Impresa & Stato n°41
ESSERE RETE NEL SISTEMA CAMERALE
Mettere in rete la giustizia con l'arbitrato
Confindustria-Unioncamere: avvicinare un servizio
alle imprese e alle loro esigenze, un'occasione per verificare
la capacità delle amministrazioni di disporsi secondo nuovi
schemi
di
RINALDO SALI
L'
offerta dei servizi istituzionali, quel settore
ancora oggi in forte espansione che chiamiamo "servizi alle
imprese", ha conosciuto un'impennata quasi sospetta nell'utilizzo
del concetto di rete.
Siamo stati colpiti, infatti, da un'ondata di servizi
a rete, di nuove funzionalità a rete, di redistribuzione
a rete di poteri spesso riformulati unicamente per rimanere uguali
a se stessi.
Per verificare che tutto ciò sia effettivo,
perché, cioè, si sappia di avere a che fare con
un reale sistema a rete e che non si tratti più semplicemente
di un servizio ben diversificato e dislocato occorre la presenza
di determinati requisiti. Ad esempio, da un punto di vista teorico,
Giampiero Bordino li indica, in questo stesso numero di Impresa
& Stato, nei termini di "punti", "connessioni"
e "flussi".
Del resto, l'offerta di un medesimo servizio su più
punti del territorio, collegati fra loro e senza un "centro"
che rielabori e renda comuni metodi e procedure dei diversi sportelli,
non basta di per sé a configurare una amministrazione a
rete, poiché, in un sistema gerarchico, il taglio della
testa non è sempre l'unica e sufficiente condizione per
garantire l'automatica diffusione a rete delle funzioni precedentemente
accentrate.
La potatura mal fatta comporta la necrosi della pianta,
non la circolazione automatica di nuova linfa e spesso nelle decapitazioni
obbligate si annidano estemporanee ambiguità politiche
piuttosto che fondate ragioni funzionali.
Sugli elementi specifici che compongono il servizio
che qui analizziamo (un sistema di giustizia arbitrale e conciliativa
offerto da un gruppo di istituzioni) torneremo più avanti:
ciò che ora ci interessa sottolineare è come la
situazione della giustizia alternativa o, meglio, il bisogno di
giustizia alternativa delle imprese fosse (e sia ancora) favorevolmente
predisposto a un tipo di intervento a rete, privo di gerarchie
e di centri, che privilegi lo scambio di informazioni e l'omogeneità
di metodi e procedure.
LA GIUSTIZIA ALTERNATIVA IN ITALIA
A differenza di altri Paesi, soprattutto di quelli
anglosassoni dove la giustizia alternativa è da sempre
molto sviluppata e radicata per tutti i livelli economici, nell'Italia
degli ultimi cinquant'anni non si è mai verificato un capillare
radicamento dei sistemi alternativi di risoluzione delle liti.
Questo, occorre sottolinearlo, nonostante la situazione di perenne
crisi della giustizia ordinaria e di quella civile in particolare.
E, come verifica, basta accennare all'ultima storia,
fortemente indicativa, dei due strumenti alternativi principali,
la conciliazione e l'arbitrato.
La conciliazione in Italia non si è mai sviluppata
in forme autonome rispetto alla giustizia ordinaria. E anche le
forme conciliative giudiziali previste di volta in volta dal legislatore
non hanno avuto molto successo.
La ragione di questa generalizzata diffidenza ha
motivazioni di tipo culturale: il cittadino italiano ha sempre
avuto un approccio "assolutista" al concetto e, cosa
più grave, alla prassi della giustizia nel nostro Paese.
Il momento della lite è caratterizzato esclusivamente dal
rapporto di forza che si instaura e dalla volontà di vedere
riconosciute sempre e comunque le proprie ragioni. A tale concezione
si accompagna solitamente un atteggiamento procedurale di "muro
contro muro" che non ha mai favorito lo sviluppo di tecniche
conciliative e transattive tipiche, come si è detto, dei
Paesi anglosassoni.
Si intravede solo in questi ultimi anni un mutato
atteggiamento attraverso cui i cittadini e le imprese possono
vedere la giustizia come momento di collaborazione e di riequilibrio
dei rapporti. é significativo, del resto, che in un Paese
conosciuto come il Paese dell'aggiustamento e del "tutto
si sistema" non si sia mai diffusa una vera cultura della
conciliazione: il passaggio che sembra breve è, in realtà,
difficile perché prevede un approccio, appunto, culturale,
caratterizzato dal saper rinunciare a qualcosa del proprio pur
di ristabilire l'ordine delle cose.
L'altro strumento alternativo, l'arbitrato, si è
sviluppato in Italia in una fascia medio-alta di rapporti economici
e commerciali, che mostrano, tipicamente, una superiore capacità
di autoregolazione, ma, soprattutto negli ultimi anni, ha dato
prova di adattabilità a situazioni e a soggetti di differente
natura.
Inoltre, in Italia, l'arbitrato, è nella maggior
parte dei casi un arbitrato cosiddetto ad hoc, ossia un arbitrato
non amministrato né controllato da alcuna istituzione.
L'intervento della Camere Arbitrali esistenti presso le Camere
di Commercio è ancora residuale, col risultato che da noi
l'arbitrato è ancora oggi una procedura di risoluzione
delle liti che si svolge, perlopiù, nel chiuso delle stanze
degli studi legali senza l'intervento di alcuna istituzione pubblica
o amministrativa che ne controlli forme, procedure, costi o oneri
fiscali.
Pertanto, una medio-grande impresa che abbia un contenzioso
commerciale si trova, potenzialmente, davanti a queste alternative:
a) rivolgersi al giudice ordinario, con la prospettiva
di vedere risolta la controversia in primo grado dopo circa 3-5
anni. L'impresa non dovrà naturalmente pagare il giudice
ordinario ma pagherà il "costo" di una decisione
ritardata;
b) esperire un cosiddetto arbitrato ad hoc e costituire
un collegio di tre arbitri che forniranno la decisione in un tempo
sicuramente più ragionevole del tribunale ma che, a differenza
dei giudici ordinari, dovranno essere pagati secondo parametri
non univoci né sempre facilmente controllabili. I costi
"immediati" dell'impresa saranno in questo caso certamente
superiori a quelli di un giudizio ordinario ma il risparmio di
tempo sarà "contabilizzato" positivamente dall'impresa;
c) rivolgersi a una istituzione arbitrale (una camera
arbitrale) che amministri un arbitrato controllando l'operato
degli arbitri e prefissando gli onorari degli stessi. In tal modo
l'impresa dovrà pagare gli arbitri come nell'ipotesi di
arbitrato non amministrato, ma avrà la garanzia di costi
controllati, certi e, solitamente, inferiori a quelli di un arbitrato
ad hoc.
Da tali alternative è evidente che il rapporto
tempo-costo gioca a favore dell'arbitrato e in particolare dell'arbitrato
amministrato da un'istituzione che sia in grado di dare garanzie
di qualità degli arbitri, di correttezza delle procedure
e di controllo dei costi.
Qual è allora il motivo della sua mancata
diffusione?
Il motivo, che si coniuga a quello culturale che
accennavo prima, è che l'offerta di questi servizi da parte
delle Camere di Commercio non si è ancora presentata come
integrata. Le Camere Arbitrali sono costituite in quasi tutte
le Camere di Commercio e, in molti casi, operano gestendo casi
e procedure arbitrali.
Il salto di qualità (e di quantità)
è però l'offerta di servizi integrati, cioè
di un "sistema" in cui le imprese e i cittadini sappiano
riconoscere con facilità la presenza istituzionale. In
quest'ottica, un sistema di giustizia alternativo di questo tipo
contribuirà non solo a deflazionare la giustizia ordinaria
ma anche a de-statualizzare la funzione giurisdizionale (almeno
nei settori ove ciò sia permesso).
CONFINDUSTRIA E UNIONCAMERE
Il sistema di arbitrato e conciliazione Unioncamere-Confindustria,
che ha avuto anche l'adesione della Camera Arbitrale di Milano
e dell'Associazione Italiana dell'Arbitrato di Roma (AIA), è
operativo dall'inizio del '96 e rientra fra quegli interventi
che intendono assicurare un nuovo servizio di giustizia, in particolare,
alle imprese industriali, secondo una logica a rete, di radicamento
nelle diverse realtà imprenditoriali e di collaborazione
e interazione fra i vari centri istituzionali a cui è affidata
l'erogazione del servizio. Gli elementi che connotano il servizio
sono, in particolare:
- le istituzioni di raccordo del sistema arbitrale:
Confindustria e Unioncamere. La prima, in particolare, funge da
collettore delle istanze che arrivano dalle imprese e che vengono
"trasformate" in procedure e poi risolte dalle Camere
Arbitrali partecipanti al progetto. Unioncamere rappresenta il
punto di raccordo e di omogeneizzazione per le singole Camere
Arbitrali, che vi faranno riferimento, ad esempio, per le interpretazioni
autentiche del regolamento che stabilisce la procedura di arbitrato
da applicare ai casi in gestione;
- tutti i centri arbitrali indicati dalla convenzione
Unioncamere-Confindustria cioè le istituzioni che offrono
direttamente il servizio. In particolare fungono da nodi del sistema
le Camere Arbitrali di Bologna, Firenze, Genova, Napoli, Torino
- attraverso la Camera Arbitrale del Piemonte - Trieste, Vicenza,
Milano. Ognuno di questi centri ha una funzionalità autonoma,
ma tutti collaborano a una erogazione omogenea del servizio arbitrale
specifico;
- elemento fondamentale, in ogni caso, alla riuscita
del servizio è lo scambio di informazioni (in ultima analisi,
la collaborazione), che avviene tra un centro arbitrale e l'altro
del sistema. Tale scambio è ovviamente finalizzato ad armonizzare
le procedure e a fornire un servizio omogeneo a tutte le imprese
industriali, senza che subiscano differenze nell'attivare il servizio
presso una Camera Arbitrale piuttosto che un'altra.
Dal punto di vista più strettamente applicativo
le caratteristiche del Regolamento che disciplina il servizio
arbitrale Unioncamere-Confindustria riguardano i suoi ambiti,
le regole di procedura e i costi.
Un primo ambito entro cui il servizio opera è
di tipo soggettivo: almeno una delle due parti deve essere associata
alla Confindustria o alle sue associazioni territoriali.
Il secondo ambito, di tipo oggettivo, riguarda il
livello economico della lite, che non deve superare i 300 milioni.
In tal modo si attua un tentativo di popolarizzazione dell'arbitrato
e di una sua maggior diffusione anche per le liti di non elevato
valore economico.
Ma tecnicamente le novità più importanti
riguardano proprio le regole di procedura, improntate alla massima
semplificazione e alla facilità d'accesso per le imprese.
La garanzia finale data dalle Camere Arbitrali sarà una
procedura difficilmente attaccabile dal lato formale (l'ideale
sarebbe non avere alcun lodo, cioè alcuna sentenza arbitrale,
impugnata presso le varie corti d'appello) e standard di qualità
elevati sia sotto il profilo dei tempi sia sotto il profilo dei
costi: anche nel caso dell'arbitrato Unioncamere-Confindustria
come nel caso, in genere, dell'arbitrato amministrato, le tariffe
sono prefissate e le imprese sanno in precedenza quanto andranno
a pagare al termine del processo, poiché i costi saranno
rapportabili al valore dichiarato della controversia.
Da ultimo, quanto alla procedura, è importante
sottolineare che l'arbitrato è comunque preceduto da una
obbligatoria fase preliminare conciliativa, a testimonianza di
un iter il più elastico possibile che lascia spazio a tutte
le modalità di soluzione delle controversie.
Il servizio è prima di tutto un effettivo
tentativo di avvicinare l'istituto dell'arbitrato (e della conciliazione)
alle imprese e alle loro esigenze. Nello stesso tempo offre l'occasione
per verificare la capacità delle istituzioni amministrative
coinvolte di svolgere nuove funzioni a rete, prive di centri e
di controlli rigidi, ma ricche di nuove logiche caratterizzate
dall'autoresponsabilizzazione.
 
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