Impresa & Stato n°40
UN NUOVO MODELLO AMMINISTRATIVO PER
LA GIUSTIZIA
Diversificare l'offerta dello Stato nel campo civile:
le nuove proposte per la composizione delle
controversie
di
RINALDO SALI
Se cerchiamo
di fare un passo oltre le solite considerazioni che tutti noi abbiamo espresso
sullo stato di perenne crisi della giustizia civile del nostro Paese, possiamo
dire che i fenomeni distorsivi di una società civile ed economica
come la nostra non nascono solo per l'incapacità dello Stato di
gestire ed organizzare un certo servizio, ma anche perchè la "concorrenza"
opera direttamente sul campo e mette a disposizione un servizio alternativo
che propone "condizioni", ossia tempi, costi e garanzie di efficacia migliori
di quelle offerte dallo Stato. Ne consegue che lo Stato, per porre rimedio
alla situazione "concorrenziale", deve produrre soluzioni ed interventi
alternativi: si trova, cioè, nella stessa posizione di un' azienda
a cui non basta produrre di più e meglio ma a cui è necessario
diversificare l'offerta.
Quello che viene indicato in questa sede è un esempio di diversificazione
dell'offerta dello Stato in materia di giustizia civile. Si tratta dell'intervento
e del modello amministrativo che il legislatore ha delineato in materia
paragiurisdizionale con la legge di riforma delle CdC.
Questo numero monografico di Impresa & Stato intende analizzare
proprio il rapporto tra la giustizia civile e il nuovo modello amministrativo
proposto, evidenziando in particolare come questo "modello", proprio perchè
tale, non si limiti a definire singoli servizi di aiuto concreto alla situazione
della giustizia ordinaria ma configuri un nuovo sistema di rapporti tra
i soggetti (amministrazione, imprese, consumatori, professionisti) che
li veda partecipi e autoresponsabilizzati alla costruzione di regole nuove.
Il groviglio di tutte queste materie, la giustizia alternativa, la
funzione di regolazione del mercato, lo stesso nuovo modello di ente camerale
ci lascia intendere che siamo davvero in un territorio nuovo, in una zona
di confine, per certi versi inesplorata, dei rapporti tra Stato e società
civile.
La giustizia alternativa (l'insieme di strumenti stragiudiziali che
permettono di arrivare alla risoluzione delle liti commerciali senza l'intervento
del giudice ordinario), ad esempio, è l'esplicazione privatistica
di una funzione tipicamente statuale come quella giurisdizionale e in quanto
tale - cioè come "linea d'ombra" tra privato e pubblico, tra società
civile e Stato - diviene un punto di osservazione privilegiato per analizzare
i mutamenti in atto in quei rapporti e, in particolare, per verificare
le aperture o le chiusure dello Stato verso le forme di autonomia dei singoli,
dei ruoli professionali o delle imprese.
GIUSTIZIA ALTERNATIVA E CDC
Viviamo, è quasi superfluo constatarlo, un'epoca di progressiva
disintegrazione dell'idea di centralità dello Stato, del suo apparato
e della sua organizzazione amministrativa e la crisi di quell'idea si accentua
sempre più velocemente sia per l'emergenza di fattori esterni sovranazionali
(il pur accidentato approdo comunitario), sia, soprattutto nel caso italiano,
per la corrosione dall'interno, ormai divenuta esplosiva, a causa dell'eccedenza
dei bisogni e delle aspettative economiche degli individui e dei gruppi
verso l'autorità centralizzata.
E' la crisi, insomma, dello Stato-nazione. Crisi che non può
non riflettersi dal momento politico e sociale a quello giuridico e che
dà origine a quei processi di destrutturazione dell'ordinamento
classificabili come "produzioni alternative" della giustizia. La giustizia
alternativa appare come una delle prove più evidenti di tale movimento
anche perchè comprende in sè entrambi i fattori di diversificazione:
a livello interno de-statualizza la funzione giurisdizionale attribuendo
il potere decisionale a soggetti diversi dalla magistratura, a livello
esterno crea i presupposti perchè le regole cui attenersi siano
quelle più ampie e globalizzate del commercio internazionale.
Questo processo di "privatizzazione" della giustizia lo abbiamo del
resto sperimentato e messo in pratica direttamente come amministratori
e proprio nella concreta applicazione abbiamo verificato che questi concetti
non potevano non incontrare un nuovo modo di fare, anzi di essere, amministrazione.
La legge di riforma delle camere di commercio, come è noto,
attribuisce agli enti camerali nuove e fondamentali funzioni di regolazione
del mercato, tra cui, in particolare, la "costituzione di commissioni arbitrali
e conciliative per la risoluzione delle controversie tra imprese e tra
imprese e consumatori e utenti" (art. 2.4 L.580/93) e l'aspetto più
significativo della codificazione di questa funzione sta nel contesto generale
in cui è inserita: con la legge di riordinamento le camere di commercio
si strutturano quale istituzione di riferimento per l'interesse generale
e sistemico delle imprese.
Ciò che si osserva, allora, è proprio un parallelismo
tra la 'ristrutturazione' in direzione, lato sensu, privatistica di una
istituzione dello Stato (le camere di commercio) che procede verso un sistema
economico di riferimento, regolandolo, e un processo di privatizzazione
della giustizia attraverso alcuni strumenti alternativi. Nel momento in
cui una Pubblica Amministrazione si candida a costituire un elemento di
collegamento tra il sistema delle imprese e lo Stato, essa assume metodi
e modelli di entrambi questi soggetti e s'incontra necessariamente con
le esigenze di regolazione del mercato.
PRIVATIZZAZIONE E FEDERALISMO
Ma se giustizia alternativa e nuove istituzioni procedono nella stessa
direzione, ossia secondo un processo che va dallo Stato verso la società
civile, dallo Stato come detentore esclusivo dei poteri verso la diversificazione
e la diffusione delle funzioni e delle responsabilità, quali sono
i concetti che qualificano questo movimento comune?
Ne individuiamo due: il concetto di privatizzazione e quello di federalismo.
Al primo abbiamo già accennato: in questa sede intendiamo il
concetto di privatizzazione nel suo più pieno senso lessicale, che
comporta la corrispondenza se non la sinonimia dei termini di 'privatizzazione'
e di 'privazione'.
In effetti, la crescita compiuta dalla giustizia alternativa non deve
essere letta come un processo di rottura dell'esclusività della
giurisdizione dello Stato. Sarebbe un'interpretazione riduttiva e non darebbe
conto della capacità di queste forme regolative di rispondere più
elasticamente alle esigenze di un'economia in costante trasformazione e
della loro capacità di modellare dinamicamente il diritto per ogni
singola fattispecie economica. Quella della giustizia alternativa è,
invece, l'occasione per una ridefinizione dei principi regolativi della
partecipazione dei soggetti privati al bene giustizia.
E' l'occasione perchè lo Stato favorisca e regoli un proprio
processo di 'privazione' o, almeno, di alleggerimento, definendo i criteri
per la diffusione della funzione giurisdizionale nella società secondo
una logica di autoresponsabilizzazione e di fiducia nelle capacità
del mercato, del singolo consumatore e dei gruppi produttivi, di autoregolarsi.
In questo senso le forme di giustizia privata (l'arbitrato, la conciliazione,
i modelli di autodisciplina) aumentano il grado di efficacia di decisioni
costruite con una diretta partecipazione dei soggetti, accrescendo la reale
pervasività dello Stato.
In tutto ciò il ruolo di una pubblica amministrazione come le
camere di commercio diverrà quello di un regolatore , di un indicatore
di direzione per il mercato e le imprese e il compito sarà, da una
parte, quello di "istituzionalizzare" un po' di più le imprese (rendendole
parti attive di un processo di decisione e di regolazione) e dall'altra
di privarsi di tutti quei controlli e quei passaggi puramente autoreferenziali
che impediscono l'autorealizzazione (e l'autoresponsabilizzazione) degli
attori della scena economica.
Se il problema è quello di nuovi paradigmi di regolazione dei
fatti economici, il passaggio successivo è quello dei raccordi tra
livelli e tipi di regolazione diversi e compito delle camere di commercio
sarà quello di "contribuire alla costruzione vera e propria di un
livello intermedio di governo dello sviluppo, in particolare accentuando
la funzione di consolidamento (e perfino di invenzione) di regole del gioco",
come spiega Gilberto Serravalli. E questo è il problema dell'applicazione
di un vero federalismo funzionale.
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