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Impresa & Stato n°37-38

 

MARKETING, SOCIETING ED ECONOMIA SOCIALE* 

Una nuova tendenza sociale, 
il "deconsumo", segnala il bisogno inappagato di socialità.
Il marketing sociale della nuova impresa

di
 BERNARD COVA
 
La nostra epoca è spesso connotata come era dell'individualismo. Questo individualismo è il risultato di un lungo processo, iniziato con l'Illuminismo, di liberazione dell'individuo da tutti i tipi di vincoli sociali. La libertà individuale è segnatamente resa possibile oggi dalla libera scelta di ciascuno nella società detta dei consumi o anche dei consumatori. Ma questa liberazione ha un rovescio che appare ad alcuni sempre più difficile da assumere. Il contrario dell'individualismo - di cui non si tratta qui di sottovalutare le virtù come, d'altra parte, quelle della società dei consumi - è l'incessante ricerca dell'identità di ogni individuo divenuto Pigmalione di se stesso. Ricerca che si risolve in alienazione quando l'individuo cosiddetto libero, si costruisce e costruisce il senso della sua vita essenzialmente attraverso il consumo. In effetti, in assenza di referenti tradizionali come la famiglia, il quartiere o il villaggio - dislocati dal fenomeno della liberazione e dall'urbanesimo che ne è il corollario -, l'individuo si aggrappa a prodotti e servizi, cioè al sistema di consumo, per forgiarsi una identità. Il sistema di consumo diventa così centrale all'esistenza dell'individuo e i prodotti rappresentano veri ibridi sociali, e quasi-soggetti che in misura sempre maggiore sostituiscono l'altro (l'umano) nel processo di creazione dell'identità. Il contrario dell'individualismo è dunque, per un numero crescente di persone, la iposocializzazione e l'iperconsumo di oggetti, d'informazioni, di immagini e di segni.
Tuttavia emerge sempre più chiaramente una certa resistenza sociale - anche se è in parte ciclica e inconscia - che ha per sintomo economico il deconsumo. Si nota una ribellione contro gli oggetti e il sistema di consumo che hanno portato piacere e conforto, ma hanno anche isolato l'individuo. E' come se, stanco di essere subissato di oggetti, segni e messaggi, l'individuo volesse mettere fine a questa saturazione che lo indebolisce allontanandolo dagli altri. Si può supporre, in effetti, che all'inizio del secolo scorso, una famiglia di quattro persone mediamente agiata fosse circondata da 150 a 200 elementi tutt'al più, compresi le stoviglie e i vestiti. Oggi, dispone di un sistema di circa 2500-3000 oggetti, compresi gli elettrodomestici e gli oggetti voluttuari, esclusi libri e cassette. Attualmente, si stima a 20.000 il numero di oggetti con cui un individuo può venire in contatto nel corso della sua vita, con conseguenza una psicopatologia dovuta a questi oggetti quotidiani. Attraverso un processo lento ma implacabile, si è potuto assistere, infatti, a una vera rivoluzione che ha sostituito la presenza avvolgente e condivisa del vicinato e i prolungamenti dell'abitazione dove si effettuano collettivamente i lavori quotidiani (il lavatoio, il cortile, il pozzo, i piccoli commerci...) con le merci e i prodotti industriali. Volendo liberare l'individuo da questi impegni quotidiani, la modernità lo ha, apparentemente, separato dal suo ambiente e isolato in mezzo alle sue produzioni. Il possesso degli oggetti per se stessi ha forse fatto declinare la società fino a ridurla a un'aggregazione di individualità senza più alcun senso comunitario. Come scrive Sabine Chalvon-Demersay, "viviamo oggi una crisi generalizzata di tutti i legami: crisi del legame sociale, crisi dei legami familiari, crisi dei legami che cementano una personalità. Si tratta della capacità di ciascuno di riuscire a mantenere una relazione. Immersi in una situazione d'instabilità e d'incertezza, presi da una logica di sospetto riguardo agli altri e di dubbio riguardo a se stesso, gli individui si trovano a dover gestire una crisi che non è una crisi materiale ma piuttosto una crisi morale. Sono immersi in un mondo minacciato dall'atomizzazione, nel quale le relazioni sembrano impossibili da mantenere perché non sono più regolate da un ordine esterno che permetterebbe di garantirne la durata e mantenerne la coesione". Si constata, soltanto oggi che il mito del progresso sociale continuo, attraverso il processo di liberazione individuale, ha fatto silenziosamente naufragio nel corso degli anni 80.

LA RIBELLIONE DEL CONSUMATORE
Così, il deconsumo può essere interpretato come un fenomeno di rigetto del consumo di oggetti le cui dimensioni funzionali e immateriali sono orientate essenzialmente verso un individuo che cerca per bisogno e/o per piacere, liberarsi e non di legarsi agli altri, mentre in questa fine millennio, come non mai dal dopo-guerra, gli individui hanno un bisogno esistenziale da soddisfare e questo bisogno esistenziale - il senso di comunità - è almeno altrettanto importante di quello che ha guidato i loro comportamenti di consumo fino a questi ultimi decenni - il bisogno di libertà. Un ritorno già visto in altre epoche, ma che sembra assumere un'ampiezza sconosciuta fino ad allora con la fine delle "Trente Glorieuses" e l'immersione nelle " Trente Humiliantes" come dice Alain Touraine, che non permettono più di soddisfare il bisogno di libertà (disoccupazione, basso potere d'acquisto) e vedono crollare il mito del progresso liberatore per iscriversi in una crisi generalizzata di tutti i legami. Infatti, la dinamica sociale attuale è fatta di una molteplicità di esperienze, di rappresentazioni, di emozioni quotidiane molto spesso mal comprese. Mentre tale dinamica è, nella maggior parte dei casi, spiegata con il ripiegamento sull'individualismo, ci sembra importante qui mettere l'accento sul ritorno del legame sociale nelle nostre società occidentali o almeno, poiché il legame sociale non è mai scomparso, sul ritorno del desiderio di legarsi agli altri, di partecipare a comunità diverse... Si può, infatti, considerare che l'individualismo ha avuto come rovescio della medaglia la degradazione delle antiche solidarietà e l'atomizzazione delle persone. In un movimento sempre più vasto di resistenza umana alla solitudine, sembra che un numero sempre maggiore di persone stia cercando di ricreare il vincolo sociale, il contatto umano e la prossimità affettiva: secondo i sociologi una sorta di neo-tribalismo. Si assiste forse anche a una rivoluzione copernicana nel modo di vedere la vita. Mentre il decennio scorso aveva posto al centro dell'attenzione le nozioni di realizzazione individuale e di liberazione da tutti gli obblighi familiari e sociali, gli anni novanta mostrano segni importanti di un ritorno della comunità e della famiglia. Quando i nostri contemporanei parlano del senso della vita, sempre più spesso fanno riferimento al senso che possono dare alle loro relazioni reciproche, al senso sociale, e non al senso della loro traiettoria individuale. 
Oggi, tra le conseguenze di questa crisi del legame sociale, il deconsumo rappresenta forse il segnale di una crisi profonda dell'individuo che non ha totalmente rinunciato a soddisfare il suo sentimento di comunità in modo diretto, e non, in modo compensatorio, attraverso i prodotti e i servizi sempre più virtuali della società dei consumi. Così il deconsumo, a livello strutturale, e non a livello effimero, conseguenza dell'aumento della disoccupazione e delle inquietudini, potrebbe essere legato alla ricerca di un soddisfacimento di questo sentimento di comunità le cui due modalità sarebbero:
- il rigetto della soddisfazione virtuale attraverso l'acquisto di oggetti e soprattutto dell'acquisto rinnovato del "nuovo" che ha perso tutto il suo significato con il crollo del mito moderno del progresso;
- la ricerca della soddisfazione diretta attraverso l'emozione condivisa con altri non consumando come loro in un processo di mimetismo simbolico, ma 'essendo" con loro, vivendo con loro delle esperienze, condividendo sensazioni e non solamente segni. Infatti, non basta possedere un attributo comune per fare una comunità; bisogna che esista una riconoscimento reciproco di questo fatto, una interdipendenza.
La persona sembra allora non tanto cercare nel consumo un mezzo diretto per dare un significato alla sua vita, liberandosi dagli altri, ma piuttosto un mezzo di legarsi agli altri nel quadro di una o più comunità di riferimento. Comunità che le permettono di dare un significato alla vita. Il sistema di consumo, quindi, non è più percepito come elemento primario che si serve del vincolo sociale, ma come secondario e al servizio del legame sociale: il legame è più importante del bene. In altri termini, la persona attuale assegna maggior valore alle esperienze sociali ("il ritorno dell'amicizia", "le nuove famiglie: i compagni", "l'amico anzitutto", titola la stampa popolare) che al consumo, all'utilizzo o al possesso di beni e servizi. Si privilegiano essenzialmente i beni e servizi che, per il loro valore di legame, permettono e facilitano l'interazione sociale, la copresenza effettiva, l'incontro. Ciò sembra tanto più vero per le nuove generazioni che non hanno conosciuto "il prima", cioè la società prima dell'individualismo e che cercano, a volte con molta nostalgia, di riscoprire il sentimento comunitario. Si può così comprendere la caduta del consumo-deconsumo-dei prodotti e servizi che isolano e mettono a distanza e l'aumento di quelli che legano e avvicinano. Ma poiché questi ultimi sono scarsi sul mercato, gli individui ricorrono a vettori di legame non messi sul mercato dalla società di consumo (esempio: i rave parties come vettori di consumo e di emozione divisa per i 15-18enni), o modificano la finalità primaria di vettori presenti sul mercato (esempio: le lavanderie automatiche come luogo prediletto di incontro delle tribù urbane.

LA SOCIETÀ DEL BRICOLAGE
Ennesimo soprassalto della società dei consumi che si avvia a fare della ricerca del legame sociale, un nuovo punto d'appoggio del suo sviluppo, una nuova componente immateriale che la società dei consumi si affretterà a recuperare per incantare il mondo, o avvento di una nuova forma dominante di società che si svilupperà in margine del sistema di consumo? Il dibattito è aperto e ogni tesi ha sostenitori entusiasti e accaniti detrattori.
Sotto quest'aspetto particolarmente interessante è il mercato del bricolage. Il bricolage può essere, infatti, descritto come l'attività di un individuo che "lavoricchia" e così facendo si lavora un'identità. Il bricolage è un'attività in piena espansione dove la logica del legame sembra dover provocare un mutamento del modello di consumo con conseguenze precise sul piano della distribuzione. In effetti, il "bricoleur" medio:
1. aggira sempre più il circuito della distribuzione moderna per servirsi di reti di distribuzione di prodotti e di servizi che funzionano sulla base del legame;
2.modifica sempre più la finalità puramente commerciale dei luoghi della distribuzione moderna per farne luoghi di legame.
Il tipo di persona che si dedica al "fai da te" funziona in rete con altri lavoratori dello stesso tipo sulla moda delle reti di scambio di sapere dove si fanno buoni affari. Sulla base delle informazioni ricevute, andrà a comprare le pietre direttamente in fabbrica e pagherà in contanti, poi farà più di cento chilometri per acquistare i pezzi che gli servono e che un amico ha rintracciato da un ferrivecchi, o andrà direttamente da Emmaus. Farà il giro dei magazzini di fabbriche e di vendite all'asta. Avrà anche le sue entrature da alcuni grossisti di materiali e recupererà molti elementi da amici, in regalo, o in baratto. Senza parlare dei "giri" e altre "cadute di camion". I suoi acquisti sfuggono così largamente al sistema della distribuzione moderna rappresentato dai grandi magazzini del "fai da te" e si appoggiano sul legame sociale. E se andrà in questi magazzini moderni, sarà forse per fare qualche acquisto complementare, ma soprattutto per incontrare il consigliere del reparto falegnameria che conosce da cinque anni o per incontrare altri come lui e scambiare trucchi e astuzie. In questo caso si hanno, insieme, aggiramento e modifica delle finalità proprie della distribuzione moderna da parte e per il legame sociale. Gli appassionati del "fai da te" si costruiscono così delle situazioni permanenti, senza seguire una strada predeterminata dalla società dei consumi, ricomponendo un mondo fatto a casaccio a partire dal legame sociale locale. Possono essere qualificati come "costruzionisti", contraddicendo l'approccio deterministico della distribuzione moderna che cerca di anticipare ogni possibile desiderio del cliente. Ciò non impedisce ai grandi distributori, in presa diretta con questo cambiamento del consumo, di reagire con esperienze del tipo "festa della riuscita" per la Leroy-Merlin (vendita all'asta all'esterno del magazzino sotto un grande tendone con un'atmosfera da circo) o trocathlon per la Decathlon (gigantesca borsa di scambio di articoli sportivi sul parcheggio del magazzino) per tentare di recuperare queste deviazioni dei consumatori.
Il caso del bricolage è rivelatore non di una tendenza marginale ma di una tendenza marcata in termini di comportamento quotidiano. Infatti, se si può seguire l'emergere di queste pratiche alternative attraverso movimenti di contro-cultura come il movimento comunitarista degli Stati Uniti, il New Age e la cultura delle raves in Gran Bretagna (che mobilita molti milioni di giovani ogni fine settimana) o il movimento di resistenza umana intorno al giornale Cuore in Italia (il più grande successo della pubblicistica italiana negli ultimi cinque anni), è la vita quotidiana nel suo insieme e per una maggioranza delle nostre società occidentali che sembra "toccata" da questo mutamento. Così, un dirigente che trascorre la maggior parte della sua giornata in un'impresa che gli chiede di aderire al suo codice di valori, di lavorare in un progetto di gruppo pluridisciplinare, di non contare il suo tempo..., si ritrova in men che non si dica ad avere come legami sociali fondamentali quelli del lavoro. E questa tendenza si accentua per le persone che vivono nell'anonimato delle megalopoli e lavorano in settori dove la nozione di conflitto sociale è considerata anacronistica: si fanno letteralmente assorbire dalla loro impresa. Ma poiché la crisi economica ha dimostrato l'inconsistenza del valore della vita professionale e della libertà individuale, l'insicurezza dell'occupazione è quella che è, il nostro dirigente non trova più soddisfazione esistenziale in questa situazione e cercherà modi diversi per colmare il suo desiderio di comunità. Il suo quotidiano e dunque il suo consumo ne risentiranno. Egli cercherà nuovi luoghi di legame; darà, offrirà oggetti che gli permettano d'iniziare o di ri(attivare) un legame, una relazione; parteciperà a diverse reti che gli permettano di costruire, sviluppare e mantenere delle relazioni. Globalmente, si può dire che cercherà di costruirsi un consumo che aggira e modifica il sistema degli oggetti della società di consumo. Così si spiega il successo delle associazioni, dei clubs e delle altre forme di raggruppamento comunitario intorno ad una tematica.

IL SISTEMA SI AGGIRA (E NON SI CAMBIA)
 Così sembra anche potersi spiegare il successo dello sciopero di dicembre 1995 in Francia: "la metrò sospesa, il lavoro sottosopra e la nanna accorciata hanno improvvisamente solleticato e fatto proliferare scaltrezza, ingegnosità e solidarietà. Il risveglio generalizzato e molteplice della solidarietà, tra lavoratori di uno stesso centro o deposito, tra questi lavoratori, le loro famiglie, i loro amici e vicini, e la nascita di comunicazioni e mutui soccorsi tra vicini di abitazione o di lavoro dimostrano che la paralisi dello sciopero ha provocato come una rigenerazione spontanea del tessuto sociale e ha fatto ritrovare la salute psichica minimale che comporta l'apertura agli altri. Di colpo, possiamo vedere a che punto la situazione detta normale, era una situazione di isolamento degli individui, di rarefazione delle comunicazioni affettive al di fuori delle famiglie (e ancora...), dei compagni, delle osterie", commenta Edgar Morin nelle pagine del quotidiano Libération (19/12/95, pag. 10).
Aggiramento e modifica del sistema dei consumi, come osservati nel caso del bricolage, sembrano essere i due volti possibili che la ricerca del legame potrebbe assumere a medio termine nelle nostre società. Essi possono essere visti, in modo caricaturalmente dicotomico, in funzione del grado di mobilità dell'individuo interessato. Infatti, il legame tradizionale dettato dalla contingenza geografica è sempre più indebolito dallo sviluppo dei trasporti e del teletrasporto (trasporto virtuale). Oggi il legame sociale, come tutto il resto, rischia di essere messo sul mercato o in concorrenza dalla despazializzazione della società. Poiché l'individuo ha risorse in tempi limitati, sceglierà i vincoli sociali che lo soddisfano di più. Quello che ha i mezzi per viaggiare potrà andare a cercare al di fuori del suo centro geografico di origine legami alla sua misura, mentre il sedentario che non ha i mezzi o la voglia di viaggiare dovrà accontentarsi di acquistare legami in una zona limitata geograficamente. Si possono allora contrapporre schematicamente due forme socio-spaziali: da una parte la società sedentaria, essenzialmente rurale, dove legame sociale e spazio possono apparire entrambi come degli oggetti per lungo tempo coltivati e riuniti da degli incontri ripetuti tra gli uomini e con i luoghi; dall'altra, la società nomade, a dominanza urbana, i cui membri sono di passaggio (fosse pure per un tempo in definitiva prolungato), nella quale il rapporto con lo spazio, e il legame sociale con quelli che vivono in modo permanente (i sedentari), sono in parte dominati da una preoccupazione opportunista.
Il legame sedentario sembra doversi rinnovato, su scala micro-locale-quella di una frazione rurale o del monopolio di quartiere -, attraverso una serie di vie alternative che aggirano il sistema moderno di consumo e che fanno riferimento piuttosto a quella che viene chiamata impresa sociale o economia solidale, cioè un'economia alternativa che esiste grazie al sentimento di comunità che si concretizza nelle tribù e in altre associazioni locali. I LETS (Local Exchange Trading System), SEL (Sistemi di Scambio locale) e reti di scambio di culture si sviluppano come mezzi per aggirare la società dei consumi e permettere scambi fondati sul valore del legame e sul valore d'uso. L'impresa sociale, mettendo in atto una combinazione di forme di lavoro e di economia (negoziante e non negoziante; monetario e non monetario), si differenzia dall'impresa domestica e dall'impresa informale, iscrivendosi in una logica di comunità e posizionandosi nella sfera pubblica, opponendosi così al ripiegamento sulla sfera privata come strategia di resistenza alla crisi. Essa può così contribuire al rinforzamento del vincolo sociale, sia con potenzialità di occupazione che offre, sia con principi di scambio, di reciprocità, di autoproduzione collettiva che mette in campo. Queste realizzazioni permettono la formazione di legami di prossimità volontari e scelti. Hanno la virtù di attivare reti talmente importanti che si inseriscono in un mondo dove si moltiplicano i fenomeni di isolamento, di anonimia o di ripiego dell'identità. In ciò, sfuggono ad un modello comunitario tutelato dalle tradizioni e dal costume, portatore di legami sociali imposti. Al contrario, esse fanno riferimento ad una solidarietà impegnata e scelta liberamente in un spazio limitato e il più delle volte rurale. L'economia solidale appare così spesso come un'economia di villaggio o di frazione il cui sviluppo potrebbe appoggiarsi su un movimento di esodo urbano favorito dalla ruralizzazione dolce grazie ai mezzi di telelavoro. All'opposto dell'economia solidale e di ritorno al rurale, il fenomeno delle città interdette di periferia, che vivono come vere sacche indipendenti dove regnano la legge dei clans e l'economia della droga, propone una forma dura di aggiramento della società dei consumi.
Per il legame nomade, si percepiscono le prime manifestazioni di uno scoppio di innumerevoli sotto-colture di consumo urbano nessuna delle quali sarà dominante e che aggireranno il sistema dei consumi con il rischio di farsi poi recuperare da una specie di marketing tribale sviluppato dalle imprese. I Bikers e le loro Harley-Davidson, i joggers e le loro Nike... è lunga la lista delle tribù e dei loro oggetti-culto che permettono lo svolgimento di rituali di riconoscimento. Ciò può avvenire a livello di un gruppo più ristretto, un vino nel quale si riconosce un gruppo di amici; sarà l'emblema di questo gruppo che potrà fondersi in un collettivo più ampio di bevitori di vino. Nello stesso spirito dell'economia solidale, ma a partire da una logica commerciale, e non associativa, alcune imprese cercano di integrare queste sotto-colture di consumo (ri)dando un valore di legame alle loro offerte di beni. é segnatamente l'approccio del marketing tribale che si interroga sulla capacità dei prodotti e dei servizi offerti dal mondo industriale di sostenere il legame sociale; una specie di societing. Questo societing cerca di contribuire al rafforzamento del vincolo sociale tra i venditori e i clienti, ma anche tra i clienti stessi, con la formazione di clubs di utenti, l'organizzazione di happenings, di formazioni, di fatto, con forme profane di rituali che mettono in gioco il prodotto o il servizio dell'impresa... Tutte attività destinate a sviluppare il legame e per ciò stesso la circolazione dei beni che l'impresa produce nella sotto-cultura del consumo. Queste sotto-colture possono anche fare riferimento a un senso etnico più tradizionale, come le sotto-colture "nere", ispano o gay negli Stati Uniti, ma anche in Francia, che aggirano il significato proprio dei prodotti di consumo per farne degli oggetti-culto. Si parlerà allora di marketing etnico per segnalare da parte delle imprese il recupero della dimensione immateriale del legame comunitario.
La crisi del legame sociale e la ricomparsa del valore del legame nel consumo non conducono ad un rinnovamento radicale della società dei consumi, ma ad una prospettiva che si articola intorno a due poli:
- ad un polo, quello della sedentarietà, si trova un sistema alternativo, fondato sul legame sociale-l'economia solidale e l'impresa sociale -, che si costruisce a livello rurale per aggirare, almeno in parte, la società dei consumi;
- ad un altro polo, quello della mobilità, si trova una serie innumerevole di consumi distinti corrispondenti a sotto-colture diverse che aggirano la società di consumo per meglio farsi recuperare dal sistema-il marketing tribale e il societing.