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Impresa & Stato n°37-38

LAVORARE INSIEME PER MIGLIORARE IL MERCATO

di
MARCELLO BOTTA 
 
 Nuovi ConsigliCamerali.Da un corretto rapporto  
fra associazioni e CdC nasce l'opportunità di iniziative  
per costruire mercati leali 
 

Le modalità di formazione del Consiglio della Camera di Commercio rispondono, anzitutto, ad una prassi giuridica che si va consolidando anche grazie all'influsso del diritto comunitario. Mi riferisco al principio di sussidiarietà (per la verità il principio appartiene alla dottrina sociale cattolica e fu rinverdito nella Enciclica Quadragesimo anno di Pio XI) secondo il quale le decisioni devono essere adottate il più vicino possibile ai cittadini, al livello più basso. 
In tale contesto è assolutamente plausibile che l'ente che presiede alla regolazione del mercato sia costituito da quanti frequentano il mercato, e cioè i venditori di beni e servizi e gli acquirenti - utilizzatori. 
Ed è conseguente che al Consiglio della Camera accedano quanti dalle varie famiglie di operatori sono stati eletti rappresentanti degli operatori medesimi. 
L'obiettivo del nuovo Consiglio dovrebbe essere, a questo punto, quello di adottare modalità di comunicazione efficaci. E l'efficacia comunicativa sta, anzitutto, nell'unicità del linguaggio. Dalla comunicazione comune potrebbero originarsi pratiche comuni, comportamenti comuni. 
Con un po' di enfasi, ma meglio si direbbe con "ragionevole speranza" l'opportunità che al Consiglio si offre è quella di radicare decenza e decoro negli atteggiamenti degli operatori così puntualmente rappresentati. 
L'ottimismo della volontà mi porta ad escludere che la composizione così eterogenea possa dar luogo ad una prova d'orchestra e a null'altro. 
Nella posizione che occupo mi piace indugiare sulla questione seguente: come si colloca la Camera di Commercio rispetto alle associazioni di categoria? 
Il rapporto tra i due soggetti è pari a quello che corre tra genere e specie: le associazioni di categoria, lo dice subito la stessa espressione, sono raggruppamenti di soggetti accomunati dalla stessa professione, sono il punto di raccolta di operatori della stessa specie. Le varie specie di operatori confluiscono nella Camera di Commercio che, perciò, è da intendersi come la comunità generale degli operatori delle varie specie. 
Ma qual'è la storia delle associazioni, nei fatti? Esse sono nate, nel nostro territorio, tra la fine del secolo scorso e l'inizio del secolo che sta per finire. 
Si sono costituite con compiti limitati ma precisi. Il primo compito è costituito dalla stipulazione dei contratti collettivi di lavoro e dalla loro gestione. 
Le associazioni hanno una origine sindacale, sono il sindacato dei datori di lavoro che si confronta con il sindacato dei prestatori di lavoro. 
Da questa funzione, le associazioni hanno assunto il ruolo di insostituibili consulenti delle imprese associate in materia di lavoro: il rapporto di lavoro dalla nascita alla cessazione è l'oggetto di cura professionale da parte dell'associazione, con gli inevitabili collegamenti con le discipline contributive e tributarie, e con le ancor più esplicite cure ed attenzioni in materia di igiene, ambiente di lavoro e sicurezza del lavoro. 
Ed in questa area di non modeste dimensioni l'associazione non si limita a dare suggerimenti e consigli, svolge, non raramente, compiti di mera assistenza, affiancando l'impresa negli adempimenti, ovvero sostituendosi ad essa nello svolgimento di compiti, pure elementari, ma che richiedono quotidiana dedizione. 
Su questo troncone originario - cioè sulla rappresentanza, consulenza ed assistenza in materia sindacale - si è innestata e si è sviluppata, a far tempo dalla fine degli anni sessanta, la funzione di rappresentanza, consulenza ed assistenza nelle materie del diritto pubblico con le quali gli operatori del settore più frequentemente si misurano. 
E questa funzione si è quasi profeticamente avviata quando si sono manifestati in un unico contesto i primi segnali della complessità odierna. 
L'attività di costruzione è attività totalmente dipendente da atti della pubblica amministrazione. C'è bisogno di una autorizzazione della amministrazione per costruire una casa, per modificarla negli aspetti essenziali e visibili, per demolirla. C'è bisogno di un atto della pubblica amministrazione che dichiari idoneo chi voglia contrattare con la stessa per offrirle un bene: la costruzione di un qualunque manufatto che si realizzi con danaro pubblico può essere affrontata solo da un imprenditore idoneo che vinca una gara pubblica bandita tra imprenditori idonei. 
 E' evidente, a questo punto, che una legislazione stabile e chiara, ed un'amministrazione efficiente, che sappia valutare anche il rilievo del fattore tempo non toglierebbero il sonno nemmeno ad un imprenditore totalmente dipendente da atti della pubblica amministrazione. 
Le cose, in fatto, non stanno così, come è a molti noto. La legislazione muta continuamente, in modo torrentizio se non alluvionale, creando condizioni di sosta imbarazzata alla ricerca di interpretazioni plausibili. 
L'amministrazione, destinataria di indicazioni spesso contraddittorie, ritiene miglior partito sospendere iniziative di qualunque peso perché ossessionata dalla vigilanza del giudice penale che presidia da tempo non solo l'area dei reati ma anche quella dei possibili illeciti amministrativi. 
Quasi non bastasse, va ricordata la funzione del giudice amministrativo, che in sede cautelare, esamina contestazioni e proteste con una esplicita propensione all'accoglimento. 
Questo è il quadro nel quale si svolge (sarebbe corretto dire: non si svolge) l'attività dell'impresa edile. 
E il compito dell'associazione di categoria, da sempre ispirato a irrobustire l'immagine dell'imprenditore, ad assicurare la qualità del prodotto in un mercato aperto alla leale concorrenza, diventa ogni giorno più arduo. 
Del resto il settore delle costruzioni, ancora adesso, gode di una attenzione particolare da parte dei governanti. Nel senso che quasi mai fa parte di un disegno complessivo di politica industriale, assai spesso, invece, viene utilizzato quale stabilizzatore congiunturale, con l'effetto di vivacizzare, con l'impiego consistente di manodopera, fasi di stanca o di depressione dell'economia del Paese. 
Le istanze dirette al contenimento del costo del lavoro (che in edilizia è più alto, significativamente più alto rispetto ai settori manifatturieri) che sarebbe funzionale al proposito di contenere il fenomeno del lavoro nero trovano poca attenzione nei governanti. 
Le iniziative che hanno quale obiettivo la moderazione delle aliquote delle imposte sui consumi (l'IVA, per esplicitare) al fine di far emergere un imponibile sommerso con oggettivi vantaggi per l'erario meritano attenzione modesta da un legislatore fiscale preoccupato del "quanto" e poco sensibile a radicare comportamenti virtuosi, tanto più plausibili quanto più è sopportabile, perché ragionevole, l'imposizione. E non migliore sorte viene riservata alle proposte di far crescere la responsabilità dei cittadini, e dei cittadini-operatori consentendo loro di avviare operazioni, che hanno scarso interesse per la collettività, sulla cui regolarità potrebbe esprimersi tempestivamente ed efficacemente il potere di controllo dell'amministrazione. 
Il riferimento è fatto alle vicende propriamente edilizie a proposito delle quali non si agitano propositi di irresponsabile deregolazione.  Si tratta, invece, di rendere operanti indicazioni che stanno nell'ordinamento rinnovato delle autonomie locali e nelle discipline dei rapporti tra amministrazione e cittadini. 
Il cittadino è autorizzato a fare di sua iniziativa, senza un esplicito provvedimento di autorizzazione, cose che rispettino leggi e regolamenti, che non impattino sulla collettività perché riguardano la sua sfera privata e l'amministrazione, naturalmente, controlla che tutto si svolga nel rispetto di leggi e regolamenti. 
Ho indicato, emblematicamente, tre temi, tutti rilevanti, assai rilevanti per lo svolgimento della nostra attività, tre temi sui quali si può giocare un futuro diverso di un settore in grave crisi da troppo tempo per resistere ancora a lungo. 
E sono convinto che l'autorevolezza della istituzione Camera di Commercio possa consentire una eco opportuna, possa realizzare un approfondimento della discussione e costituire un diverso più efficace viatico di iniziative mirate a costruire mercati leali con operatori affidabili nell'interesse del consumatore. 
 E' un'occasione, quella offerta dalla legge 580/1993, particolarmente ricca che non va sprecata. Senza enfatizzare l'evento, col che si darebbe l'impressione di essere creduloni, è ragionevole confidare che la Camera possa autenticare progetti di miglioramento di mercato e di affidamento di qualità del prodotto. 
Questi restano gli obiettivi dell'associazione di categoria che avrà la sua legittimazione dall'adesione volontaria degli associati. 
Sulle modalità per raggiungere tali obiettivi molto potrà dire la Camera come momento di aggregazione dei vari comparti dell'economia e garante della lealtà della competizione. 
Alle associazioni resta il compito loro proprio di dare assistenza e consulenza alle imprese, e di rappresentare le esigenze espresse dalle stesse imprese in un'assise istituzionale deputata alla regolazione del mercato.