviluppata in Italia negli ultimi anni in relazione alla riorganizzazione del nostro sistema produttivo. Sembra che la media dimensione sia oggi la via migliore per il successo imprenditoriale tanto che si va affermando una specie di paradigma ideale dell'impresa auspicabile che associa alla dimensione media altre due caratteristiche: il dinamismo e il contenuto tecnologico. Si delinea in sostanza l'archetipo della media impresa, dinamica, tecnologicamente avanzata e finanziariamente equilibrata che dovrebbe essere la chiave del successo sui mercati che si vanno globalizzando.
Questo paradigma supera alcuni dualismi del passato e abbandona anche alcune caratteristiche che si ritenevano essenziali nell'impresa di successo alcuni anni fa e che ora sono considerati elementi di secondo ordine. Nella seconda metà degli anni '80 prevaleva l'idea che l'impresa di successo dovesse essere certamente dinamica, ma che sostanzialmente dovesse essere finanziariamente abile, cioè in grado di incidere sulle condizioni dei mercati finanziari e di essere in grado di sottrarsi al ricatto del razionamento del credito. Lo sviluppo della finanziarizzazione delle imprese, cioè la trasformazione degli attivi delle imprese industriali da prevalentemente composti di immobilizzazioni tecniche a prevalentemente composti di immobilizzazioni finanziarie e partecipazioni, si è accompagnata all'entrata diretta delle imprese industriali nella gestione del credito non solo per conto proprio, ma anche per conto terzi.
La contrapposizione principale in questa logica era fra specializzazione e flessibilità, tipica delle piccole imprese, e dimensione e controllo dei mercati, tipicamente appannaggio delle grandi imprese o dei grandi gruppi.
Evidentemente il paradigma dell'impresa ideale si modifica nel tempo in relazione alle condizioni dei mercati e della competizione fra imprese, in ultima analisi tenendo conto delle caratteristiche dei casi di successo.
Poiché l'esperienza dell'ultimo decennio, evidenzia la crescita di un numero considerevole di medie imprese è naturale che dopo un lungo periodo in cui si riteneva che il sistema industriale italiano fosse ampiamente polarizzato fra grandi e piccole imprese ora ci si interroghi sulla reale dimensione delle imprese italiane. D'altra parte il concetto stesso di dimensione di impresa si presta a interpretazioni difformi in relazione all'angolo da cui lo si percepisce. In Italia in particolare si è assistito alla duplice mitizzazione di questo concetto per cui si contrapponeva la piccola impresa dinamica e flessibile alla grande impresa integrata e potente. Come si è potuto verificare tuttavia la crisi della prima metà degli anni '90 unita all'accelerazione impressa all'apertura dei mercati nazionali dalla prospettiva dell'integrazione europea ha messo in rilievo l'inadeguatezza delle imprese italiane sia di grandi, sia di piccole dimensioni.
Le imprese di grandi dimensioni si sono rivelate troppo diversificate per competere efficacemente su mercati che si espandevano troppo rapidamente. Questo ha comportato due problemi di fondo: il primo è che lo zoccolo degli investimenti necessari per mantenere elevata la competitività su molti settori era superiore alla capacità di attirare risorse finanziarie in un periodo in cui il ciclo avrebbe consigliato di mantenere basso il profilo degli investimenti; il secondo è che la redditività operativa delle singole attività declinava rapidamente in assenza di interventi a sostegno della competitività.
I conti aziendali dei gruppi industriali e finanziari di grandi dimensioni sono peggiorati in modo rapido nel corso della prima metà degli anni '90 inducendo processi di riorganizzazione che hanno intaccato in modo profondo la struttura di queste imprese. Le dismissioni sono state massicce e la rifocalizzazione su attività più specializzate è diventata la parola d'ordine delle imprese italiane. I grandi gruppi hanno perciò reimpostato la propria struttura organizzativa in ragione della capacità di tenuta strategica, trasformandosi da grandi a medi gruppi.
Le imprese di piccole dimensioni hanno evidenziato un problema considerevole di capacità di sviluppo legato in modo particolare a due fattori: il primo di risorse manageriali e organizzative, il secondo di attivazione di risorse finanziarie da reperire sul mercato. Il problema manageriale è sicuramente congenito alle piccole imprese dato che i salti organizzativi all'interno di imprese cresciute sulla figura dell'imprenditore incontrano ostacoli tipicamente legati alla scarsa formalizzazione delle procedure e delle funzioni aziendali. In Italia questo problema assume un aspetto di maggiore drammaticità perché sono più numerose le piccole imprese e quindi questo problema ha dimensioni rilevanti, di sistema, in secondo luogo perché difficilmente le aziende vengono affiancate da figure specialistiche in grado di sostenere le discontinuità nella vita aziendale. Non solo quindi i cambi generazionali, ma anche i cambiamenti nella dimensione della competizione sul mercato possono far emergere problematiche difficilmente superabili, trasformando i cambiamenti che dovrebbero essere di routine in mutamenti di tipo emergenziale.
Il mercato italiano però si rivela difficile per le piccole imprese anche in virtù di una esagerata diffidenza del sistema finanziario a sostenere i progetti di investimento e crescita delle imprese con notevoli e significativi effetti di razionamento del credito a svantaggio proprio delle imprese più piccole e meno tutelate.
Questi due aspetti sono pertanto discriminanti in un contesto che impone accelerazioni nell'apertura dei mercati e incrementi importanti di complessità dell'ambiente. Molte aziende di piccole dimensioni hanno dovuto valutare la cessione delle proprie attività, altre hanno dovuto ricercare soluzioni innovative per mantenersi in vita.
Le soluzioni sono state molteplici: dal decentramento, alla smaterializzazione delle attività produttive, al consolidamento organizzativo, alla crescita esterna, alla definizione di forme societarie di gruppo. Il risultato è stato il consolidamento di alcuni gruppi di medie dimensioni cresciuti spesso per via esterna, ma che hanno mantenuto però un forte radicamento sulle proprie attività di origine, e un ritmo di sviluppo non eccessivamente rapido, in grado di favorire anche il consolidamento dopo la crescita.
Da un punto di vista storico il processo di crescita delle piccole imprese appare un processo piuttosto lungo, la maggior parte dei gruppi di medie dimensioni attualmente presenti in Italia hanno una storia quasi trentennale, passata attraverso quattro cicli completi di domanda. Il motivo di questo modello di sviluppo è da ricercare nel fatto che le fonti di finanziamento hanno uno spiccato carattere prociclico e perciò le imprese hanno tendenza a svilupparsi nelle fasi espansive del ciclo economico, mentre nelle fasi cicliche negative sono più spesso impegnate in operazioni di consolidamento o di contrazione, in ogni caso di revisione della propria struttura organizzativa. Questo modo di procedere per sobbalzi implica il passaggio di molto tempo per la definizione di una struttura dimensionale elevata.
In particolare la storia recente delle operazioni di acquisizione realizzate sul mercato italiano conferma che le imprese che hanno tentato di effettuare salti dimensionali troppo rapidi hanno compiuto un azzardo che nella maggior parte dei casi si è rivelato fatale per le sorti delle imprese coinvolte. Viceversa le imprese che hanno curato con maggiore attenzione la propria dimensione rispetto allo scenario strategico di riferimento hanno potuto garantirsi margini di crescita anche in fasi recessive e avvantaggiarsi meglio nelle fasi espansive.

LA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA
C'è da chiedersi quali elementi abbiano caratterizzato in positivo i casi del secondo tipo rispetto a quelli del primo tipo. La spiegazione prevalente nell'analisi di queste diversità è riferita alla capacità del management di valutare con precisione le prospettive dell'impresa e l'evoluzione dei mercati. Questo tema ci porta direttamente all'interno della discussione sulla corporate governance delle imprese di medio piccole dimensioni. La struttura del mercato del management non è adeguata all'allocazione efficiente del controllo nel sistema industriale. In sostanza è molto più frequente riscontrare che il manager si trovi nel luogo sbagliato nel momento sbagliato piuttosto che il contrario. In particolare nel corso degli anni '80 a capo di imprese industriali si sono trovati soggetti che ritenevano prioritario lo sviluppo finanziario delle aziende e per questo tendevano a rincorrere una dimensione finanziaria elevata a prescindere dal disegno dell'organizzazione operativa, a volte anche a scapito di essa. La subordinazione dell'attività industriale rispetto a quella finanziaria è la causa della maggior parte degli errori commessi dalle imprese cresciute troppo rapidamente, poiché ha indotto il management a sopravvalutare i rendimenti attesi nonché le prospettive della domanda; inoltre data la fase espansiva del mercato nazionale delle imprese risultava conveniente acquisire le imprese per poi rivenderle piuttosto che impegnarsi in difficili processi di riorganizzazione e rilancio. Sono stati sottovalutati pertanto gli effetti di slow down post acquisizione e la durata e incisività dei processi di integrazione aziendale seguenti alle operazioni di acquisizione. L'impatto sulla competitività delle imprese è stato tale da comprometterne la redditività di medio periodo, innescando una spinta a vendere proprio nel momento di maggiore difficoltà del mercato, quando cioè il ciclo era in una fase nettamente sfavorevole.
Inoltre bisogna tenere presente che la turbolenza delle modificazioni in atto nell'offerta ha indotto le imprese a tentare di crescere anche senza una valutazione specifica dei reali vantaggi che sarebbero potuti venire dalle acquisizioni, pertanto molte operazioni sono state realizzate in un contesto di competizione all'acquisto determinato dalla elevata dinamica delle imprese che venivano percepite come concorrenti. Una sorta di logica difensiva nelle strategie di crescita esterna che ha indotto investimenti non facilmente recuperabili.
Nonostante sia da riconoscere l'importanza del meccanismo di governance nel concretizzarsi delle performance aziendali, riteniamo che sarebbe troppo riduttivo imputare questa sostanziale diversità di esito alla "precipitazione" del management o all'"ingordigia" di imprese troppo ansiose.
In realtà i casi di successo hanno presentato alcune caratteristiche peculiari di architettura organizzativa che le differenziava nettamente dalle altre.
In primo luogo le medie imprese più solide hanno evidenziato un sentiero di sviluppo estremamente coerente con la propria missione aziendale, imperniato sulla produzione di valore dell'attività industriale e con la gestione finanziaria impegnata a minimizzare i costi delle risorse finanziarie impiegate. Il fulcro della crescita rimane pertanto l'autofinanziamento o l'uso di mezzi propri, rappresentati da capitale sociale e plusvalenze su partecipazioni. C'è in sostanza meno finanza e più industria nelle attività delle imprese di medie dimensioni più solide. Naturalmente questo modo di procedere implica una maggiore lentezza nella crescita e una maggiore sensibilità ciclica, tuttavia considera il ricorso a risorse esterne per lo sviluppo come un fatto straordinario e sussidiario alla capacità di produrre valore dalla gestione ordinaria. Il corollario di questa impostazione è il fatto che la ricerca della competitività è la base dello sviluppo per cui il controllo dei costi interni di produzione nonché la ricerca di una sempre maggiore efficienza organizzativa sono i perni di sviluppo delle imprese.
L'esigenza di controllo dei costi ha spinto vieppiù le imprese medie a dotarsi di maggiori attività di servizio interno e a orientarsi sempre più verso l'adozione di forme di outsourcing di vario tipo. Una recente indagine sulle imprese manifatturiere dell'Emilia Romagna ad esempio mette in evidenza che le imprese di maggiore successo presentano un livello considerevole di terziarizzazione interna misurata da una elevata incidenza di personale impiegatizio (fino al 40% della forza lavoro), che si accompagna a inimmaginabili guadagni di efficienza sia in termini di produttività del lavoro, sia in termini di produttività del capitale. Le imprese manifatturiere in questione sono pertanto imprese con un forte contenuto di servizio e un basso contenuto in produzione: la produzione viene sempre più gestita in subfornitura, man mano che i subfornitori migliorano il proprio livello di competenze tecniche e organizzative. Che si tratti di un cambiamento nel modello di impresa è poi confermato dal fatto che pur con alcune differenze si tratta di un fenomeno trasversale rispetto ai settori e quindi in buona parte indifferente rispetto ai processi produttivi.
Le medie imprese sono pertanto sempre più integrate in configurazioni a rete dove il vero elemento di vantaggio competitivo è rappresentato dai fattori software dell'organizzazione aziendale: servizio al cliente e capacità di problem solving. In questo quadro pertanto le attività premianti si vanno modificando rispetto a quelle che si ritenevano fondamentali non più di dieci anni fa: è più importante saper fare piuttosto che saper vendere anche in imprese molto orientate al mercato ed è su questo che si fonda il controllo del mercato, tanto che il valore reale dell'impresa è spesso centrato sulle attività intangibili (tangibles vs intangibles) piuttosto che sugli asset fisici (macchinari, immobili).

COSA SIGNIFICA DIMENSIONE
Se queste considerazioni hanno fondamento allora è il concetto di dimensione che si modifica. Da un lato la dimensione economica e quella strategica non coincidono, e la seconda diviene molto più importante della prima. D'altra parte il concetto di dimensione diviene più articolato e complesso arricchendosi di elementi relazionali che non venivano presi in considerazione. Inoltre bisogna considerare che questo tipo di dimensione non è raggiungibile con rapidità assemblando e raccattando pezzi di attività complementari o similari senza un disegno preciso solo sulla base della disponibilità di risorse finanziarie, ma deve essere il risultato di una continuità di comportamenti e relazioni che porta a una effettiva integrazione di conoscenze tecniche e operative. Da questo punto di vista una media impresa tradizionalmente intesa può essere invece molto più grande se vista in un'ottica di dimensione strategica e viceversa una grande impresa può rivelarsi molto piccola per dimensionamento strategico.
Entrando nello specifico dei soggetti emergenti possiamo stilizzarne alcuni elementi caratterizzanti in modo da abbozzare alcune categorie.
Il gruppo più evidente e noto è quello dei medi gruppi quotati, si tratta di imprese che operano su mercati diversi e con posizionamenti di prodotto assolutamente non assimilabili l'uno all'altro ma che tuttavia hanno perseguito un percorso di sviluppo analogo attraverso il passaggio sulla Borsa valori di Milano. L'elemento determinante di queste imprese è la redditività aziendale, che viene conseguita in modi differenti ma che deve comunque rimanere l'aspetto irrinunciabile per continuare a mantenere le proprie azioni sul mercato. Si trovano quindi alcuni gruppi spiccatamente nazionali, che operano in modo estremamente specializzato essenzialmente sul mercato italiano con marchi ben conosciuti e rinomati, e con prodotti di fascia media che possono fronteggiare i principali concorrenti con prezzi più contenuti a fronte di una qualità accettabile, ma non di frontiera. Si tratta di soggetti in grado di produrre strategie derivate rispetto alle azioni prodotte dai concorrenti, ma che non hanno (e non possono avere, senza rischiare riflessi incogniti sul valore delle azioni) percorsi di crescita e sviluppo rapido con strategie aggressive anche sui mercati internazionali. A fianco di queste si trovano imprese che operano in nicchie di prodotto particolarmente redditizie che sul mercato nazionale rappresentano volumi produttivi piuttosto ridotti ma che rapportati su scala mondiale divengono dimensionalmente ragguardevoli ancorché poco affollati da concorrenti. La seconda categoria di imprese medie è rappresentata dall'altro capo dei casi di successo fatto di imprese che operano stabilmente sul mercato mondiale reggendo anche in questo caso la concorrenza in virtù di caratteristiche organizzative particolarmente sviluppate e di qualità sui prodotti piuttosto elevate.
In questa categoria dei medi gruppi internazionali esistono anche imprese che esprimono leadership su basi tecnologiche e non solo commerciali e distributive, è il caso ad esempio dei produttori di macchine per l'industria alimentare, o del comparto delle macchine per il confezionamento, o ancora delle imprese del settore ceramico. In questi casi i gruppi medi emergenti rappresentano soggetti che conservano performance di grande rilievo o perché forniscono di macchine le principali imprese multinazionali o perché detengono quote significative del commercio mondiale del prodotto principale. La terza categoria di gruppi emergenti che ci sembra di poter mettere in evidenza è quella dei medi tecnologici, cioè medie imprese molto specializzate che fondano la propria capacità competitiva su un vantaggio tecnologico autoprodotto.
In sostanza i gruppi medi emergenti presentano due elementi comuni di fondo: il primo è che i progetti che sottostanno a queste imprese non si realizzano nel ristretto ambito del mercato nazionale fra finanza allegra e incompetenza bancaria, ma si confrontano in ambiti più aperti e concorrenziali sia dal punto di vista industriale, sia dal punto di vista finanziario, il secondo motivo è che la crescita di questi soggetti parte da condizioni di specializzazione che si intensificano con i processi di apertura dei mercati per cui si affermano sviluppando le proprie specialità in un'ottica di elevata redditività.

QUALI PROSPETTIVE?
In conclusione se il sistema di relazioni esterne alle imprese è efficiente e ben strutturato la dimensione di impresa è importante ma non fondamentale, anche perché le occasioni di sviluppo si mantengono molto elevate. Le condizioni in cui si muove il nostro sistema economico e produttivo sono tali da lasciare aperte molte potenzialità di consolidamento per le imprese medie che si sono sviluppate di recente. L'apertura dei mercati finanziari consente infatti alle imprese di poter accedere a fonti di fondi non strettamente nazionali e quindi le opportunità di finanziamento divengono maggiori, lo stesso sistema finanziario nazionale si sta modificando e modernizzando, in più si sta delineando un periodo di crescita economica che potrà permettere di impostare e realizzare operazioni di acquisizione importanti e fusioni fra medie imprese nazionali o con prospettive transnazionali. La stessa capacità di partecipazione di nuovi soggetti nazionali al processo di privatizzazione in atto può discendere da queste condizioni.
Deve essere tuttavia rilevato che la capacità di sfruttare al meglio le opportunità che queste condizioni presentano alle nostre imprese dipende in modo sostanziale dall'abilità che le imprese stesse mostreranno nel superare il problema della spersonalizzazione dell'attività di impresa, investendo direttamente il meccanismo di corporate governance delle medie imprese non manageriali.
I salti dimensionali strategici sono possibili in quanto l'impresa riesce a relazionarsi in modo duraturo con altri soggetti che divengono partner stabili delle attività dell'impresa: le banche, i fondi di investimento, i soggetti dei mercati di borsa, i fornitori, i partner operativi, il sistema di ricerca e innovazione. Si tratta quindi di un problema non solo di come l'impresa si relaziona con i propri proprietari, ma come si relaziona in generale con tutti gli stakeholders delle proprie attività e funzioni.
Da questo punto di vista alcuni elementi interessanti di cambiamento nella mentalità delle medie imprese nazionali si stanno vedendo, tuttavia dovrebbe avere maggiore diffusione e cominciare a essere incorporato fra le prospettive aziendali l'idea di un cambiamento organizzativo che permetta di programmare le opzioni di crescita investendo fin da ora nelle relazioni più rilevanti. Anche questi evidentemente sono processi che non si improvvisano e quindi vanno progettati e pianificati nel tempo.