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Impresa & Stato n°39

 
10 ANNI DI FORMAPER

Fare ricerche sulle piccola e medie imprese

 
L'imprenditorialità come fatto culturale: 
sviluppare gli strumenti per affrontare i problemi di formazione

di
LUCA MARCORA E ANNA SORU

Formaper nasce in un'area economica avanzata ad elevata imprenditorialità, caratterizzata da una struttura produttiva con una forte diffusione di piccole imprese, che fanno registrare un elevatissimo turnover nella natalità e mortalità imprenditoriale. 
Al momento dell'avvio della sua attività Formaper si pose il problema di come utilizzare la formazione per incidere sulla realtà imprenditoriale, di quali  strumenti sviluppare per affrontare i problemi delle piccole imprese e dei processi che governano la loro evoluzione. Occorreva quindi rilevare i fabbisogni di apprendimento delle imprese cui ci si rivolgeva e mettere a punto metodologie formative idonee. 
L'attività dell'Area Ricerca, che viene costituita sin dai primi mesi di attività del Formaper, oltre alle tradizionali funzioni di staff rispetto alla scuola, viene quindi orientata a studiare la realtà delle piccole e medie imprese per comprendere come sostenere attraverso la formazione il rafforzamento del  tessuto imprenditoriale. Nella prima fase l'attenzione si è concentrata sulla provincia di Milano, che rappresentava all'inizio la principale,  anche se non esclusiva, area geografica di riferimento. Attualmente l'ambito di intervento del  Formaper si è notevolmente ampliato, per comprendere in primo luogo la Lombardia, ma anche altre regioni italiane. 
Le prime iniziative dell'Area Ricerca  sono dunque dirette all'area milanese per  conoscere i processi di nascita e cessazione delle imprese e approfondire i meccanismi di selezione, le motivazioni alla nascita e le  cause  che ne determinano la cessazione o ne  favoriscono la sopravvivenza. 
Lo sforzo di comprensione di questi processi era funzionale a  creare le basi su cui costruire interventi formativi innovativi, dal momento  che le metodologie formative note erano state sviluppate per le grandi imprese e non si prestavano a essere trasferite integralmente alle piccole e micro imprese. Con una prima serie di ricerche viene delineato il quadro sulle piccole e medie imprese milanesi, individuati i settori più dinamici e quelli caratterizzati da un più elevato turnover imprenditoriale, analizzate le cause di cessazione e le criticità per la sopravvivenza, tracciate le tendenze evolutive negli anni Novanta. In questo ambito si collocano le diverse ricerche raccolte nei due volumi "Nuovi imprenditori a Milano negli anni '80" (Formaper-1990): "Analisi della demografia imprenditoriale in Provincia di Milano", con un successivo aggiornamento ai primi anni Novanta (Centro Studi "F.Cicogna-Università Bocconi"), "La creazione di Nuove imprese nel settore terziario" (Lassini, Marcora), "Meccanismi di selezione e fattori influenti sulla mortalità delle imprese industriali" (Arrighetti). 
Altre ricerche hanno poi studiato la diffusione della propensione all'imprenditorialità tra i giovani, le motivazioni che conducono all'avvio di una nuova impresa manifatturiera, i percorsi seguiti e le difficoltà incontrate. Tra queste ricordiamo "Cultura e valori degli imprenditori nella Provincia di Milano" (Istituto di ricerca Neri Stein), "I giovani e l'imprenditorialità: propensioni e atteggiamenti" (Baia Curioni), "La nascita di nuove imprese nel settore manifatturiero: le condizioni per lo start-up e i vincoli alla crescita" (Lassini, Marcora), "La valutazione delle piccole imprese da parte del sistema bancario" (Gervasoni, Orsenigo, Tagliavini) e "Morfologie di crescita e rischi nelle imprese manifatturiere" (Boldizzoni, Dubini). 
 Infine per tenere sotto controllo questi elementi viene messo a punto un sistema di rilevazione periodico della demografia imprenditoriale milanese, lombarda e nazionale, che ha dato vita a una pubblicazione semestrale "Quick Report sulla demografia imprenditoriale". A partire dal 1997 tale rilevazione si trasformerà in un Osservatorio strutturato sulla natimortalità imprenditoriale, allargato a tutte le province della Lombardia, per rispondere alle esigenze derivanti dall'allargamento del campo di attività del Formaper. 

UNALE PROBLEMATICHE RELATIVE ALLE DINAMICHE DI NATIMORTALITA' IMPRENDITORIALE
L' ambito di riferimento all' interno del quale si sono mosse le ricerche che abbiamo più sopra elencate  e lungo il quale dovrà continuare a indirizzarsi lo sforzo di  analisi dell'Area Ricerca  è definito dalle seguenti problematiche : 
1. la razionalità dei potenziali nuovi imprenditori; 
2. il funzionamento dei meccanismi di selezione del mercato; 
3. l'importanza della crescita dimensionale delle microimprese; 
4. le azioni di intervento pubblico a favore della nuova imprenditorialità. 

1. La razionalità dei potenziali nuovi imprenditori 
Gli alti tassi di natalità e di mortalità, soprattutto di mortalità precoce nei primi anni di vita dell'impresa, registrati dal sistema delle imprese ci pongono le seguenti domande: 
- Perché se una percentuale così grande di nuove imprese è destinata a una morte prematura, spesso quasi immediata, o a una sopravvivenza in una condizione di marginalità, continuano a nascere così tante nuove imprese? 
- Perché i potenziali nuovi imprenditori non riescono o non vogliono cogliere i segnali, spesso inequivocabili, che il mercato lancia sull'opportunità di creare una nuova impresa? 
- E' un problema di errata razionalità degli operatori economici (imprenditori) oppure è possibile costruire un modello interpretativo che, salvaguardando il principio di razionalità, spieghi e giustifichi questa incongruenza? 
Le risposte a tali domande non possono essere ovviamente univoche ma dipendono da tre variabili che influiscono in maniera determinante sui processi di creazione d'impresa e sui correlati flussi di  mortalità imprenditoriale: 
1. l' ambiente economico  territoriale; 
2. il comparto di attività economica; 
3. il profilo del potenziale imprenditore. 
Le indagini svolte dall'Area Ricerca si sono mosse lungo queste tre linee interpretative, che ovviamente mutano a seconda delle diverse realtà indagate. L' ambito definito dall'incrocio di queste tre variabile peraltro non è immutabile, ma su di esso influiscono i cambiamenti congiunturali, rispetto ai quali mostrano una diversa sensibilità  i fenomeni di nascita e mortalità. Infatti le fasi del ciclo economico influiscono in maniera più diretta e immediata sul fronte della mortalità imprenditoriale, e in particolare sulla mortalità infantile, mentre la natalità imprenditoriale sembra dipendere più dai mutamenti strutturali del sistema produttivo e dalle nuove opportunità fornite dalla tecnologia che non dall'andamento del ciclo economico. 
Pur nelle diversità delle differenti realtà indagate emerge comunque come tratto comune la mancanza di un'adeguata opera di informazione e formazione dei potenziali nuovi imprenditori, infatti la loro competenza imprenditoriale è spesso inadeguata a cogliere i segnali provenienti dal mercato e dall' ambiente esterno. 

2. Il funzionamento dei meccanismi  di selezione del mercato 
Lo stesso problema può essere esaminato da un altro punto di vista, non più delle singole imprese e dei singoli imprenditori, ma del mercato. 
- Perché il mercato necessita di una così elevata selezione sui flussi di nuove imprese e di un così elevato ricambio imprenditoriale? 
- I meccanismi di selezione sono efficienti o invece è opportuno cercare di modificarli con interventi mirati? 
La costanza e la rilevanza dei flussi di mortalità fa pensare a un problema endemico, a una distorsione dei meccanismi di selezione, che se da un lato si rilevano estremamente efficaci, dall'altro appaiono poco efficienti. Si pensi infatti a quante risorse monetarie, finanziarie e umane (la maggior parte di quelli che falliscono raramente poi ritentano) vengono bruciate in questi tentativi di iniziative imprenditoriali. Alla luce di queste considerazioni, va sfatato il mito secondo cui un forte flusso di nuove imprese rappresenta necessariamente un segnale di vitalità economica e di salute del sistema economico: alle considerazioni sulle dimensioni della natalità imprenditoriale vanno sempre affiancate quelle sulla dimensione dei flussi di mortalità, e sulle conseguenze che questa comporta. 
In ogni caso sono certamente possibili interventi che migliorino l'efficienza dei meccanismi di selezione del sistema economico. 
Si pensi ad  esempio ai meccanismi di selezione delle nuove imprese indotti dal  sistema creditizio, che ha  evidentemente una grande influenza sulla nascita e sulla crescita delle nuove imprese, e che  presenta  punti di inefficienza nelle procedure di valutazione dei progetti imprenditoriali da finanziare ( a questo proposito si veda la già citata ricerca  di Gervasoni, Orsenigo e Tagliavini "La valutazione delle piccole imprese da parte del sistema bancario"). 

3. L'importanza della crescita dimensionale delle microimprese 
Si è già detto che la struttura economica lombarda è caratterizzata da un'elevata presenza di piccole imprese, molte delle quali con numerosi anni di attività alle spalle. Le domande che ci si pone a questo proposito sono le seguenti: 
- E' necessario che un'impresa debba crescere per sopravvivere, esiste cioè un problema di nanismo delle nuove imprese, tale per cui la mancata crescita condanna  all'insuccesso o alla sopravvivenza in condizioni di marginalità? 
- Le piccole imprese possono svolgere un proprio ruolo autonomo o sono condannate a vivere momentanei ed effimeri periodi di successo solo in concomitanza con i periodi di crisi organizzativa, tecnologica, sindacale o congiunturale delle grandi imprese? 
- La piccola impresa è condannata a vivere nella marginalità oppure è possibile superare una certa soglia di esperienza acquisita e di apprendimento accumulato, tale per cui possa trovare un suo ambito consolidato, anche senza doversi sviluppare in termini dimensionali? 
Le possibili risposte variano ancora a seconda delle caratteristiche dell'impresa e delle diverse modalità di crescita. Si pensi a tutto il dibatto sulle modalità di crescita per linee esterne e sull'impresa-rete, cioè su quelle forme di crescita dell'impresa che non presuppongono un aumento dimensionale. Inoltre molto dipende dalle diverse tipologie di piccole e medie imprese. Per esempio si può affermare che lo scenario si presenta sempre più negativo per le piccole imprese contoterziste o interstiziali, che non dispongono di particolari skills e che dipendono totalmente dalle imprese committenti. Al contrario lo scenario può essere positivo per quelle realtà produttive nelle quali giocano un ruolo decisivo la flessibilità, la progettualità, la creatività, l'adattamento alle esigenze del cliente, l'innovazione continua. Va sottolineato tuttavia che tali condizioni si verificano solo per un numero ristretto di imprese, quelle per le quali è stata definito il modello dello "specializzazione flessibile". 

4. Le azioni di intervento pubblico a favore della nuova imprenditorialità 
L'ultimo ordine di problemi riguarda il modo in cui intervenire per favorire lo sviluppo dell'imprenditorialità. 
 E' opportuno e possibile un intervento pubblico che cerchi di regolare attraverso politiche di incentivi/disincentivi la nascita di nuove imprese e che contribuisca al tentativo di allungare i tempi medi di sopravvivenza delle nuove imprese? 
Quando si progetta un intervento pubblico di sostegno alle nuove imprese occorre ricordare che possono essere individuate tre variabili che, come abbiamo già visto,  influiscono sui processi di nascita e di cessazione delle imprese e che qualificano l'ambito di riferimento in cui si opera: l'economia del  territorio; il settore economico di attività; i profili imprenditoriali. Sull'ambito definito dall' incrocio di queste tre variabili  influiscono poi  le diverse fasi congiunturali, che hanno una particolare rilevanza sui  flussi di mortalità imprenditoriale. 
A seconda dei diversi obiettivi delle politiche di intervento (occupazione, rivitalizzazione del tessuto imprenditoriale, diffusione delle nuove tecnologie, sviluppo della concorrenza) vanno individuati i diversi strumenti da adottare in coerenza con l' ambito in cui si opera, tenendo conto che tali interventi comunque  non possono sostituirsi al mercato nello stabilire quale impresa sia meglio che nasca (e possa sopravvivere) e quale impresa sia meglio che esca dal mercato. 
In generale, ovvero a prescindere dai diversi contesti territoriali, delle differenti realtà settoriali e dei diversi profili imprenditoriali, si può sostenere che la formazione rappresenta uno strumento di intervento tra i più efficaci, oltre che meno distorsivi, e come tale viene infatti raccomandata dalle nuove politiche comunitarie. 
Alla formazione per i nuovi e per i piccoli imprenditori è affidato un duplice obbiettivo: 
1. far sì che chi è destinato a morire precocemente si renda conto dei fattori economici che sconsigliano la nascita della nuova impresa e che quindi rinunci alla realizzazione della sua idea imprenditoriale; 
2. far sì che chi parte sia preparato ad affrontare i pericoli insiti nei primi anni di vita della nuova impresa, che sono critici per la sua sopravvivenza. Lo studio del mercato, l'attenzione alle scelte iniziali, il calcolo economico attraverso lo strumento del business plan aiutano infatti a riflettere sulle opportunità e a meglio valutare i rischi che si dovranno affrontare al momento del contatto con il mercato. 

UNALA RILEVAZIONE DEI FABBISOGN FORMATIVI E L'ATTIVITA' AUDITING DELLA FORMAZIONE
Il secondo campo di analisi  per l'attività dell'Area Ricerca è legato all'esigenza di attivare un sistema di rilevazione dei fabbisogni formativi e di monitoraggio degli interventi formativi. In questo campo occorreva affrontare innanzitutto problemi metodologici. 
La necessità della valutazione della formazione è sentita con sempre maggior forza perché  la formazione viene ormai ovunque considerata un investimento necessario e perché i costi sostenuti per tale attività aumentano costantemente nel tempo. La valutazione della formazione imprenditoriale risulta però estremamente complessa, non solo rispetto a forme tangibili di investimento, ma anche rispetto alla formazione di tipo tecnico e professionale, perché è più difficile definirne i confini e isolarne i risultati, che peraltro in genere possono essere colti solo nel lungo periodo. 
Occorre non solo valutare l'efficacia degli interventi formativi, ma anche stimare le ricadute che l'attività di formazione ha in termini di benefici e di applicabilità sia per il singolo soggetto che segue il corso, sia per l'impresa cui il soggetto appartiene, e allo stesso tempo occorre prestare attenzione anche agli altri elementi, legati  ai diversi profili imprenditoriali, alle diverse tipologie d'impresa e ai diversi contesti ambientali,  che ne possono influenzare gli esiti.  In questa direzione si muove il modello sistemico che prevede un monitoraggio continuo dell'intervento formativo a partire dall'analisi dei fabbisogni formativi, seguendo un processo caratterizzato da continui meccanismi di controllo che permettano la regolazione del meccanismo mentre sta funzionando e che quindi procede in parallelo rispetto all'intervento formativo stesso. 
L'Area Ricerca Formaper ha dovuto focalizzare le sue indagini su questi temi perché le metodologie di monitoraggio disponibili erano state studiate prevalentemente per interventi formativi su vasta scala effettuati all'interno di grandi imprese e non si prestavano a essere utilizzati nel Formaper per la  diversità di obiettivi e di contesto. Il Formaper, infatti, ha l'obiettivo non di massimizzare l'investimento di una o più singole imprese, ma di massimizzare l'efficacia del suo intervento attraverso il miglioramento delle risorse umane e attraverso l'accrescimento competitivo delle piccole imprese, intese non singolarmente, ma come sistema. 
Ma soprattutto le metodologie sviluppate per le grandi imprese non si prestano a essere estese o adattate all'ambito in cui opera il Formaper, che si rivolge a partecipanti con obbiettivi differenziati e con caratteristiche estremamente eterogenee (per età, formazione culturale e professionale, compiti in azienda) e che non operano nell'ambito della stessa impresa, ma in imprese diverse per settore, dimensione, livello tecnologico eccetera. 
L'intervento formativo non può perciò essere studiato sulla base dei bisogni di ogni singola impresa che parteciperà ad esso, e monitorato in relazione al contesto (ovvero in relazione agli altri interventi) proprio di ogni singola azienda. Al contrario  dovrà essere sviluppato sulla base delle esigenze più generali del sistema delle imprese, e quindi del territorio,  e potrà essere valutato solo attraverso un processo di Auditing esterno alle imprese, basato sui corsi specifici erogati. 
In mancanza dunque di processi di valutazione direttamente mutuabili da quelli già noti, l'Area Ricerca Formaper ha proceduto a una graduale implementazione di un sistema di monitoraggio, il cui punto di partenza è stato la costruzione di una banca dati che raccogliesse le principali informazioni sui partecipanti ai corsi, sulle imprese in cui lavorano e sui loro principali fattori di criticità,  sugli eventuali nuovi progetti imprenditoriali, sulle motivazioni che li hanno spinti a partecipare alla formazioni e sulle fonti di informazione. La raccolta di questi dati,  che avviene prima dell'inizio dei corsi attraverso la somministrazione di un Questionario di Entrata, serve per fornire ai formatori le informazioni necessarie a calibrare  l'intervento formativo sulle specifiche esigenze e caratteristiche dei partecipanti . 
Alla conclusione dei corsi, o dei singoli moduli del corso, vengono poi rilevate le informazioni relative ai feedback dei partecipanti ai corsi. L'Auditing è  basato soprattutto sulla valutazione delle reazioni  secondo l'approccio pragmatico, ovvero sulla raccolta di giudizi sul gradimento dei formati e sulla trasferibilità e  applicabilità  di ciò che si è appreso. 
Questa raccolta di informazioni è stata nel tempo continuamente arricchita per incontrare sia le esigenze della formazione sia quelle della ricerca e ha come esito la pubblicazione di un Auditing semestrale sull'attività formativa. 
Negli ultimi anni l'attività di rilevazione dei fabbisogni formativi  e di monitoraggio dell'intervento si sta sviluppando seguendo tre obiettivi: 
a. lo sviluppo di interventi formativi in settori o aree "deboli", in termini di competenze e vitalità  imprenditoriali, e quindi poco recettive alla formazione. Tali interventi richiedono un'analisi specifica dei fabbisogni formativi, al fine di sviluppare opportune metodologie formative e strategie promozionali e di comunicazione; 
b. l'analisi  delle più recenti trasformazioni in termini di fabbisogni informativi e formativi nel contesto competitivo delle aree "forti", quale ad esempio quella lombarda; 
c. la ricerca di metodologie di valutazione della formazione, che vada oltre il breve periodo e quindi oltre la rilevazione del gradimento immediato. 
Relativamente al primo punto l'obbiettivo è quello di supportare l'attività del Formaper in nuove aree di intervento con progetti  di formazione diretti a: 
1. Settori caratterizzati da imprenditorialità diffusa e poco recettivi alla formazione quali l'artigianato e l'agricoltura (a questo proposito si vedano le due ricerche "L'artigianato in Lombardia: caratteristiche e bisogni di formazione" e "Da operatore agricolo a imprenditore agroalimentare. I fabbisogni formativi dell'agricoltura Lombarda: esigenze emergenti e proposte di sviluppo"). 
2. Nuove aree territoriali al di fuori della Regione Lombardia, quali la Liguria, la Calabria e la Puglia, che hanno richiesto uno studio dei fabbisogni di apprendimento che andasse oltre l'attività generale di monitoraggio per abbracciare anche il contesto economico territoriale e la realtà della piccola impresa. 
Per rispondere a queste diverse esigenze l'Area Ricerca ha studiato due  differenti percorsi nell'analisi dei fabbisogni  formativi. 
Per quanto riguarda l'attività definita al punto a) la rilevazione avviene  attraverso da un lato lo studio dell'offerta già esistente, e dall'altro l'analisi delle esigenze di apprendimento a partire da interviste aperte a un gruppo composito di opinion leaders, imprenditori scelti tra i più qualificati, esperti di settore, rappresentanti delle associazioni di imprese. Tali studi mirano non solo a progettare la formazione con iniziative volte a definire contenuti, metodi didattici, promozione e comunicazione dell'intervento formativo, ma più in generale a mettere a punto un piano di intervento sistemico e articolato che vada dall'informazione, alla formazione e all'assistenza. 
Il secondo approccio è stato invece sviluppato per la rilevazione dei fabbisogni formativi in sistemi di imprese  ampi e differenziati da un punto di vista settoriale e si presta allo studio di contesti in profonda evoluzione, al fine di migliorare l'offerta rispetto a una domanda che si sta modificando (punto b). 
Esso prevede l'esame sia della domanda formativa espressa, sia dei fabbisogni formativi reali e impliciti, individuati attraverso un esame dell'organizzazione delle attività e un raffronto tra i problemi e le strategie, atti a far emergere le incoerenze delle imprese e dei modelli gestionali adottati. 
Nell'ambito della valutazione di medio lungo periodo (punto c), si stanno invece sperimentando analisi che da un lato registrano le valutazioni a freddo sul gradimento e sull'applicabilità e che dall'altro comparano campioni di imprese che hanno partecipato a corsi Formaper con campioni di imprese scelti casualmente, al cui interno si potranno poi individuare sia imprese che hanno partecipato a esperienze formative non Formaper (in un ottica di bench marking), sia imprese che non hanno fatto formazione. Nei casi di corsi per la creazione di imprese, infine, periodicamente viene monitorato il grado di realizzazione di progetti imprenditoriali, e attraverso questi l'impatto occupazionale della nascita di nuove imprese.