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Impresa & Stato n°37-38

 
EURO INFO CENTER

Europa, finanziare la coesione sociale

 
Intervista a Erik Landàburu, 
Direttore Generale della Direzione Politica Regionale 
e Coesione presso la Commissione Europea
a cura della
REDAZIONE

I&S: Uno degli obbiettivi dell'Unione Europea è di raggiungere un buon livello di coesione economica e sociale. Non pensa che certi Stati siano stanchi di essere eterni donatori e che cerchino quindi di uscire da questo sistema basato sulla redistribuzione della ricchezza?

Landàburu: Non bisogna dimenticare che il modello europeo è basato sul principio della solidarietà e del reciproco aiuto. L'obbiettivo della coesione economica e sociale figura nel trattato di Maastricht ed è stato accettato dai capi di Stato e di governo di 12 paesi. Nel firmare il trattato hanno tutti riconosciuto che, accanto alla competitività delle imprese e alla necessità di aprirsi all'economia mondiale, occorre aiutare i più deboli a svilupparsi più velocemente degli altri al fine di cerare le condizioni per una vera coesione. Il progetto europeo è ambizioso, ma è realizzabile a condizione che non lo si privi della sua dimensione di solidarietà, cooperazione e prossimità.

I&S: L'Europa viene percepita ancora come un entità astratta, tecnocratica e lontana. Lei pensa che quest'immagine sia meritata?

Landàburu: Da una decina d'anni stiamo cercando di praticare una politica e dei metodi che rendano la dimensione europea più tangibile a livello regionale. Chi può conoscere i bisogni di una data zona geografica meglio dei suoi stessi abitanti? Per questo motivo deleghiamo la responsabilità dell'esecuzione dei programmi europei alle autorità nazionali o regionali, a seconda dell'ordinamento costituzionale di ciascuno stato membro. é evidente che l'efficacia di questo sistema dipende dal funzionamento delle strutture politiche e amministrative degli Stati membri. In ogni caso non si può più affermare che l'Europa sia lontana e astratta : quando, per esempio, un contadino della Basilicata  vede che può beneficiare di una nuova rete di commercializzazione per la sua produzione o assiste alla costruzione di una strada nei pressi della sua azienda e viene a sapere che i finanziamenti per questi lavori provengono dai contribuenti francesi o tedeschi, ecco che per lui l'Europa diventa una realtà concreta tangibile.

I&S: Come giudica gli sforzi finora compiuti  a favore della coesione ?

Landàburu: Secondo una prima valutazione generale della coesione economica e sociale dell'Unione, emerge un messaggio positivo. Per esempio, i quattro paesi più poveri dell'Unione (Grecia, Irlanda, Spagna e Portogallo) sono riusciti a far passare il loro reddito pro capite dal 66 al 74 % della media comunitaria. Nelle regioni più svantaggiate dell'Unione  le infrastrutture di base sono state incontestabilmente rafforzate. 
Anche le politiche comunitarie che non mirano  espressamente alla coesione, come la politica ambientale, quella agricola o il sostegno alla costituzione di reti, hanno comunque avuto un impatto positivo  sulla coesione. Per fare un esempio, con la riforma del PAC, i trasferimenti finanziari si sono indirizzati in maniera più intensiva dalle zone urbane verso quelle rurali, rafforzando così la coesione tra questi due tipi di realtà regionali.
I paesi svantaggiati non sono però i soli a beneficiare delle politiche europee. Si stima infatti che il 30-40 % dei flussi finanziari destinati agli stati membri più poveri ritornino ai paesi ricchi sotto forma di commesse, di acquisto di know-how o di attrezzature che contribuiscono alla crescita ed allo sviluppo. I problemi più preoccupanti vengono però dal fronte dell'occupazione. Sebbene dal 1983 siano stati creati 7 milioni di posti di lavoro, la disoccupazione resta ancora a livelli molto elevati, soprattutto in alcune regioni (le punte più drammatiche sono state registrate in Finlandia, in Svezia, in Spagna e in Grecia) e per gruppi sociali specifici.

I&S: Per quanto riguarda l'assegnazione mirata degli aiuti alle regioni, da un lato c'è il rischio della creazione di isole di relativa prosperità in mezzo a zone economicamente non assistite, dall'altro, quello della dispersione degli aiuti stessi, attribuendo importi troppo poco elevati per realizzare gli obbiettivi di sviluppo previsti?

Landàburu: Nel primo caso si tratta del cosiddetto "effetto frontiera" ed è un rischio reale, risolvibile valutando attentamente ogni situazione.
Per il secondo problema il volume dei finanziamenti è sufficientemente elevato per evitare un'inutile dispersione dei fondi. A mio avviso il rischio maggiore è quando si assegnano risorse finanziare molto ingenti, come avviene talvolta per le regioni più svantaggiate. In questi casi si rischia un effetto negativo, con l'instaurarsi di un rapporto di tipo assistenziale agli antipodi dei nostri scopi. Questo problema è talvolta aggravato dalla penuria di risorse disponibili negli stati membri più svantaggiati.

I&S: In che modo la Commissione Europea, una volta approvato e finanziato un determinato progetto, riesce ad accertarsi che i fondi assegnati vengano utilizzati correttamente ?
Landàburu: é la nostra principale preoccupazione. Ci troviamo tra l'incudine e il martello. Da un lato il parlamento europeo e i cittadini dell'Unione esigono un controllo efficace. Del resto la Corte dei Conti è là per verificare che le nostre intenzioni si traducano effettivamente in realtà. Dall'altro lato , però, in base al principio di sussidiarietà deleghiamo alle autorità locali il compito di curare l'esecuzione del bilancio. 

Per questo  è stato messo a punto un sistema di controllo che prevede che nelle zone interessate vengano istituiti comitati di sorveglianza che hanno il compito di seguire l'esecuzione dei programmi in loco. Una o due volte l'anno i singoli comitati si riuniscono in presenza dei membri eletti e dei funzionari regionali, nazionali ed europei responsabili dei programmi, ed in questa occasione si verificano le spese e i criteri di utilizzo dei fondi. Abbiamo anche alcune équipe che effettuano verifiche a sorpresa, senza preavviso per accertarsi che quanto dichiarato corrisponda alla realtà. Infine la commissione dispone di un servizio specializzato, l'UCLAF (Unità di coordinamento per la lotta contro le frodi) per impedire che gli autori di frodi ostacolino la corretta attuazione dei regolamenti comunitari.