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Impresa & Stato n°39

 
10 ANNI DI FORMAPER

Un supporto alla creazione di impresa

 
Sostenere e diffondere sul territorio la nuova imprenditorialità 
come cultura e politica del lavoro 
e come strumento di industrializzazione 

di
GIUSY MINGOLLA 
 

IL FENOMENO DELLA CREAZIONE D'IMPRESA E LE SUE ORIGINI
Nella letteratura economica l'interesse per il fenomeno della nuova imprenditorialità è recente: in gran parte esso è dovuto a una serie di risultati empirici, prodotti con il lavoro di David Birch sull'evoluzione dell'occupazione nelle imprese manifatturiere degli Stati Uniti, i quali dimostravano che quasi l'80% dell'incremento occupazionale registrato dal 1969 al 1976 era da attribuirsi alle piccole strutture imprenditoriali, con un numero di dipendenti non superiore ai venti dipendenti. I risultati della ricerca smentivano quindi  una radicata convinzione della letteratura economica dominante che vedeva il sistema produttivo ed economico del Paese concentrato in pochissime grandi imprese, multinazionali (J.K. Galbraith). Siamo inoltre negli anni in cui la dottrina keynesiana aveva convinto i governi locali e centrali a perseguire con decisione una politica a sostegno della piena occupazione e quindi, sulla base delle analisi empiriche, lo sviluppo delle piccole e medie imprese poteva essere considerato uno tra gli strumenti più efficaci  per incrementare i posti di lavoro. 
Gli Stati Uniti potevano inoltre già contare su una solida istituzione pubblica come la Small Business Administration per studiare delle strategie di intervento a supporto alle piccole imprese e in pochi anni la potente  agenzia federale potè diventare un punto forte di riferimento per l'intera economia del Paese. 
Anche in Europa fu condotta lo stesso tipo di indagine e i risultati furono assai simili. I principali Paesi europei, in particolare Gran Bretagna e Francia, cominciarono ad adottare un'intensa azione politica di aiuto alla creazione e sostegno delle piccole imprese, soprattutto per lo sviluppo di aree tradizionalmente depresse o in forte declino industriale. 
Parallelamente al proliferare delle piccole aziende, anche i grandi gruppi industriali, per risolvere problemi di dimensione e di gestione spesso troppo burocratizzata e inefficiente, cominciarono a razionalizzare la struttura organizzativa suddividendo le proprie aree di business in tante "piccole unità" nel tentativo di riprodurre la logica di gestione flessibile ed efficiente della piccola impresa anche nelle multinazionali. 
L'Italia, tradizionalmente ricca di piccole imprese e con un alto tasso di natalità aziendale, diventava un Paese di enorme  interesse e oggetto di ricerca internazionale. Il caso italiano era tanto più interessante poiché era difficile capire come,  le piccole imprese avessero potuto svilupparsi in modo così sensibile a fronte di una totale assenza di sostegno politico e finanziario ad hoc. 
In Italia una  politica di supporto alla creazione d'impresa nacque durante gli anni Ottanta, e come negli altri Paesi Europei, venne inizialmente utilizzata come uno strumento efficace di politica attiva del lavoro,  quindi principalmente, come strumento di lotta alla disoccupazione soprattutto nelle aree più depresse del Paese. Sono di quegli anni la legge De Vito, anche conosciuta come "legge 44" varata per la promozione e lo sviluppo di imprenditorialità giovanile nelle regione del centro-sud dell'Italia così come la "legge Marcora" che incentivava la creazione di imprese cooperative tra i lavoratori espulsi dal processo produttivo  o collocati in cassintegrazione. 
Data la gravità che la disoccupazione ha assunto nelle principali economie industrializzate, una tale impostazione dell'analisi del fenomeno nuove imprese, era senz'altro comprensibile, tuttavia essa ha rischiato di tenere in ombra aspetti altrettanto rilevanti: per tutti gli anni Ottanta è rimasto in secondo piano il dibattito economico e politico circa il contributo che le nuove imprese potevano apportare all'arricchimento, alla diversificazione e all'innovazione del tessuto produttivo del Paese, fattori  indispensabili per garantire la crescita dell'intero sistema  e per mantenere livelli competitivi accettabili sul mercato internazionale. Solo agli inizi degli anni Novanta si è cominciato a guardare alla creazione d'impresa non solo come un utile strumento  per fini occupazionali ma anche come valido strumento di politica industriale di sviluppo locale. 
Durante il periodo di massimo dibattito attorno al fenomeno della creazione d'impresa, nel 1987, nasceva il Formaper da una felice intuizione della CCIAA di Milano che sposava appieno e faceva propri gli indirizzi di politica economica di quegli anni e guardava alla nuova imprenditorialità come uno dei fattori più importanti per lo sviluppo delle economie locali anche in un'area avanzata del Paese come  la provincia milanese e l'intera Lombardia. 
All'interno di un processo di "esternalizzazione" dei servizi interni, la CCIAA di Milano pensò di costituire un'altra azienda speciale, a cui fosse attribuita la delicata missione di contribuire allo sviluppo dell'imprenditorialità locale attraverso l'informazione, la formazione e l'assistenza, nella profonda convinzione che solo con una incisiva e capillare azione di tipo "culturale" sugli imprenditori e sugli aspiranti tali,  poteva garantire un miglioramento del tessuto imprenditoriale lombardo. 
Forse 10 anni fa, quando il Formaper cominciò ad operare, neanché gli stessi "ideatori" potevano immaginare quale sarebbe stato lo sviluppo e il successo di questa intuizione! 

L'IMPRENDITORIALITA' COME FENOMENO CULTURALE
Il primo ambito in cui il Formaper ha deciso di concentrare i propri sforzi è quello della diffusione e promozione di cultura imprenditoriale. 
La figura dell'imprenditore ha conosciuto solo recentemente una rivalutazione teorica e una maggiore accettazione sociale: negli Stati Uniti il fenomeno dell'imprenditorialità diffusa ha assunto connotazioni quasi di massa, interessando ampi strati della popolazione. Ciò è stato favorito anche dalla presenza di modelli di imprenditori di successo nei quali le persone potessero identificarsi. La cultura imprenditoriale americana risulta così forte e condivisa in quanto coerente con i valori tradizionali del Paese, individualismo e indipendenza. 
Il cambiamento di atteggiamento verso l'imprenditorialità ha investito anche l'Europa e l'Italia anche se in tempi più recenti e con intensità diverse nelle varie aree geografiche. Tuttavia vari impedimenti anche di natura culturale, hanno limitato questo fenomeno. Ad esempio il sistema scolastico italiano  ha contribuito scarsamente alla trasmissione dei valori imprenditoriali. 
Il Formaper  ha fatto propria la missione  di diffondere cultura imprenditoriale nelle scuole e nelle università con l'obiettivo di "seminare" valori che per troppo tempo sono stati trascurati: l'imprenditorialità richiede e valorizza l'autonomia, l'indipendenza, l'autodeterminazione, sviluppa atteggiamenti proattivi verso l'ambiente sociale ed economico circostante, favorisce la cooperazione e la condivisione di obiettivi comuni. 
Nelle scuole e nelle Università inoltre l'imprenditorialità  dovrebbe essere presentata e divulgata come "nuova opportunità" e come una  tra le possibili scelte di inserimento dei giovani nel mercato del lavoro. Quando si fa orientamento al lavoro, diplomati e laureati, si rischia  di trasmettere una lettura parziale della realtà lavorativa attuale se si prospettano solo soluzioni di lavoro fisso  nella grande impresa o nella Pubblica amministrazione e non si incentiva invece il giovane a valutare l'ipotesi di mettersi in proprio. 
Non si può parlare  di reale supporto alla creazione d'impresa sul territorio se non si   diffonde "informazione e cultura imprenditoriale" e non si investe nelle future e giovani leve del mercato del lavoro. 

L'IMPRENDITORIALITA' DIFFUSA COME POLITICAATTIVA DEL LAVORO
Il secondo fronte su cui il Formaper è tuttora impegnato è quello di contribuire a ridurre la disoccupazione attraverso una promozione di imprenditorialità diffusa nelle fasce di popolazione lavorativa più colpite dai problemi occupazionali. 
Anche nelle aree più industrializzate del Paese, creazione d'impresa e self-employment sono strumenti di politica attiva del lavoro, utili soprattutto per fronteggiare i processi di deindustrializzazione o di ristrutturazioni organizzative delle grandi imprese che hanno estromesso dal mercato del lavoro manodopera spesso anche qualificata e con alta professionalità. 
Il Formaper utilizzando i Fondi Strutturali Comunitari, propone a cassintegrati,  lavoratori iscritti alle liste di mobilità, giovani laureati disoccupati, donne adulte, l'alternativa del lavoro in proprio, come possibile soluzione al problema occupazionale. Soprattutto per le donne con un tasso di scolarità più basso o per quelle che intendono rientrare nel mercato del lavoro dopo un periodo di sospensione per la cura dei figli, le difficoltà di ricollocamento nel mercato del lavoro sono spesso insormontabili. Il lavoro in proprio  può, quindi, essere l'unica alternativa per garantirsi un reddito minimo. 
Peraltro la presenza femminile, benché altamente scolarizzata, è fortemente sottodimensionata, nell'attuale classe imprenditoriale di piccole e medie imprese italiane e inoltre, il tasso di creazione di nuove imprese gestite da donne continua a essere drammaticamente basso. 
Dopo studi condotti sul campo, il Formaper sta avviando sperimentazioni di imprenditorialità diffusa anche su popolazioni di immigrati laureati che intendono avviare in Italia, un'attività in proprio o di tipo imprenditoriale, magari in collegamento con i Paesi di origine. L'imprenditorialità potrebbe aprire delle prospettive soprattutto per quei giovani immigrati scolarizzati, che magari hanno studiato nelle nostre Università e che incontrano, paradossalmente, più difficoltà a collocarsi lavorativamente e professionalmente rispetto alle fasce di immigrati sottoscolarizzati. 
Anche se il problema occupazionale, coinvolge ampi strati della popolazione, in Lombardia fortunatamente la disoccupazione non rappresenta un'emergenza. Dal punto di vista imprenditoriale il contesto economico è anzi, particolarmente dinamico: i tassi di creazione d'impresa in Lombardia sono sicuramente tra i più alti sia d' Italia che d' Europa. Tuttavia se da un lato i tassi di natalità così elevati possono essere letti positivamente, come segnale di una vitalità economica del territorio, l'elevato turn-over di micro e piccole imprese deve essere giudicato con minore favore. 
A fronte di un alto tasso di natalità si registra, infatti, un altrettanto elevato tasso di mortalità delle piccole imprese, che determina legittime frustrazioni a livello personale dell'imprenditore ma anche disagi economici e finanziari nel contesto socio-economico circostante. 
In Italia vi sono circa 4 milioni di imprese di cui più di 2 milioni sono ditte individuali e quasi 800mila società di persone. Quasi il 40% delle imprese operano nel settore commerciale, circa il 30% nel settore dei servizi, il 2% nel settore primario e la restante parte nelle manifatture e nell'edilizia. 
Nascono ogni anno su tutto il territorio nazionale, circa 300.000 nuove imprese, ma il numero delle imprese che cessano la loro attività è altrettanto alto. Nel 1993 e 1994 e parte del '95, le imprese morte sono risultate addirittura più numerose delle imprese nate, determinando un saldo netto negativo. 
 E' compito di un Ente istituzionale come il Formaper oltre che stimolare la nascita delle nuove imprese, presidiare le fasi più delicate dello start-up delle micro imprese, per evitare di far nascere delle mono-cellule imprenditoriali che non riescono a superare la tipica fase di "sopravvivenza" concentrata nei primi 2-3 anni di vita. 
In altri termini, fare una politica attiva a favore della creazione d'impresa significa anche prevenire e monitorare soprattutto le cause più comuni di mortalità precoce delle nuove imprese. 
La nascita di una nuova impresa nella maggioranza dei casi avviene senza che l'aspirante imprenditore abbia preventivamente valutato la bontà della propria idea imprenditoriale e la fattibilità del progetto sia in termini di probabilità di sopravvivenza che di potenzialità di sviluppo dell'impresa. 
Tanto più il contesto di mercato è dinamico, tanto maggiore è la necessità di valutare dettagliatamente i diversi aspetti del progetto soprattutto per non incorrere nei tipici errori di chi avvia la propria impresa in maniera avventata e improvvisata atteggiamento che, spesso decreta il fallimento della neo-nata impresa nei primissimi anni di vita. 
L'impegno istituzionale del Formaper è quello di trasferire, a chi intende mettersi in proprio, maggiore "Cultura della Progettualità". 
Al consueto quesito "Imprenditori si nasce o si diventa?", non si può che rispondere che l'imprenditore è un professionista e, dato il contesto competitivo esterno  in cui le piccole imprese oggi sono costrette a operare, il livello di professionalità richiesto sarà sempre maggiore in termini di competenze tecniche, capacità decisionali e di abilità nella gestione di risorse umane; possono essere create solide imprese, con possibilità di sviluppo nel futuro, solo se si fa un massiccio investimento nella risorsa umana e cioè, sul neo-imprenditore. Se la variabile principale è quella culturale, la formazione imprenditoriale e l'assistenza personalizzata assumono un ruolo fondamentale e determinante per aiutare l'aspirante imprenditore a redigere un progetto imprenditoriale credibile e fattibile in una logica di mercato e di profittabilità. 
Il Formaper ha adottato un modello formativo articolato caratterizzato da una continua alternanza tra attività di aula ed attività di ricerca ed elaborazione dei dati sul campo. L'obiettivo delle attività di formazione collettiva di aula è quello di trasferire all'aspirante imprenditore tutte le tecniche, gli strumenti e le conoscenze necessarie per stendere un piano d'impresa credibile e fattibile sia da un punto di vista della domanda di mercato che dell'analisi economico-finanziaria e organizzativa. Le attività pratiche sul campo hanno lo scopo di ricercare dati, informazioni e mira soprattutto alla progressiva attivazione di una rete di contatti e relazioni funzionali alla definizione del proprio progetto imprenditoriale. Accanto alla formazione collettiva, ogni aspirante imprenditore percorre un binario parallelo di formazione individuale assistita in cui l'oggetto di studio e di analisi, oltre all'idea e al progetto, è soprattutto la "persona", la sua motivazione al mettersi in proprio, le sue esperienze, il suo vissuto, le sue potenzialità e i suoi punti deboli. Un progetto imprenditoriale sarà valutato tanto più favorevolmente quanto più forte è la coerenza tra le caratteristiche del business e le caratteristiche della persona che lo interpreta, lo valorizza e lo rende fattibile. 

LA NUOVA IMPRENDITORIALITA' COME STRUMENTO DI POLITICA INDUSTRIALE
In questi ultimi anni il proliferare di nuove imprese si è accompagnato al processo di terziarizzazione dell'economia. Negli anni Novanta, infatti, la gran parte delle nuove imprese è nata nei settori dei servizi ed è andata affermandosi tra gli studiosi la convinzione che "la locomotiva dello sviluppo economico non è più la produzione di massa e il consumo di massa, ma l'alta tecnologia e i servizi", e il miglior viatico, per garantire progresso economico, non sta più nella razionalizzazione della gestione delle imprese ma nell'innovazione." (Michel Crozier in Impresa & Stato "L'amministrazione pubblica come sistema di monitoraggio"). 
Le nuove imprese e più in generale le piccole imprese, possono dunque essere viste come un soggetto economico non subordinato alla grande impresa, con ambiti settoriali distinti e ben delineati: diventano portatori di una "cultura del servizio" e di un approccio più flessibile e "personalizzato" verso il mercato assumendo un ruolo fondamentale soprattutto per il trasferimento tecnologico in quanto veicoli veloci e flessibili di diffusione dell'innovazione. 
Un intervento di politica industriale per lo sviluppo territoriale, quindi, che sottovaluta il peso della nuova imprenditorialità è una politica  destinata a fallire. 
La creazione d'impresa è di per sé sinonimo di innovazione: rappresenta un fattore di vitalità  sociale nell'ambiente in cui esso si produce e testimonia la capacità di rinnovare la cultura locale; da varie ricerche condotte si è chiaramente evidenziata una correlazione positiva tra la comparsa di nuove imprese e nuovi prodotti/processi e nuove nicchie di mercato. 
Le nuove imprese di successo oltre a essere veicoli di innovazione sono però anche portatori di efficienza: una nuova impresa deve essere più efficiente e/o innovativa per prevalere: deve offrire un prodotto o un servizio uguali o migliori di quelli esistenti a un prezzo competitivo, sfruttando i vantaggi che le sono propri, e, in altre parole deve riuscire a migliorare il rapporto prestazione/costo. 
Se una neo-impresa si impone sul mercato rispetto a quelle già esistenti, e realizza risultati economici positivi, ciò indica che ha raggiunto più alti livelli di efficienza economica e/o di innovazione. 
L'esperienza ormai decennale del Formaper, sulla creazione di nuove imprese, conferma pienamente questi aspetti: il 70% delle nuove imprese che il Formaper ha visto nascere all'interno dei propri corsi di formazione e assistenza, operano nel settore dei servizi e, più in particolare, almeno il 30% nel settore dei servizi alle persone. 
Il diverso approccio al cliente, le tecnologie utilizzate, i segmenti di mercato coperti, il grado di  personalizzazione e di flessibilità nel sistema di erogazione del servizio, fanno di queste nuove imprese il profilo perfetto dell'innovatore schumpeteriano. 
Anche se la gran parte degli sforzi formativi e di ricerca del Formaper sono rivolti a favorire l'imprenditorialità diffusa, non sono pochi gli interventi di formazione e assistenza che hanno l'obiettivo primario di incentivare  e privilegiare la creazione d'impresa in settori innovativi, con l'utilizzo di soluzioni tecnologiche più avanzate, soprattutto nelle popolazioni di giovani laureati in facoltà scientifiche e tecniche. 
Ai giovani laureati si propongono dei percorsi formativi e di assistenza innovativi, come la formazione a distanza via Internet, l'utilizzo di strumenti formativi  informatizzati (Computer based training) e multimediali allo scopo di incoraggiare e stimolare la loro curiosità, la sensibilità verso la ricerca e la novità. 
Oltre ad agire sul singolo, attraverso la formazione e l'assistenza, il Formaper si è posto il quesito di cosa fare per favorire la diffusione dell'innovazione, e un sano "effetto imitativo" tra i creatori d'impresa; la risposta è emersa chiaramente in una ricerca realizzata dal Formaper stesso: ("L'identikit del nuovo imprenditore-1995") promuovere la costituzione di reti di contatti  attivando processi di aggregazione tra nuovi imprenditori. La più recente letteratura sottolinea che i sistemi sociali di relazione svolgono un ruolo decisivo nell'acquisizione dell'insieme delle risorse su cui la nuova impresa si fonda: ci si riferisce alla possibilità di accedere a competenze tecniche, tecnologiche e informazioni, che integrano quelle direttamente possedute dai creatori d'impresa. Può essere ragionevolmente ipotizzato quindi che "il successo di una iniziativa imprenditoriale sia correlato all'ampiezza e alla qualità delle reti di relazioni a cui un soggetto può attingere" (Stefano Baia Curioni nella ricerca Formaper "Identikit del nuovo imprenditore - 1995"). 
Tale realtà non è senza importanza per enti istituzionali come il Formaper e per le politiche di sostegno alla creazione d'impresa per cui diventa determinante investire gli sforzi nella costruzione di un networking e nel rafforzamento delle interrelazioni ambientali tra imprese. 
Per chi si occupa di creazione d'impresa, il problema è di integrare le reti informali spesso di tipo solo familare e amicali, con una rete formale costituita da un tessuto di relazioni professionali e stabili che la neo-impresa deve essere capace di gestire e alimentare indipendentemente dalla presenza di nuclei familiari-amicali di supporto. 
Il Formaper, ha costituito da circa due anni il "Club dei creatori di impresa" che mutua esperienze ormai consolidate in Europa, specialmente in Francia, il cui obiettivo è quello di creare reti reali e virtuali tra imprese a livello locale e nazionale  tra piccole e giovani imprese. 
Attraverso il supporto di strumenti informatici e telematici, il Club dei creatori d'impresa, ha  inteso,  in primo luogo  favorire le occasioni di incontro per scambiare informazioni ed esperienze stimolando un confronto sui più comuni problemi della fase di avvio e sviluppo della neo-impresa; tutto ciò contribuisce anche a ridurre lo stato di isolamento in cui le nuove imprese spesso cadono e che può  risultare letale per la loro sopravvivenza. In secondo luogo il Formaper, supporta le neo-imprese, offrendo dei servizi di informazione, aggiornamento e di assistenza gratuita personalizzata per una migliore focalizzazione del business, del mercato e soprattutto per pianificare la crescita attraverso un piano di sviluppo credibile e sostenibile da un punto di vista economico- finanziario, organizzativo e di mercato. 
Un'ultima testimonianza che può essere riportata come contributo e che deriva dall'esperienza Formaper riguarda il tema cruciale delle relazioni tra il mondo delle istituzioni pubbliche, a cui il Formaper appartiene, e le nuove e le piccole imprese operanti sul territorio. L'organismo pubblico e territoriale viene percepito spesso distante e addirittura ostacolante per lo sviluppo delle imprese. 
Creare  un rapporto più diretto ed efficiente tra le imprese e l'istituzione camerale, può rapresentare un altro fattore forte di supporto alla nuova imprenditorialità. 
Tale constatazione va inoltre nel senso più generale delle aspettative da parte del cittadino di  una "Nuova Statualità" e di una Pubblica amministrazione più efficace e flessibile. (Piero Bassetti in Impresa & Stato n¡ 26: "Le imprese e lo Stato necessario"). 
Per esempio, un'azione di intervento sul territorio "concertata" tra istituzioni pubbliche locali, può migliorare fortemente la qualità della presenza pubblica sul territorio  e contribuire ad avvicinare maggiormente il cittadino/imprenditore alle istituzioni pubbliche locali. 
Il Formaper in tal senso, ha avvertito pienamente la sua responsabilità e nel ruolo che territorialmente gli compete, si è fatto promotore e attuatore di politiche di alleanze e collaborazioni tra Enti locali (Regione, Camere di Commercio, Provincie, provveditorati, associazioni di categoria, parti sociali, scuole, università, organizzazioni no-profit e quanti si occupano a livello territoriale e nazionale di creazione d'impresa) nella ferma convinzione che creando sinergie e imparando a lavorare insieme per l'obiettivo comune ci si sintonizza  meglio con esigenze del mercato della nuova imprenditorialità.