Impresa & Stato n°41
IL MERCATO DEL LAVORO: EFFICIENZA E FLESSIBILITÀ
di
TIZIANO TREU
La scommessa del programma del Governo: iniziative
già operative e spunti utili per aprire un dibattito.
I
n questi mesi di attività di Governo è
stato avviato un processo di riforma del mercato del lavoro che
consentirà di liberare energie e rafforzare l'efficienza
complessiva del sistema produttivo italiano. Attraverso l'approvazione
in Parlamento della Legge in materia di "Promozione dell'occupazione"
sono stati introdotti istituti nuovi come il lavoro interinale
e rafforzati altri già esistenti: apprendistato, contratti
di formazione lavoro, stages.
Si è incentivato il ricorso al part-time e
alla riduzione e rimodulazione dell'orario di lavoro e si è
intervenuti, con i contratti di riallineamento, in quel buco nero
rappresentato dal lavoro sommerso che toglie risorse all'intero
sistema. Contemporaneamente si è dato il via a un piano
straordinario di lunga durata che coinvolge 100 mila giovani disoccupati
del Sud che avranno la possibilità di maturare esperienze
lavorative "sul campo" attraverso borse di lavoro nelle
aziende e lavori di pubblica utilità con le amministrazioni
locali.
LA FORMAZIONE PROFESSIONALE
All'interno di questa serie di interventi, un ruolo
particolare spetta alla riorganizzazione del sistema di formazione
professionale, in particolare della formazione continua. Si tratta
di regolare i rapporti con il sistema scolastico; di operare affinché
l'attuale formazione professionale diventi un vero sistema capace
di dare il suo contributo essenziale in un mercato del lavoro
sempre più mobile ed esigente.
Recentemente è stato formulato da parte del
Governo un insieme di proposte in materia di formazione attorno
alle quali si è registrato un sostanziale consenso e che
costituiranno uno strumento fondamentale per la seconda fase della
nostra politica economica. Si tratterà di avviare corsi
post-secondari, di diffondere le nuove tecnologie didattiche,
di ampliare l'edilizia scolastica, di completare i piani contro
la dispersione, per l'educazione permanente e per il diritto allo
studio universitario, di riorganizzare con le Regioni la formazione
professionale orientandola principalmente allo sviluppo della
formazione continua e permanente in un sistema integrato scuola-formazione
e lavoro.
Ma la creazione di un'effettiva seconda "gamba"
del sistema formativo, oltre alla scuola, avrà un impatto
decisivo non solo nella riconversione della forza lavoro in genere,
ma anche nell'arricchire i contenuti formativi dell'apprendistato,
dei contratti di formazione lavoro e degli stessi lavori socialmente
utili. Nell'ambito delle politiche attive del lavoro, la formazione
diventa inoltre un ingrediente necessario per l'inserimento dei
disoccupati e soprattutto dei soggetti più a rischio.
Altro segmento da gestire con molta attenzione nell'applicazione
della nuova normativa, è la materia delle borse di lavoro,
dei lavori di pubblica utilità e dei lavori socialmente
utili. La sfida è di renderli strumenti utili di occupazione
di carattere duraturo.
Un ruolo essenziale al riguardo spetta, oltre agli
enti locali, a strutture operative, come le società miste
operanti sul territorio. Serve anche una struttura centrale agile
di sostegno e di promozione della progettazione che è in
via di definizione: quell'agenzia per la promozione di nuovi lavori
già annunciata.
Una terza grande area di impegno per la piena attuazione
del Patto del Lavoro siglato un anno fa tra Governo e parti sociali,
riguarda la gestione e la diffusione di contratti d'area e di
patti territoriali finalizzati a precise strategie di sviluppo
territoriale, dell'economia e del lavoro. A tal fine è
importante costituire una forte struttura di coordinamento politico
e operativo che permetta una razionalizzazione degli interventi.
In materia di mercato di lavoro importante è
il tema del decentramento e l'apertura ai privati dei servizi
per l'impiego. La delega, contenuta nella Legge Bassanini già
approvata dal Parlamento, non deve solo realizzare con le Regioni
e con le parti sociali una traslazione delle attuali funzioni
di collocamento dal centro alla periferia, ma deve rinnovare radicalmente
la qualità dei servizi, avvicinandoli ai cittadini utenti;
dovranno svolgersi funzioni attive, in stretta relazione con la
formazione professionale, di orientamento, consulting, promozione
dell'impiego, ottimizzazione dell'incontro fra domanda e offerta
di lavoro. Anche il Ministero del Lavoro andrà di conseguenza
riorganizzato e snellito, dovendo mantenere, oltre alla funzione
ispettiva, compiti di indirizzo, di controllo e di definizione
degli standard.
Due punti critici che andranno approfonditi sono
le funzioni che restano in capo al Ministero nel rapporto col
Fondo sociale europeo e quelle riguardanti il controllo e la distribuzione
degli ammortizzatori sociali.
INCENTIVI E AMMORTIZZATORI SOCIALI
Nell'area del mercato del lavoro rientrano anche
le normative sugli incentivi all'occupazione e sugli ammortizzatori
sociali.
Si tratta di due aspetti della politica del lavoro
che dovrebbero funzionare in modo complementare per sostenere
la creazione dell'impiego da una parte e per accompagnare politiche
di riconversione produttiva e occupazionale, dall'altra.
A proposito degli incentivi, si tratta di selezionarli
per massimizzarne l'efficacia ed evitare sovrapposizioni; occorre
inoltre semplificarne l'accesso. Obiettivo ideale è di
avere uno "sportello unico" in cui si possa avere una
visione completa di tutti gli strumenti incentivanti sia le assunzioni
sia la costituzione di impresa e l'avvio di lavoro autonomo (per
questo la delega va attuata in stretto rapporto con il Ministro
Bersani). D'altra parte la semplificazione e selezione degli incentivi
dovrebbero essere parallele alla razionalizzazione degli enti
che si occupano di promozione di lavoro e di imprese. L'opera
di modernizzazione del mercato del lavoro così perseguita
va completata sistemando la normativa esistente, stratificatasi
in modo dispersivo, con un testo unico.
Quanto agli ammortizzatori sociali, un punto fermo
è che gli interventi di sostegno economico, quale che sia
la loro estensione, vanno connessi con interventi orientati all'inserimento
dei beneficiari nel mondo del lavoro. Da qui il necessario riordino
del sistema che permetta una razionalizzazione degli strumenti
per renderli più efficienti, flessibili ed equi, di ampliare
la platea dei soggetti interessati alla tutela e di adeguarla
alle dinamiche del mercato del lavoro, di potenziare gli strumenti
di politica attiva del lavoro anche in questo settore.
Alcuni princìpi ispiratori sono stati già
individuati, anche se necessitano di un approfondimento con le
parti sociali. In particolare va operata una distinzione tra le
forme di sostegno temporaneo alle ristrutturazioni aziendali (simili
quindi all'attuale cassa integrazione e al contratto di solidarietà),
che devono essere limitate nel tempo, e finanziate su base assicurativa.
Un secondo tipo di ammortizzatori dovrà fornire
sostegno a soggetti disoccupati, e sarà comprensivo delle
attuali forme di indennità straordinaria e speciale di
disoccupazione, cassa integrazione speciale e indennità
di mobilità. Viceversa dovrebbe scomparire l'istituto del
prepensionamento, valorizzando semmai forme di lavoro a metà
tempo congiunto con la pensione per i lavoratori anziani. Il terzo
livello riguarda aiuti per i lavoratori che non hanno trovato
occupazione nel periodo di vigenza del trattamento di disoccupazione.
Per questi ultimi, oltre al ricorso al part-time, è previsto
un sussidio assistenziale di durata differenziata in base all'età
anagrafica, condizionato alla verifica dei mezzi.
Un secondo grande capitolo riguarda la riforma del
sistema previdenziale. Durante le numerose riunioni con le parti
sociali che si sono succedute in questo periodo, sono stati fatti
notevoli passi avanti riguardo la separazione tra assistenza e
previdenza. Pur non determinando un risparmio di spesa, tale separazione
permette di fare chiarezza nel bilancio dell'INPS (che si trovava
gravato da voci prettamente assistenziali) e valutare senza distorsioni
l'andamento reale della spesa previdenziale. In queste settimane
si è scatenato molto allarmismo su questo punto: vorrei
approfittare di questa occasione per ribadire una verità
scritta in modo chiaro nel Dpef. Nessuno ha intenzione di tagliare
le pensioni degli italiani; quello che è necessario fare,
è contenere la crescita futura entro il prodotto interno
lordo. Oggi questa spesa lievita del 3,5 per cento mentre il PIL
cresce del 2,1. Questo non possiamo più permettercelo.
Un terzo capitolo da affrontare riguarda l'assetto
dei rapporti collettivi di lavoro. Si tratta anzitutto di rivisitare
l'accordo del 23 luglio 1993, seguendo lo stesso metodo da cui
esso deriva, cioè la concertazione triangolare. Sono da
rivedere in particolare i rapporti tra i due livelli contrattuali,
specializzandone le funzioni, ma mantenendo la validità
di entrambi.
La questione istituzionale più complessa riguarda
la rappresentanza-rappresentatività sindacale: tema finora
accantonato anche per le diverse opinioni esistenti. Il rilievo
costituzionale del sindacato appare ormai fuori discussione e
quindi è opportuno che anche a livello istituzionale venga
posta la questione, ad esempio considerando il rapporto tra politiche
dei redditi e concertazione sociale. Da ciò si può
trarre spunto per una ridefinizione generale del ruolo del sindacato
anche nel sistema dei rapporti collettivi di lavoro.
Una volta incamminati su questa strada, risulta conseguente
regolare gli effetti della contrattazione collettiva, prevedendo
la possibilità di qualche forma di efficacia generale del
contratto riprendendo e modificando i disegni di legge fin qui
elaborati. La normativa dei rapporti collettivi potrebbe essere
infine integrata riprendendo in considerazione il tema della partecipazione
del sindacato (o della cosiddetta democrazia economica). Non
si tratta tanto di prevedere forme di presenza istituzionale dei
rappresentanti sindacali negli organismi di gestione o di vigilanza
nell'impresa, seguendo ipotesi che anche a livello europeo stentano
a procedere. Probabilmente queste forme di partecipazione possono
rimanere affidate alle sperimentazioni contrattuali, sostenute
da una normativa comunitaria che delinei il quadro.
Può essere interessante in questo momento
riprendere in considerazione il ruolo dell'azionariato dei dipendenti
anche in relazione ai processi di privatizzazione, come è
stato fatto in altri Paesi europei. Si tratta di favorire non
tanto l'azionariato individuale, ma di prevederne e sostenerne
un uso collettivo: anche per questa via si permetterebbe una presenza
dei lavoratori negli organismi aziendali. Un rafforzamento del
modello partecipativo accompagnerebbe e favorirebbe la diffusione
nella contrattazione aziendale di forme retributive flessibili
legate a produttività e redditività aziendale. Una
contrattazione decentrata con tali contenuti economici "partecipativi"
va incoraggiata; essa si inserirebbe bene all'interno di un sistema
contrattuale dove il contratto nazionale manterrebbe soprattutto
la funzione di contratto di minima (sostitutivo di quello che
in altri Paesi è la legislazione sui minimi retributivi
al momento non matura nel nostro Paese).
LAVORO AUTONOMO E SUBORDINATO
L'ultimo capitolo che è necessario affrontare
riguarda l'assetto dei rapporti individuali di lavoro, in particolare
ridefinendo i confini tra lavoro autonomo e lavoro subordinato,
chiarendone la demarcazione, ed eventualmente valorizzando forme
"intermedie" sul tipo del lavoro para-subordinato, coordinato-continuativo
o della collaborazione. Questa ridefinizione potrebbe giovarsi
di regole standard predisposte dalle parti - ed eventualmente
avallate in sede amministrativa - capaci di ridurre le incertezze
qualificatorie, così da valorizzare con certe garanzie
la volontà delle parti.
In tale opera di ridefinizione rientra anche la previsione
di una normativa organica del rapporto del socio di cooperative
di lavoro per cui si sono avuti interventi sporadici. La tendenza
all'assimilazione crescente del socio di cooperativa al lavoro
subordinato andrebbe integrata con normative che ne chiarissero
la specificità che potrebbe emergere specialmente in certi
istituti dove l'integrazione tra rapporto cooperativo e rapporto
di lavoro è particolarmente significativa, come ad esempio
gli stessi ammortizzatori sociali.
Nella revisione della normativa sul rapporto individuale
di lavoro, è da discutere se sia prospettabile anche una
modifica della disciplina dei licenziamenti individuali, in particolare
per introdurre forme di arbitrato nella composizione delle relative
controversie, soprattutto per le piccole imprese.
A conclusione di quest'opera di razionalizzazione
della normativa sul lavoro andrebbe infine prevista la redazione
di testi unici con valore non solo compilatorio, ma di semplificazione.
Questo vasto programma - in gran parte già operativo, in
altri casi utile ad avviare un dibattito - rappresenta una grande
scommessa per rendere più efficiente e flessibile il mercato
del lavoro italiano e prepararlo, in una prospettiva di modernità
e di innovazione, alla sfida che avrà di fronte l'Italia
nei prossimi decenni.
 
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