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Impresa & Stato n°40 

 

TUTELARE I DIRITTI 
DEI CONSUMATORI

di
PAOLO MARTINELLO

Il ruolo delle Camere di Commercio
in un'attività da rafforzare:
le linee guida e gli obiettivi
 

Le istituzioni comunitarie e il movimento consumerista europeo considerano da molti anni il tema dell'accesso alla giustizia come un capitolo fondamentale della politica di tutela e promozione degli interessi dei consumatori. 
 E' evidente infatti che, per una effettiva politica di tutela del consumatore, non è sufficiente il riconoscimento di nuovi diritti sostanziali, come è avvenuto negli scorsi anni attraverso l'adozione di importanti direttive comunitarie dirette ad un progressivo riequilibrio e/o rafforzamento della posizione del singolo contraente nell'ambito dei più diffusi rapporti di consumo, ma occorre anche garantire da un lato una adeguata informazione dei cittadini su tali diritti e dall'altro la concreta possibilità che, in caso di violazione e/o controversie, tali diritti possono essere esercitati e difesi attraverso strumenti e in luoghi adeguati. 
A partire dalla Risoluzione del Consiglio 14 aprile 1975 si sono susseguiti a livello comunitario numerose Risoluzioni del Consiglio e Memorandum della Commissione Europea, sino al Libro Verde dell'ottobre 1993 sull'accesso dei consumatori alla giustizia, alla recente proposta di direttiva sulle azioni inibitorie ed al contemporaneo piano di azione elaborato dalla Commissione all'inizio del 1996, che hanno individuato le principali linee direttrici ed iniziative attraverso le quali occorre muoversi, che possono essere così sintetizzate: 
a) messa a disposizione dei consumatori di sedi di informazioni, di consulenza e assistenza in materia di reclami o in caso di danni inerenti all'acquisto o all'uso di prodotti difettosi o di servizi inadeguati, centri di informazione; 
b) sperimentazione di procedure legali semplificate avanti l'Autorità giudiziaria ordinaria che consentano riduzioni dei tempi e dei costi dei processi, semplificazione e massima oralità delle procedure applicabili in particolare alle controversie di modesto valore economico (small claims); incentivazione delle procedure di conciliazione pre-contenziosa; ruolo attivo del giudice; estensione delle decisioni secondo equità, limitazioni alla facoltà di appello delle decisioni, efficacia esecutiva degli accordi raggiunti davanti al giudice, sedi giudiziarie e decentrate sul territorio, meccanismi per disincentivare il ricorso ai difensori privati, etc.; 
c) sperimentazione di forme alternative di risoluzione delle controversie (cosiddette ADR, Alternative Dispute Resolution) basate su strutture e procedure extra giudiziarie, che rispondano a requisiti di imparzialità dell'istanza competente a trattare le controversie, inderogabilità delle norme giuridiche a tutela del consumatore, efficacia delle procedure, costi contenuti e proporzionati all'entità della controversia, adeguata pubblicità delle strutture, obbligatorietà della decisione per l'operatore commerciale, libertà del consumatore di ricorrere in ogni caso alla giustizia ordinaria, in alternativa alla procedura conciliativa o arbitrale; 
d) riconoscimento della legittimazione processuale delle associazioni dei consumatori, finalizzata innanzitutto all'introduzione di azioni di tipo inibitorio, dirette ad ottenere la cessazione di comportamenti illegittimi o scorretti da parte degli operatori commerciali, che consentano un intervento tempestivo del giudice in tutti i casi nei quali si verifica un danno all'interesse collettivo protetto dalla legge (ad esempio, a causa di un messaggio pubblicitario ingannevole o di clausole vessatorie inserite in contratti standardizzati), diretto anche ad assicurare forme di ristoro dell'interesse collettivo leso (ad esempio, attraverso la pubblicazione della sentenza). 

INFORMAZIONE AI CONSUMATORI 
Le associazioni di consumatori italiane svolgono da anni un importante ruolo di informazione e consulenza a favore dei singoli consumatori, sia a livello collettivo che individuale. Il Comitato Consumatori Altroconsumo, ad esempio, ha organizzato da tempo un servizio di consulenza giuridica telefonica ai propri associati (oltre 350.000 a livello nazionale), svolto in 5 sedi dell'associazione attraverso l'impiego di oltre 50 giuristi, che realizza ogni anno circa 50.000 interventi di informazione e/o consulenza individuale a singoli consumatori. 
L'esperienza di tutte le associazioni dei consumatori che svolgono una analoga attività quotidiana di informazione giuridica e assistenza individuale ai consumatori dimostra l'importanza strategica, nell'ambito del più generale tema dell'accesso alla giustizia, di centri di informazione ed assistenza per controversie derivanti dai rapporti di consumo in grado di fornire al singolo consumatore informazioni giuridiche attinenti al singolo caso e, occorrendo, assisterlo per la definizione amichevole e stragiudiziale della controversia. Si tratta infatti di una attività preliminare indispensabile non solo per la soluzione rapida ed amichevole, in sede stragiudiziale, di numerosissime controversie, ma anche come "ponte" tra il cittadino e le più semplici strutture o procedure giudiziarie o extragiudiziarie (commissioni di conciliazione e arbitrato). 

PROCEDURE LEGALI SEMPLIFICATE 
 E' sin troppo facile osservare come gli obiettivi di semplificazione e accelerazione delle procedure giudiziarie possano apparire velleitari ed irrealistici in un Paese come l'Italia, caratterizzato da un cronico e sempre più grave stato di inefficienza della giustizia civile, da un mostruoso arretrato (oltre tre milioni di processi civili pendenti), da tempi di giudizio lunghissimi (mediamente 3 anni per ogni grado di giudizio) e da costi elevati (onorari difensivi, spese di perizie, bolli e diritti di cancelleria, oltretutto recentemente aumentati), quasi sempre sproporzionati rispetto al valore delle controversie più comuni dei consumatori. 
In questo quadro le recenti riforme del processo civile sono probabilmente destinate ad incidere in misura assai limitata, quantomeno con riferimento alla c.d. giustizia minore, termine che per altro si giustifica solo in considerazione del modesto, anche se spesso tutt'altro che irrisorio, valore economico della singola controversia, ma non certo per il valore complessivo che l'insieme di identiche controversie può rappresentare per il singolo operatore commerciale, e quindi sul mercato più in generale, oltre che per il negativo impatto sociale derivante da una sistematica denegata giustizia nel caso singolo. La recente riforma della procedura civile del 1991 ha finito per determinare, anche davanti al Giudice di Pace, un processo assai più tecnico e concentrato di quello vigente dinanzi al precedente Giudice Conciliatore, come risulta, tra l'altro, dalle limitate possibilità di decisione secondo equità (solo per le controversie di valore inferiore a Lit. 2.000.000), di difesa personale della parte (solo per le controversie inferiori a Lit. 1.000.000, salvo autorizzazione del giudice), nonché dallo stesso ruolo semi professionale del Giudice di Pace rispetto al Giudice Conciliatore. Tutto ciò non favorisce certo l'affermazione, nonostante gli auspici e le aspettative, di un modello processuale rapido ed informale, o comunque più facilmente accessibile da parte dei cittadini. Ciò nonostante, l'istituzione del Giudice di Pace resta un'occasione importante per i consumatori per una rapida, efficacie e poco costosa soluzione delle controversie di più modesto valore economico, ed ancor più lo potrebbe essere se i limiti sopra visti venissero superati, anche attraverso l'incentivazione ed il potenziamento della sua funzione conciliativa tra le parti. 
A questo proposito, va ricordato che uno dei progetti pilota promossi dalla Commissione Europea nel settore dell'accesso dei consumatori alla giustizia avviatosi in Italia nel periodo 1991-1995 e realizzato a Milano dal Comitato Difesa Consumatori ha dimostrato l'utilità del Giudice Conciliatore/Giudice di Pace per la soluzione delle controversie (vendite all'esterno dei locali commerciali, contratti d'opera, commercio, turismo, servizi privati e pubblici, etc.) attraverso la procedura dell'istanza per la conciliazione in sede non contenziosa (ora, art. 322 e segg. C.P.C.). Nei circa 500 ricorsi introdotti avanti il Giudice Conciliatore/Giudice di Pace di Milano, oltre il 70% di quelli nei quali entrambe le parti sono comparse avanti al Giudice è stato raggiunto un accordo che ha risolto la controversia. Il ricorso per la conciliazione in sede non contenziosa è uno strumento processuale a disposizione di tutti i cittadini, di competenza del Giudice di Pace, che si realizza in tempi rapidi (2-3 mesi), dal costo estremamente limitato (poche decine di migliaia di lire), che non richiede l'assistenza di un avvocato e che è possibile per controversie di qualunque valore (anche superiori al limite di 5 milioni del Giudice di Pace). La sua efficacia, peraltro, è fortemente condizionata, oltre che dalla disponibilità della controparte ad accettare il contraddittorio, anche dalla reale capacità e disponibilità del Giudice ad esperire un tentativo di conciliazione reale e non puramente fittizio. Per quanto attiene la sperimentazione di forme alternative ed extragiudiziarie per la soluzione delle controversie dei consumatori, tali schemi devono costituire una valida alternativa, anche se mai un percorso obbligato, a disposizione dei consumatori. é in questo capitolo che le Camere di Commercio possono assumere un ruolo propulsivo, centrale ed unificante, anche alla luce delle nuove competenze loro attribuite a seguito della riforma del 1993. 
Il precedente più importante e significativo a questo proposito è certamente rappresentato dal progetto "conciliazione e arbitrato" realizzato tra associazioni di consumatori e Telecom a partire dal 1991 per la soluzione delle controversie tra utenti e azienda telefonica. L'esperimento, avviato in via sperimentale nel 1991 in due regioni italiane e successivamente esteso su tutto il territorio nazionale, si basa sulla trattazione delle controversie (riguardanti nella stragrande maggioranza dei casi gli importi fatturati in bolletta) in un primo momento nell'ambito della commissione di conciliazione paritetica (un rappresentante Telecom - un rappresentante dell'utente) e quindi in una seconda fase eventuale avanti un arbitro, istituito a livello regionale. Sino ai primi mesi del 1996 sono stati trattati, nell'ambito di tale progetto, oltre 15.000 controversie, delle quali oltre l'80% conciliate in sede di commissione di conciliazione.  Al contempo, singoli settori professionali di loro iniziativa (ad esempio, l'Ombudsman bancario istituito dall'ABI) o ricercando un'intesa e una collaborazione con le associazioni dei consumatori hanno mostrato un particolare interesse all'istituzione di forme alternative di soluzione delle controversie con i consumatori e gli utenti nei più diversi settori della produzione di beni o della fornitura di servizi. A questo proposito, peraltro, non vanno sottaciuti i rischi di "privatizzazione" della giustizia e di creazione di strutture che non rispondano ai fondamentali requisiti fissati anche recentemente in sede comunitaria nell'ambito del piano di azione sull'accesso dei consumatori alla giustizia, già sopra ricordati. 
Un altro rischio rilevante, direttamente ricollegabile alla possibile proliferazione incontrollata di iniziative di tale natura, deriva dalle eventuali prevalenti ragioni commerciali, o di marketing, che possono condizionare l'interesse di singoli operatori commerciali rispetto ad iniziative di questa natura, soprattutto laddove esse vengano realizzate senza una adeguata collaborazione e compartecipazione di soggetti rappresentativi degli interessi contrapposti (associazioni di consumatori). 
 E' proprio in questo quadro che le Camere di Commercio possono (anzi, a mio parere, debbono) svolgere, anche alla luce delle loro attuali competenze di legge, un ruolo propulsivo, unificante e di garanzia per quanto attiene l'istituzione e lo sviluppo di schemi di soluzione extragiudiziale delle controversie tra consumatori e professionisti, cioè forme alternative di accesso dei consumatori alla giustizia. 
Ciò dovrebbe avvenire, innanzitutto, attraverso la progressiva creazione delle Commissioni di conciliazione per la soluzione delle controversie tra professionisti e consumatori, secondo quanto previsto dalla L. 580/93, in grado di coprire i settori nei quali più comunemente tali controversie insorgono. La funzione che le Camere di Commercio assumerebbero a questo proposito sarebbe infatti caratterizzata e valorizzata dai seguenti elementi: 
- ruolo super partes delle Camere di Commercio rispetto ai settori professionali coinvolti, da un lato, ed ai consumatori, dall'altro, ai quali verrebbe offerto un luogo di incontro neutrale, regole di procedura certe, una rappresentanza paritetica delle parti, costi di accesso contenuti; 
- funzione promozionale degli schemi di soluzione alternativa delle controversie presso i settori professionali, privilegiando quelli caratterizzati da un maggior tasso di conflittualità con i consumatori, evidenziando il valore aggiunto, anche dal punto di vista economico produttivo, oltre che dell'immagine commerciale, derivanti dall'istituzione e dall'adesione a forme semplificate, più rapide ed efficaci, di soluzione delle controversie con la propria clientela; 
- diretta partecipazione, in forma paritetica, dei soggetti rappresentativi degli interessi collettivi coinvolti, attraverso la quale agevolare una adesione volontaria, fiduciosa e più ampia da parte degli operatori commerciali alla trattazione e soluzione conciliativa delle controversie rispetto agli strumenti offerti dalla giustizia civile ordinaria; 
- in sede di commissione di conciliazione, ruolo propulsivo del membro super partes diretto al perseguimento di un accordo serio e non penalizzante (soprattutto per il consumatore, dato il suo naturale ruolo di "attore" nella vertenza) ed al contempo quindi svolgimento di una funzione di controllo sul contenuto degli accordi e sulla loro corretta e puntuale esecuzione. 
Le prime Camere di Commercio italiane (penso in particolare a quella di Milano) che hanno intrapreso questo tipo di iniziative, stanno dimostrando che si tratta di obiettivi perseguibili e realistici e stanno al contempo maturando esperienze che consentono l'individuazione degli aspetti sia positivi che problematici, e quindi il progressivo miglioramento e messa a punto di un know-how  dei soggetti coinvolti (operatori della Camera di Commercio, rappresentanti delle categorie professionali e delle associazioni dei consumatori) relativo sia ai meccanismi procedurali e strutturali, sia ai presupposti "politici" necessari per il successo di questo tipo di iniziative, nonché i criteri per una corretta valutazione dei risultati. 
A questo proposito, mi limito qui ad accennare al fatto che è sicuramente indice di un maggior o minor successo dell'iniziativa, innanzitutto, il "tasso" di adesione degli operatori professionali all'invito loro rivolto dalla Camera di Commercio a discutere la controversia in sede di commissione di conciliazione che, stanti i presupposti della stessa (trattazione amichevole della controversia, partecipazione di un rappresentante dell'associazione di categoria, etc.) dovrebbe essere assicurata nella totalità, o quasi totalità, dei casi. In secondo luogo, altrettanto importante dal punto di vista del consumatore è il concreto risultato ottenuto in relazione alle pretese legittimamente avanzate: non può essere soddisfacente un gesto simbolico, o poco più, da parte dell'operatore commerciale, ma occorre una soluzione che tenga conto delle effettive posizioni e ragioni delle parti, sulle quali non assuma un ruolo determinante la mancanza di concrete e reali alternative (dati i costi e le lungaggini del processo ordinario) disponibili al fine di ottenere giustizia. 
Se da un lato è ancora certamente troppo preso per trarre bilanci definitivi sull'attività delle (poche) Camere di Commercio che si sono concretamente mosse su questo terreno, dall'altro ciò che invece preoccupa già da oggi le associazioni di consumatori è il numero esiguo di Camere di Commercio che hanno sino ad oggi avviato iniziative concrete dirette alla istituzione di commissioni di conciliazioni tra operatori commerciali e consumatori, al punto da far apparire le pochissime che hanno dato (o stanno dando) attuazione al disposto di legge come veri e propri pionieri su una strada lastricata di tante buone intenzioni, proposte e discussioni, ma poche iniziative concrete.