Impresa & Stato n°40
LA COMPOSIZIONE DELLE CONTROVERSIE
La Camera Arbitrale di Milano
Una risposta alla domanda
di giustizia civile delle imprese:
le tappe e i dati
di un'attività
ormai consolidata
di
BARBARA SERVENTI
La Camera Arbitrale
di Milano nasce nel 1987 come risposta alla pressante esigenza del mondo
imprenditoriale di ottenere giustizia in modo rapido ed efficace. L'apparato
giudiziario del nostro Paese versa infatti in uno stato di crisi ormai
cronica. Le conseguenze di questa drammatica situazione incidono non solo
sugli interessi dei singoli cittadini, bensì si ripercuotono sull'intero
sistema economico produttivo. Ne risulta infatti danneggiata sia l'impresa,
che non riesce in tempi brevi ad ottenere una risposta certa in merito
alle proprie posizioni contrattuali, sia il consumatore che viene disincentivato
ad intraprendere azioni legali a tutela dei propri diritti tutte le volte
in cui è indotto a ritenere che i costi potrebbero essere superiori
ai benefici.
Si comprende allora il crescente interesse nei confronti di forme alternative
di giustizia ed in particolare verso l'arbitrato, che viene però
visto inizialmente come uno strumento adatto alla risoluzione di controversie
di alto valore valore economico. La Camera Arbitrale di Milano muove i
suoi primi passi in un contesto caratterizzato da questa tendenza "elitaria":
l'arbitrato è considerato uno strumento di giustizia per "ricchi",
gestito direttamente da professionisti e destinato a risolvere le complesse
liti, per lo più tra grandi imprese. Primo obiettivo è quindi
quello di vincere la generale diffidenza non solo nei confronti dell'arbitrato,
ma più specificatamente verso l'arbitrato amministrato dalle Camere
di Commercio.
L'attività inizia così con la gestione di pochi arbitrati
di valore economico molto elevato. Tale approccio prevedeva, però,
la prospettiva di un graduale allargamento dell'arbitrato alla fascia delle
liti minori e di un'accreditamento dell'immagine istituzionale anche a
livello internazionale. Sulla base dell'esperienza si è compreso
che, al fine di consentire lo sviluppo della pratica arbitrale anche tra
le piccole e medie imprese, è necessario garantire una procedura
semplice e rapida con un conseguente contenimento dei costi.
Questo è lo scopo perseguito, ad esempio, dal Regolamento Semplificato
di Conciliazione ed Arbitrato, presentato a Roma il 12 dicembre 1996, in
attuazione del Protocollo di Intesa sottoscritto il 25 ottobre 1995 da
Unioncamere, Confindustria, A.I.A. -Associazione Italiana per l'Arbitrato-
e Camera Arbitrale di Milano.
Si affianca così all'arbitrato tradizionale, da anni già
disponibile presso le 65 Camere Arbitrali presenti sul territorio nazionale,
uno specifico servizio conciliativo e arbitrale, offerto in modo uniforme
da alcune di esse, tra cui appunto la Camera Arbitrale di Milano.
Il Regolamento Semplificato si presenta come un sistema di regole studiate
specificatamente per il tipo di contenzioso di medio-basso valore economico,
senza possibilità per le parti di apportare modifiche o deroghe
alle clausole in esso contenute.
La Camera Arbitrale chiamata a gestire i relativi procedimenti, pur
mantenendo standards qualitativi elevati, è quindi ora in grado
di proporre anche alle piccole-medie imprese un servizio a condizioni uniformi,
rapido e di conseguenza meno costoso di quello tradizionale.
Due sono le condizioni di procedibilità necessarie per l'applicazione
del suddetto Regolamento: le parti, di cui almeno una associata a Confindustria
devono farne espressa menzione nel contratto (clausola compromissoria)
o in un accordo successivo (compromesso) ed il valore economico della lite
non deve superare i trecento milioni.
Per la prima volta in Italia è stato studiato un sistema che
abbina la conciliazione all'arbitrato, mediante una procedura definita.
Il Regolamento Semplificato prevede dunque due fasi: una, obbligatoria,
conciliativa e l'altra, solo eventuale, arbitrale. Le parti, richiamando
il Regolamento, devono tentare prima una conciliazione e poi, se necessario,
possono ricorrere all'arbitrato. Molto spesso infatti, soprattutto per
le piccole controversie, l'esperienza ha dimostrato che le parti riescono
a trovare un accordo già nel momento in cui viene esperito il tentativo
di conciliazione, con un notevole vantaggio di tempi e costi. Un altro
sforzo che la Camera Arbitrale di Milano ha compiuto, al fine di incentivare
l'utilizzo dell'arbitrato anche per le controversie di piccolo valore economico,
è stato quello di estendere l'arbitrato alle controversie in materia
assicurativa. Anche in questo campo le vertenze sempre più numerose
e spesso complicate durano anni con una inevitabile perdita di tempo, risorse
e denaro e contribuiscono a determinare la congestione dell'apparato giurisdizionale
ordinario.
E' quindi nata l'iniziativa di un'importante impresa assicuratrice,
l'Unipol di Bologna, in collaborazione con la Camera Arbitrale di Milano
e la Camera Arbitrale di Pescara. L'Unipol offre ai soggetti danneggiati
dai propri assicurati una rapida soluzione del contenzioso relativo alla
quantificazione del danno materiale o da lesioni (che non può essere
superiore ai 100 milioni), mediante il ricorso alla procedura arbitrale.
In realtà, nell'ambito dell'assicurazione della responsabilità
civile auto, non è ipotizzabile una clausola compromissoria; non
esiste tra danneggiato e assicuratore alcun rapporto contrattuale. Tuttavia
la procedura arbitrale può essere utilizzata per comporre determinate
controversie nel campo dei sinistri automobilistici, rimanendo nell'ambito
dei diritti disponibili. Le parti possono, infatti, sottoscrivere un atto
(compromesso arbitrale) e deferire la risoluzione della lite tra loro insorta
ad un arbitro unico nominato dalla Camera Arbitrale adita, il quale dovrà
rendere il lodo (irrituale) entro sessanta giorni dall'accettazione dell'incarico.
L'intento della Camera Arbitrale di estendere l'utilizzo dell'arbitrato
anche al contenzioso medio basso ed a nuovi settori è stato comunque
favorito dall'aggravarsi della crisi della giustizia civile ordinaria e
da un mutato atteggiamento culturale nei confronti della giustizia alternativa.
L'arbitrato ha infatti dato prova di adattabilità a situazioni e
soggetti di differente natura: rimane la modalità di soluzione preferibile
per le grandi liti nazionali e internazionali, ma rivela la propria idoneità
a definire anche le controversie della media e piccola impresa o quelle
tra imprenditori e consumatori.
I primi segnali di questo cambiamento culturale sono da ravvisarsi
nella legge del 5 gennaio 1994 n. 25 e nella legge del 29 dicembre 1993
n. 580. Il primo provvedimento, adeguando l'ordinamento italiano a quello
degli altri paesi europei, ha notevolmente innovato la disciplina dell'istituto,
improntandolo alla massima garanzia della volontà e dell'autonomia
delle parti ed alla tutela della decisione arbitrale. In tal modo l'ordinamento
ha attribuito all'arbitrato un effettivo riconoscimento, superando la storica
avversione per questo strumento di composizione delle controversie, in
quanto derogatorio del monopolio statale dell'amministrazione della giustizia.
La legge n. 580 del 1993 ha attribuito alle stesse Camere di Commercio
la funzione di "...promuovere la costituzione di apposite commissioni conciliative
e arbitrali per la risoluzione delle controversie commerciali tra imprese
e tra imprese e consumatori e utenti". Lo stesso legislatore quindi, confermandone
l'idoneità, ha indirizzato lo sviluppo dell'arbitrato anche verso
la microconflittualità.
Queste le tappe più significative del percorso intrapreso dalla
Camera Arbitrale di Milano. L'istituzione ha consolidato negli anni il
suo obiettivo: offrire alle parti un servizio adeguato ed attento, qualitativamente
di rilievo sia per gli arbitrati di elevato valore economico sia per quelli
medio piccoli, con costi e tempi contenuti.
Un'occhiata ai dati statistici è utile per meglio comprendere
gli sforzi compiuti in questo senso dalla Camera Arbitrale. Il primo dato
significativo che si evince da questa analisi è legato infatti al
valore economico delle controversie ed ai soggetti coinvolti. Non solo
si è assistito, negli ultimi anni, ad una graduale ma costante diminuzione
del valore economico delle liti, ma si è altresì osservato
come l'utilizzo dell'arbitrato non sia più appannaggio esclusivo
delle società di capitali. Sono sempre più numerose le persone
fisiche che deferiscono ad arbitri la risoluzione delle proprie controversie.
Tale risultato è il frutto del costante impegno della stessa
Camera Arbitrale che, con l'entrata in vigore dei nuovi regolamenti arbitrali
(1¡ maggio 1996) e delle nuove tariffe, ha ridotto notevolmente i
costi del servizio arbitrale per le controversie di piccolo valore economico.
Infatti ciascuna parte dovrà sostenere, per esempio, una spesa
di non oltre £. 350.000, per le liti il cui valore non superi i 20
milioni. Inoltre i nuovi regolamenti riconoscono agli arbitri la possibilità
di decidere la controversia sulla base dell'esame dei soli documenti, con
un evidente risparmio di tempi e di costi.
Proprio con riferimento alla tempistica, la durata media di un arbitrato
si è ormai assestata, negli ultimi tre anni, intorno ai dieci mesi.
In rapporto diretto con questi dati, si pone quello relativo alla nuova
tipologia delle controversie. I grandi contratti di appalto ed i complessi
contratti finanziari continuano ad essere frequente oggetto di arbitrato,
ma sempre più numerose sono le controversie che vedono coinvolte
altre tipologie di contratti, quali i contratti di locazione, di fornitura,
di agenzia e di assicurazione.
Un altro dato significativo è rappresentato dalla provenienza
geografica delle parti. Fin dalla sua nascita la Camera Arbitrale di Milano
si è adoperata al fine di accreditare la propria immagine anche
a livello internazionale. Negli ultimi anni si è assistito ad un
modesto ma graduale aumento del numero di arbitrati che vedono coinvolte
parti spagnole, francesi, tedesche ed, in un caso, anche una parte australiana.
LA CULTURA ARBITRALE
Un ultimo accenno va all'impegno della Camera Arbitrale di Milano nella
diffusione della cultura arbitrale anche tra cittadini, professionisti
e piccoli-medi imprenditori non milanesi. Le convenzioni che la Camera
Arbitrale di Milano ha siglato con le CdC di Lodi e Lecco rappresentano
il frutto di questo impegno. Per queste neonate Camere di Commercio gestire
il servizio arbitrale autonomamente avrebbe rappresentato un investimento
di uomini e di mezzi assolutamente sproporzionato rispetto alle esigenze
ed alle caratteristiche dell'economia locale. Ecco perché Lodi e
Lecco hanno deciso di "servirsi" dell'esperienza e delle procedure già
collaudate dall'Azienda milanese, adeguandosi così alle prescrizioni
della già citata legge di riordino delle Camere di Commercio.
Le CdC di Lodi e Lecco, aderendo a queste convenzioni, hanno infatti
adottato i regolamenti della Camera Arbitrale di Milano. Regolamenti che,
grazie alla loro flessibilità, ben si adattano alle specifiche esigenze
del mercato territoriale, garantendo comunque un giudizio rapido, efficace
e competente.
Lodi e Lecco si sono già attivate al fine di organizzare sul
territorio piccole "succursali" della Camera Arbitrale di Milano, dove
personale istruito direttamente dalla stessa istituzione milanese sarà
in grado di fornire assistenza ed informazioni in materia arbitrale, oltreché
il supporto logistico ed operativo per consentire lo svolgimento in loco
di tutta l'attività processuale.
Dal quadro complessivo emerge il contributo fornito dalla Camera Arbitrale
di Milano per il superamento dei pregiudizi verso forme di giustizia alternativa
a quella amministrata nei tribunali dello Stato. Contributo che non può
comunque prescindere da un poderoso e tempestivo intervento legislativo,
al fine di guarire davvero i mali che affliggono la giustizia nel nostro
paese. n
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