Impresa & Stato n°36
UN PONTE VERSO
L'AUTORITA' METROPOLITANA
di
LIVIO TAMBERI
La nuova funzione di rappresentanza deiConsigli aiuta
le Camere di Commercio a svolgere il ruolo di mediazione fra le reti delle
istituzioni locali e delle autonomie funzionali.
Se molti Paesi europei
stanno studiando con interesse il sistema camerale italiano, la ragione
sta nella Legge di riforma n. 580 del 29 dicembre 1993, giunta dopo 50
anni di attesa, che definisce le Camere di Commercio quali enti locali
non territoriali, vale a dire, enti di diritto pubblico che svolgono funzioni
di interesse generale per il sistema delle imprese. Il timore da più
parti espresso che il fantasma della crisi della rappresentanza, con particolare
riferimento alle associazioni imprenditoriali, possa essere coperto dalle
Camere di Commercio, enti pubblici a iscrizione obbligatoria, richiamando
in tal modo una sorta di neo-corporativismo trova, invero, nella Legge
di riforma un vincolo preciso. Quest'ultima assegna alle Camere di Commercio
un altro compito, quello di farsi carico degli interessi generali di tutte
le imprese, tipo i problemi legati all'ambiente, alla formazione, ai rapporti
con la Pubblica amministrazione.
La grande scommessa è, dunque, quella di trasformare le Camere di
Commercio da burocrazia periferica dello Stato a soggetti promotori di
esperienze alternative al servizio delle imprese.
Esse debbono e possono così divenire il nodo di una rete policentrica
capace di rappresentare un momento di mediazione territoriale degli interessi
funzionali, ben rappresentati dal mondo della scuola e dell'università,
delle fondazioni bancarie, delle authority di garanzia, delle reti
di comunicazione.
Il sistema camerale potrà così svolgere compiti d'impulso
nei confronti delle realtà locali, a scapito dell'originaria imprinting
corporativo-burocratica, ma a vantaggio di un sempre più esplicito
ruolo di mobilitazione delle aspettative e delle iniziative locali.
UN INTERFACCIA FRA LE RETI
DELLE AUTONOMIE LOCALI E FUNZIONALI
La riforma del sistema camerale apre concretamente la strada alla riforma
della Pubblica amministrazione.
Ciò perché essa postula il superamento del primato dello
Stato sulla società, il che implica, altresì, la riduzione
del ruolo mediatore e omniestensivo della classe politica.
La globalizzazione stimola ulteriormente il recupero di autonomia della
"società" dalle strutture politiche. Da qui la reinvenzione
delle istituzioni, pensate due secoli fa per lo Stato-Nazione, che investe,
a un tempo, le attività politiche e le realtà sociali.
Non è più, dunque, l'unità di comando del principe
sovrano che tiene insieme le società complesse.
L'incontro risiede, piuttosto, nel rispetto di regole comuni e di intenti
legati orizzontalmente in reti, siano esse riferite alle istituzioni pubbliche
locali, ovvero alle autonomie funzionali espresse dalla società
civile.
Per interconnettersi le due reti richiedono un'interfaccia sufficientemente
articolata e diffusa, ben espressa dal sistema camerale. È significativo,
in proposito, il gigantesco progetto di qualità globale avviato
da Bill Clinton e Al Gore per l'intera macchina pubblica Usa. Fino a pochi
anni fa si pensava, infatti, che fossero gli Stati a creare le reti. Così
è avvenuto per l'elettricità, le ferrovie, le autostrade,
i telefoni. Il National Performance Review lanciato da Clinton e Gore ha
scommesso, invece, sull'esatto opposto.
Su reti, cioè, capaci di ricreare, anzi, reinventare la macchina
pubblica con un'ampia e diffusa partecipazione di tutti i soggetti coinvolti,
capace di arrivare, come è proprio di ogni programma di qualità
totale, al singolo cittadino-utente.
Le reti, opportunamente interconnesse, sono, dunque, state alla base del
ripensamento radicale dei processi burocratici e amministrativi che ha
portato a "reinventare" lo Stato.
Ciò perché, anche senza volerlo, siamo parte integrante,
come attori o come spettatori, di un cambiamento grandioso: il passaggio,
cioè, dalla società industriale, imperniata sui "prodotti",
a una società post-industriale, imperniatasull'"intelligenza".
Per esemplificare con un'indicazione bancaria di moda, è un po'
il salto di scala che intercorre tra una "banca ordinaria", quale
gestore di "denaro", e una "merchant bank" gestore
di "idee".
IL POTERE NELLA SOCIETA' DELL'INFORMAZIONE
Orbene, la società post-industriale comporta tale passaggio,
per cui non solo vi sarà, come già è in corso nella
nostra società, in particolare nell'area metropolitana milanese,
una riduzione dei "colletti blu" a favore dei "colletti
bianchi", ma anche un processo di cambiamento dei ruoli da essi attualmente
ricoperto.
Non si tratta, perciò, di una mera trasposizione di parole, ma di
una vera e propria modifica di comportamenti.
Non è casuale che in questa logica stiano cambiando le stesse basi
del potere. Come avvenne in altre epoche storiche, con la sostituzione
del potere originariamente rappresentato dalle "terre", con quello
dei "beni", oggetto della prima rivoluzione industriale, il potere
è successivamente passato nelle mani del capitale finanziario e,
oggi, a coloro che posseggono e trasmettono informazioni.
È ovvio che, nell'ambito del mondo industriale più evoluto,
questi poteri risultino tra di loro spesso interdipendenti, anzi, parti
di un unico e più vasto agglomerato industriale-finanziario. Ciò
che merita rilevare è che tale cambiamento sarà sconvolgente.
Le informazioni non si prestano, infatti, a essere accumulate in un silos.
Anzi, contrariamente ai "beni" oggetto dei processi produttivi
propri di un sistema industriale, le "informazioni" non comportano
un'espropriazione in occasione del loro scambio.
L'arricchimento, nel caso dell'informazione, non avviene solo da parte
di chi la riceve, ma anche per la fonte della stessa. Il potere, in virtù
del possesso dell'informazione, sarà per sua natura "aperto",
dinamico e disponibile a farsi governare da chi ha più fantasia
e più ingegno. Una società imperniata sull'informazione richiede
una grande ventata di innovazione sia nell'amministrazione, sia nella giustizia,
sia nel sistema formativo, sia e più ancora nelle istituzioni.
Non è casuale che in tale contesto sia stata coniata la definizione
deregulation, cioè, lo smantellamento delle bardature amministrative
che pretendono di tutto prevedere e prescrivere.
La deregulation vera cambia la qualità dell'intervento pubblico
perché, invece di precettare i comportamenti, impone "regole
del gioco", non smantella lo Stato, lo reinventa.
La costituzione della nuova autorità metropolitana costituisce per
il sistema camerale un'occasione unica, in grado di consentire il passaggio
dalle affermazioni di principio, in termini di nuove funzioni, a interventi
propositivi, mirati all'implementazione di specifici progetti, utilizzando
tutto il peso della propria capacità sinergica fra le forze sociali
di cui alle reti funzionali e i poteri elettivi espressi dalle reti delle
autonomie locali.
CITTA' METROPOLITANA: IL RUOLO DI PROMOZIONE
DELLA CAMERA DI COMMERCIO
Lo stallo dei disposti previsti dalla Legge n. 142-1990 in tema
di costituzione dell'area metropolitana trae ragione dalla contrapposizione,
non solo dottrinale, fra "strutturalisti" e "funzionalisti".
I primi, in una logica giuridico-amministrativa, prevedevano per la rete
locale i due soli livelli istituzionali sanciti dalla Costituzione (Provincia
- Comune), con l'unica variante della provincia metropolitana. Al suo interno
i Comuni dovevano tendere all'omogeneità in termini di consistenza
demografica, anche tramite la formazione di circondari, suscettibili di
trasformarsi in nuove Province (come nel caso della Brianza e di Olonia).
I secondi, all'opposto, assumendo la logica delle economie di scala, negavano
sia l'opportunità di modificare le vigenti circoscrizioni territoriali,
sia l'istituzionalizzazione dell'area metropolitana, a favore di un coordinamento
dei processi decisionali affidato alle Regioni. Il nuovo Disegno di legge
del Ministro dell'Interno, in occasione della finanziaria 1997, prevede
la definizione dell'area metropolitana di concerto fra la Provincia e tutti
i Comuni interessati, sullabase di un patto di fiducia imperniato sulla
lealtà dei comportamenti di tutte le parti istituzionali e le realtà
sociali coinvolte dalla nuova vasta area metropolitana.
Nasce qui la possibilità di allentare i controlli formali e le disposizioni
coercitive proprie delle strumentazioni e degli apparati giuridici, secondo
i princìpi già discussi della vera deregulation. Le
linee di sviluppo della Provincia di Milano accolgono, in proposito, già
molte ipotesi progettuali, capaci di inverare il suo nuovo ruolo "maieutico"
a scala metropolitana.
Il contributo della Camera di Commercio potrà in merito essere ben
espresso dalla sua attività di moral suasion nei confronti
delle reti delle autonomie locali e funzionali operanti nell'area metropolitana.
Tutto ciò richiederà la mobilitazione delle risorse umane,
sociali e imprenditoriali esistenti e il ricorso a strumentazioni innovative
in termini di:
- Project financing, quale opzione strategica per sopperire alla
crisi della finanza pubblica, mediante l'apporto di capitali privati; anche
in virtù del ricorso alle società miste con partecipazione
minoritaria pubblica.
- Outsourcing, quale contributo operativo allo snellimento della
macchina burocratica e alla riduzione dell'indebitamento pubblico. Molte
funzioni amministrative accolte dalla rete delle autonomie locali, ma anche
dallo stesso sistema camerale, possono essere ripensate in questa logica,
tanto da stimolare una loro profonda re-ingenerizzazione (re-engineering).
- Formazione, per diffondere a tutti gli enti locali dell'area metropolitana
milanese i principi della responsabilizzazione diffusa, esaltati dal nuovo
"Ordinamento finanziario e contabile per gli enti locali".
- Promoter Company per aggiungere valore al Territorio e soddisfare
i bisogni di area, tramite forti alleanze finanziarie e nuovi assetti societari.
Le sue competenze riguardano:
- la pianificazione strategica di business e di mercato;
- la politica delle alleanze fra operatori e istituzioni;
- la progettazione, realizzazione e gestione - diretta e indiretta - delle
infrastrutture di reti fisiche e informative;
- l'attività di marketing urbano e territoriale, la comunicazione
per la valorizzazione dell'immagine di area;
- la predisposizione di strumenti di ingegneria finanziaria, anche innovativi.
Nasce da qui la proposta di creare una fondazione capace di operare nella
logica di un vero e proprio think-tank aperto all'espressione della
società civile e delle autonomie locali e, tramite il nuovo sistema
camerale, ai rappresentanti dei prestatori d'opera e dei cittadini-consumatori.
Un'opportunità unica, dunque, per reinventare, con l'area metropolitana
milanese, l'intero apparato istituzionale pubblico secondo i princìpi
della qualità globale.
 
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