Impresa & Stato n°40
LA COMPOSIZIONE DELLE CONTROVERSIE
Lo sportello di conciliazione di Milano
Un progetto pilota
della Camera Arbitrale
per comporre
le piccole liti:
alcuni dati.
di
GIORGIA BENATI
Prima e necessaria
distinzione è quella tra conciliazione giudiziale e conciliazione
stragiudiziale: la prima è affidata ai giudici di pace entro i limiti
della loro competenza, e più in generale al giudice istruttore in
prima udienza o durante la trattazione della causa. Questo procedimento
conduce le parti ad un accordo, verbale di conciliazione, che ha valore
di titolo esecutivo. La conciliazione stragiudiziale viene invece esperita
dai giudici di pace fuori dai limiti della loro competenza, dagli enti
camerali e, in generale, da enti diversi, pubblici o privati, che possono
costituire al loro interno strutture conciliative (vedi, per tutti, il
caso Telecom). Quest'ultima conduce ad un accordo che ha valore contrattuale
tra le parti, privo di efficacia esecutiva.
Il procedimento di conciliazione stragiudiziale, quello di cui ci occuperemo
in questo articolo, può essere definito come il tentativo volontario
di composizione amichevole di una lite. Si tratta infatti di un tentativo,
poiché non sempre si raggiunge un accordo; di procedimento volontario,
poiché le parti possono scegliere di utilizzare questo strumento,
ma non sono obbligate a farlo; di composizione della lite poiché
non si giunge ad una risoluzione della controversia ma alla sua estinzione;
di tentativo amichevole poiché si svolge fuori dal procedimento
giudiziario e poiché le parti, pur litigando, possono trovare un
accordo che consenta loro la continuazione dei rapporti economici.
L'istituto non ha riscosso fino ad oggi grandi successi in Italia e
solo ultimamente si è assistito ad una riscoperta della conciliazione
e ad un suo utilizzo (almeno per i contenziosi di valore medio basso) grazie
alla riforma del processo civile e all'istituzione dei giudici di pace.
Non sono però molte altre le novità in materia conciliativa.
Infatti, se si esclude la legge n¡ 580 di riordino delle Camera di
Commercio, il legislatore non ha introdotto ancora riforme sostanziali
dell'istituto che resta purtroppo per molti versi ancora poco efficace
e, forse per questo, poco utilizzato.
LA CAMERA ARBITRALE DI MILANO
A seguito della citata legge n¡ 580 che all'art. 2, comma IV,
punto a, recita che "le Camere di Commercio possono promuovere la costituzione
di commissioni arbitrali e conciliative per la risoluzione delle controversie
tra imprese e tra imprese e consumatori ed utenti" è stato istituito
a Milano, dal gennaio scorso, uno Sportello di conciliazione. Come si evince
dal testo di legge, il legislatore ha lasciato le Camere di Commercio libere
di costituire, a seconda delle rispettive esigenze e delle specificità
territoriali, le commissioni conciliative evitando di imporre loro una
procedura conciliativa standardizzata. Le singole Camere possono quindi
operare scelte differenti sia per quanto concerne gli ambiti conciliabili
(un unico settore o più), sia per la creazione delle commissioni
(conciliatore unico o collegio), sia per il coinvolgimento delle associazioni
di categoria dei settori in cui si opera. La Camera Arbitrale Nazionale
e Internazionale di Milano, ha attivato la struttura conciliativa sperimentando
un progetto con caratteristiche definite. Infatti, lo Sportello opera solo
per alcuni settori economici (al momento artigianato e industria edile,
estendendo entro l'estate anche ai contenziosi nel settore turistico e
commerciale), si attiva a seguito della richiesta di una parte (e non necessariamente
su istanza congiunta) ed utilizza una commissione conciliativa composta
da tre soggetti (e non il conciliatore unico).
Lo Sportello di Milano non opera a 360¡ ma in settori predeterminati;
è competente per i contenziosi che rientrano in determinati limiti
di valore che variano a seconda delle caratteristiche del settore stesso
(per l'artigianato il valore del contenzioso deve essere compreso tra 500.000
lire e trenta milioni di lire, mentre nel turismo tra 500.000 lire e dieci
milioni di lire). La scelta di operare solo in alcuni settori economici
è stata effettuata da un lato con il preciso intento di agire gradualmente,
sperimentando il procedimento posto in essere in un ambito ristretto, dall'altro
perché il sistema avviato presuppone il coinvolgimento delle associazioni
di categoria del settore in cui si opera. Si è quindi scelto di
operare in un primo momento nei settori più bisognosi di forme alternative
di giustizia e rappresentati da associazioni di categoria sensibili e collaborative.
Strettamente legata a questo coinvolgimento è la scelta di operare
attraverso una commissione conciliativa composta da tre membri. Utilizzare
tre professionisti in luogo di un unico conciliatore comporta senza dubbio
un leggero aumento dei costi del servizio, ma, a nostro avviso, risulta
di grande utilità per il coinvolgimento delle parti. Infatti, due
dei tre conciliatori "rappresentano" le parti, e sono segnalati, dalle
associazioni di categoria contrapposte (associazioni di artigiani e di
consumatori per esempio). Questi durante le riunioni conciliative si fanno
portatori in una qualche misura degli interessi della categoria, offrendo
spesso un supporto tecnico importante ed evidenziando problemi altrimenti
sconosciuti. é importante sottolineare che questi due conciliatori,
pur rappresentando una determinata categoria, non sono "avvocati" delle
parti; il loro compito è quello di avvicinare a loro la parte che
"rappresentano" spiegandole quali sono i punti deboli della sua posizione,
inducendola, così, a smussare atteggiamenti troppo rigidi che impedirebbero
di trovare un accordo conciliativo. Il terzo conciliatore, solitamente
un ex giudice conciliatore, distante dagli interessi di parte e scelto
direttamente dalla Camera Arbitrale, ha il compito di guidare le parti,
proponendo soluzioni conciliative alla lite. Si tratta unicamente di proposte
perché l'accordo conciliativo viene raggiunto direttamente dalle
parti presenti alla discussione. La presenza delle parti durante l'udienza
è risultata di fondamentale importanza per definire il contenzioso:
innanzi tutto perché i litiganti ascoltano esperti della materia
oggetto del contendere ed esperti di diritto che mettono in luce i punti
deboli di ciascuna posizione, indicando alle stesse l'iter, i rischi, ed
i costi che la stessa causa presenterebbe in un giudizio ordinario. Inoltre,
potendo intervenire direttamente nella discussione, le parti si convincono,
nella maggior parte dei casi, della bontà della soluzione proposta
ed, essendo fisicamente presenti, possono eventualmente modificare elementi
dell'accordo ed esporre proprie personali esigenze. Come anticipato, lo
Sportello si attiva a seguito della domanda di una delle parti. Questo
significa che il tentativo di conciliazione viene effettuato sempre, e
non solo quando entrambe le parti sono d'accordo a priori di percorrere
la via conciliativa. In questo modo diventa fondamentale il ruolo dell'ente
camerale, che deve adoperarsi affinché la parte chiamata in causa
accetti di prendere parte alla riunione conciliativa. In questo senso è
quindi di enorme importanza il peso e l'accreditamento che la Camera di
Commercio ha nei confronti degli operatori economici e dei cittadini.
Per dare avvio alla conciliazione è sufficiente che l'utente
compili, presso la segreteria dello Sportello, la Domanda di Conciliazione
(in apposito modulo prestampato) allegando tutta la documentazione che
ritiene utile per risolvere la lite e, contestualmente, versi lire 30.000
(+IVA) a copertura delle spese di segreteria. Ricevuta la Domanda, lo Sportello
contatta immediatamente la controparte e, se questa spontaneamente non
esprime la propria posizione, ne sollecita la risposta. Nel caso in cui
quest'ultima accetti di prendere parte al tentativo di conciliazione, viene
fissata la riunione conciliativa e, a seconda della materia trattata, nominati
i conciliatori. Le parti versano per la prima riunione lire 90.000 (+IVA),
e 60.000 lire (+IVA) per le eventuali udienze successive fino ad un massimo
di tre riunioni per caso. Viceversa, se la parte non risponde (o rifiuta
di tentare la conciliazione) la procedura si arresta e le parti possono
decidere di attivare le vie legali ordinarie. In quest'ultimo caso, la
parte attrice avrà comunque dimostrato disponibilità e buona
fede per aver percorso la via conciliativa, comportamento che nell'eventuale
giudizio successivo potrà essere considerato positivamente. I tempi
medi, dal deposito della domanda di una parte alla conclusione del contenzioso
(con avvenuta o mancata conciliazione), variano da 40 giorni ad un massimo
di tre mesi per i casi in cui è necessario effettuare una perizia
tecnica.
QUALCHE CASO PRATICO
Per avere un'idea concreta delle conciliazioni trattate dallo Sportello
espongo sinteticamente alcuni casi, opportunamente anonimizzati, che mi
sembrano particolarmente significativi.
Il primo caso riguarda un mobile da soggiorno eseguito su misura per
una famiglia (che chiameremo Rossi) della provincia di Milano. La famiglia
Rossi commissiona un mobile ad una impresa artigiana, la quale preventiva,
per l'esecuzione dell'opera, la cifra di 30 milioni. I Rossi versano 10
milioni come primo acconto ma, a lavori iniziati, si verificano i primi
problemi. La qualità del legno non è quella promessa verbalmente
dal falegname ed anche l'esecuzione dell'opera lascia, a detta dei Rossi,
a desiderare. Il falegname, stanco delle continue interferenze, sospende
i lavori e la famiglia sospende il pagamento. I signori Rossi contattano
altri falegnami, ma tutti si rifiutano di finire il lavoro sostenendo che
gli errori compiuti non sono rimediabili. Si rivolgono allora allo Sportello
di Conciliazione per risolvere la "grana" ed evitare il percorso giudiziario
ordinario. Lo Sportello contatta il falegname, invitandolo a partecipare
al tentativo di conciliazione. Questo, nella speranza di terminare il lavoro
ed essere saldato, accetta. Viene convocata l'udienza di conciliazione
e nominati i tre conciliatori: uno segnalato da un'associazione di consumatori,
uno da un'associazione di artigiani (è stato scelto un conciliatore
falegname in grado di dare un supporto tecnico durante la discussione)
ed un conciliatore della Camera Arbitrale (si trattava di un avvocato ex
giudice conciliatore). Durante la discussione i conciliatori convengono
circa la necessità di far periziare il mobile, trovandosi le parti
su posizioni inconciliabili: i signori Rossi, infatti, sostengono che il
mobile sia irreparabile e rifiutano l'intervento del falegname (a meno
che non si pronunci in tal senso un esperto super partes). Le parti sottoscrivono
un verbale impegnandosi ad attenersi all'esito peritale e a pagare quanto
resta nel caso il mobile sia riparabile, o, viceversa, a restituire l'acconto
nel caso il mobile non lo sia. Viene quindi nominato un perito esperto
in mobili su misura che si pronuncia sulla effettiva scarsa qualità
del mobile, evidenziando difetti così gravi da rendere inutile un
qualsiasi intervento riparatore. Il falegname dovrà così
ritirare il mobile e restituire i 10 milioni avuti come anticipo.
Un altro caso riguarda la pavimentazione di un appartamento. Questa
volta è un artigiano, che chiameremo Bianchi, a rivolgersi allo
Sportello lamentando il mancato saldo (pari a lire 7.300.000) di un lavoro
di pavimentazione contestato dal cliente. Lo Sportello contatta quest'ultimo,
il quale ammette di non aver pagato per la scarsa qualità della
posa del pavimento, riconoscendo tuttavia di dover pagare almeno in parte
il lavoro svolto da Bianchi. In commissione conciliativa viene nominato,
tra gli altri, un artigiano esperto in pavimentazioni che, analizzato il
materiale fotografico prodotto dal consumatore, riconosce alcuni difetti
e imperfezioni del lavoro, comunque non tali da giustificare il mancato
saldo di un lavoro eseguito e senza dubbio non da rifare. Dopo ampia discussione,
l'accordo conciliativo viene raggiunto con il versamento, immediato, al
signor Bianchi di lire 5.000.000 da parte del consumatore.
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